Andiamo da Frank Paciock
Pioggia scrosciante batteva sulle finestre del castello.
L’oscurità avvolgeva ogni cosa e rendeva tutto più
spettrale, spaventoso. La fantasia accentuava le sagome, mutandole in
mostri terribili. Un rombo lontano si espanse nell’aria,
facendo sussultare le anime dei vivi, al ricordo di quelle morte.
In un corridoio sfarzoso dei passi risuonavano, attutiti dai tappeti
preziosi. Grandi arazzi appesi alle pareti, rappresentavano la storia
dei grandi maghi passati, simboleggianti il tempo della gloria e
dell’onore, ormai perso.
Le statue che decoravano l’ambiente sembravano ascoltare quel ritmo cadenzato, in silenzio, mentre il buio le nascondeva.
Pesanti tende di velluto nero cadevano sul pavimento di freddo marmo,
trattenute da cordoni d’oro ai lati delle finestre, mentre un
alto soffitto a volta sovrastava ogni cosa.
Una luce flebile apparve lontana, e si avvicinò lentamente, districandosi dalle ombre di quella notte.
I passi si fecero più forti, e una sagoma apparve come un
fantasma dall’oscurità. Quei suoni distinti, ora pesanti
come macigni per il peso dei pensieri, per la situazione insostenibile,
ora leggeri come piume per il senso dell’irrealtà e per
l’impossibilità di credere alla caduta di Lord Voldemort,
riecheggiarono nel corridoio deserto.
Bellatrix Lestrange camminava lentamente immersa nel suo dolore. I
lunghi capelli neri ricadevano sulle spalle, e una veste frusciante
ricopriva il suo corpo sinuoso. I suoi occhi scuri riflettevano la luce
della bacchetta e sembravano aver perso l’ardore che vi bruciava.
Il suo Signore era scomparso e niente non aveva più senso ormai.
La guerra, l’odio per i Mezzosangue, la passione per il suo
Padrone... Non era amore quello che provava per lui, era qualcosa di
peggiore. Era un infuso di ossessione e fanatismo, perché
Bellatrix venerava il suo Signore. Era affascinata da lui come una
falena alla luce, che nonostante il dolore al contatto, rimane
l’unica meta dei suoi pensieri.
Avanzava, lenta e inesorabile come la forza del destino. La sua mente
scacciava irrimediabilmente l’idea che poteva essere tutto
finito, che tutto quello per cui aveva lottato perduto, che tutto
quello che aveva costruito distrutto, che Lui fosse morto.
Passi. Passi vuoti, come vuota era ormai la sua vita, e tristi, come la
disperazione che la avvolgeva strettamente tra le sue spire.
Si avvicinò ad una porta di legno massiccio e la aprì con
uno scricchiolio, rivelando una stanza illuminata da candelabri
riccamente decorati, con al centro un tavolo rettangolare dove sedevano
tre persone.
Una di queste era un uomo grosso dagli occhi vacui e la fronte
sporgente, mentre un'altra un ragazzo di poco più di
vent’anni con i capelli color paglia, la terza era un uomo magro
e alto, con i capelli scuri che gli ricadevano sugli occhi.
Al suo arrivo queste si alzarono, aspettando la notizia fatale.
“Il Signore Oscuro – disse Bellatrix, con voce atona ma chiara – è caduto”
Il ragazzo sconvolto si afflosciò sulla sedia e si tenne la testa con le mani, mentre un tremolio gli percorse il corpo.
“Era quello che temevamo, da quando abbiamo visto il Marchio Nero
sbiadire.” Rispose sconcertato Rodulphs Lestrange, scuotendo la
testa.
“E ora cosa faremo? Siamo perduti!” esclamò il mago corpulento, con una nota di panico nella voce.
Bellatrix alzò la testa, colta da una improvvisa scarica di
energia. “Non è morto! Noi lo sappiamo bene. Non possiamo
abbandonarlo così! Lo faremo rinascere e saremo premiati con
grandi onori!”
Il giovane Barty Crouch si alzò in piedi, rianimato. “Si! Lo aiuteremo e ci ricompenserà.”
Solo il mago Rigel Knight rimaneva incerto, “Ma come possiamo trovarlo? Non sappiamo da dove cominciare.”
La donna fece un passo in avanti, con un sorriso sicuro.
“Sicuramente gli Auror hanno qualche informazione su dove si sia
rifugiato, con un po’ di persuasione riusciremo ad
ottenerla.”
Suo marito, Rodulphus, si avvicinò, e le mise le mani sui
fianchi. “Hai già qualche idea su chi andare a
trovare?”
Bellatrix allargò il suo sorriso: “Paciock”
Il mago portò il viso ad un soffio da quello della donna:
“Così sia, io sarò con te.” Sussurrò e
la baciò appassionatamente, come a suggellare un patto: insieme
fino alla fine.
Barty intanto si rivolse a Rigel con voce sicura: “Io vado. Tu vuoi abbandonare il nostro Signore?”
Egli rispose accalorandosi: “Certo che no! Chiamiamo anche gli altri?”
Intanto la coppia si era separata: “NO! – urlò
Bellatrix infuriata – loro sono scappati non appena hanno visto
il suo Marchio scomparire, non sono altro che vili traditori.”
Il mago più giovane raggiunse la strega: “Io sono pronto. Non ha senso aspettare oltre.”
La donna lo guardò, scorgendo nei suoi occhi la stessa
determinazione che infiammava lei. “Bene.” E spostò
il suo sguardo verso Rigel, che borbottò: “Vengo.”
Bellatrix posò i suoi occhi su quelli del marito, che la
fissavano intensamente. “Allora andiamo.”
E uscì
dalla porta dalla quale era entrata, ora molto più forte e
sicura, seguita a ruota dai suoi compagni.. “Andiamo da
Frank Paciock.”
Salve! Eccovi la mia prima one shot. Mi era venuta l'idea di scriverla
e per un po' ci ho rimuginato su, finchè duramente le vacanze di
Natale non ho avuto l'occasione di scriverla. Non è questo
granchè lo ammetto, però sono abbastanza soddisfatta di
quello che ne è uscito, anche se l'idea era un po' diversa.
Originariamente volevo descrivere i pensieri di Bellatrix dopo la
caduta di Voldemort, ma poi da cosa nasce cosa... Spero vivamente che
vi piaccia e di non aver combinato un casotto. Se lasciate una
recensione mi fareste veramente felice ^^.
Colgo l'occasione intanto per augurare a tutti Felice Anno Nuovo.
Dark Soul
|