L'UltimoFuoco
L'ULTIMO FUOCO
Piccolo, stupido omaggio alle sostenitrici di questa stupenda coppia: nejitenteiste, siete delle persone fantastiche!
Note dell'autrice: fan fiction
di Natale per Capodanno. Mmm...c'è qualcosa che non torna... Ok,
questa breve NejiTenten doveva essere pubblicata il 24 Dicembre, ma a
seguito di problemi tecnici (il mio calcolatore informatico ha avuto la
brillante idea di farmi una simpatica sorpresina per l'antivigilia
con l'arresto totale dei sistemi) non sono riuscita a rispettare la
scadenza.
Fiction assolutamente priva di pretese, scritta sotto l'effetto di una
qualche bottiglia di spumante e una discreta dose di sedativi xP. Spero
che possiate trascorrere le rimanenti vacanze con serenità
nonstante la lettura di questo affare.
Ps: se avete tempo da perdere e se volete fare un'opera buona lasciate un commento...
Avverteze: dopo la lettura non è assicurata la slute dei vostri denti; già, la carie è proprio un problema...
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Prison gates won't open up for me
On these hands and knees I'm crawlin'
Oh, I reach for you
Well I'm terrified of these four walls
These iron bars can't hold my soul in
All I need is you
Come please I'm callin'
And oh I scream for you
Hurry I'm fallin', I'm fallin'
[Savin' Me - Nickelback]
-Buon Natale!-
-Buon Natale-
Neji Hyuuga si strinse di più nel kimono, lasciandosi scivolare lungo il tronco di un albero.
Aveva proprio ragione Kiba a sbraitare che in quelle notti faceva un
"freddo porco". Nemmeno il fuoco da campo che avevano goffamente
raccattato serviva a tener fuori dalle ossa quella sensazione di
impotenza e solitudine; in compenso c'era il calore della buona
compagnia.
-Chi vuole del sakè?-
Lee armeggiava da circa mezz'ora con casseruole, colini e mestoli nel
volenteroso quanto disperato tentativo di distillare dalla brodaglia
puzzolente rubacchiata quel pomeriggio in un magazzino abbandonato
qualcosa che assomigliasse all'alcol.
-Io! Io!- vociò Inuzuka, saltellando allegro verso una
pentolaccia bassa e larga. Sbatacchiò il cucchiaio contro la
tazza in alluminio per richiamare l'attenzione del ninja in calzamaglia.
-Bracchetto, rispetta il turno!- tuonò Uzumaki al compagno castano.
-Sono arrivato prima io, volpaccio!-
Gli insulti che seguirono incurvarono impercettibilmente le labbra dello Hyuuga, nascosto nella pesante sciarpa di
lana.
No, non erano cambiati.
-Aaah!! Vieni qua, pulcioso, che ti sistemo io per le feste!-
A giudicare dalla situazione sembrava che la macchia lucida sul
giubbotto di Kiba fosse la causa della battaglia furibonda che si
scatenava sotto lo sguardo divertito di Neji.
Già.
Non erano cambiati affatto. Sempre i soliti bambocci scervellati di un tempo.
Anche quando la guerra infuriava da anni, senza tregua.
Anche quando il mondo attorno a loro sembrava sgretolarsi...
-Neji...?-
Lo Hyuuga si trovò a fissare una tazza fumante a pochi
centimetri dal suo naso. Immediatamente un odore aromatico e intenso
gli sgattaiolò nelle narici, solleticandole piacevolmente.
Alzando lo sguardo incontrò due spesse sopracciglia nere che gli sorridevano cordiali.
-Ne vuoi un po'?- domandò gentilmente Lee, chinato sul compagno.
Questi, senza tanto garbo, afferrò la ciotola dalle mani
dell'amico, borbottando poi quello che l'altro interpretò come
un "grazie". Rock Lee, soddisfatto, tornò vicino al fuoco a
discutere con Naruto su quanto quello che stavano bevendo si potesse
considerare sakè.
Neji tentò di reprimere una smorfia di disgusto quando il
liquido bollente gli scivolò in gola. Assicurandosi che Lee
fosse impegnato a rimbrottare Inuzuka sulla sua incompetenza in materia
di vini e liquori, vuotò il contenuto della tazza in un
cespuglio lì vicino.
Forse sarebbe stato meglio affidare a qualcun'altro i rifornimenti,
pensò mestamente, fissando l'attenzione su Shikamaru, disteso al
suo fianco. Stava con la testa reclinata all'indietro, le braccia
piegate a mo' di cuscino dietro la nuca, la sigaretta consumata
ciondolante al bordo delle labbra e gli occhi scuri puntati al cielo;
Neji seguì con lo sguardo le volute di fumo volteggiare tremanti
appena sopra il codino sparuto di Nara: danzavano piano nell'aria,
disfacendosi e gonfiandosi ad ogni sbuffo dello shinobi, assumendo
forma di fiori di pesco, di farfalle, di donna, per dissolversi infine
in arabeschi confusi.
Sopra questo fragile panteon di dei zoomorfi una massa nera di nubi
lottava tra gli spasmi per accaparrarsi un ultimo centimetro di
cielo.
L'uomo si sistemò meglio la sciarpa attorno al collo.
Era il 25 Dicembre da circa due ore, e il giorno dopo sarebbero partiti
per un'azione diversiva. O almeno, così gli avevano detto:
i disegni della somma Tsunade erano per dei jonin come loro un
tratto di matita nella tela di un pittore. E si sa che gli artisti sono
tutti un po' folli....
A Neji scappò uno grugnito sarcastico.
Ora si metteva pure a fare il poetuncolo?
Doveva essere messo proprio male per ridursi così...
Improvvisamente sentì il cuore riempirglisi di amarezza.
Perché la verità era proprio quella: non sapevano assolutamente nulla della nuova, improvvisa missione.
Guardò Naruto fare il giocoliere con tre arance, mentre Lee e Kiba applaudivano e ridevano come dei bambini.
Di nuovo fu fulminato da quella sgradevole sensazione che lo aveva
accompagnato per tutto il viaggio da Konoha fino lì, ai piedi
della tana della serpe.
Si strinse ulteriormente nella stoffa sporca della tuta.
No, non doveva pensarci...
Non sarebbero morti.
Punto.
Avevano affrontato ben di peggio nelle loro vite. O no?
Nonostante questi pensieri gli sembrò che le ombre si facessero
più vicine. E quando udì uno scricchiolio alle sue spalle
non poté fare a meno di scattare in piedi, un kunai in pugno e
il cuore che martellava furiosamente nel petto.
-Calma Hyuuga, calma...-
La voce strascicata anticipò la figura longilinea di Kakashi
Hatake; la luce ambrata del fuoco lo accolse come fosse stato vomitato
dal buio.
-Sensei!- gridò Naruto, correndo felice verso quello che un tempo era stato il suo maestro.
-Cosa ci fai qui?-
-Vuole del sakè ?-
Il copy ninja soppesò con sguardo grave il tegame sbeccato che borbottava sul falò.
-No. Ma grazie comunque Lee-
-E inoltre...- continuò, tacendo così la bestia della
foglia già pronta a fare altre generose offerte -...non sono qui
per una visita di piacere-
Il tono con cui il jonin aveva pronunciato quelle parole
zittì all'istante Naruto e Kiba, e persino Shikamaru
sollevò la testa, tutt'a un tratto attento.
-Vengo direttamente dal centro amministrativo delle operazioni
militari- cominciò, squadrando seriamente ad uno ad uno i volti
preoccupati dei giovani.
-Mi ha mandato l'Hokage...-
-E' successo qualcosa?- domandò il ninja biondo; per una volta
aveva abbandonato il suo sorriso spensierato, sostituito repentinamente
da una ruga inquieta. E l'espressione sofferente impressa nell'unico
occhio visibile dell'uomo non poté fare altro che accentuare
quel solco scuro sul volto infantile di Uzumaki.
-Sì-
Il gruppetto fu attraversato da un tremito.
E non era a causa del freddo porco.
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-Ma porco Kazekage!!-
Tenten Ama scagliò un cacciavite nel fuoco da campo, che sfrigolò allegramente.
-Ten-chan, calmati...-
La mite Hinata Hyuuga protese le mani verso l'amica nel maldestro tentativo di sedarla.
-N-non è così grave...Possiamo sempre...-
-No che non possiamo!- ringhiò la castana.
Proprio quella notte, il 25 Dicembre per la precisione, la radio della
squadra d'appoggio, composta niente meno che da Haruno Sakura, Hyuuga
Hinata e Ama Tenten, aveva deciso di spirare. E la meccanica del
gruppo, nonché maestra d'armi si era dovuta ingegnare
in tutti i modi, dal semplice check up dei componenti interni alla
più ricercato rito propiziatorio della Foglia, per tentare di
resuscitare l'apparecchio.
Ma tutto era stato vano.
E l'orgoglio della kunoichi aveva reagito di conseguenza.
-Se non riusciamo a sistemare quel....quel....quell'affare- la ninja con gli chignon
lanciò uno sguardo carico d'odio alle viscere della radio,
ammassate disordinatamente sull'erba -...rischiamo di perdere i
contatti con il team Nara! E se questo accadesse...-
-Adesso basta-
Sakura Haruno guardò intensamente la compagna negli occhi.
-Capisco che tu possa essere preoccupata, ma non è il caso di agitarsi in questo modo-
Si interruppe prevedendo una qualche protesta da parte della compagna, la quale si limitò a sbuffare.
-Domani- continuò quindi la medic ninja - andrò io stessa al campo base per richiedere attrezzature nuov...-
-Temo che non ce ne sarà bisogno...-
Nel cerchio di luce comparve un uomo.
-Kakashi-sensei?-
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-Verrà ritirata la squadra di supporto?!- urlò sconvolto Kiba.
-Già...-
-Ma perché?!-
Il copy ninja prese un lungo respiro.
-Perché la vostra missione è cambiata...-
-Cosa?- Nara, che fino a quel momento era stato in silenzio, ascoltando
le maldestre spiegazioni del sensei, si drizzò a sedere.
-La manovra diversiva è saltata. Il team di artificieri che
avrebbe dovuto permettere l'azione è stata massacrata questa
sera da un manipolo del Suono; senza di loro è impensabile
svolgere una missione del genere...-
-Non potete riunire un altro gruppo?- suggerì ingenuamente Lee mentre sbocconcellava un pezzo di panettone.
-Ci vorrebbe troppo tempo- fece cupamente Shikamaru anticipando Hatake.
-Inoltre non ci sono più ninja con competenze tecniche.
Nell'ultimo attacco sono tutti morti o caduti in mano al nemico; solo
Ama e pochissimi altri sono rimasti. E con una squadra così
esigua...-
Le parole caddero nel vuoto.
Dopo lunghi minuti di meditazione Shikamaru, guardando -senza vederlo-
il ciocco di legno che agonizzava tra le braci, parlò:
-Quindi, se ho ben capito, la nostra, da missione diversiva, è divenuto...-
deglutì dolorosamente un paio di volte.
-...un attacco frontale-
Il jonin si limitò ad abbassare il capo, senza rispondere.
Nara ridacchiò nervosamente nella penombra.
-Q-questo cosa significa?- domandò esitante Naruto. Improvvisamente si sentiva privo di forze.
-Che noi ci lanceremo contro la base del suono senza copertura, senza aiuto, senza medici, senza niente- gracchiò Nara.
-Ma è un suicidio!-
Uzumaki cercò lo sguardo del maestro, nella speranza di una rassicurazione, di una certezza.
Kakashi non ebbe il coraggio di guardare l'allievo negli occhi.
-Sensei...-
-Non avevamo più tempo: i rinforzi giungeranno da Suna solo
domani. Non possiamo permetterci un contrattacco da parte del Suono
adesso. E quindi...- un sospiro -...si è deciso di inviare un
manipolo di uomini che tenga occupata la base nemica per il tempo
necessario-
Una manovra senza possibilità di successo, un attacco kamikaze per dirla in parole povere.
Neji sentì come se una voragine si fosse aperta sotto i suoi
piedi. Si rese conto che era da una vita che giocava a fare il
trapezista sul filo di fumo, lì, sospeso nel buio. E,
così, all'improvviso, senza un suono, senza un preavviso, si era
spezzata la fune. Nessuno lo avrebbe sentito invocare, gridare, mentre
cadeva -dolcemente- nel pozzo. E cercare di graffiare le pareti, di
aggrapparsi ad un qualsiasi appiglio era come voler prendere acqua con
un secchio forato. Vide la luce in alto, sopra di sé, tremolare
nel buio e spegnersi. Per sempre.
Una fitta di terrore lo scosse violentemente.
No...
Non voleva morire.
Si morse il labbro inferiore; un rivolo di sangue gli scese lungo il mento.
Kiba imprecò sottovoce.
-La Godaime...- riprese Kakashi con voce stanca -...mi ha incaricato di darvi questo-
Fece per passare un foglio tutto orecchie e pieghe.
-Mi dispiace ragazzi- sussurrò a mo' di scusa, mentre Naruto afferrava dalle sue mani la carta.
-Mi dispiace tanto...-
-Dispiace più a noi, su questo puoi starne certo- singhiozzò Kiba, reprimendo con una smorfia le lacrime.
Lee piangeva sommessamente.
Il jonin si passò una mano sul volto spossato.
Nella sua lunga carriera di ninja aveva visto tanti giovani morire,
tante promesse infrangersi ineluttabilmente contro l'amarezza della
realtà. E col tempo era arrivato a farsi una ragione di quella
strage indiscriminata. D'altronde uno shinobi non è altro che
uno
strumento, un'arma al servizio del padrone che paga meglio.
Ma, più che il disfacimento
completo di una persona, più che i corpi mutilati e spezzati dei
compagni, quello che ancora lo lasciava basito,
ciò che realmente non riusciva a guardare senza una stretta alla
bocca dello stomaco era la presa di coscienza da parte di quei disgraziati del grande errore che avevano commesso. La riscoperta
improvvisa, sbigottita, forse un po' infantile dell'attaccamento
alla vita -alla propria vita- era un qualcosa che non riusciva a
guardare senza abbassare il capo: si sentiva come un bambino ficcanaso
che volesse frugare nel cassetto polveroso dei ricordi di un morto.
-Hatake...-
Cinque paia d'occhi si appuntarono stancamente sulla figura curva di Neji Hyuuga.
-Dimmi Neji-
-Puoi....- la sua voce tremò -puoi portare questa a Tenten?-
Se non fosse stato per la maschera scura che lo copriva si sarebbe potuto leggere un sorriso amaro sul volto del jonin.
-Certo-
*****
A volte viene da chiedersi se le parole abbiano realmente un senso.
Dappertutto ci si sente ripetere fino alla nausea che non servono, che
un gesto, solitamente il canonico sguardo intrigante o il sorriso
ammaliante, comunica istantaneamente e per di più con quel
pizzico di sensualità che un articolo o un aggettivo non
riusciranno mai a trasmettere. D'altronde immagini, suoni e gesti hanno
quell'immediatezza fulminante che lascia basiti, quasi storditi per
l'intensità con cui riescono a colpirci. Sono come un lampo a
ciel sereno.
Le parole invece richiedono tempo e pazienza per essere inglobate
pienamente; persino per usarle serve una discreta abilità.
Ma, a differenza delle immagini, che fulminano, bruciano e si
estinguono in un attimo, le parole ardono: bruciano senza consumarsi,
permeando a fondo nell'animo di chi le ascolta, invadendo con
dicrezione.
E proprio così successe a Tenten, mentre leggeva col cuore tra
le dita la lettera che Neji le aveva fatto avere poco prima di
partire per la missione.
E forse è sciocco, un po' infantile sprecare le lacrime in
una guerra che da anni e anni procura morti; e forse è da
deboli disperarsi, sputare anima e sangue per chi, tanto, si era
sempre saputo, fosse destinato a morire sul campo di battaglia.
Sì, lo sarebbe certamente stato -sciocco, infantile e tutto il
resto- se non fosse stato per quello stupido, sciocco, forse un po'
infantile particolare: loro non erano macchine, nè tanto meno
armi. Cercare di convincersene era solo un modo per farsi più
male.
E al
"Non aspettarmi.
Buon Natale Ten-chan"
le sfuggì un riso tra le lacrime; perchè, ne era sicura, mentre scriveva quelle parole Neji sorrideva.
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Ha un senso? No, secondo me non ce l'ha. Volevo tentare una descrizione
semi realistica dei personaggi utilizzando uno stile leggermente
diverso dal mio, ma i risultati non mi soddisfano per niente. Uffa!
Grazie a tutti coloro che sono riusciti ad arrivare fin qui, e un grazie spaciale a chi recensirà.
Ah, dimenticavo! Se ci fosse ancora qualche buon' anima interessata al seguito di "I Boxer del Cugino della mia Miglire Amica", don't worry: il terzo capitolo arriva. Forse...
Buon Natale & felice 2008
Revan
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