Nuova pagina 1
Don’t close your Heart
18 novembre
“Cazzo!” esclamai aprendo gli occhi e guardando l’orologio.
La sveglia non aveva suonato, o, cosa più probabile, io non l’avevo sentita. E
dovevo essere all’Università tra meno di un’ora... e non per una lezione qualunque: la
mia prima lezione all’Università di Helsinki, dove frequentavo il primo anno
di dottorato al Dipartimento di Letteratura angloamericana. E cosa andavo a
combinare? Arrivavo in ritardo proprio quando il professore aveva deciso di
affidarmi una lezione! Solo io potevo fare una cosa del genere...
Mi lavai e vestii in tutta fretta, scesi in strada
escludendo a priori l’idea di prendere il tram. L’unica soluzione era il taxi.
Accidenti a me e a quando avevo deciso di prendere una casa vicino al mare
anziché vicino all’Università. Il quartiere di Munkkiniemi era sì bellissimo, ma
decisamente scomodo se sei una in perenne ritardo.
Vidi arrivare un taxi e mi lanciai quasi sotto le ruote.
Peccato che non fui l’unica a farlo. Accanto a me, un ragazzo aveva appena fatto
la stessa cosa. Alzai lo sguardo verso di lui. Era vestito completamente di
nero, unica eccezione una sciarpa azzurra, e aveva un cappellino di lana nero
calato fin quasi sugli occhi, di un verde intenso. Finlandese, senza alcun
dubbio.
“Ti prego, devo andare al lavoro e sono in terribile
ritardo” implorai, in inglese sperando che capisse. Ancora non me la cavavo
proprio bene con il finlandese, vivevo ad Helsinki da poco meno di due mesi.
Mi fece un sorrisetto...un bellissimo sorrisetto,
indubbiamente. “Stesso problema” ridacchiò “credo di non aver sentito la
sveglia”.
“Ok, mi dispiace, ma ho terribilmente bisogno di questo
taxi, se vuoi scusarmi...” feci per salire ma mi fermò.
“No aspetta!” disse “Non posso aspettarne un altro, è un
problema se salgo anch’io?”
Lo guardai, confusa. “N-no... basta che la prima tappa sia
la mia”.
“Affare fatto” sorrise.
Salimmo entrambi sul sedile posteriore, dissi al taxista –
una donna- la mia destinazione, e il mio sconosciuto compagno di viaggio fece lo
stesso. La taxista non gli staccò per un attimo gli occhi di dosso. Sì,
indubbiamente era carino ma dal mio punto di vista niente di speciale... ma due
o tre volte rischiammo di tamponare la macchina davanti perché quella tizia non
faceva altro che guardarlo. Sbuffai. Il ragazzo accanto a me se ne accorse, e mi
sorrise di nuovo.
Finalmente arrivammo all’Università. Feci per pagare la
corsa, ma il mio compagno di viaggio mi fermò.
“Sei stata gentilissima, è il minimo che io possa fare”.
Disse, sorridendomi di nuovo .
Protestai. Il ragazzo vestito di nero rise. “Vuol dire che
la prossima volta che saremo entrambi in ritardo pagherai tu!”
Sorrisi a mia volta, ringraziai e scesi dal taxi.
“Aspetta!”
Mi voltai verso di lui.
“Ci hai ripensato?” chiesi.
Lui sorrise. “No... volevo semplicemente darti questo, se
stasera non hai niente da fare e ti va di sentire un po’ di musica...”
Mi mise in mano il biglietto di un locale. Lo guardai,
perplessa.
“Grazie... io devo proprio andare ora..”
Ci salutammo, e il taxi si allontanò. Che strano tipo,
pensai.
Mentre camminavo a passo sostenuto verso il dipartimento,
diedi una rapida occhiata al biglietto. “Tavastia Klubi” . Mai sentito.
Arrivai due minuti esatti prima dell’inizio della lezione,
che per fortuna andò bene.
Due ore dopo, finalmente raggiunsi il piccolo studio che
dividevo con gli altri dottorandi: Jack, americano, Karin e Marianne,
finlandesi. Mi ero trovata subito bene, con loro. Mi ero anche presa una cotta
per Jack, ovviamente non ricambiata, visto che lui moriva dietro a Karin.
“Ellie, abbiamo fatto tardi stamattina?” ridacchiò Jack.
Sbuffai, e raccontai loro le mie disavventure mattutine,
compreso lo strano incontro nel taxi.
“E mi ha anche dato il biglietto per un concerto! Un tipo
davvero assurdo!” conclusi.
“Quale concerto?” chiese Marianne, patita di musica. Le
porsi il biglietto.
Spalancò gli occhi “Il Tavastia? Ma stasera non suonano
mica....”
“Gli HIM!!!” esclamò Karin.
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata perplessa. Guardai
Jack. Nessuno dei due disse nulla, ma la domanda che avevamo negli occhi era la
stessa. Chi diavolo erano gli HIM?
“Ellie... com’era, precisamente, il ragazzo che hai
incontrato in taxi?” chiese Karin.
“Era ...alto, occhi verdi...boh, carino...normale.”
Marianne spalancò gli occhi. “Naa, ma dai Karin, non
penserai mica...? lui non è né carino né normale...è...è...”
“Ma il taxi l’hanno preso a Munkkiniemi...fai 2+2...”
“Cioè, tu pensi che Elizabeth abbia diviso il taxi con...Ville
Valo?” disse Marianne, spalancando gli occhi.
“Potrei sapere qual è il problema...e chi sarebbe questo
Ville Valo?” chiesi.
“L’uomo più bello e sexy del mondo!” esclamò Karin. “Non è
possibile che tu non te ne sia accorta, però...”
“Aspetta!” esclamai. “Abbiamo rischiato due volte un
incidente perché la taxista non faceva altro che guardarlo...”
“Era lui, senza alcun dubbio!” rise Marianne.
“C’è un unico modo per toglierci il dubbio!” esclamò Karin.
“Qui c’è scritto che l’ingresso è per quattro persone...stasera tutti al
Tavastia!”
“Ma non ci penso nemmeno!” protestai.
“Ma dai, sarà divertente! E servirà a farci un po’ di
cultura sulla musica finlandese!” disse Jack, strizzandomi l’occhio. Come dirgli
di no, se mi guardava così? Anche se una parte di me sapeva benissimo che il suo
unico interesse era passare la serata con Karin, non con me.
Marianne si presentò a casa mia intorno alle sei. Ci
conoscevamo da poco, ma la consideravo una vera amica. Era così dolce,
divertente e solare, la prima persona che mi aveva aiutato ad ambientarmi ad
Helsinki. E ora aveva deciso di scegliermi i vestiti per la serata.
Passò mezz’ora con la testa nel mio armadio, uscendone con
in mano un paio di jeans e una maglia nera che lasciava le spalle scoperte. Un
regalo di mia sorella, che non usavo mai.
“Che fatica! Tutti questi vestiti, e le uniche cose adatte
per il Tavastia sono queste! Dovremmo proprio andare a fare shopping, prima o
poi!”
“Cos ’hanno i miei vestiti che non vanno?” chiesi.
“Sono da... londinese perfettina, laureata con il massimo
dei voti, ecco..”
Risi. In breve, era il mio ritratto. “Una gran palla,
insomma!”
“Se solo la piantassi di star dietro a quell’altra gran
palla di Jack, poi...”
Sbuffai. Marianne non capiva proprio cosa ci trovassi in
Jack. D’accordo, non era esattamente bello. Ma era affascinante, colto,
educato. Avrei potuto passare ore e ore a parlare con lui.
“Meriti di meglio, Ellie...” disse Marianne. “Ad esempio, se
davvero il ragazzo di stamattina era Ville Valo, e ti ha invitato al
concerto...”
“Scordatelo. Potrebbe anche essere, come dici tu, l’uomo più
bello del mondo, ma io con uno così non uscirei mai e poi mai!”
“Con te non c’è speranza” disse la mia amica, rassegnata.
Mi obbligò ad indossare i vestiti che aveva scelto, mi
truccò, nonostante le mie proteste, e pretese che lasciassi i capelli sciolti.
Una montagna di capelli rossi che non riuscivo a tenere a posto in nessun modo.
Ci avviammo verso il Tavastia con la macchina di Marianne,
mentre Jack, ovviamente, si era offerto di andare a prendere Karin. Quando
arrivammo erano già lì, in fila davanti alla porta del locale.
Il ragazzo all’ingresso squadrò il biglietto, poi me. “Con
questo hai anche l’ingresso al backstage, lo sapevi?” chiese.
Mentre stavo per rispondergli che a me, del backstage, non
importava proprio nulla, Marianne si intromise nella conversazione.
“Certo che lo sapeva! Non vediamo l’ora!”
Le lanciai un’occhiataccia.
Quando la band salì sul palco, riconobbi subito il ragazzo
del taxi. E proprio come avevano sospettato Marianne e Karin, era Ville Valo,
ovvero, ai miei occhi, l’essere più tatuato, egocentrico e montato del pianeta.
E nel backstage, incurante di tutte le ragazze (tra cui
Marianne) che erano lì per lui, venne proprio verso di me, in disparte in un
angolino, impaziente che quella tortura finisse.
“Ciao” salutò. “Sono contento che tu sia venuta.”
“Mi hanno praticamente obbligata” puntualizzai. Non sapevo
perché, ma in lui c’era qualcosa che proprio non sopportavo, anche se in realtà
non lo conoscevo affatto.
Mi guardò, probabilmente incuriosito dalla mia affermazione.
“Non ci siamo nemmeno presentati, stamattina. Ville Hermanni
Valo” disse, porgendomi la mano.
“Elizabeth Browning” dissi.
“Dovresti vestirti così anche per andare al lavoro” disse
“Stamattina eri carina, ma ora.... A proposito che lavoro fai?”
“Lavoro al dipartimento di letteratura dell’Università”
risposi, distrattamente, mentre guardavo Marianne che, tutta entusiasta, stava
chiacchierando con i ragazzi della band.
“Invece il mio lavoro, come avrai capito, è questo...”.
Annuii, con un’espressione perplessa.... Lo definiva lavoro?
Quanto mi dava ai nervi il modo in cui mi guardava. Sembrava
che mi stesse spogliando con gli occhi. In più, da quando ero lì, si era acceso
almeno tre sigarette, e io odiavo la puzza di fumo.
“Fumi sempre come un turco, tu?” gli dissi.
“E tu, sei sempre così acida?” rispose, con un sorriso. Era
veramente insopportabile. Gli lanciai un’occhiataccia, poi decisi che era
proprio il caso di andarmene.
“Beh, io devo andare. Grazie ancora per stamattina, e per il
concerto. ”
“...che non ti è piaciuto” ridacchiò.
“Non è colpa tua... è che il metal mi fa schifo.”
“Sei sincera, almeno” commentò. “Ciao Elizabeth...anzi,
Ellie...la tua amica prima ti ha chiamata così, se non sbaglio.”
“Non mi sembra che tu sia mio amico, però. Ciao Ville”.
Dissi, uscendo. Quello, l’uomo più bello e sexy del mondo? Egocentrico, viziato
e fumatore accanito! Ma con tutti ragazzi che potevano esserci ad Helsinki
dovevo incontrare proprio lui?
19 novembre
Entrando nello studio, trovai una sorpresa. Una rosa color
cremisi, bellissima, sulla mia scrivania.
Diedi un’occhiata a Jack, che, assorto, lavorava al
computer. Possibile che fosse stato lui?
“Ciao Jack..” dissi, con un tono insolitamente dolce, per
me.
“Ciao Ellie! Chi è il tuo ammiratore segreto?” chiese,
indicando la rosa.
Non era opera sua, ovvio. Ma allora, chi...?
Mi avvicinai alla scrivania. Attaccato alla rosa, c’era un
biglietto. “Ora lo sapremo” dissi a Jack.
Quando lessi il contenuto del biglietto, sbiancai di colpo.
“Ti somiglia, non
trovi? Anche lei è bellissima, ma piena di spine... ti auguro una buona
giornata. Ville.”
Oh. Mio. Dio. Nascosi il viso tra le mani. Jack mi guardò
perplesso.
“Ellie....?”
“E’ Ville Valo” dissi.
“Chi?”
“Il tipo del taxi, il cantante di ieri sera. Ville, quello
egocentrico, montato e fumatore accanito”. Ed ero stata io stessa a dirgli dove
lavoravo!
Ma quello fu solo l’inizio. Sì, perché ogni mattina, da quel
giorno, trovai una rosa dello stesso colore ad attendermi sulla scrivania. Karin
e Marianne, ormai, mi avevano dato definitivamente per pazza. Mi definivano
“l’unica donna in grado di resistere al fascino di Ville Valo”. Ma non potevo
farci nulla. Sì indubbiamente era anche carino, ma era così irritante e odioso
che non avrei ceduto mai e poi mai ai suoi penosi tentativi di invitarmi ad
uscire. Insomma, Helsinki era piena di ragazze, perché proprio io?
20 novembre
“Ogni mattina spero che
tu sia in ritardo per incontrarti, ma evidentemente la tua sveglia è contro di
me. Ville”
21 novembre.
“Sono stanco di parlare
da solo. Questo è il mio numero..... vedi tu. Ville”
22 novembre.
“Oggi dovresti fare tu
un regalo a me, visto che è il mio compleanno. Potresti almeno chiamarmi.
Ville.”
23 novembre.
“Domani
parto. Ovviamente non ti interessa, ma volevo dirtelo. Ville”
24 novembre.
“Pensavi di non
trovarla, stamattina, eh? Sbagliato! Non sentire troppo la mia mancanza. Ville”
25 novembre
“Abbiamo
finito di registrare prima del previsto. Domani sera sarò ad Helsinki, vieni a
cena con me? Ville”
Esasperata, presi il cellulare e scrissi un messaggio.
“Puoi anche scordartelo.
Elizabeth.”
Dopo pochi secondi, arrivò la risposta. “Ho il tuo
numero, è pur sempre qualcosa. V ”
Sorrisi. Uno a zero per lui, al mio numero non avevo proprio
pensato.
Scrissi un altro messaggio. “.... ma non hai il permesso
di usarlo. E.”
Rispose di nuovo. “Per ora...ma io non ho fretta. V.”
Di nuovo mi fece sorridere, ma decisi di non rispondere.
26 novembre
“L’invito per stasera è
ancora valido. Buona giornata, Ville”
27 novembre
“Nessuna risposta
equivale a no? Ville”
28 novembre
“Cosa devo fare per
farti capire che non sono stronzo come pensi tu? Ville”
29 novembre
“Ok, basta inviti a
cena. Che ne dici di un aperitivo? Ville”
30 novembre
“Ti chiedo solo di darmi
una possibilità...se non va, ti prometto di lasciarti in pace. Ville”
1 dicembre
“Per quanto ancora
continuerai a rifiutare i miei inviti? Ville”
Non si poteva continuare in questo modo. Decisi di
rispondergli:
“Finchè tu non ti stancherai
di invitarmi. E.”
E come l’altra volta, il messaggio di risposta non si fece
attendere. “Va bene. Hai vinto tu, mi sono stancato. Quindi in teoria ora
dovresti accettare... “
Scoppiai a ridere appena lessi la risposta, mentre Marianne
mi guardava con aria interrogativa. Le feci leggere il biglietto e i due
messaggi.
“Ma dai, è carinissimo! Non puoi continuare a dirgli di
no...ma poi come si fa a dire di no a Ville?”
Sbuffai. “Non lo sopporto, Mari, davvero...”
“Ma almeno dagli una possibilità! Ti manda una rosa al
giorno e riceve in cambio solo risposte acide! “
Sbuffai di nuovo. “Va bene. Passeremo la serata a litigare,
almeno si renderà conto una volta per tutte che non potrà mai funzionare e mi
lascerà in pace!”
Marianne mi guardò, poco convinta. Presi il telefono e
scrissi il messaggio.
“No, stavolta hai vinto tu, ma
non ti ci abituare! A che ora ci vediamo stasera? E.”
Chiamò due secondi dopo, chiedendomi se il messaggio lo
avevo davvero scritto io.
Trattenni un sorriso. “Sì, ma se vuoi posso sempre
ripensarci...”
“No! Alle 8 alla fermata dei taxi? Ti verrei anche a
prendere, ma non so dove abiti...”
“Non ci provare!” esclamai “Va bene alla fermata dei taxi.”
Lo sentii ridere. “A stasera, allora”
Marianne mi guardò. “Hai seriamente bisogno di un po’ di
shopping!” sentenziò.
“Cosa? Non ci penso nemmeno! Non ho nessuna intenzione di
vestirmi carina per uscire con..con...”
“Dillo pure.....devi uscire con Ville Valo. Sai quante
ragazze vorrebbero essere al tuo posto, me compresa?” sospirò.
“Vuoi andare tu? Guarda che per me non c’è mica problema,
eh...”
“Ma per lui sì!” ridacchiò.
Marianne mi portò tutto il pomeriggio in giro per Helsinki,
costringendomi a provare vestiti su vestiti.
“No, Marianne, io la gonna non me la metto, non esiste. E
poi fa anche freddo!”
“Scommetto che Ville ti scalderebbe volentieri!” rise.
La guardai storto. “Ecco...meglio che non si faccia strane
idee!”
Alla fine giungemmo ad un compromesso: comprai un paio di
jeans scuri aderenti, un maglione viola lungo e un paio di stivali neri. Un
quarto di stipendio andato per uscire con uno che nemmeno mi piaceva.
Decisi di prendermela comoda, arrivando qualche minuto in
ritardo. Quando arrivai alla fermata dei taxi, ovviamente Ville era già lì, come
al solito vestito di nero e con il cappellino calato sugli occhi. E io avrei
dovuto vestirmi elegante?
Quando mi vide arrivare, sorrise.
“Pensavo che ci avessi ripensato...” disse.
“Sono ancora in tempo, quindi attento a te!” risposi.
Ville aveva prenotato un tavolo al Lost and Found, un locale
al centro di Helsinki. Ovviamente, nel privè, così ci ritrovammo io e lui da
soli, lontani dai comuni mortali.
Senza il cappello, Ville era perfino carino.
Durante la cena, riuscimmo a chiacchierare senza litigare.
La verità era che stavo cominciando a sentirmi a mio agio con lui, forse non era
lo stronzo che mi era sembrato la sera del concerto.
Allungai il braccio a prendere la bottiglia d’acqua, e lui
mi prese la mano. Già stavo per rispondergli male, quando mi accorsi che stava
semplicemente guardando il tatuaggio che avevo all’interno del polso.
“Un labirinto a forma di cuore?” chiese, incuriosito.
Annuii.
“Perché?” chiese “Scusa, magari non ti va di dirmi il
significato... ma i tatuaggi mi piacciono e questo è... beh, particolare.”
Sorrisi.
“Il mio cuore è fatto così” risposi, mentre Ville mi
guardava incuriosito “Per arrivare in fondo, bisogna essere in grado di
percorrere il labirinto, senza farsi spaventare dalle prove da affrontare.”
“Non è il tuo cuore ad essere fatto così” sussurrò,
abbassando lo sguardo. “E’ l’amore che è un labirinto”.
Stavolta fu il mio turno di guardarlo incuriosita. La serata
stava prendendo una piega che non avrei immaginato. Scoprii che parlare con lui
mi piaceva più di quanto mi aspettassi.
“Senza saperlo, ti sei fatta tatuare un pezzo di una mia
canzone. Il tuo tatuaggio mi ha incuriosito perchè rispecchia una cosa che ho
scritto io. E poi ho anch’io un cuore tatuato all’interno del polso!” rise,
mostrandomi il braccio.
“Scrivi tu le canzoni per la band?” chiesi.
“Testi e musica! Ma a te il metal fa schifo!” disse,
strizzandomi l’occhio.
“D’accordo, scusa, ho esagerato...”
Spalancò gli occhi, incredibilmente verdi. Cominciavo
vagamente a capire cosa diceva Marianne a proposito dello sguardo di Ville, ma
non volevo lasciarmi incantare.
“Mi hai chiesto scusa?” chiese.
“Era così, per dire” corressi, sorridendo.
La serata si rivelò piacevole. Non l’avrei mai ammesso
nemmeno a me stessa, ma con Ville stavo bene. Quando il taxi ci lasciò sulla
piazza principale di Munkkiniemi, si offrì di accompagnarmi a casa. Arrivati
davanti al portone, già mi preparavo a reagire male per un suo eventuale bacio.
Ma il suo comportamento mi spiazzò completamente. Mi fece
una specie di inchino, sorridendo e ringraziandomi per la serata, lasciandomi
come una cretina davanti alla porta.
Mi chiusi la porta alle spalle, scuotendo la testa. Ero
davvero quasi dispiaciuta del fatto che non avesse tentato di baciarmi?
2 dicembre.
“Labyrinth
in a shape of a heart, Love’s secret architecture…
I find myself to be lost in the arms of your fate. Grazie per ieri sera. Ville”
Da quel giorno,continuai a trovare la rosa sulla scrivania,
ma iniziammo a sentirci e vederci quasi tutti i giorni. Sembrava incredibile
perfino a me, ma io e Ville stavamo iniziando a diventare amici. Qualche volta
ero anche andata con lui in sala prove, e avevo cominciato ad apprezzare la sua
musica, incantandomi spesso ad ascoltarne i testi. Intanto, si avvicinava
Natale. Avevo deciso di rimanere ad Helsinki, dal momento che i miei genitori
avevano approfittato della mia assenza per organizzare un viaggio intorno al
mondo. Avrei passato il Natale da sola, ma in fondo non mi dispiaceva. La
Finlandia, nel periodo natalizio, era incantevole.
24 dicembre
Avevo passato la serata mangiando dolci e guardando dalla
finestra la neve che scendeva silenziosa. Ad un certo punto suonarono alla
porta. Chi poteva essere, la Vigilia di Natale a mezzanotte e un quarto? Aprii
la porta , spalancando gli occhi quando vidi chi era.
“Ville!” esclamai.
“E chi ti aspettavi, Babbo Natale?” ridacchiò.
Il solito scemo. Sorrisi. “Un po’ gli somigli, con la neve
sul cappello! Entra” dissi, spostandomi di lato per farlo passare. “Credevo
fossi dai tuoi, stasera...”
“Ero lì, infatti...ma poi ho cominciato a pensare a te, qui,
da sola...”
“Oh, che pensiero gentile...quasi quasi mi commuovo!” dissi.
“Non riesci ad essere meno acida nemmeno a Natale, eh?”
“Mai” risposi, sorridendo “Anzi guarda, nella mia immensa
bontà ti offrirò una tazza di the, visto che avevo intenzione di prepararlo per
me.”
Mi avviai verso la cucina, e lui mi seguì. Ma mi ero
dimenticata di un piccolo particolare.
“Aspetta, aspetta...” mi disse sulla soglia, trattenendomi
per un braccio. “Guarda lì” disse, indicandomi il rametto di vischio che
Marianne aveva attaccato alla porta.
“Oh no, non pensarci neanche!” protestai.
“E’ tradizione, Elizabeth... e le tradizioni vanno
rispettate!” disse, ridacchiando. Alzai gli occhi al cielo. E va bene, Ellie,
che sarà mai...un bacetto a stampo, e tutto finisce lì. Tradizione rispettata,
tutti contenti. Ma quello che non avevo minimamente previsto, fu la mia reazione
appena le labbra di Ville sfiorarono le mie. Una scossa elettrica, un brivido
bollente che mi attraversò tutto il corpo. Ci guardammo negli occhi per un
istante, poi le nostre labbra si cercarono di nuovo. Ma non era un innocuo
bacetto a stampo, proprio no. Era un bacio profondo, sensuale, di quelli che
lasciano senza fiato. Il mio cervello non esisteva più. Ero del tutto in balia
del mio cuore impazzito e delle sensazioni che provavo. Ogni cellula del mio
corpo voleva Ville, e io non ero in grado di oppormi. Si staccò da me, con mio
grande disappunto, e scese a baciarmi languidamente il collo, mentre le sue mani
si insinuavano sotto la maglia. Mi strappò un mugolio di piacere, a cui rispose
con un sorrisetto soddisfatto.
“Quello non mi sembrava esattamente un *Ville, smettila*, o
sbaglio?” chiese, sempre sorridendo.
“N...no” sussurrai. Non riuscii nemmeno a rispondergli male,
stavolta. Mi guardò intensamente negli occhi, e senza dire nulla mi sfilò la
maglietta, gesto a cui non opposi la minima resistenza. Feci la stessa cosa con
la sua, l’unica cosa che volevo era sentire il contatto della mia pelle contro
la sua, fare l’amore con lui, tutta la notte...tutta la vita.
Le mani di Ville su di me mi stavano facendo impazzire.
I nostri corpi si fusero in uno, mentre la stanza si
riempiva dei nostri sospiri.
“Ville....”
“Shhh...”
E aveva ragione, a volte le parole non servono proprio a
nulla. Non quando il silenzio riesce a dire molto di più. Restammo abbracciati,
a scambiarci baci e carezze finchè non mi addormentai, tra le sue braccia.
25 dicembre
Quando aprii gli occhi, Ville non c’era. Al suo posto, sul
cuscino trovai un biglietto.
“Non volevo svegliarti...sei
troppo dolce, almeno quando dormi! Stai attenta...se fossi sempre così potrei
innamorarmi di te! A più tardi. Buon Natale, Ville”
Rimasi quasi male a non trovarlo accanto a me. Da una parte
non mi capacitavo di come fosse potuta accadere una cosa del genere,
dall’altra...sì, strano ma vero, sentivo la sua mancanza.
Preparai velocemente qualcosa da mangiare, pranzai da sola e
poi decisi di andare a fare una passeggiata in riva al mare. Il mare aveva il
potere di rilassarmi, di farmi capire cose che io per prima non volevo
accettare.
Ero da poco rientrata in casa, e mi stavo scaldando con una
tazza di the bollente, quando suonarono al campanello. Ville, ovviamente.
Sorrisi, la verità era che ero felice di vederlo.
“Buon Natale!” disse, mettendomi in mano un piatto.
“Cosa?..”
“Dolci! Mia madre ha un po’ esagerato in cucina... Non
vorrai mica far ingrassare solo me?” disse, buttandosi sul divano.
“Grazie” dissi, assaggiando un dolcetto. Erano davvero
buoni.
Nessuno dei due fece un accenno a cosa era successo la sera
prima...meglio, pensai.
“Allora, che hai fatto oggi?” chiese.
“Uhm..” dissi, ancora a bocca piena “ho pranzato, poi sono
andata a fare una passeggiata in spiaggia..”
“Non sono l’unico a cui piace andarsene in giro quando fa
freddo, allora!”
Sorrisi. “A proposito...non sapevo ci fosse un castello,
qui... è bellissimo” dissi.
Ville mi guardò, l’espressione interrogativa.
Annuii. “E’ un posto stupendo! Credo di essermi innamorata
di quella torre coperta di edera, sarei rimasta lì per ore a guardarla! Ma ci
vive qualcuno? Si può visitare?”
Ville fece un sorriso strano.
“Sì...ci vive qualcuno. Sentiamo un po’: come immagini il
proprietario di quella torre?”
Lo guardai, perplessa.
“Come lo immagino?” chiesi.
Ville annuì.
“Ma tu lo conosci? Dammi qualche indizio...”
“Mmm... è abbastanza conosciuto, sì... è un uomo e vive da
solo. Ora tocca a te.”
“Non mi è di grande aiuto, come indizio...” protestai.”
Comunque... di sicuro è uno che ama la solitudine. Poi...gli piace leggere, non
so perché ma immagino una stanza con le pareti piene di libri... e poi è un tipo
romantico...magari compone anche poesie!”
“E ti piacerebbe, uno così?” chiese Ville, sorridendo.
Abbassai lo sguardo. “Ammesso che esista, uno così...
sarebbe il mio uomo ideale! Senza offesa, eh, Ville...”
Scoppiò a ridere. “Senza offesa...” commentò “Bene...ora
andiamo!”
“Dove?” chiesi.
“Hai detto di voler visitare la torre, no?”
Lo guardai, con gli occhi spalancati.
“Ma...si può visitare? Davvero?”
Ville ridacchiò. “Tutte le volte che vuoi. Puoi anche
passarci la notte, volendo!”
“Mi stai prendendo in giro?”
“Assolutamente no” disse, serio, mentre mi aiutava ad
infilarmi la giacca.
Camminammo in silenzio, e rimasi di sasso quando vidi Ville
tirare fuori un mazzo di chiavi dalla tasca della giacca e aprire la porta della
torre, con un sorrisetto furbo sul viso.
Spalancai gli occhi. “Ville...non dirmi che questa è...?”
“Casa mia!” rise “Ma credevo lo avessi capito! Oddio Ellie,
hai una faccia! Dovresti vederti!”
“Smettila di ridere!” protestai, dandogli una manata sulla
spalla. Lui rise ancora di più.
“E’ evidente che il proprietario non è come l’ho
descritto...” dissi, sorridendo e scuotendo la testa.
Mi lanciò un’occhiataccia.
Ma c’era davvero una stanza con le pareti coperte di libri,
e l’arredamento era proprio come lo immaginavo. Mi avvicinai a una delle
librerie.
“Davvero leggi Poe?” dissi, guardando le decine di libri
sistemati con cura sullo scaffale.
“E’ uno dei miei autori preferiti. Scommetto che non
l’avresti mai detto, eh?”
“No, infatti...” risposi, sorpresa. “Considerando che è
anche uno dei miei autori preferiti”.
“Devi rassegnarti” mi sussurrò all’orecchio. Era dietro di
me, a pochi centimetri di distanza... e mi tremavano le gambe. Questo non era un
buon segno. Non andava proprio per niente bene.
“A cosa dovrei rassegnarmi?” chiesi, la voce un po’ troppo
bassa rispetto a ciò che avrei voluto.
“Al fatto che abbiamo più cose in comune di quanto tu voglia
far credere a te stessa...e al fatto che sono innamorato di te...” disse,
cingendomi la vita con un braccio.
Il mio cuore impazzì . Feci per allontanarmi da lui, o
meglio... il mio cervello lanciò l’impulso, ma il mio corpo si rifiutò
categoricamente di ubbidirgli. Esattamente come la sera prima. Mi fece voltare
verso di lui.
“Qui non ho la scusa del vischio, ma...”
Non gli feci concludere la frase. Mi sollevai sulle punte
dei piedi, a sfiorare le sue labbra.
Ci baciammo a lungo dolcemente, finchè lo abbracciai,
mormorando un “Ti amo” che forse avrei dovuto dire da tempo.
Mi guardò, sorridendo. Ville non aveva solo superato il
labirinto, l’aveva completamente distrutto. Quell’anno, il Natale mi aveva
portato il regalo più dolce che potessi desiderare. L’Amore.
I dream
what you're dreaming
And feel
what you're feeling
Love's our
shadow on the wall
With the
face of god
HIM – The face
of God
..... Sì lo so...magari come one-shot è un pò lunghina, ma è nata così e non
volevo dividerla!^^
Grazie in anticipo a chiunque la leggerà, spero vi piaccia e.... Buon Natale!!
Dimenticavo:
questa ff non è scritta a scopo di lucro nè per offendere i personaggi citati!
|