Questa
è la prima storia che pubblico su questo sito,
nonché la prima che sono determinata a concludere.
Io leggo più che altro storie in inglese, perchè
apprezzo particolarmente le storie in cui Harry combatte con il lato
oscuro, e mi sembra che nel fandom italiano non ce ne siano molte.
Questa fanfiction quindi è un esperimento, ho deciso di
buttar giù alcune idee che avevevo in testa da anni,
partendo da una
domanda: Cosa sarebbe successo se Harry fosse cresciuto lontano dai
Dursley, ma anche dall'ala di Silente e della luce?
Probabilmente diventerà una slash, ma considerato che
all'inizio ha sette anni ci vorrà moooolto tempo prima che
emerga un pairing. I primi capitoli sono già scritti, li
devo solo battere, quindi aggiornerò regolarmente. Spero
che la storia vi piaccia e mi farebbe molto piacere leggere i vostri
commenti. Un bacio
Prologo
Nonostante
lo Statuto di Segretezza sia entrato in vigore solo dal 1692,
già secoli prima una larga parte della comunità
babbana si sforzava di ignorare l’esistenza della sua
controparte magica. Filosofi, letterati e scienziati di tutte le epoche
hanno elaborato una visione del mondo, della natura umana e delle leggi
dell’universo basata sull’arrogante e ottusa
convinzione che gli unici esseri senzienti che camminino sul globo
terrestre siano gli esseri umani.
La
filosofia babbana, per quanto affascinante, è incapacitata a
cogliere l’essenza della realtà perché
ne rinnega una parte. Il mondo, contrariamente a quanto creduto dai
babbani, non è popolato di soli uomini. Razze ben
più antiche e nobili condividono con noi la residenza in
questo insignificante pianeta ai margini dell’universo.
Diversi maghi di tutte le epoche si sono occupati del problema della
convivenza tra le diverse razze.
L’emanazione
di leggi discriminatorie tese ad affermare la superiorità
dei maghi sulle altre creature magiche è da sempre causa di
tensioni e conflitti. Nel 1814 Grogan Stump creò
la divisione tra Esseri e Bestie valida a tutt’oggi, che
stabilisce che “un essere è ogni creatura che ha
abbastanza intelligenza da capire le leggi della comunità
magica e da assumersi le proprie responsabilità modellate da
quelle stesse leggi.” Eppure, le stesse leggi non
valgono per i maghi e gli ibridi, ad esempio i goblin e gli elfi
domestici non hanno il diritto di possedere e utilizzare una bacchetta.
Il mondo magico diventa sempre più intollerante: se i maghi
non prenderanno al più presto consapevolezza della
dignità e forze delle altre razze, non ci sarà
mai pace.
L’uomo
camminava spedito, guardandosi intorno nervosamente e tenendo la mano
nella tasca destra, strettamente serrata attorno alla bacchetta, ma non
l’avrebbe tirata fuori, non ancora. Meglio non mostrare
quanto la situazione lo rendesse inquieto. Arrivato al punto
d’incontro, controllò la zona con disgusto. Il suo
contatto aveva insistito per vedersi nel cuore della Londra babbana, in
un piccolo parcheggio privato. Fortunatamente, a quell’ora
della notte non ci sarebbero stati babbani.
Un
leggero rumore distolse il mago dai suoi pensieri. Si guardò
intorno, tirando fuori la bacchetta. «Fatti vedere»
sibilò tra i denti, conscio che non ci fosse alcun bisogno
di urlare. Un rumore alla sua destra, un’ombra dietro di lui,
le luci del parcheggio si spensero, e poi finalmente il silenzio.
Imprecando fra i denti l’uomo mormorò
«lumos».
Finalmente,
il suo contatto si fece vedere. La luce fioca della bacchetta
illuminò un profilo alto, coperto interamente da un
mantello. «L’hai portata?»
chiese la figura con voce profonda.
«Non
erano questi i patti» rispose il mago cercando di non far
trapelare alcun nervosismo, «l’avrai dopo che avrai
portato a termine l’incarico».
«Non
posso farlo senza la gemma.»
«Pensi
che te la dia senza alcuna garanzia? Non sono un idiota, cosa mi
assicura che una volta ottenuto quello che vuoi non mi ucciderai? No,
avrai la gemma a lavoro concluso.»
L’individuo
rimase silenzioso per qualche istante, tanto che il mago si chiese se
non stesse pensando di attaccarlo, infine sospirò.
«Hai
la mia parola umano, prenderò il bambino. Ma solo se mi
consegnerai la gemma ora. So che ce l’hai con te, posso
sentirla. Queste sono le mie condizioni: puoi accettare o lasciare che
la prenda dal tuo cadavere. Per me non fa differenza.»
L’uomo
sentì montare la paura. Considerò le sue
possibilità. Per quanto odiasse ammetterlo, se si fosse
giunti a uno scontro, avrebbe avuto ben poche chance di uscire da quel
sudicio buco babbano vivo. D’altro canto, c’erano
buone probabilità che una volta presa la gemma
l’essere lo attaccasse comunque. Però conosceva i
rischi sin da quando aveva ideato il piano, ed era tardi per farsi
venire dei ripensamenti. Cautamente, tirò fuori dalla tasca
una chiave minuscola e, sentendo su di se lo sguardo della creatura, la
trasfigurò in una lunga collana. Una leggera folata di vento
e la catena scomparve dalle sue mani. Le luci si riaccesero,
illuminando il parcheggio vuoto.
«E
il patto?» urlò il mago.
Non
ci fu risposta.
Albus
Silente stava seduto nel suo ufficio, succhiando lentamente una
caramella al limone, e nel frattempo guardava di sfuggita la montagna
di carte che occupavano la sua scrivania. La parte più
pesante del suo lavoro era sicuramente ritrovarsi ogni estate a
sostenere colloqui e leggere curricula di aspiranti insegnanti di
difesa contro le arti oscure. Curricula che, a dirla tutta, diventavano
più esigui di anno in anno, via via che la voce della
maledizione sulla cattedra si diffondeva. L’ultimo insegnante
che avevano avuto, la professoressa Orchard, aveva dovuto rassegnare le
dimissioni a causa della perdita della gamba destra. Le circostanze
dell’incidente erano ancora poco chiare, anche se a detta
degli alunni il tragico evento era avvenuto durante una delle
incursioni della professoressa nella foresta alla ricerca di non meglio
specificati funghetti.
Silente
sospirò. Peccato, peccato davvero. La professoressa era
estremamente benvoluta dai suoi studenti.
Le
sue riflessioni vennero però interrotte dal suono di un
allarme. Un rapido controllo ai suoi strumenti fu sufficiente per
identificare il problema. Le barriere di Privet Drive.
Harry.
Il
sangue del mago si ghiacciò. Se fosse successo qualcosa a
Harry Potter…no, non poteva nemmeno pensarci.
Chiamò Fanny e si precipitò a Little Whinging.
La
casa sembrava perfettamente in ordine, ma un rapido controllo
mostrò che le barriere erano cadute. Senza disturbarsi a
bussare, il mago entrò nell’abitazione dei
Dursley. All’interno la casa era perfettamente pulita e
denotava una cura quasi maniacale. Il silenzio era opprimente.
Lanciò un humanis revelio non verbale, da cui
risultò che non c’era anima viva in casa.
Giunto
al piano di sopra, aprì la prima porta che gli si
presentò davanti; si ritrovò in una camera di
grandi dimensioni, piena zeppa di giocattoli e altre diavolerie
babbane. Al centro della stanza, un bambino di circa sette anni
sembrava dormire, ma il preside sapeva che non era così. La
causa del decesso era sicuramente un avada kedavra. Nella stanza
accanto, Silente trovò i corpi dei due coniugi Dursley. Del
piccolo Harry non c’era traccia.
Dopo
aver ispezionato tutta la casa alla ricerca d’indizi
inesistenti, Silente fece ritorno ad Hogwarts e si buttò a
sedere alla sua scrivania. Per una volta, il suo incredibile cervello
non era in grado di partorire una sola idea, un singolo piano
d’azione, al punto che il mago considerò
l’ipotesi di essere sotto stato di shock. Non era possibile,
non era semplicemente possibile. Il suo piano più brillante!
Anni di lavoro buttati in fumo. Qualcuno era riuscito a trovare una
falla nelle barriere più potenti mai create.
La
domanda era: chi?
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