Prologo
Non
c'era menzogna negli occhi impauriti dell'uomo davanti a lui, solo un
folle si sarebbe permesso di mentire di fronte a morte certa.
Tutto
era avvolto nel buio e solo un alito di vento muoveva le fronde degli
alberi che circondavano minacciosi la radura.
Alran,
avvolto nel mantello nero, era in piedi con la spada puntata a un
soffio dalla gola del malcapitato, poteva vedere un liquido luccichio
nei suoi occhi. Ripetè ancora una volta la domanda: «In
che modo la Legione Nera colpirà la repubblica dell'Est?».
L'uomo,
in ginocchio, tremava dalla paura e ancora una volta con un filo di
voce rispose « I-io... non lo so... s-soltanto gli assegnati
alla missione sanno i dettagli... io sono solo un semplice adepto...
non so nulla dei piani dei miei compagni».
Diceva
la verità, se lo aspettava che un semplice membro
dell'organizzazione non fosse a conoscenza di un'operazione che
probabilmente era segreta anche alla maggioranza della Legione
stessa, ma sperava comunque di riuscire ad ottenere qualcosa di più.
Abbassò
l'arma e rivolto alla figura ai suoi piedi gli fece segno di alzarsi.
«G-Grazie infinite signor...»
Non
aveva ancora finito di pronunciare la frase che il metallo gelido
della lama tracciò un segno rosso sul suo collo e si accasciò
a terra esanime.
Odiava
uccidere a sangue freddo in quel modo, ma sapeva di non poter
lasciare in vita quella serpe, era un individuo comunque pericoloso,
solo chi amava l'omicidio e le stragi si univa a quella che
chiamavano la Legione Nera.
I
legionari si definivano eroi il cui compito era spazzare via ogni
essere vivente che abitava il continente e per fare questo istigavano
rivolte e sommosse. Non era raro che dietro lo
scoppio di una guerra civile ci fosse il loro zampino.
Girava
voce però che volessero scatenare la guerra tra le due più
grandi potenze del mondo, la repubblica dell'Est e il regno
dell'Ovest. Un conflitto del genere avrebbe coinvolto non solo tutto
il continente ma anche il mondo intero visto che le due nazioni, da
sempre rivali, potevano contare su un grosso numero di territori
vassalli e del loro conseguente appoggio in caso di bisogno.
Soltanto
tre giorni prima a Lisjask, la capitale dell'Ovest, la guardia reale
aveva catturato un membro della Legione e, dopo un estenuante
interrogatorio aveva confermato l'intenzione dell'organizzazione di
mettere fine alla fragile pace tra l'Est e l'Ovest.
Come
al resto della sua compagnia, anche ad Alran era stato affidato il
compito di setacciare ogni centro abitato in cerca di altri membri
della Legione e di scoprire qualcosa di più sui loro progetti.
E
così quella sera si era trovato lontano da casa seduto al
tavolo in una modesta locanda davanti ad una ciotola di zuppa e un
tozzo di pane.
I
riccioli castani scendevano ad incorniciare un viso da giovane
ragazzo alle porte dell'età adulta, era diventato un militare
molto presto ma nonostante questo era abile come qualsiasi altro
soldato del regno.
Era
intento a leggere alcuni rapporti reali sui movimenti della zona e
nemmeno quando si aprì la porta alzo gli occhi dalle carte, si
limitò ad osservare l'avventore con la coda dell'occhio.
L'uomo,
avvolto in un mantello grigio con fare spavaldo ordinò un
boccale di birra ma quando l'oste chiese se avesse i soldi per pagare
lo straniero si tolse il guanto di pelle che copriva la mano
sinistra. Alran capì subito chi fosse, aveva riconosciuto il
tatuaggio sul palmo della mano che raffigurava un serpente rosso
avvolto attorno ad una croce nera, segno inconfondibile della sua
appartenenza alla Legione. Solitamente i membri della setta lo
tenevano nascosto, non toglievano mai i guanti e usavano ogni
precauzione possibile, ma questo doveva essere un novizio davvero
ingenuo e poco furbo visto che stava mostrando il palmo all'oste
sperando di intimorirlo: «Lo vedi questo, eh? Sai cosa
significa vero? Tu chiudi un occhio sul mio conto e io non chiamo i
miei compagni».
Solo
quando ebbe la conferma, il giovane alzò lo sguardo, ripose
con cura le carte e dopo aver indossato il mantello nero per coprire
la vistosa armatura iniziò ad avvicinarsi al bancone. L'oste
provò a protestare per un poco ma si arrese quasi subito, non
poteva correre il rischio di perdere quell'attività così
preziosa per lui. Proprio quando il legionario stava per voltarsi
trionfante , Alran rapido gli immobilizzò le braccia dietro
alla schiena. «Ma che diavolo?!» ebbe giusto il tempo di
dire l'uomo.
«
Per ordine di Sua Maestà, Re Angus III, siete in arresto per
cospirazione contro la corona»
«
Voi non potete! Sono innocente... non avete prove!»
«Il
tatuaggio è una prova più che sufficiente» disse
il cavaliere mentre scortava il prigioniero fuori dalla locanda verso
gli alberi che si estendevano appena fuori il centro abitato.
Arrivato in una radura nel folto del bosco e lontano da occhi
indiscreti iniziò quell'inutile interrogatorio.
Pulì
la spada sporca di sangue nel mantello della vittima, la rinfoderò
e rimase per qualche secondo a contemplare il cadavere e la pozza di
sangue che imbrattava il terreno attorno. L'avrebbe lasciato lì,
dove quelli come lui meritano di marcire pregando che gli Dei
avessero pietà della sua anima. Si chiedeva quanti ancora ne
avrebbe dovuti uccidere, se davvero quel che aveva fatto era giusto e
se quelli come lui non meritassero comunque un giusto processo.
“Si... andava fatto, avrebbe ucciso degli innocenti in
futuro se non l'avessi fermato” pensò mentre
cancellava quel pensiero dalla mente.
Si
girò e si incamminò a passi veloci verso il villaggio,
la foresta inghiottì la sua figura mentre dietro le montagne
il cielo andava rischiarandosi.
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