Al calare della notte

di Filakes
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Prologo



  La stanza in cui si trovava era buia, priva di ogni forma e dimensione, illuminata solo dalla luce soffusa di una candela. Il silenzio attorno a lei era assordante. Si guardò attorno smarrita: cosa ci faceva lì? Per quanto si sforzasse di ricordare, la sua mente rimaneva fastidiosamente ingarbugliata. Avanzò alcuni passi incerti, c’era qualcosa di strano: era tutto così reale ed irreale al tempo stesso. Un odore acre e pungente iniziò riempire l’aria nella stanza, fastidioso e nauseante. La ragazza portò le mani a proteggere il volto da quella puzza ma si bloccò terrorizzata: le sue mani tremanti erano impregniate di sangue, che gocciolava ritmicamente sul pavimento.
Il cuore accelerò i battiti, da dove poteva provenire quel sangue? Lei stava bene, non poteva essere ferita, non sentiva alcun dolore. Si guardò intorno, cercandone la fonte, il respiro affrettato dalla paura.
Grazie alla luce della candela, intravide una strisciata di sangue sul pavimento. La seguì affrettando il passo, doveva aiutare chiunque fosse ferito, sempre che fosse ancora possibile.
Scorse la gamba di un essere umano e vi si avvicinò cauta, deglutendo a fatica.
- Si sente bene?
Domandò con la voce che incespicava per la paura, chinandosi sul corpo avvolto nell’oscurità della stanza.
Il corpo era di una donna, anche se nel buio la ragazza faticava a scorgerne il volto.
- Signora? Mi sente?
Con le mani impacciate dal tremore, cinse le spalle della donna e ne fece affiorare il viso alla luce della candela.
La ragazza urlò e scattò in piedi: la donna priva di vita aveva il suo volto, era lei.
Indietreggiò terrorizzata e andò a sbattere contro un oggetto, si voltò di colpo. C’era uno specchio che oscillava vistosamente, appoggiato precariamente alla parete, ma l’immagine che rifletteva non era la sua, bensì quella di una ragazza con i suoi stessi tratti, ma con lunghi capelli rossi e occhi neri come la pece, completamente coperta di sangue. Lo specchio cadde e si infranse in mille pezzi di vetro.
 
  Erica si svegliò di colpo, sudata, era stato solo un incubo. Si alzò dal letto, appoggiando cautamente i piedi sul parquet freddo e accese la luce della stanza. Aspettò che i suoi occhi si abituassero alla luce improvvisa della stanza, poi si guardò allo specchio: era sempre lei, con i soliti capelli castani e gli occhi nocciola.
Sospirò di sollievo e tornò a dormire, più tranquilla.
 

  Un uomo, poco distante dalla casa della ragazza, compose un numero sul telefonino.
- Signore, l’abbiamo trovata.
- Ottimo.





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