Autore:Thinias
Pairings: nessuno
Rating: R
Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester, John
Winchester
Warning: angst, introspettivo, missing moment
Conteggio parole: 3.700
Timeline: prima del pilot
Spoiler: nessuno
Beta: Ele106
Disclaimer:
i personaggi dello show Supernatural non mi appartengono, questa
è una storia
di pura invenzione, l’autrice scrive senza alcuno scopo di
lucro e non intende
violare alcun copyright.
Note: non ho mai scritto di Sam e Dean bambini,
questa è la prima volta
e in un certo senso si è rivelato più difficile
di quanto non credessi. Spero
di non essersi persa per strada e che gli amanti di questo genere di
fanfic non
mi insultino XD
Grazie alla
mia Beta, soprattutto perché in questo caso sono andata a
toccare uno dei suoi
generi preferiti e sembra non l’abbia delusa ;)
Trama: Sam è un bimbo di
quasi sette
anni, adora suo padre e venera suo fratello. Sono i suoi eroi, sono
invincibili
e il suo è un mondo felice, perché sa che ci sono
loro a proteggerlo. Quanto
può sgretolarsi questo suo piccolo mondo, quando la
realtà lo prende a schiaffi,
mostrandogli la vulnerabilità delle due persone che
più ama al mondo? Loro sono
tutto per lui e forse la sua infanzia felice, quella che suo fratello
ha
tentato con tutte le sue forze di regalargli, è destinata a
finire per sempre.
Era stato
bravo tutto il giorno.
Anna, la
signora con cui papà lo aveva lasciato, era andata via da
poco più di un’ora.
L’aveva
conosciuta solo qualche giorno prima, quando erano arrivati in quel
posto
nuovo; papà gli aveva detto che avrebbe dovuto obbedirle
intanto che lui e Dean
erano fuori.
Lui aveva
protestato, perché voleva andare con loro, ma il padre non
aveva voluto sentire
ragioni.
Sam si era
messo a piangere e si era rifugiato nel letto che divideva con Dean,
nascondendosi sotto le coperte.
Aveva
sentito la porta schiudersi e poco dopo Dean aveva infilato la testa
sotto la
coperta.
“Sammy…”
Lui aveva
tirato su col naso, poi aveva affondato in viso
nell’orsacchiotto che aveva tra
le braccia, cercando di trattenere le lacrime, perché non
voleva che Dean lo
vedesse piangere.
Il fratello
gli aveva messo una mano sulla spalla, cercando di consolarlo.
“Sammy, non
fare così. Se piangi papà non crederà
mai che sei abbastanza grande per venire
con noi. Sono sicuro che fra poco si deciderà a portare
anche te, ma devi
fargli vedere che sei diventato grande e che non ti metti
più a fare i capricci!”
Sam lo aveva
guardato e si era passato la manica della maglia sotto il naso, per
asciugare
le lacrime e il moccio che era colato mentre piangeva.
Nonostante
le sue parole, Sam aveva sempre la sensazione che Dean non lo volesse
con loro,
che per qualche ragione volesse farlo restare a casa. Aveva anche
pensato che
Dean lo facesse per tenersi il papà tutto per sé.
E questo lo aveva portato a
provare una sorta di gelosia, per tutti quei momenti che padre e
fratello
trascorrevano senza di lui.
“Ma io voglio
venire con te!” Disse piagnucolando, cercando nuovamente di
convincerlo a
portarlo con loro.
“Presto
Sammy… quando sarai grande abbastanza.” Dean
l’aveva guardato con quella strana
luce negli occhi, che il minore non riusciva ancora a decifrare.
Tristezza,
forse preoccupazione; il più piccolo l’aveva
osservato, poi Dean aveva distolto
lo sguardo, era bravo a far sparire quell’espressione
velocemente e al suo
posto compariva un caldo sorriso che riusciva a rassicurarlo,
perché Sam sapeva
che suo fratello sarebbe sempre stato lì per lui.
In quegli
ultimi giorni però, tutte le volte che lo lasciavano
indietro, lui si sentiva a
disagio e aveva paura. Non era mai successo prima...
Non sapeva
cosa andavano a fare, non era riuscito a farselo dire nemmeno da Dean.
L’unica
cosa che sapeva, era che sentiva il bisogno di stare con suo fratello e
suo
padre, di averli sempre davanti agli occhi ed essere sicuro che
entrambi stessero
bene.
E quando
Dean e papà tornavano, a volte suo fratello era strano,
sembrava quasi
spaventato. Lui non era mai spaventato. Ma quando Sam provava a
chiedergli
qualcosa, l’altro cominciava a fare qualche battuta e a
prenderlo in giro,
facendogli presto dimenticare di aver notato quel velo scuro, che per
un attimo
aveva offuscato il suo sguardo limpido.
Dopo
quell’episodio, Sam aveva passato i giorni successivi con la
babysitter, mentre
gli altri due continuavano ad uscire di giorno e di notte.
Il fratello
sembrava sempre più stanco, eppure quando Sam gli chiedeva
di giocare con lui, cercava
lo stesso di accontentarlo. Aveva continuato a pensare che il maggiore
fosse
strano; Dean si era fatto ancora più protettivo con lui,
come se avesse paura
di qualcosa o di qualcuno e volesse proteggerlo anche dalle ombre della
notte.
Ora era in
attesa del loro ritorno, da solo.
Un’ora
prima, Anna si era inginocchiata davanti a lui per arrivare a guardarlo
diritto
negli occhi, gli aveva messo le mani sulle spalle e gli aveva chiesto
se se la
sentiva di rimanere da solo per un po’. Gli aveva detto che
si era fatto tardi
e i suoi bambini la stavano aspettando. L’aveva rassicurato,
dicendogli che
sarebbe tornata entro un’ora, se non avesse ricevuto prima
notizie da John. Lui
aveva sostenuto il suo sguardo, stringendo il suo orsacchiotto
preferito.
La donna lo
aveva guardato, assicurandosi di avere la sua completa attenzione.
“Devi
promettermi che farai il bravo, Sam! Sei grande ormai, sei quasi un
ometto. Sono
certa che tuo padre arriverà presto e tu devi stare qui ad
aspettarlo. Non
uscire e non aprire a nessuno. Pensi di poterlo fare?”
Sammy
l’aveva guardata negli occhi e aveva annuito solennemente.
Aveva quasi
sette anni, ormai era grande. Non appena papà se ne fosse
accorto, avrebbe portato
anche lui con loro e Sam avrebbe potuto stare con suo fratello; adorava
Dean e quando
lo lasciava solo, lui si sentiva tremendamente triste. Se avesse fatto
il bravo,
papà sarebbe stato fiero di lui.
“Sono certa
che il tuo papà sarà fiero di te!”
Le parole di
lei non avevano fatto che aumentare quella certezza.
Anna gli
aveva arruffato i capelli e aveva sorriso.
“Bravo il
mio ometto! Resterai solo al massimo per un’ora, se non
arrivano prima loro, io
sarò di ritorno in men che non si dica!”
L’aveva abbracciato e poi era uscita,
lasciandolo solo.
Sam aveva
trascinato una sedia vicino alla finestra e ci era salito sopra, aveva
spostato
la tenda ed aveva guardato fuori. Anna era salita in macchina e lo
aveva
salutato con la mano, sorridendogli un’ultima volta.
Lui aveva
ricambiato.
Il piccolo si
riscosse da quei pensieri e tornò a guardare fuori dalla
finestra. Non sapeva per
quanto tempo fosse rimasto solo, dopo un po’ aveva cominciato
ad annoiarsi, ma
era rimasto al suo posto, sicuro che da un momento all’altro
suo padre e suo
fratello sarebbero tornati.
Cominciava ad
essere un po’ spaventato, ma non voleva cedere,
perché voleva dimostrare di
essere coraggioso, anche se a quel punto, aveva cominciato a sperare
che almeno
Anna tornasse da lui.
Aveva
appoggiato i gomiti sul davanzale della finestra e posato il mento sui
pugni
chiusi. Il suo orsacchiotto era scivolato giù dalla sedia e
giaceva sul
pavimento, momentaneamente dimenticato.
Quando sentì
il rumore del motore dell’Impala, un largo sorriso
affiorò sulle sue labbra. Era
cresciuto con quel suono, l’aveva cullato milioni di volte
quando si addormentava
sul sedile posteriore;
l’avrebbe
riconosciuto ovunque.
Appoggiò le
mani al vetro e, quando vide la macchina nera entrare a tutta
velocità nel
parcheggio, il suo sorriso si allargò ancora di
più.
Durò solo un
attimo però, perché quando l’Impala
inchiodò di fronte all’ingresso della
stanza del motel, suo padre scese velocemente e si infilò
con il busto dentro
la macchina, come per prendere qualcosa. Trascinò fuori Dean
di peso e lo prese
in braccio, sollevandolo da terra apparentemente senza sforzo.
Quasi
undicenne, suo fratello era molto più grande di lui, eppure
parve scomparire
tra le braccia del padre. Dean si abbandonò contro di lui,
con la testa che
ciondolava; l’unica cosa che Sam riuscì a vedere
era il sangue che gli sporcava
il viso.
Gli occhi
del minore si fecero grandi per lo shock.
Il bambino
vide suo padre dare un calcio alla portiera per chiuderla. Aveva tra le
mani
anche una sacca, si spostò velocemente e, in pochi istanti,
fece irruzione
nella stanza.
Sam era
ancora sulla sedia, ma John parve non vederlo nemmeno.
Si chiuse la
porta alle spalle con una spallata. Stringeva Dean in modo da non farlo
cadere;
suo fratello sembrava appena cosciente e mortalmente pallido. Si
avvicinò al
letto e, con delicatezza, ve lo posò sopra.
Dean gemette
debolmente, il padre si piegò su di lui e gli mise una mano
sulla fronte,
scostandogli una ciocca di capelli.
“Va tutto
bene piccolo, resta con me.”
Sam rimase
immobile, il suo sguardo passava dall’espressione preoccupata
del padre, al
volto pallido e sporco di sangue di suo fratello. Era atterrito,
incapace di
comprendere cosa stesse succedendo.
L’apprensione
che vide negli occhi del padre e il tremolio nella sua voce mentre
parlava con
Dean, lo stavano spaventando a morte.
Suo padre
era invincibile, suo padre era un eroe, suo padre non aveva paura di
nulla. Eppure,
in quel momento, perfino Sam era in grado di leggere la sua
preoccupazione.
C’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello che
stava succedendo.
John si alzò
un attimo dopo e si mise a frugare velocemente nella sacca che aveva
portato.
Sam lo seguì con lo sguardo, poi tornò a
concentrarsi su Dean.
Scese dalla
sedia e si avvicinò al letto di qualche passo. Aveva paura,
ma non poteva fare
a meno di andare da suo fratello.
Il volto di Dean era pallido e imperlato di sudore, le gocce
scivolavano dalla
fronte lungo le tempie; oppure seguendo l'attaccatura del naso, si
raccoglievano nell'incavo degli occhi, appena sopra le guance. Anche la
maglietta scura che indossava sembrava essere umida, aderiva al suo
corpo e
mostrava come il petto del maggiore si alzasse ed abbassasse in modo
irregolare,
seguendo il ritmo di respiri brevi e veloci.
Sam non riuscì a distogliere lo sguardo. Gli occhi di suo
fratello erano chiusi
ed emetteva dei piccoli gemiti, come se stesse cercando di parlare, ma
non ci
riuscisse.
John riportò la sua attenzione su Dean. Aveva in mano quello
che sembrava un
rotolo di stoffa nera. Lo appoggiò sul letto accanto al
figlio e, slacciata la
fettuccia che lo teneva insieme, lo srotolò rivelando una
serie di strumenti
chirurgici chiusi in buste di carta.
Per Sam era come se suo padre avesse messo in bella mostra una serie di
oggetti
di tortura. Il solo vederli aveva accelerato il battito del suo cuore,
mentre
la paura aveva continuato a crescere dentro di lui,
incontrollata.
Lo sguardo atterrito del bambino passava da suo padre a suo fratello,
senza che
riuscisse a dire nulla o a muoversi, né per avvicinarsi a
Dean, né per scappare
da quello a cui stava assistendo.
John prese
delle forbici e, senza tante cerimonie, tagliò la maglietta
del figlio,
lasciando esposto il torace.
Solo in quel
momento, Sam si rese conto che quello di cui era impregnata la stoffa
non era
sudore. Una volta tolta la maglietta, vide le macchie di sangue sulla
pelle.
Il grido che
avrebbe voluto fare gli morì in gola, incapace di trovare la
forza di
oltrepassare le sue labbra tirate.
I suoi occhi erano sgranati; due enormi occhi di bambino, dilatati dal
terrore
di fronte a quello che stava guardando: Dean stava sanguinando, Dean
stava
morendo…
Dean non
poteva morire, era suo fratello, si occupava di lui.
Dean era
tutto il suo mondo.
Furono le
mani di suo padre a distogliere l'attenzione di Sam dal sangue e
dall’orrore
che quei pensieri suscitavano.
John posò di
nuovo la mano sulla fronte del figlio e si sporse verso di lui.
“Tieni duro
Dean! Stringi i denti piccolo, andrà tutto
bene…”
Fu solo un
sussurro, ma Sam riuscì ugualmente a capire quello che stava
dicendo.
Con l’altra
mano, il padre teneva una bottiglietta di plastica bianca, con una
grossa croce
verde stampata sopra.
Dean sembrò
rispondere al richiamo del padre, aprì gli occhi e li
puntò su di lui; Sam non
avrebbe saputo dire se fosse completamente presente o meno, i suoi
occhi erano
rossi e sembravano annebbiati.
“Farà male
Dean, ma devo farlo.”
John posò il
braccio sul petto del figlio, bloccandogli le braccia e tenendolo
fermo, poi
versò il contenuto della bottiglietta sul fianco ferito.
Dalla sua posizione Sam
non poteva vedere quel lato del corpo del maggiore, ma non appena il
liquido
verde chiaro gli bagnò la pelle, il fratello
cominciò ad urlare, inarcando la
schiena e cercando di sottrarsi alla presa del padre.
“Mi dispiace
piccolo. Resisti Dean… resisti!” Come in una
preghiera, John cercava di calmarlo.
Sam si portò
le mani sulle orecchie, cominciando a piangere. Non voleva sentire
quelle
grida, non voleva sentire il dolore straziante che si portavano dentro.
Le sue narici
si riempirono dell’odore pungente del disinfettante.
Perché gli
stava facendo del male? Perché papà stava facendo
soffrire Dean?
Senza
riflettere, si lanciò verso suo fratello. Voleva che
smettesse di urlare,
voleva che la smettesse di fargli male. Si aggrappò al
braccio del padre, cercando
di liberarlo.
“Sam!?” Il
tono di voce imperioso dell’uomo lo gelò,
“Smettila! Vai a sederti sull’altro
letto e restaci!” Accompagnò
quell’ordine con uno strattone, per liberare il
braccio dalla stretta del bambino, e gli diede una spinta decisa per
allontanarlo.
Sam
indietreggiò, finendo per sbattere sulla sedia vicino alla
finestra, per poco
non finì a terra.
Quando abbassò
lo sguardo vide il suo orsacchiotto, lo raccolse e se lo strinse al
petto,
cercando conforto in quel gesto.
I suoi occhi
erano inondati di lacrime, rimase impietrito; suo padre non
l’aveva mai
trattato così, non aveva mai usato quel tono con lui.
Se gli
avesse dato uno schiaffo, probabilmente per Sam sarebbe stato meno
doloroso di
quanto non lo furono quelle parole.
Rimase lì, a
bocca aperta, a fissare suo padre e suo fratello, con la paura e
l’incomprensione come uniche compagne.
John riportò
subito l’attenzione su Dean, il ragazzino aveva smesso di
urlare. Le lacrime si
erano aggiunte alle gocce di sudore che gli imperlavano il viso.
“Sei stato
bravo figliolo. Ancora un ultimo sforzo e sarà tutto finito,
Dean… te le
prometto.”
Carezzò le
testa di capelli biondi, assicurandosi che il figlio lo guardasse e
capisse le
sue parole.
Sam vide che
Dean cercava di annuire, non distoglieva gli occhi da quelli del padre,
il suo
viso era pallido e per la prima volta agli occhi del minore, suo
fratello sembrava
indifeso e vulnerabile.
John
armeggiò di nuovo con i suoi strumenti, Sam vide del filo di
seta e l’ago
ricurvo che teneva tra le dita.
Non era la
prima volta che lo vedeva, suo padre l’aveva già
usato su di sé, anche se Sam
non aveva mai assistito a quello che ci faceva.
“Devi
cercare di non urlare, Dean!” Sam distolse lo sguardo dalle
mani del padre,
guardandolo in viso. John mise di nuovo la mano sulla testa del
maggiore, in un
gesto di conforto. “Non posso portarti in ospedale piccolo,
devo ricucirti qui,
ma se urli, qualcuno degli altri ospiti del motel potrebbe sentirti e
venire a
vedere cosa sta succedendo.”
Dean annuì,
le sue labbra divennero una linea sottile quando si morse il labbro
inferiore.
Artigliò la coperta su cui era sdraiato e serrò
gli occhi in una morsa, nel
momento in cui suo padre cominciò a lavorare alla sua ferita.
Il corpo del
fratello era completamente in tensione, tremava, le lacrime avevano
ripreso a
scorrere, libere da qualsiasi freno, ma Dean non emise un fiato, solo
dei
gemiti soffocati, a malapena udibili.
Sam lo
guardava e gli sembrava di sentire su di sé il dolore che
l’altro stava
provando. Stingeva l’orsacchiotto come se fosse la sua unica
ancora di salvezza
in quel mare di sofferenza.
Non aveva
mai visto Dean soffrire in quel modo; semplicemente per lui suo
fratello era
imbattibile, si occupava di lui e sapeva che chiunque gli avesse dato
fastidio,
avrebbe dovuto vedersela con Dean.
Ora tutto
quello che Sam vedeva era il dolore, la pena e il sangue... tanto
sangue,
quanto non ne aveva mai visto in vita sua, ed era il sangue di suo
fratello.
Indietreggiò
fino a che non sbatté contro l’altro letto e si
lasciò scivolare in terra,
poggiando la schiena contro la struttura di legno.
Guardò
l’orsacchiotto che teneva in braccio, si sentiva perso, le
sue certezze di bambino
stavano crollando; se Dean non era invincibile, se Dean poteva farsi
male…
allora qualcuno o qualcosa avrebbe potuto farne anche a lui.
Quando alzò
lo sguardo, Sam si bloccò. Il maggiore lo stava guardando.
La sofferenza che
lesse nei suoi occhi era enorme, inconcepibile per il minore. Negli
occhi di
Sam, in risposta a quello sguardo, c’erano la paura e
l’insicurezza.
Poi,
inaspettatamente, Dean gli sorrise.
Nel suo
mondo, fu come se le nuvole venissero spazzate via, Sam rimase fermo
per un
momento poi senza rendersene davvero conto, rispose a quel sorriso di
incoraggiamento. Dean era rivolto verso di lui, non guardava quello che
il papà
gli stava facendo, guardava soltanto lui.
Il maggiore continuò
a sorridergli finché non vide la tensione nello sguardo del
minore che pian
piano si scioglieva. Solo allora sembrò finalmente lasciarsi
andare e Sam lo
vide chiudere gli occhi.
Le mani di
Dean lasciarono andare le coperte che avevano stretto nei pugni fino a
quel
momento, e rimasero inermi, abbandonate lungo i fianchi.
John si rese
conto del cambiamento, e in un attimo portò tutta la sua
attenzione al volto
del figlio.
Gli mise una
mano sul torace e dopo poco, perfino Sam fu in grado di vedere che si
muoveva a
ritmo del respiro di Dean.
John lasciò
andare il respiro che anche lui aveva trattenuto e, con rinnovata
risolutezza, si
rimise a lavorare sul fianco del figlio.
Sam non
sapeva cosa fosse successo, Dean sembrava essersi addormentato, il
sorriso che
gli aveva rivolto però, era riuscito a scacciare un
po’ della paura che stava
provando. Continuò a stringere il suo orsacchiotto,
guardando ora suo padre,
ora suo fratello.
Il papà non
lo aveva degnato di uno sguardo, era completamente concentrato su Dean.
Lavorò in
fretta e, quando il minore lo vide posare l’ago, si
sentì immediatamente più
sollevato.
John prese
di nuovo il disinfettante e delle garze. Per un momento, il minore
credette che
Dean avrebbe urlato di nuovo; Sam strinse l’orsacchiotto,
facendosi piccolo,
timoroso di quello che sarebbe potuto succedere. Dean non
urlò, la ferita venne
pulita ed infine bendata; il padre gli pulì anche il viso,
poi prese una
maglietta dalla loro sacca e, facendo attenzione lo rivestì.
Passò le
braccia sotto il corpo del figlio e, senza sforzo, lo
sollevò per trasportarlo
sull’altro letto. Dean rimase abbandonato tra le sue braccia,
finché John lo adagiò
con cautela sul materasso e lo coprì con una coperta.
Gli carezzò
di nuovo la testa e rimase ad osservarlo per qualche attimo.
“Sei stato
bravo piccolo. Sei più forte di molti uomini adulti che
conosco. Sono fiero di
te.”
Fu di nuovo
un sussurro che Sam udì appena, poi il padre fece una cosa
che il bambino non
gli aveva mai visto fare. Si chinò su Dean e gli
posò un bacio sulla testa, dandogli
un’ultima carezza, prima di allontanarsi da lui.
John si
sedette sul bordo del letto in cui aveva medicato Dean e si
piegò in avanti,
prendendosi le testa tra le mani.
Sam non
aveva fiatato. Per un momento gli era sembrato di essere invisibile,
aveva
assistito a tutta la scena, ma non aveva avuto il coraggio di muoversi.
Il
turbamento che provava non accennava ad andarsene, non aveva mai visto
le
emozioni di suo padre affiorare in quel modo, non aveva mai visto Dean
soffrire
il quel modo.
Semplicemente
non sapeva come reagire, cosa fare, cosa dire.
Gli venne di
nuovo da piangere, non poté controllarsi, le lacrime presero
a scendere, senza
che ne fosse nemmeno consapevole.
Se solo
fosse stato un po’ più grande, avrebbe potuto
attribuire quella paura alla
vulnerabilità che aveva visto per la prima volta in suo
padre e in suo
fratello. Fino a quel momento erano stati i suoi eroi e li aveva
creduti
invincibili e immortali. Ora, aveva avuto la prova che la
realtà era ben
diversa…
Ma era solo
un bambino e tutti questi sentimenti rimasero sospesi appena al di
fuori del
suo pensiero cosciente, travolgendolo.
Il suo corpo
reagì senza che potesse farci nulla, perché il
suo corpo comprese quello che la
sua mente non era ancora in grado di elaborare. Iniziò a
singhiozzare.
John si
voltò verso di lui e Sam vide l’attimo in cui suo
padre si rese conto di quello
che gli stava succedendo.
Fu da lui
con due soli passi. Un secondo dopo, Sam si sentì sollevare
e si ritrovò tra le
sue braccia, con il viso affondato nell’incavo della sua
spalla, a soffocare i
singhiozzi incontrollati; suo padre gli carezzava la schiena
per consolarlo.
“Ssshhh...
va tutto bene piccolo.”
Una mano calda si posò
sulla sua nuca.
Sam si sentì
al sicuro, eppure non sembrava in grado di smettere di piangere.
“Va tutto
bene, Sammy. Non devi preoccuparti… starà
bene.”
Cullato da
quelle parole, il bambino si lasciò andare e pianse tutte le
lacrime che aveva,
fino a che, senza rendersene conto, si addormentò spossato,
tra le braccia del
padre.
Sam si
svegliò al buio, in piena notte.
Quando gli
occhi si abituarono alla luce fioca dall’insegna del motel
che entrava dalla
finestra, si rese conto di essere a letto, accanto a suo padre; lui
dormiva, lo
sentiva da come respirava in modo profondo e regolare.
Sam aveva
ancora tra le braccia il suo orsetto.
Si voltò
verso Dean, ancora addormentato, e prese la sua decisione in un
momento.
Scivolò
fuori dal letto e, un attimo dopo, salì su quello del
fratello. Si infilò sotto
la coperta accanto a lui, sentendosi immediatamente nel posto giusto.
Aveva
bisogno di stargli vicino, era lì che doveva stare.
Dean emise
un piccolo verso nel sonno, ma non si svegliò.
Sam si
spinse contro di lui e strinse l’orsacchiotto, mettendolo tra
di loro. Avrebbe
fatto compagnia ad entrambi.
Finalmente
tranquillo, si lasciò andare, scivolando di nuovo,
velocemente, nel sonno.
****
Quando John
si svegliò, la mattina dopo, li trovò
così.
Sam era
appoggiato al fianco di Dean; abbracciava il suo orsetto con il viso
rivolto
verso il fratello, il braccio del maggiore lo circondava, tenendolo
vicino a sé
con fare protettivo. Dormivano entrambi.
Guardandoli,
gli occhi dell’uomo si addolcirono.
Cominciò
inconsciamente a giocare con la fede che aveva al dito e la sua bocca
si piegò
in un sorriso amaro.
A volte era
difficile, a volte non era così sicuro di stare facendo la
cosa giusta.
Aveva quasi
perso uno dei suoi figli, la notte precedente. Eppure, sentiva di non
avere altra
scelta. I piccoli dovevano essere preparati a quella vita e lui ne era
più che
consapevole. Doveva andare avanti, anche se un giorno, forse, avrebbero
finito
per odiarlo per quelle stesse scelte che aveva imposto loro.
Guardare i
bambini in quel momento però, gli diede una certezza: i suoi
ragazzi sarebbero
stati sempre uniti, si sarebbero guardati le spalle, si sarebbero
protetti a
vicenda; i suoi ragazzi ci sarebbero sempre stati uno per
l’altro.
Forse ne valeva
la pena… forse, dopotutto, ce l’avrebbero fatta.
N.d.A.
Eccoci qui,
sospirone, spero di essere riuscita a trasmettere tutto, dai sentimenti
di Sam bambino,
all’amore e al senso di protezione che Dean ha per lui da
sempre; ma spero di
essere riuscita anche a far passare quello che John prova per i suoi
figli.
Nonostante non fossero
scelte facili, mai, neanche per un momento, è mancata la
certezza che lui
amasse i suoi figli più di ogni altra cosa.
Volevo che
per una volta si vedesse anche quanto lui tenesse a Dean e quanto fosse
orgoglioso di lui, visto che nei pochi spezzoni che abbiamo visto nello
show, ci
viene sempre mostrato con il figlio maggiore, come un sergente di ferro
che
impartisce ordini ad un soldato. Volevo che quello sprazzo di amore che
era
così chiaro nella 2x01 fosse evidente anche qui.
John amava i
suoi figli, ma di sicuro, non era bravo a dimostrarlo.
Ed infine
volevo che si vedesse quanto forte è da sempre il legame tra
Sam e Dean, quanto
è profondamente radicato nella loro stessa esistenza :)
Se sono
riuscita a far passare anche solo una minima parte di tutto questo,
allora
forse questa fanfic non è poi così male ;)
Grazie a
tutti per averla letta e grazie a chi vorrà commentarla e
farmi sapere che ne
pensa! Ciauuuuuuuuuu alla prossima!
Twitter:
@simogiuli
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