Into the darkness

di sxds
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"Into the darkness"
di SXDS

 

 

1.

Elena prese un grosso respiro e pigiò il campanello.
Un trillo metallico l’annunciò, mentre entrava.
L’unica cosa che poté fare fu stupirsi del silenzio che l’accolse. Fra tutte le reazioni che aveva messo in conto da parte degli altri agenti, il nulla assoluto era l’unica che non aveva contemplato.
Si sentì fuori posto e a disagio.
Ogni agente stava lavorando e manteneva un profilo basso, senza alzare la voce né fare l’esibizionista. Come se fosse tutto perfettamente normale.
Elena tossicchiò, nel caso non si fossero accorti di lei – cosa improbabile, perché aveva suonato il campanello per aprirsi la porta.
Le si arrossarono le orecchie quando nessuno alzò lo sguardo dai documenti o da pc.
“Fedra arriverà a momenti” disse un uomo senza però guardarla.
Grazie, pensò Elena. È questo il modo di comportarsi? Non se la prese, in fondo, erano tutti poliziotti no? Si sa che sono un po’ strani, a lavorare in prigione.
“Oh! La nuova custode! Eccoti qua.”
Elena sussultò.
Una donna molto bella e curata le si avvicinò. Non dimostrava più di quarant’anni e pareva severa, ma simpatica e solare al tempo stesso.
Di quelle persone di cui ti fidi.
“Ehm… Signora James?” mormorò la ragazza mentre l’altra le porgeva una divisa nuova di pacca, che la fece eccitare all’idea di indossarla.
“Dimmi.” La donna non si scompose alla voce titubante della ragazza. Anzi, parve sfidarla.
“Hm… Io sono Elena Torino, piacere” le porse la mano.
Fedra gliela strinse sbrigativa.
Lo so Elena” alzò gli occhi al cielo e le indicò una porta dalla scritta Spogliatoio. “Va’ a cambiarti, hai cinque minuti. Poi va’ al sesto piano e sistemati alla posizione che ti diranno okay? È un bene che tu sia arrivata oggi. Arrivano i visitatori e sono sempre così caotici e chiassosi. Fa’ del tuo meglio.”
Detto ciò se ne andò.
Cosa? Che doveva fare? Elena non aveva ascoltato un parola di quello che le aveva detto Fedra, così si andò a cambiare e poi scavò nella sua memoria, contemplando la nuova divisa. Bellissima. Le dava un’aria tosta.
Allora, pensò, sesto piano. Visite. Giusto.
Salì un’infinità di scale per poi trovarsi al fatidico sesto piano. E ora? Entrò, spingendo una porta pesante, e si trovò in un corridoio stretto e lungo che dava la claustrofobia e l’impressione di essere in un film horror. Non era da sola. C’erano otto celle, quattro per lato, numerate dalla sei alla quattordici. Quella più in fondo non aveva semplici sbarramenti, era chiusa da una porta completamente in metallo, se non per una piccola finestrella delle dimensioni di un foglio A4 anch’essa sbarrata.
Perché quel detenuto era così controllato?
Elena non ci pensò troppo e uscì di lì. Doveva trovare qualcuno che le dicesse che fare, qual era la sua postazione.
Un ragazzo poco più grande di lei la raggiunse correndo. Sembrava un bambino poco cresciuto e dall’aria rompipalle.
“Ciao, Elena giusto? Io sono Luke.”
“Sì sono Elena.” Gli sorrise per educazione.
“Bene. Per oggi dovrai fare da custode e moderatrice durante le visite che iniziano fra mezz’ora abbondante” controllò l’orologio per assicurarsi che fosse così. “Intanto perché non fai amicizia con i detenuti? Quello della celle tredici è uno spasso” ghignò.
Ma che diavolo…?
“E quello della quattordici?” azzardò.
Luke si rabbuiò come se Elena avesse sfiorato un tabù.
“Lascia stare il 14. Okay? È meglio per te, anzi non farti beccare a parlargli o chissà che cosa…” mormorò rude. Poi le passò un mazzo di chiavi tintinnante. “Questo sono le chiavi di ogni cella. Sono numerate. Quando arrivano i visitatori apri e chiudili dentro. Uno alla volta capito? Devi stare là vicino per controllare che non vengano strane idee ai detenuti.”
Elena arraffò le chiavi interessata e curiosa. Un po’ intimorita.
Controllò.
Cazzo! Espirò l’aria tutto d’un colpo. C’era anche la quattordici.
Luke non notò nulla. “Bene, buon lavoro. Per ogni cosa chiamami al walkie-talkie okay? Ecco il tuo. Il mio numero è 3. Premilo e avvertimi per ogni problema o domanda. Gli altri numeri sono degli altri agenti; non chiamarli stanno lavorando.”
Elena, che era stata tutto il tempo taciturna, annuì. “Grazie Luke, buon lavoro anche a te.”
La bionda controllò un’altra volta le chiavi e restò senza fiato. La 14 era come se bruciasse.
Ma davvero erano così imprudenti da lasciarla sola con tutte le chiavi?
‘Stupida’, si disse. ‘Un po’ di giudizio!’.
 
Le visite furono noiose e durarono parecchie ore. Da madri a sorelle a fidanzatine. Incredibile. Quasi solo donne.
Pensò che forse era giusto così. Le donne a piangere quei fannulloni in cella. Chiunque fosse stato messo dentro, si promise, non l’avrebbe mai pianto.
Quel giorno aveva aperto e richiuso ogni cella, imparato i nomi di tutti – solo una donna, Claire – ma una cella rimase chiusa ogni istante.
La quattordici.
Elena era appena arrivata e già moriva di curiosità.

Ringrazio chi leggerà e mi seguirà :)
Queste sono le mie altre ff:
"Psicopatici - Jake di Cuori" 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1886355&i=1
"Darkside" http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1906345&i=1

Q
uesta è Elena:



Ciao :3
SXDS
 





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