CAPITOLO PRIMO
Se c’erano dei momenti in cui avrebbe voluto avere Nami al
suo fianco… beh, quello sarebbe stato l’ideale. Nami aveva un senso
dell’orientamento invidiabile, mentre lui… eh.
Si guardò attorno
cercando di non dare a vedere la cruda realtà dei fatti, cosa che per fortuna
gli riusciva benissimo grazie alla sua solita espressione corrucciata. E poiché
non c’era nessuno nei paraggi, si lasciò andare ad un grosso, grossissimo sospiro
di rassegnazione, che lo rese libero di ammettere con se stesso che sì, si era
immancabilmente perso.
Si grattò la nuca,
scompigliandosi i corti capelli verdi e gettò uno sguardo alla battigia, sulla
quale andavano a morire le onde, a pochi passi dal punto in cui si trovava. Si
domandò per quale dannato motivo la sua idea di seguire come punto di
riferimento il mare che scorgeva all’orizzonte dall’entroterra non avesse
funzionato; eppure, non si capacitava, era proprio in mare che avevano lasciato
la Sunny, giusto? Per forza, sì. Quindi perché lì non c’era il porto? Perché
non c’era la loro bella nave? Zoro davvero non ricordava di aver lasciato l’isola
a nuoto per giungere in un altro posto, né di essere stato nuovamente
teletrasportato altrove.
D’un tratto scorse
qualcosa. O meglio, sentì un verso strano che lo indusse a fissare con fare
curioso un’ombra che, al tramonto, non riusciva a distinguere benissimo a causa
della lontananza. Si trattava di un qualcosa di piccolo, paffuto e ondeggiante.
Che fosse Chopper? No, Chopper non camminava in modo tanto sgangherato.
Aguzzò la vista e
finalmente il suo occhio, l’unico sano che gli era rimasto, riuscì a mettere a
fuoco la figura di una papera che avanzava nella sua direzione. Una papera. Una
papera marina. Esistevano davvero le papere marine? Boh. Anche il papero di
Bibi era particolare, visto che viveva in un regno pieno di sabbia; quindi
perché meravigliarsi?
Zoro rimase a
fissarla con fare interessato fino a che quella non arrestò le zampette palmate
a pochissima distanza da lui. Alzò la testolina e incrociò il suo sguardo.
«Squek!» esordì la papera dal piumaggio
scuro.
Lo spadaccino
sollevò un sopracciglio con espressione curiosa. Infine, non si trattenne dal
chiederle: «Sai mica dov’è il porto?»
L’animale aprì le
ali, agitandole con fare concitato. «Squek!
Squek! Squek!»
Ecco, adesso Zoro
avrebbe voluto che ci fosse Chopper, con lui. «Non capisco, parla chiaro!» ebbe
la faccia tosta di protestare, muovendosi istintivamente con aria minacciosa. Sentendo
odore di pericolo, la papera gli si avventò contro, alzandosi a mezz’aria e
beccandogli il capo. «Ma brutta…!» Zoro levò le braccia oltre la testa,
sperando di scacciarla, ma senza alcun risultato. Non gli rimase che la fuga.
«Giuro che se riesco a mettere mano alle spade, stasera mangerò anatra
arrosto!» Sempre ammesso che fosse riuscito a tornare alla Sunny.
Evidentemente,
però, qualcuno dall’alto doveva vegliare su di lui. Forse Kuina? Non ci è dato
saperlo, poiché queste sono cose troppo grandi per noi comuni mortali.
Tuttavia, sappiamo che questo incidente di percorso non fu del tutto nocivo.
Questo perché,
mentre lui correva per sottrarsi alle beccate della papera, quest’ultima non
demordeva e lo seguiva, ferendolo ora al capo ora alle braccia con cui il
giovane cercava di ripararsi senza troppo successo. Persa infine la pazienza,
Zoro ruggì di rabbia e con un gesto rapido e sgarbato riuscì finalmente
nell’impresa di allontanare il volatile da sé. Il quale si alzò in volo, verso
il cielo al tramonto; però, per la paura, decise anche di lasciargli un ricordo
sulla zucca. Maleodorante e persino doloroso.
«Se ti prendo, ti
faccio a fette, lurida bestia!» urlò lo spadaccino, non sapendo se tenersi la
testa con le mani o meno, visto il male e, soprattutto, lo schifo. Imprecando
fra i denti, gettò un ultimo, astioso sguardo alla papera che scompariva in
lontananza; poi, cercando di capire come diamine avesse fatto, quella, a fargli
male come se fosse stato colpito da un sasso, abbassò la pupilla nera sulla
sabbia bagnata.
Corrucciò lo
sguardo e, curioso, si accovacciò sui talloni, prendendo a fissare quello che,
a quanto pareva, l’animale gli aveva lasciato in regalo. Si fece coraggio e lo
prese fra le mani, cercando di liberarlo dalla sabbia e dal guano della papera:
sembrava in tutto e per tutto qualcosa che avrebbe fatto felici milioni e
milioni di donne.
Sorrise, portandosi
una mano davanti alla bocca con fare soddisfatto e ritenendosi l’uomo più
fortunato del mondo. Poi però si ricordò di cosa aveva fatto con quella mano e
per poco non vomitò per lo schifo.
Preciso subito che questa storia è ancora in corso, nel senso che non l'ho ancora portata a termine. Ma state tranquilli, perché ho le idee più o meno chiare in merito alla trama e perciò la porterò senz'altro a termine. Anche perché prevedo solo una manciata di capitoli, niente a che vedere con le chilometriche long della mia prima saga su One Piece.
Detto questo, prima di chiudere aggiungo solo un'ulteriore precisazione: sarà una ZoNami non ZoNami. È un po' difficile da comprendere, forse, ma è questo il motivo per cui non ho segnalato alcun pairing nella presentazione della fanfiction. Oh, e mi riservo di modificare il rating nel qual caso il resto della storia dovesse richiederlo.
Grazie per aver letto questo primo capitolo che funge da introduzione! Alla prossima!
Shainareth
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