I cavalieri del cielo
Premessa
: Da quando l'uomo, con
i primi rozzi velivoli, è
riuscito a
staccarsi da terra, è venuto naturale valutare quei
coraggiosi che si sono
cimentati con il volo, come spiriti liberi, quasi soggetti a leggi
diverse,
degli eletti che si affrancavano, seppure per brevi periodi, dalle cose
'basse'
della vita di tutti i giorni, quasi che la loro natura li ponesse su un
piano
diverso dalla gente cosiddetta 'normale'. E' venuto spontaneo quindi
paragonare
questi moderni paladini a quelli medioevali che si rifacevano a
principi eletti
quali l'onore, la fratellanza, la nobiltà d'animo. Sono
quindi stati definiti i
cavalieri dell'aria.
PRIMA
PARTE - GLI INIZI
Nella
scarsa luce della tarda
serata, l'uomo anziano continuava a passare continuamente da uno stato
di
incoscienza a quello di una veglia dolorosa, tormentato dagli scossoni
del
fondo del carro su cui era stato adagiato. La strada pietrosa e
sconnessa
sembrava non finire mai. Il ronzino addetto al traino appariva esausto
e
sembrava dover crollare da un momento all'altro. Due uomini, coperti da
un
rozzo saio, sedevano a cassetta, in silenzio, mentre un altro, al suo
fianco,
cercava di portargli soccorso, pulendo e fasciando le sue molteplici
ferite e cercando
di fargli inghiottire di quando in
quando un sorso d'acqua. Il ferito, provato da una vita dura e
impietosa,
appariva più vecchio di quanto non fosse in
realtà. Dopo un tragitto che sembrò
durare all'infinito, il carro si fermò per consentire al
cavallo, oramai
stremato, di recuperare, per quanto possibile, un minimo di forze. Il
ferito
aveva ormai cessato di provare dolore da un pezzo, almeno quello
relativo ai
danni fisici. Era il dolore dell'animo che lo tormentava profondamente,
il
ricordo di ciò che era accaduto in quella maledetta
giornata. Si chiamava
Robert Seguin, cavaliere francese, al seguito del conte Roberto
d'Artois, che
Filippo IV il Bello, re di Francia, aveva inviato nelle Fiandre, per
punire i
fiamminghi per la loro ribellione ed in particolare ciò ch
era accaduto il 18 maggio
1302, quando, presso Briges, i contadini locali, esasperati dai soprusi
del
governatore francese Giacomo di Chastillon, avevano trucidato tutta la
guarnigione francese di stanza. I francesi, venuti a conoscenza del
fatto, raccolto
in breve tempo, un esercito composto da 3000 cavalieri e circa 5000
fanti, desiderosi
di vendetta, avevano marciato a
tappe forzate per incontrare e punire severamente i colpevoli, i quali,
intanto
si erano organizzati sotto il comando di Guy de Namour e Guillome de
Julieres,
due valenti comandanti e abili strateghi. Rober Seguin, era di ritorno
dalla
Terra Santa. Era partito tanti anni prima con i suoi compagni cavalieri
dell'ordine
degli Ospitalieri, durante l'ottava crociata nel 1270, al seguito del
re Luigi
IX, con l'intento di convertire la gente di Tunisi. Purtroppo le cose
non erano
andate come previsto. Costretti ad un lungo assedio, i crociati furono
pesantemente decimati dalla peste e dalla dissenteria di cui
morì anche il re.
A quel punto, il fratello del sovrano, Carlo d'Angiò, anche
lui al seguito
della crociata, ottenne delle condizioni decorose dalla
città di Tunisi,
potendo così tornare in Francia, a testa alta ma senza avere
in realtà
combinato nulla di importante. Robert Seguin, decise a quel punto di
rimanere
in Terra Santa dove i suoi confratelli avevano diversi castelli e
possedimenti.
In particolare gli venne affidato il castello di Margat, sulla costa
della
Siria. Dopo un lungo periodo di relativa tranquillità, i
cavalieri Templari,
che nel contempo erano divenuti rivali sempre più temibili
ed esigenti,
reclamarono il possesso del castello e alla fine, lo assalirono e lo
conquistarono, facendo prigionieri tutti gli occupanti. Dopo circa un
anno gli
Ospitalieri riconquistarono il castello ma Robert, provato da una dura
prigionia, e fortemente amareggiato dagli scontri sanguinosi fra
cavalieri
cristiani, preferì tornare in patria e per un pò
non volle più saperne di
cavalieri, battaglie, e Terra Santa. Ma poi.... La mancanza dell'azione
a cui
era abituato, le richieste da parte dei suoi amici e colleghi, lo
convinsero a
tornare in sella e al combattimento. Il conte d' Artois, fidando sulla
sua
esperienza e sulle sue indubbie capacità, gli aveva affidato
un manipolo formato
dai migliori cavalieri appartenenti allo schieramento.
Con grande sorpresa aveva ritrovato fra loro
un suo vecchio compagno d'armi, Jean de Joinville, con il quale era
partito per
la crociata. L'esercito francese prese contatto con il nemico che si
era
abilmente e sapientemente attestato nella piana di Groniga, nei pressi
di
Courtrai. Il conte d'Artois, non conoscendo i luoghi, prese tempo per
studiare
la situazione ed il campo di battaglia. Scoprì
così che diversamente dal solito
il nemico si era trincerato, sfruttando sapientemente una serie di
corsi
d'acqua. Stabilì comunque che la disposizione degli uomini
sul campo di
battaglia avrebbe piuttosto impedito ai contadini di scappare
allorchè la
cavalleria francese li avesse messi in rotta, lasciandoli alla
mercè della
fanteria che li avrebbe completamente massacrati. Purtroppo si sarebbe
accorto
troppo tardi di aver sbagliato la strategia, messa a punto con
l'esperienza
riferita ad eventi che nulla avevano a che fare con la situazione che
ora aveva
davanti. All'alba dell'11 luglio 1302, dopo tre giorni di attesa,
l'esercito
francese si schierò di fronte alle postazioni fiamminghe.
Appena dietro al
conte, Robert Seguin era pronto ad andare con il suo manipolo di
duecento
prodi. Il terreno degradante verso i difensori era completamente
sgombro, salvo
una macchia di alberi circondata da bassi e fitti cespugli a ridosso
della
prima trincea, sulla destra. A
circa 50
metri dalla trincea correva un corso d'acqua profondo poco
più di in metro.
Stabilito che era ora di dare inizio alla battaglia, il conte
segnalò alla
fanteria di avanzare sollevando il suo scudo con gigli dorati in campo
azzurro.
La fanteria compatta si mosse per valutare se poteva risolvere da sola
quella
situazione, senza costringere i cavalieri a scendere in battaglia.
Alcuni di
questi, ansiosi di misurarsi con il nemico, a malapena mordevano il
freno,
quasi desiderosi di fare strage di quella gentaglia. La fanteria
raggiunse il
canale e dovette rallentare per superarlo. Quindi, riguadagnato il
terreno
asciutto, si dispose a riorganizzare le file per l'attacco finale.
Dalle loro
postazioni i difensori, fino a quel momento, erano rimasti a guardare
ma,
all'improvviso, dalle trincee comparve come dal nulla un gran numero di
arcieri che
iniziarono a bersagliare senza
sosta i francesi, ancora non schierati e quindi vulnerabili, provocando
numerose vittime e costringendoli ad indietreggiare verso il canale. Il
conte
ritenne a quel punto che fosse inutile perdere altri uomini senza
costrutto e
fece segnalare alla fanteria di rientrare. Ci avrebbe pensato la
cavalleria a
falciare quei villici insolenti. La fanteria sarebbe servita alla fine,
per il
colpo di grazia. Nessuna pietà per quei ribelli! Quello che
i francesi,
malgrado le loro spie, non avevano potuto appurare, era che le truppe
che
avevano davanti, circa 11.000 uomini, per altro molto ben dissimulati,
erano
si, formate, da contadini, ma ben addestrati ed equipaggiati con armi
micidiali
per quell'epoca. Essi infatti disponevano di un gran numero di
balestre, in grado
di lanciare i micidiali strali, chiamati quadrelle, di picche e di
bastoni
appuntiti e resi letali dal fatto che la punta era in ferro, chiamati
'goedendag'. Quasi tutti quegli uomini erano stati ben istruiti,
formando delle
milizie cittadine che combattevano sotto un proprio gonfalone per
difendere il
loro stesso territorio, le loro case, la loro libertà.
Combattevano quindi con
competenza ed una fortissima motivazione. Ad un ordine del conte
d'Artois, la
cavalleria iniziò ad avanzare. Davanti a tutti, con il
compito di sbaragliare
le file nemiche, aprendo una breccia nello schieramento procedeva Albet
Seguin
con i suoi duecento valorosi. In realtà, dopo tanti anni di
guerre e di
battaglie, dopo averne viste di tutti i colori, Albert non era
più così ispirato
da quegli alti ideali legati per tradizione ai cavalieri, come morire
per
l'onore, il coraggio mostrato anche nelle situazioni più
disperate, la nobiltà
che ispirava il combattente anche nelle atrocità della
battaglia, ma il fatto
di essere di nuovo in azione e alla testa di un gruppo di nobili armati
per
misurarsi sul campo di battaglia, gli aveva fatto ritrovare tutto
l'entusiasmo
che egli credeva ormai perduto per sempre. Comunque egli non era
più giovane,
non aveva famiglia, quasi tutti i suoi amici erano caduti e quindi, se
doveva
morire, tanto valeva che fosse a cavallo, alla guida di altri suoi
nobili pari.
Il resto della cavalleria seguiva intanto a circa 50 metri di distanza.
Tutto
si sarebbe svolto molto rapidamente, almeno secondo i piani e le
intenzioni. Robert,
attraversato il canale che lo separava dal nemico, organizzò
i suoi e, abbassata
la celata dell'elmo, sollevata in alto la sua spada, diede il segnale
di attacco
e partì alla carica con il suo gruppo, seguito dappresso dal
suo amico. Che gli
altri scagliassero pure le loro frecce, contro le loro armature
avrebbero avuto
scarso gioco. Giunti a circa trenta metri dalle linee la scena
cambiò di colpo.
Dalla trincea nemica emerse letteralmente uno folto stuolo di
balestrieri che
tempestarono con le loro terribili quadrelle gli attaccanti, che furono letteralmente
falciati. Albert
venne colpito alla coscia sinistra, al fianco sinistro e alla gola.
Disarcionato, cadde nel fango e rotolò fino alla macchia di
alberi a fianco
della trincea, rimanendo celato dai folti cespugli. Mentre cadeva,
aveva avuto
una rapidissima visione dei balestrieri, numerosissimi, che rapidamente
ricaricavano la loro arma mentre, per ricevere il grosso della
cavalleria, si
disponevano in formazione moltissimi picchieri e contadini muniti del
terribile
goedendag. Comprese che contro quegli schieramenti i suoi compagni non
avrebbero avuto affatto buon gioco. Perse conoscenza ma la
riacquistò di lì'a
poco. Nella caduta lo scudo era finito malamente sotto di lui
imprigionandogli
il braccio sinistro. Ogni movimento gli procurava dolori lancinanti al
fianco e
la sua spada era finita chissà dove. Era totalmente
indifeso. Coraggiosamente di
preparò a morire. Vide intanto che la cavalleria era stata
messa in grossa
difficoltà, tanto da essere costretta a retrocedere. Vide il
suo amico Jean
che, pur trafitto da una freccia, continuava a tener testa a due fanti
nemici
finchè uno di questi riuscì a disarcionarlo. La
sua fine a quel punto fu
rapida. Il nemico era uscito in forza dalle trincee inseguendo i
Francesi che,
arrivati al canale, non potevano retrocedere col cavallo senza smettere
di
combattere e venendo quindi immediatamente abbattuti. Al vedere la
situazione
precipitare, lo stesso conte d'Artois, allo scopo di dare nuovo impeto
ai suoi,
si gettò coraggiosamente nella mischia, riuscendo
addirittura a raggiungere lo
stendardo dei Fiamminghi e ad impossessarsene. Quando però
questi si accorsero
della manovra, in massa gli si riversarono contro. Il conte si
difendeva come
poteva finchè una specie di gigante, di nome di Guglielmo
Van Saeftingen, che
si definiva 'religioso combattente', con un tremendo colpo di spada gli
recise di
netto il braccio sinistro. A quel punto le cose si risolsero in fretta.
Robert,
malgrado il dolore delle ferite, vide con raccapriccio cavallo e
cavaliere che
venivano rovesciati al suolo. Il conte che non aveva altra scelta, si
arrese
gridando che era disposto a consegnare la spada a qualsiasi nobile o
comandante
che fosse nei pressi. La folla dei combattenti non capì o
non volle capire e
nel giro di pochi
secondi lo fecero
letteralmente a pezzi. Robert vide distintamente Guglielmo Van
Saeftingen che
trionfalmente sollevava il glorioso scudo azzurro con gigli dorati,
segno della
sconfitta dei Francesi. Da quel momento gli stati di coscienza e di
incoscienza
si susseguirono senza posa. A tratti udiva il frastuono della
battaglia, le
grida dei combattenti, le urla dei moribondi. Vide che per estremo
sfregio, la
fanteria fiamminga aveva catturato un gran numero di cavalli francesi
ed ora li
usava per inseguire e uccidere la fanteria nemica. Intanto alcuni
gruppi di
fanti fiamminghi si impossessavano degli speroni d'oro dei cavalieri
caduti. E
poi, il nulla........
Prima
tratta: volo di Robert
Villaroche
(LFPM) - Ursel (EBUL) circa
150 Mn - Aereo *
--------------------
Attenzione,
perchè io mi conosco.
Se ciò che segue ritenete che possa essere noioso (che dico,
noioso, BARBOSO
proprio!), saltate direttamente al termine per sapere che fine fa il
'nostro'
Robert.
La storia
All'inizio
dell' XI secolo, lo
sviluppo e la diffusione delle signorie, incentrate sui castelli, diede
luogo
alla formazione di particolari figure, specialiste della guerra, adatte
ad
azioni di difesa e di espansione. Erano questi i cavalieri, che al
comando di
truppe operavano nell'interesse del loro signore. Questo ruolo,
relativo
al'inizio a coloro che si distinguevano, mostrando particolare
abilità e
coraggio, andò circoscrivendosi ad una elìte
ristretta di nobili e ai loro
discendenti. Erano, fra l'altro, destinati a questa carriera i figli
cadetti
dei nobili in quanto esclusi dall'eredità paterna. C'era fra
l'altro, almeno
all'inizio del fenomeno, la possibilità che un cavaliere
riuscisse a sua volta
a raggiungere lo status nobiliare dando inizio ad una sua propria
casata. Per divenire
cavaliere, il tirocinio iniziava molto presto. A circa sette anni, gli
aspiranti venivano mandati presso le dimore di altre famiglie di alta e
importante nobiltà, a volte parenti, dove, in
qualità di paggi, imparavano a
vivere adeguatamente a corte e a cavalcare. Verso i tredici anni,
passavano al
seguito di un cavaliere in qualità di scudieri. Apprendevano
l'uso delle armi,
la cura del cavallo, la custodia dell'equipaggiamento. Il tutto senza
smettere
di allenarsi all'uso delle varie armi. Se capitava, accompagnavano i
loro
cavalieri in battaglia, spesso condividendo la loro sorte. Una vita
durissima
la loro ma coloro che riuscivano a superare la lunga prova, ricevevano
la
sospirata investitura. Questo avveniva, salvo particolari eccezioni,
nel corso
di una elaborata ed importante cerimonia, durante la quale l'aspirante
riceveva
dal celebrante uno schiaffo (questa cosa è rimasta nella
liturgia della
Cresima, durante la quale il cresimando diventa 'soldato di Dio') o un
colpo di
piatto della spada sul retro del collo, con la formula 'che quella
sarebbe
stata l'ultima offesa che egli avrebbe subito senza reagire'. Il
cavaliere
riceveva spada e speroni e da quel momento iniziava la sua
attività, di norma
al servizio di un signore, se necessario in battaglia, o spesso
misurandosi con
altri suoi pari, per dimostrare il proprio valore e per fare continuo
addestramento. A condizionare fortemente il destino e l'evoluzione
della
cavalleria contribuì in modo determinante una iniziativa dei
vescovi della
Francia sud-occidentale che. allo scopo di contenere la violenza di
molti
guerrieri, dette vita, negli anni 70' del X secolo,
alla cerimonia delle 'Paci di Dio'. Il
movimento impegnava gli uomini d'arme, i cavalieri, a operare per
mantenere la
pace, ripromettendosi di non colpire i deboli e gli inermi. Esso si
sparse
presto in tutte le regioni europee evolvendosi in un'altra forma che fu
definita la 'tregua di Dio'. Il cavaliere diventava un 'miles Christi',
ossia
che seguiva i dettami della Chiesa di Cristo, anche a rischio della
vita, nel
qual caso era un mezzo per garantirsi la salvezza eterna. Nell'ambito
della
ricostruzione di una società europea si assistette ad un
ingentilimento dei
costumi e dell'educazione dei cadetti che venivano anche indirizzati a
diventare
difensori e
protettori dei deboli, delle
vedove e degli orfani. Divenire cavaliere era una impresa estremamente
onerosa.
Il suo rango gli imponeva un equipaggiamento formato da diversi
elementi che
dovevano anche essere di un certo livello. A cominciare dalle armi, che
di
norma comprendevano una spada, un'ascia, una mazza snodata e una serie
di
pugnali o coltelli. C'era poi l'armatura formata da diversi elementi,
spesso
forgiati su misura per il cavaliere che la doveva indossare e poi c'era
il
cavallo. anzi, spesso i cavalli erano almeno due: uno serviva per gli
spostamenti normali e veniva chiamato 'palafreno', un altro era quello
da
battaglia, il 'destriero'. Il valore di tutta l'attrezzatura veniva
equiparato
a quello di venti buoi. Praticamente una fortuna. Era per questo
motivo, si
diceva, che molti che avrebbero avuto diritto al titolo, ci
rinunciavano per
mancanza di mezzi. Questo fu un altro di motivi per cui l'appartenenza
alla
classe di cavalieri si limitò ad una casta sempre
più ristretta.
Due (ma
proprio
due) parole sulle Crociate
(non sarete
interrogati sulle date nè sui personaggi, nè
sulle battaglie, promesso!)
(Altra promessa:
questo non è un sunto ma piuttosto un concentrato e infine,
apparentemente, è
un quadro di come sono andate veramente le cose che somiglia molto poco
a
quello che mi hanno insegnato a scuola a suo tempo!!)
Un'occasione
che favorì
particolarmente lo sviluppo e la notorietà della cavalleria,
consistette nell'evento
delle Crociate. A causa dell'influenza della Chiesa, nel medioevo era
molto
diffusa la pratica del pellegrinaggio. Delle persone che, per desiderio
di rimettersi
in pace con Dio, o per la speranza di ottenere qualche grazia
particolare o per
sciogliere un voto, lasciavano le loro case e, a piedi, affrontando
fatiche e
pericoli, raggiungevano i luoghi santi ove poter pregare e rendere
omaggio al
Signore. La durata e la durezza del viaggio erano elementi che, secondo
le
credenze del tempo, si riteneva fossero essenziali per acquisire meriti
e
mondare così l'anima. Di norma la meta più
ambita, salvo particolari Santuari,
era costituita dalla città di Roma, ritenuta il centro della
Cristianità. Per
raggiungerla, si erano venuti formando dei tragitti particolari che
venivano
seguiti dai pellegrini provenienti anche da terre lontane. Lungo questi
tragitti essi sapevano che avrebbero trovato assistenza, passaggi meno
gravosi
e indicazioni per non perdersi. Spesso dei pellegrini incontrandosi per
la via,
pur di lingua e costumi diversi, decidevano di proseguire assieme,
soprattutto
per ragioni di sicurezza in quanto, spesso le strade erano infestate da
malfattori. La via dei pellegrini per eccellenza, ossia quella percorsa
dal
maggior numero di persone era la Via Francigena. Per ciò che
la riguarda la
relazione di viaggio più antica, essa è relativa
al pellegrinaggio del vescovo
Sigerico, che nel 990, da Canterbury raggiunse Roma per ottenere il
pallio,
ossia il mantello episcopale, dalle mani stesse del Papa Giovanni XV.
Il suo
diario di viaggio, puntigliosamente aggiornato, elenca con precisione
le varie
tappe. Per citare le più note, Canterbury, Calais, Arras,
Reims, Besançon,
Losanna, Gran S.Bernardo (si usava anche il Moncenisio a seconda delle
stagioni), Aosta, Ivrea, Santià, Vercelli, Pavia, Piacenza,
Firenze, Carrara,
Lucca, S.Gimignano, Siena, Bolsena, Viterbo Roma. Impiegò 79
giorni per il
tragitto che misura circa 1600 Km, con una media di 20 Km al giorno.
Esisteva
però anche la possibilità di fare un altro
pellegrinaggio ben più impegnativo e
cioè, giunti a Roma, si proseguiva per Pescara, arrivando
infine a Brindisi per
imbarcarsi per la Terrasanta. Una strada alternativa per la Terrasanta
era
rappresentata dalla via Popilia che, partendo da Venezia, proseguiva
per
Ravenna, Rimini, Cattolica e poi lungo la costa fino a raggiungere
Brindisi per
l'imbarco. L'avventura del pellegrino in Terrasanta era dura e per
questo,
potendo, il viaggio si faceva in gruppo. Balzelli da parte delle
autorità
locali musulmane, predoni, pericoli naturali. Era comunque una impresa
possibile. Ma poi, nel 1077, la città di Gerusalemme venne
conquistata dai
Turchi Solgiuchidi, totalmente avversi alle popolazioni di religione
cattolica.
Furono compiute delle azioni efferate contro i residenti ed i
pellegrini. Da
qui, il Papa, Urbano II,ritenne che sarebbe stato il caso di
intervenire. Ma
poi, quando persino l' imperatore bizantino Alessio Comneno, visti in
pericolo
i propri interessi, chiese aiuto tramite il conte di Fiandra, egli,
considerando la seria possibilità di estendere il suo
controllo anche sulla
Chiesa dell'Impero Bizantino, trovò il modo di coinvolgere i
nobili europei
nell'impresa di portare soccorso alle popolazioni perseguitate.
Trovò
l'occasione giusta nel 1095, nel corso del Concilio di Clermont. In
quel
contesto riuscì a scuotere le coscienze, a infiammare gli
animi di fronte alle
azioni efferate dei 'musulmani feroci e massacratori'. A questo punto
però,
mentre il messaggio si diffondeva nelle corti europee che valutavano
attentamente il da farsi, il popolo reagì in modo imprevisto
e incontrollato.
La Crociata 'dei
Pezzenti'
- (1079)
In
poco tempo si riunirono circa
15000 persone, fra uomini, donne, bambini cavalieri di basso rango e
avventurieri e, sotto la guida di Pietro l'Eremita e di un cavaliere di
nome
Gualtieri senza Averi, poco preparati, male equipaggiati, forti solo
della loro
fede, partirono per la Terrasanta. Fu chiamata 'la Crociata dei
Pezzenti'. In
realtà essi in Terrasanta non giunsero mai
perchè, non potendo permettersi la
spesa del nolo delle navi necessarie, passarono per l' Europa dell'
est, ossia per
l'Ungheria e la Bulgaria allo scopo di raggiungere Costantinopoli via
terra.
Purtroppo lungo il loro tragitto, commisero diversi atti di violenza
nei
confronti delle popolazioni che incontravano, sterminando un gran
numero di
ebrei. L'imperatore, quando se li trovò davanti,
capì che non avrebbero avuto
nessuna possibilità di sopravvivere e consigliò
loro di attendere la crociata
dei Nobili. Davanti ad un deciso rifiuto, fece loro attraversare il
Bosforo,
abbandonandoli al loro destino. Di nuovo essi si lasciarono andare a
soprusi e
violenze sulle popolazioni locali nei dintorni di Nicea
finchè i Turchi, il
21/10/1096, stanchi delle loro provocazioni li attaccarono e li
sterminarono.
Di tutto il gruppo, solo tremila riuscirono a tornare a Costantinopoli.
Seconda
tratta : volo dei
'Pezzenti' :
Venezia
(LIPZ) - Budapest Ferihegi
(LHBP) circa 330 Mn
Budapest
Ferihegi (LHBP) - Sofia
(LBSF) circa 400 Mn
Sofia
(LBSF) - Istambul Ataturk
(LTBA) circa 260 Mn aereo *
La prima Crociata -
(1097-1099)
La
crociata dei Nobili, la Prima
Crociata, partì solo nel 1099, al comando di Goffredo di
Buglione. In Italia i
crociati si imbarcarono a Bari e raggiunsero Costantinopoli, loro
alleata. Dopo
aver stipulato alcuni accordi politici, militari e logistici, si
diressero in
Asia Minore dove conquistarono Nicea, Antiochia e Edessa. Il 5 luglio
del 1099
entrarono in Gerusalemme massacrando spietatamente gran parte della
popolazione
e creando il regno di Gerusalemme. Effettivamente i luoghi santi
vennero
riconquistati ma molti dei crociati pensarono a perseguire personali
interessi.
Ad esempio i Normanni, malgrado gli accordi precisi con Costantinopoli,
si
rifiutarono di restituire i territori riconquistati fondando e
tenendosi il
regno di Antiochia.
Terza
tratta : volo della
Prima Crociata :
Parigi
Beauvais Tille (LFOB) -
Roma Ciampino (LIRA) 690 Mn
Roma
Ciampino (LIRA) - Brindisi
(LIBR) 320 Mn
Brindisi (LIBR) - Istambul Ataturk (LTBA)
550 Mn
Istambul Ataturk (LTBA) -
Jerusalem (LLJR) 720
Mn
Seconda Crociata -
(1147-1187)
Nel
1144 cade Edessa. Il papa
Eugenio III indice allora la II^ crociata coinvolgendo i re di Francia
Luigi
VII e l'imperatore di Germania Corrado III. L'esercito passando
attraverso
l'Ungheria e la Bulgaria arriva a Costantinopoli stremato e affamato al
punto
che si riduce a perpetrare delitti, rapine, violenze di ogni tipo. La
situazione arriva al punto che l'imperatore bizantino Comneno chiede
aiuto ai
Turchi. I crociati, sfiniti dalla stanchezza e dalle privazioni,
sabotati in
ogni modo dai bizantini, logorati da gravi disordini interni, subirono
una
serie ripetuta di sconfitte. Nel 1149, malgrado l'arrivo di rinforzi di
cavalieri Templari e Giovanniti, nei dintorni di Damasco, vennero
annientati.
Quarta
tratta : volo della
Seconda Crociata :
Parigi Charles de Gaulle (LFPG)
- Budapest
Ferihegy (LHBP) 770 Mn
Budapest Ferihegy (LHBP) -
Istambul Ataturk
(LTBA) 670 Mn
Istambul
Ataturk (LTBA) - Acri
Bassel al Assad (OSLK) 600 Mn
Terza Crociata -
(1189-1192)
Nel
1187 il condottiero turco
Saladino riconquista Gerusalemme. Gregorio VII bandisce la III^
crociata. Vi
parteciparono il re di Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, il re di
Francia
Filippo II^ e l'imperatore germanico Federico Barbarossa. Purtroppo
quest'ultimo morì quasi subito, lasciando il suo esercito
allo sbando. Le
discordie interne portano addirittura i vari eserciti a combattersi fra
di loro
contendendosi i territori riconquistati. Filippo II decise di tornare
in patria
per curare meglio i suoi interessi. Gerusalemme restò in
mano ai musulmani e i
bizantini si resero conto che l'alleanza
con i latini avrebbe portato solo problemi. Riccardo Cuor di Leone,
rimasto
solo, strinse un patto con Saladino e nel 1192 lasciò la
Terrasanta. Sulla via
del ritorno, però, venne fatto prigioniero dal duca
d'Austria Leopoldo V. Fu poi
consegnato ad Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa che lo
liberò, nel 1194,
dietro il pagamento di un riscatto favoloso di 100.000 sterline
equivalenti ad
un carico di 36 tonnellate di argento.
Quinta
tratta : volo della
Terza Crociata :
Marsiglia
Provence (LFML) -
Catania (LICC) 650 Mn
Genova
(LIMJ) - Catania (LICC)
570 Mn
Catania
(LICC) - Ioannis
Daskalogiannis (LGSA) 560
Mn
Ioannis
Daskalogiannis (LGSA) - Acri
Bassel al Assad (OSLK) 650MN
Quarta Crociata -
(1202-1204)
Nel
1193 muore Saladino. Il papa
Innocenzo III ritenne di poter approfittare della situazione.
Bandì quindi la
quarta crociata nel 1202 coinvolgendo i feudatari Francesi, Italiani e
Tedeschi
del Baltico. I Criciati decisero di partire da Venezia per
riconquistare
Gerusalemme dopo aver occupato l'Egitto. I Veneziani però,
in affari con gli
Egiziani, riuscirono a deviare l'interesse dei Crociati, chiedendo loro
di
liberare la città di Zara, dipendente dal re cattolico
d'Ungheria, in cambio
del passaggio sulle navi, approfittando degli scarsi mezzi di cui
disponevano.
Conquistata la città, vennero raggiunti dal figlio
dell'imperatore di Bisanzio
che chiedeva loro aiuto con urgenza per essere stato defenestrato dal
fratello.
Prometteva in cambio grandi ricchezze e l'impegno a unificare sotto il
papa le
Chiese di oriente e occidente. Giunti a Costantinopoli non trovano
nessuna
ricchezza e la popolazione che non vedeva i latini di buon occhio, si
ribellò
al loro arrivo. I Crociati, ai loro attacchi, risposero alla fine con
la presa
della città di Costantinopoli, dove per tre giorni
saccheggiarono e
massacrarono gli abitanti. Proclamarono la nascita dell' Impero Latino
d'oriente e posero tutta la chiesa sotto il controllo del papa che a
quel
punto, contento del risultato, preferì ignorare le
atrocità commesse.
Sesta
tratta : volo della
Quarta Crociata :
Venezia
(LIPZ) - Zara Zemunik
(LDZD) 170 Mn Aereo *
Zara
Zemunik (LDZD) - Kalamata
(LGKL) 700 Mn
Kalamata
(LGKL) - Acri Bass el
Assad ( OSLK) 850 Mn
Quinta Crociata -
(1217-1221)
Allo
scopo di occupare e
sottomettere anche l'Egitto, nel 1217 il papa Innocenzo II bandisce la
V^
crociata. I crociati, sbarcati in Egitto, conquistano in breve tempo la
città
di Damietta. Resi baldanzosi dalle prime facili vittorie marciano sul
Cairo.
Vengono colti da una micidiale piena del Nilo che li riduce a mal
partito
mietendo un altissimo numero di vittime. I superstiti ottengono di
poter
tornare in patria restituendo il controllo della città di
Damietta. Nel corso
di questa crociata, San Francesco di Assisi tentò di
convertire il sultano
Ayyubbide Al Malik Al Kamil, il quale lo ricevette con tutti i riguardi
e ne
rimase affascinato, ma non al punto di convertirsi.
Settima
tratta : volo della
Quinta Crociata :
Spalato
Kastela (LDSP) - Adana
Dimokritos (LGAL) 670 Mn
Adana Dimokritos (LGAL) -
Damietta Port Said
(HEPS) 430 Mn
Sesta Crociata -
(1227-1229)
Nel
1227 Gregorio IX bandisce la
VI^ crociata, obbligando letteralmente l'imperatore Federico II con una
minaccia di scomunica. Partito, questi scoprì che il papa,
approfittando della
sua assenza aveva invaso l'Italia meridionale, proprio ciò
che egli aveva
temuto. Quindi, giunto in Terrasanta, si accordò in tempi
brevi per un patto
onorevole con il Sultano e tornò immediatamente in patria.
Gregorio IX a questo
punto lo scomunicò ma Federico II, battute le forze del
papa, lo costrinse ad
annullare la scomunica.
Ottava
tratta : volo della
Sesta Crociata :
Brindisi
Casale (LIBR) - Kalamata
(LGKL) 340 Mn
Kalamata
(LGKL) - Gerusalemme
(LLJR) 860 Mn
Settima Crociata -
(1248-1254)
Nel
1248 Luigi IX di Francia,
detto 'il santo', bandisce la VII^ crociata. Durante il viaggio una
tremenda
tempesta decima la flotta. Ciò non ostante i crociati
riconquistano Damietta e
ristabiliscono una sorta di equilibrio tra le forze. Ma nel 1250,
questo
equilibrio si rompe e, malgrado l'arrivo di rinforzi di cavalieri
Templari e
Ospitalieri i musulmani riprendono ciò che avevano perduto
finchè in una grande
battaglia, nel 1252 i cristiani subiscono la totale disfatta. Lo stesso
re,
Luigi IX, viene fatto prigioniero. Sarà liberato e
potrà tornare in patria solo
nel 1254, dopo il pagamento di un pesante riscatto.
Nona
tratta : volo della
Settima Crociata :
Aigues
Mortes (LFMN) - Palermo
(LICJ) 530 Mn
Palermo
(LICJ) - Nikoskazantzakis
(LGIR) 680 Mn
Nikoskazantzakis (LGIR) -
Damietta Port Said
(HEPS) 500 Mn
Ottava Crociata -
(1269)
Nel
1269 viene organizzata
l'VIII^ Crociata. Guida la spedizione Giacomo d'Aragona. Imbarcati a
Barcellona, subito dopo aver salpato, la flotta viene quasi
completamente
distrutta da una terribile tempesta. I pochi sopravvissuti, giunti ad
Acri, la
trovano assediata dai Turchi. Consapevoli che proseguire nella loro
missione li
avrebbe portati a morte certa senza alcun costrutto, tornano in patria.
Decima
tratta : volo della
Ottava Crociata :
Barcellona
El Prat (LGIR) -
Catania (LICC) 750 Mn
Catania
(LICC) - Incirlik AB
(LGIR) 950 Mn
Incirlik
AB (LGIR) - Bassel al
Assad (OSLK) 350 Mn
Nona Crociata -
(1270)
Nel
1270, re Luigi IX, il santo, che
non ha ancora accettato quanto accaduto 16 anni prima,cerca riscatto, e
promuove la IX^ crociata. Con un discreto esercito sbarca in Tunisia.
Purtroppo
negli accampamenti si diffonde in breve tempo una gravissima epidemia
di peste
e dissenteria. I morti sono moltissimi, compreso il re. A questo punto
i
superstiti ritengono opportuno tornare in patria.
Undicesima
Tratta : volo della
Nona Crociata :
Aigue
Mortes (LFMN) - Tunisi Carthage
(DTTA) 550 Mn
Decima Crociata -
(1271-1272)
Nel
1271 il re di Inghilterra
Enrico III organizza la decima crociata ponendo l'esercito al comando
del
figlio Edoardo. L'esercito dei crociati viene però sconfitto
in tempi
brevissimi e la disfatta è tale che viene perduto anche il
Krak, leggendario
castello dei cavalieri che lo avevano conquistato nel corso della I^
crociata,
posto in posizione estremamente strategica a metà strada fra
Aleppo e Damasco.
Rappresenta una perdita gravissima. Tornato in patria, Edoardo
riferì di una
situazione di totale degrado e sbando, dalla quale sarebbe derivata in
buona
misura la sua sconfitta. I crociato presenti in Terrasanta a vario
titolo, non
pensano più nemmeno lontanamente alla loro missione
iniziale. Sono dediti a
incrementare più che altro le loro fortune, commerciando di
tutto, armi
comprese, con tutti.
Dodicesima
tratta : volo della
Decima Crociata :
Londra
Heatrow (EGLL) - Praga
Ruzyne (LKPR) 650 Mn
Praga
Ruzyne (LKPR) - Sofia
(LBSF) 650 Mn
Sofia
(LBSF) - Ankara Esemboga
(LTAC) 550 Mn
Ankara
Esemboga (LTAC) - Rene
Mouawar AB (castello del Krak) (OLKA) 390 Mn
La conclusione
Nel
1291 i musulmani si rendono
pienamente conto che i cristiani, presenti a vario titolo sul loro
territorio,
sono più che altro impegnati a combattersi fra di loro per
accrescere il potere
e le ricchezze personali quindi,
constatatane la debolezza, decidono di
mettere fine alla loro presenza nella loro patria. Li sconfiggono
ripetutamente
e alla fine conquistano anche San Giovanni d'Acri, ultima piazzaforte
crociata.
A questo punto termina per sempre il periodo delle crociate.
Gli ordini
cavallereschi
Gli
Ordini Cavallereschi furono
delle organizzazioni che sorsero durante il periodo delle Crociate con
lo scopo
di portare aiuto ai pellegrini in Terrasanta e curare i feriti. Fra gli
ordini
più conosciuti si ricordano quelli dei Cavalieri Teutonici,
dei Templari e
degli Ospitalieri.
Cavalieri Teutonici
Nel
1099 durante l'assedio di
Gerusalemme due pellegrini tedeschi, due mercanti, iniziarono a curare
i loro
compatrioti feriti. In seguito, aiutati da altri volontari, con il
beneplacito
del Patriarca di Gerusalemme, decisero di dedicarsi seriamente
all'attività di
ospitalità e assistenza dei pellegrini in quei territori.
Fondarono quindi un
piccolo ospedale con foresteria ed una cappella dedicata alla Madonna.
Quando
nel 1187 Gerusalemme cadde anche l'ospedale andò distrutto.
Ma nel 1189 i
cavalieri tedeschi al seguito della III^ Crociata tornarono e
ricostruirono
tutto. Alcuni di loro, in particolare, decisero di portare avanti
l'opera di
assistenza iniziata due anni prima dai loro compagni, ma provvedendo
anche alla
difesa armata del luogo. Nel tempo la comunità crebbe di
numero per i molti
volontari che decidevano di prestare la loro opera inoltre
cominciò a beneficiare
di numerosi lasciti e donazioni. Nel 1191, all'ordine venne concessa
l'approvazione e la protezione del papa Clemente III. A questo punto, i
membri,
molti dei quali cavalieri, decisero di organizzarsi in un ordine, con
compiti
di protezione ed assistenza ai pellegrini, che prese il nome di
'Cavalieri
Teutonici'. Forte dei molti lasciti e delle molte adesioni, l'ordine
crebbe al
punto di riuscire ad influenzare importanti eventi politici e militari
dell'epoca. Ai monaci-guerrieri venne assegnato il mantello bianco con
croce
nera. Grazie alle sostanziose donazioni e ad un uso accorto del denaro,
l'ordine crebbe notevolmente. Nel 1300 si contavano circa 350 tra
castelli,
conventi e strutture varie distribuite fra Terrasanta, Cipro, Grecia,
Italia e
Paesi Bassi. Nel 1191, causa gli eventi bellici, abbandonò
la Terrasanta e si
trasferì in Europa. I Teutonici tentarono di espandere il
loro controllo ed il
loro potere verso est. Dopo
un inizio di
alterne fortune, nel 1241 subiscono una pesante sconfitta nel tentativo
di
fermare l'espansione mongola in Polonia e nel 1242 furono sconfitti di
nuovo,
stavolta da Alexander Nevsky, principe di Novogorna che
ostacolò la loro espansione.
Dopo un periodo di crescita, subirono però una nuova
tremenda sconfitta nel
1410 a Tannemberg, ad opera dei Polacchi alleati ai Lituani. Da
quì iniziò un
lento inarrestabile declino che portò l'ordine a perdere
territori e castelli.
Nel 1511 scompare lo Stato Teutonico. L'ordine riceve il colpo di
grazia da
Napoleone che nel 1801 lo priva di quasi tutti i suoi possedimenti e
nel 1809
viene soppresso come ordine rimando in veste di organizzazione
ospedaliera
operante in Austria. Nel 1834 fu nuovamente riportato allo stato di
Ordine
Cavalleresco ma senza nessun possedimento importante. Oggi l'Ordine
Teutonico è
una organizzazione canonicale, di diritto Pontificio, retta da un Gran
Maestro
equiparato ad abate mitrato.
Tredicesima
tratta: volo dei
Cavalieri Teutonici :
Gerusalemme (LLJR) - Pafos Intl
(LCPH) 250 Mn
Pafos Intl (LLJR) - Eleftherios
Venizelos Intl
(LGAV) 540 Mn
Eleftherios
Venizelos Intl (LGAV)
- Roma Fiumicino (LIRF) 655 Mn
Roma
Fiumicino (LIRF) - Schiphol
(EHAM) 810 Mn
Cavalieri Templari
I
Crociati, dopo aver conquistato
Gerusalemme nel 1099, si resero conto che tornato in patria il grosso
dell'esercito, sarebbe venuta meno la sicurezza di coloro che sarebbero
rimasti
e dei pellegrini che sarebbero arrivati numerosi. Così un
gruppo di cavalieri
decise che dopo tante sofferenze in nome della fede, dopo essersi
quindi purificati
l'anima, non valeva la pena di tornare in patria fra agi e tentazioni.
Guidati
dal cavaliere Ugo de Payns (non è certo se francese di Payns
o italiano, De
Paganis, originario di Nocera) e dal suo compagno d'armi, Goffredo di
Saint-Omer, decisero nel 1118 di votarsi alla custodia del Tempio del
signore
in una Regola che comportava la rinuncia ai beni materiali, la
castità e
l'impegno di assistere i bisognosi. Il loro operato avrebbe previsto
anche
l'uso delle armi, ma solo qualora fosse stato ritenuto indispensabile
per
raggiungere i loro scopi. Iniziarono a crescere di numero e di
importanza con
il beneplacito dei vari re di Gerusalemme. Il salto di
qualità si ebbe in
occasione del viaggio in Europa del loro maestro, Ugo de Payns, che
fece
conoscere meglio l'ordine nelle corti europee. Nel 1129 assunsero
ufficialmente
una regola monastica con il pieno appoggio di Bernardo di Chiaravalle,
influente dottore della Chiesa, impersonando il doppio ruolo di monaci
e
combattenti. Il loro simbolo era rappresentato da una piccola croce di
colore
rosso su una veste bianca, grigia o nera. La croce era posta a sinistra
sul
petto o al centro del mantello. Con il crescere delle donazioni, i
Templari iniziarono
a dedicarsi a diverse attività remunerative, con lo scopo di
sostenere le varie
iniziative dell'ordine. Si dedicarono all'agricoltura, al commercio,
alla
finanza. Per i loro affari arrivarono anche a possedere una discreta
flotta.
L'operato militare dei Templari era connesso con le Crociate in quanto,
pur non
essendo il loro un corpo combattente, era pur sempre militare e
operò in più
occasioni per portare rinforzo e soccorso agli eserciti cristiani senza che questo influisse
però in modo
determinante sugli esiti delle battaglie. Dopo la caduta di San
Giovanni d'Acri
nel 1291, i superstiti, circa 300 cavalieri, francesi e germanici,
lasciarono
la Terrasanta rifugiandosi a Cipro, dove vissero come sacerdoti, sotto
la guida
del loro maestro Giovanni di Montfort, rispettati e venerati dalla
popolazione.
L'ordine, pur disponendo di ingentissime ricchezze, sembrava destinato
ad un
lento declino, essendo venuto meno il motivo per cui era stato creato.
Invece
il loro destino fu molto crudele. Il re di Francia, Filippo IV, il
'bello',
oberato dai debiti, tentò a lungo inutilmente di avere dai
Templari un ingente
prestito. Cercò persino di farsi accettare fra loro con la
speranza di riuscire
in seguito a mettere le mani sulle loro ricchezze. Non riuscendo nei
suoi
intenti, alla fine, con la complicità seppure apparentemente
inconsapevole del
papa Clemente V, creò contro di loro una serie di accuse
gravissime ed
infamanti che gli consentirono di farli arrestare quasi tutti e di
confiscare i
loro beni. Il maestro
Jacques de Molay
fu bruciato sul rogo, su un'isoletta al centro della Senna davanti a
Notre
Dame. Il papa aveva stabilito che le ricchezze dei Templari fossero
destinate
all'Ordine degli Ospitalieri ma il re, con opportune manovre
riuscì a prendere
buona parte del denaro. Poichè alcuni Templari erano
scampati all'eccidio, il
papa diffidò i re europei a dar loro ricetto e assistenza,
pena la scomunica. Gran
parte dei superstiti, allora, si rifugiò presso il re
Roberto I di Scozia, che,
essendo stato già scomunicato, decise di accoglierli. Si
dice che questi
avessero messo in salvo gran parte delle ricchezze dell'ordine e che
Filippo IV
riuscì a mettere le mani solo su una piccolissima porzione
dell'immenso
patrimonio. Purtroppo non è dato sapere molto sui fatti
dell'Ordine perchè nel
1571, gli Ottomani che giunsero a Cipro, distrussero fra l'altro
l'archivio dei
Templari. Sembra probabile che i Templari, in Scozia siano confluiti in
ordini
Massonici Anglosassoni, in aperta ostilità alla Chiesa. Ai
giorni d'oggi, si
trovano alcune associazioni che in qualche modo si rifanno nei loro
statuti
alle regole dei Templari. Nessuno ha però caratteristiche
religiose, quasi
certamente perchè, per quanto possa sembrare strano
è tuttora in vigore la
bolla papale 'Vox in Excelsis' emessa da Clemente V nel 1312 durante il
Concilio di Vienna. Essa proibisce qualsiasi forma di ricostruzione
pena
scomunica automatica e perenne.
Quattordicesima
tratta : volo
dei Cavalieri Templari :
Acri Bas el Assad (OSLK) -
Pafos Intl (LCPH)
210 Mn aereo *
Pafos
Intl (LCPH) - Brindisi (LIBR)
890 Mn
Brindisi
(LIBR) - Luxemburg
(ELLX) 900 Mn
Luxemburg
(ELLX) - Glasgow (EGPF)
650 Mn
I Cavalieri
Ospitalieri
Nel
1023 l'Imam d'Egitto consente
ad alcuni mercanti di Amalfi e Salerno di costruire un ospizio con
annesso
ospedale nel luogo ove sorgeva il monastero di San Giovanni
Elemosiniere che
era stato il Patriarca greco-ortodosso di Alessandria nel 1619. La
struttura
era tenuta dai Benedettini e si occupava di ospitare, curare e comunque
assistere i pellegrini che si recavano in Terrasanta. L'ordine
Ospitaliero che
faceva capo a questa struttura fu fondato in seguito alla prima
Crociata dal
Beato Gerardo Sasso, dottore della Chiesa. La bolla di conferma venne
emanata
dal papa Pasquale II nel 1113. Il successore del Beato Gerardo, Raymond
du Puy
de Provence istituì il primo ospizio degli Ospitalieri
presso la chiesa del
Santo Sepolcro. Il gruppo all'inizio, secondo gli intenti originali,
provvide
all'ospitalità, alla cura e all'assistenza dei pellegrini,
ma in seguitò iniziò
a provvedere anche alla scorta armata dei medesimi. Il gruppo degli
armati
crebbe fino a formare una forza piuttosto consistente. La divisa
consisteva in
una sopravveste nera ornata da una croce bianca. Era u ordine religioso
a tutti
gli effetti anche se nettamente diviso fra militari e persone che
operavano
nell'assistenza e la cura dei pellegrini. Crebbe di importanza al punto
di
controllare nella zona di Gerusalemme sette grandi forti e 140
possedimenti. Le
loro basi più inespugnabili erano nel principato di
Antiochia in Siria ed il
mitico castello di Krak, in Libano, che fu loro donato da Raimondo II
di
Tripoli nel 1144. Con la caduta di Gerusalemme, nel 1187, i cavalieri
si
trovarono confinati nella zona di Krak e quando anche questo cadde nel
1291, l'
ordine cercò un rifugio prima a Cipro e in secondo momento
ottenne militarmente
il controllo di Rodi, assumendo il titolo di Cavalieri di Rodi. Quando
nel 1312
l'ordine dei Templari fu sciolto, buona parte delle loro ricchezze, per
ordine
del papa Clemente V, confluì nelle casse dell' Ordine di
Rodi. Dovendosi
difendere continuamente dalle scorrerie dei corsari berberi furono
costretti a
potenziare notevolmente il ramo militare. Dopo una serie di successi
che
disturbò molto i corsari, questi si allearono e nel 1522
attaccarono l'isola
con 200.000 uomini. La battaglia fu cruentissima ma alla fine i
cavalieri
ebbero la peggio. Fu comunque consentito loro, in cambio della resa, di
poter
abbandonare l'isola. L'ordine vagò in Europa per sette anni
da una sede
all'altra, senza risolversi a scegliere una sede definitiva. Nel 1530,
per
iniziativa del papa Clemente VII e con il beneplacito dell'imperatore
Carlo V
poterono prendere possesso dell' isola di Malta da cui assunsero il
nuovo nome
di cavalieri di Malta. Appena possibile ripresero fra le loro
attività quella
di combattere i corsari musulmani i quali fortemente danneggiati da
questa
iniziativa, riunirono ne 1565 una imponente flotta con la quale
assaltarono
l'isola. La battaglia fu tremenda e sanguinosa. Ogni passo avanti dei
corsari
costò perdite ingentissime. Alla fine, però, dopo
quattro mesi di scontri
violenti, quando i
cavalieri stavano per
cedere, giunsero in loro aiuto gli spagnoli che misero presto in fuga i
corsari
superstiti, anche loro stremati per la lunga battaglia. Per i danni e
le
devastazioni fu necessario costruire di nuovo la città, cui
fu posto nome La
Valletta in onore e memoria del maestro Jean de la Vallette. Fu anche
ricostruito il più grande e moderno ospedale d'Europa nel
quale venivano curati
tutti senza distinzione di razza e religione. I cavalieri di Malta nel
1571
vollero partecipare alla battaglia di Lepanto contro i musulmani, a
fianco
degli Spagnoli, dei
Genovesi, dei
Veneziani e dei Pontifici, distinguendosi per onore e coraggio. Nel
1630 il
Gran Maestro potè insignirsi del titolo di Cardinale.
L'ordine fu in seguito
presente in molti eventi politici e militari finchè nel
1798, la rocca fu presa
da Napoleone Bonaparte che la spogliò di quasi tutti gli
averi e costrinse i
cavalieri all'esilio. Diversi gruppi sopravvissero in Europa, in
Russia, nelle
Americhe. A tutt'oggi esistono diversi ordini che si ispirano
all'originale,
con nomi simili, e che comunque si rifanno sempre agli elementi che
dettero
vita all'Ordine, ossia assistenza e carità.
Quindicesima
tratta : volo dei
Cavalieri Ospitalieri :
Castello
del Krak Qal'at Sim'an
(OSAP) - Pafos Intl (LCPH) 160 Mn aereo *
Pafos Intl (LCPH) - Diagoras
(LGRP) 310 Mn
Tra realtà e
leggenda
E'
indubbio che nel fenomeno della
cavalleria ci furono delle figure che si distinsero in modo particolare
per
valore, coraggio, nobiltà, generosità e imprese.
Nello stesso tempo, allo scopo
di esaltare quanto c'era di meglio e di nobile nel mondo dei cavalieri,
nacque
tutta una letteratura, prodotta all'inizio dai trovatori della
Linguadoca,
basata sull'onore, sui codici cavallereschi, sull'amor cortese.
L'argomento
venne ripreso in seguito da scrittori più o meno famosi che
dettero vita a
figure e personaggi che raggiunsero tale notorietà da essere
conosciuti anche
nei tempi attuali. E' con un riferimento a questi personaggi che
ritengo di
chiudere questo modesto lavoro, in quanto rappresentativi dell'ideale
cavalleresco, poichè, quasi sempre dediti ad affrontare
particolari imprese, presi
da turbamenti d'amore, nelle loro storie non sembrano minimamente
toccati dalle
piccole cose e dalle miserie di tutti i giorni, come la fatica, la
necessità di
procurarsi sostentamento, la stanchezza, le indubbie brutture della
guerra. Fra
questi personaggi di fantasia, quelli che maggiormente si ricordano,
sono
Lancillotto, Ivanhoe, Orlando, Sigfrido e, perchè no, anche
Don Chisciotte.
Lancillotto
Ideato
e proposto da vari
trovatori, fu ripresentato come personaggio di un romanzo da Chretienne
de
Troyes che lo pose nella saga dei cavalieri della tavola rotonda, nel
ciclo arturiano.
Figlio di re Ban di Benoic, quando questi viene ucciso, Lancillotto fu
messo in
salvo, ancora bambino e protetto da una misteriosa dama del Lago che lo
condusse nel suo regno incantato. All' età di 18 anni
ottenne di poterlo
lasciare per coronare il suo sogno, ossia divenire cavaliere alla corte
di
Artù. Riuscito nel suo intento divenne uno dei cavalieri
più valenti al
servizio del re, partecipante al consesso della tavola rotonda. Quando
la
regina Ginevra, moglie di re Artù, venne presa prigioniera e
rinchiusa nel
castello di Meleagant, Lancillotto, inviato dal re, la
liberò ma durante il
viaggio di ritorno verso Camelot i due si innamorarono perdutamente uno
dell'altra.
Da qui segue una serie di eventi che porterà alla rovina del
regno. Dapprima
Lancillotto fugge in esilio per non recare danno a Camelot. Durante
questo
periodo partecipa alla ricerca del Sacro Graal che però
riesce a intravedere
solo da lontano. Questo evento però gli causa un tale shock,
che rimane in coma
per un lunghissimo periodo. Intanto
un
cavaliere ribelle, sir Mordred, allo scopo di minare il potere di
Artù, gli fa
pervenire in modo anonimo la notizia del tradimento di Ginevra. La
regina viene
quindi processata e condannata al rogo. Per salvarla Lancillotto che
intanto è
guarito, assalta la corte con i suoi soldati in una cruenta battaglia
in cui
muoiono gran parte dei cavalieri della tavola rotonda. Di questa
situazione approfitta
il cavaliere
ribelle e traditore Mordred che aveva propiziato la situazione,
assaltando in
forze il castello. Lancillotto non partecipa alla battaglia e quindi
sopravvive
ad Artù, a Ginevra, a Camelot. Cercando perdono e conforto
per quanto accaduto,
si fa eremita e vive in santità il resto dei suoi giorni.
Sedicesima
tratta : volo di
Lancillotto :
Tintagel
Camelot (EGDG) -
Menchester (EGCC) 220 Mn aereo *
Ivanhoe
Personaggio
letterario nato dalla
penna di sir Walter Scott che pubblicò il romanzo omonimo
sotto lo pseudonimo
di Laurence Templeton. I fatti narrati sono ambientati nella zona
centrale
dell'Inghilterra. Quasi tutti gli eventi si svolgono fra i luoghi di
Templestone ( Yorkshire west, vicino alla attuale cittadina di Leeds),
di York,
città di nascita del personaggio di Isacco, e di Ashby de la
Zouche, luogo del
torneo (vicino all'attuale cittadina di Corville (Leicestershire). Il
periodo è
intorno al 1194, periodo in cui in Inghilterra fortissima è
la tensione fra gli
invasori Normanni che hanno occupato le maggiori cariche di comando e
di
responsabilità ed i Sassoni che cercano solo un'occasione
per la riscossa. Riccardo
Cuor di Leone è prigioniero in Germania e in sua vece, con
pugno di ferro,
regna il Principe Giovanni. L'arco temporale in cui si svolgono i tatti
narrati,
pur se il romanzo è denso di eventi e azione, è
di circa due settimane. Il
protagonista è il cavaliere Wilfred di Ivanhoe. Egli, di
origini sassoni è
stato ripudiato dal padre, sir Cedric, sassone convinto,
perchè, disobbedendo
ai suoi comandi, ha seguito Riccardo Cuor di Leone, normanno,
nell'impresa
della III^ crociata. All'inizio della storia, Ivanhoe, di ritorno dalla
Terrasanta, camuffato da pellegrino si reca nel castello paterno di
Tornquillston a Templestone, pensando che forse questi potrà
perdonarlo. Cedric
di norma non rifiuta alloggio a nessuno e quindi Ivanhoe in incognito
viene
ammesso nella sala dei banchetti. Lì trova tutti quei
personaggi che poi
saranno i protagonisti del romanzo. Fra i principali è
presente infatti un
cavaliere templare di ritorno dalla Terrasanta, Brian de Bois Guilbert,
di
reputazione alquanto dubbia. E' presente anche un ricchissimo mercante
ebreo,
Isacco di York. Raggiunge i commensali anche Lady Rowena, la pupilla di
Cedric,
il quale, data la di lei discendenza diretta dai re sassoni,
è stata destinata dal
suo padrino ad un matrimonio di convenienza che potrebbe portare ad un
importante rafforzamento del partito sassone
in grado di cacciare i Normanni. Essa è invece amata da
Ivanhoe, altro motivo
di attrito con il padre. Il templare è diretto ad Ashby dove
parteciperà ad un
torneo cavalleresco alla presenza del principe Giovanni Senza Terra.
Racconta
che in Palestina ha sempre sconfitto tutti i suoi avversari meno un
misterioso
cavaliere sassone che egli odia e che spera sia presente al torneo.
Quel
misterioso cavaliere è proprio Ivanhoe, che rimane comunque
in incognito, che
vorrebbe partecipare ma non ha i denari necessari per l'acquisto delle
armi e
del cavallo. Il giorno seguente Ivanhoe lasciato il castello, soccorre
Isacco
che è stato assalito dagli uomini del templare per derubarlo
dell'ingente somma
che questi reca con sè. L'ebreo per riconoscenza gli
fornisce il denaro per
comprare cavallo ed armatura. Al torneo, Ivanhoe, che non si svela,
partecipa
accompagnato da un massiccio cavaliere nero, che ha un lucchetto
disegnato
sullo scudo. Il protagonista batte tutti gli avversari ma rimane ferito
e viene
portato nella casa di Isacco dove è curato da sua figlia,
Rebecca, una ragazza
bellissima, che si innamora di lui. Dopo il torneo sir Cedric, Rowena,
Isacco e
Rebecca vengono fatti prigionieri e rinchiusi nel castello
di Front de Beuf. Vengono liberati
dai ribelli della foresta guidati da un certo Loksley e dal misterioso
cavaliere nero. Durante l'assalto il templare fugge portando con
sè Rebecca di
cui, nel frattempo, si è perdutamente innamorato. Messosi in
salvo, viene
pesantemente criticato dal Gran Maestro dei templari per essersi
innamorato e
per di più di una infedele. Per salvare l'onore del suo
cavaliere, accusa
Rebecca di essere una strega che ha ammaliato Bois Guilbert e la fa
condannare
al rogo. Per salvarla, Ivanhoe sfida il templare in un'ordalia nel
corso della
quale il templare soccombe. A quel punto i personaggi si svelano. Il
misterioso
cavaliere nero non è altro che Riccardo Cuor di Leone che
scaccia l'indegno
fratello. Il capo dei ribelli, Loksley, che altri non è che
Robin Hood, che viene
perdonato e reintegrato nel suo titolo. Cedric perdona il figlio e gli
concede
la mano di Rowena. Il loro matrimonio avviene alla presenza di tutti i
nobili
sassoni e normanni, in quanto l'autore voleva simboleggiare la pace fra
i due gruppi
che alla fine, riuniti, formeranno la popolazione inglese.
Diciassettesima
tratta : volo
di Ivanhoe :
Templeston Yeovilton (EGDY) -
East Midlands
(EGDY) 134 Mn aereo *
Don Chisciotte de la
Mancha
Forse
nei fatti il meno cavaliere
di tutti ma nello spirito e nella fede decisamente il più
puro, assoluto,
fedele ed intransigente dei valori della cavalleria, ossessionato come
è dalle
gesta dei cavalieri che legge continuamente. Il romanzo è
composto da due
volumi, opera dello scrittore Miguel Cervantes, pubblicati a 10 anni di
distanza uno dall'altro (1605 e 1615). Il protagonista è un
hidalgo, ossia una
persona piuttosto benestante, spagnolo di nome Alonso Quijano. E' un
cinquantenne, forte di corporatura e dal fisico asciutto. Morbosamente
ossessionato dai romanzi cavallereschi, viene trascinato in un mondo
fantastico
dove è convinto di essere un cavaliere errante, Don
Chisciotte de la Mancha, e
inizia a percorrere le contrade della Spagna in cerca di torti da
riparare,
deboli da soccorrere, ingiustizie da sanare, trascinando nella sua
follia anche
un contadino locale, Sancho Panza, a cui ha promesso un'isola per i
suoi servigi
da scudiero. Per sè, portato a termine un adeguato numero di
eroiche imprese,
ritiene che potrà meritare la corona di imperatore di
Trebisonda. Recupera
vecchie armi appartenute ai suoi antenati che rimette a posto alla meno
peggio.
Monta un malconcio cavallo a cui ha dato il nome di 'Ronzinante', ossia
'primo
fra tutti i cavalli del mondo' e, dopo essersi attribuito il nome
altisonante
di Don Chisciotte, cavaliere della Mancha, parte in cerca di gloriose
avventure. Purtroppo nel periodo in cui vive, imprese del genere non servono e quindi egli
semplicemente inizia ad
alterare la realtà adattandola ai suoi scopi, come quando ad
esempio trasforma
dei mulini a vento in giganti, dei
burattini in demoni e greggi in eserciti invasori. Esce sempre
sconfitto dagli
scontri, spesso piuttosto malconcio ma questo non lo dissuade, anzi, lo
convince che il mondo è così cattivo e pericoloso
da richiedere assolutamente
la sua opera. Come ogni cavaliere egli ha scelto una dama a cui
dedicherà la
sua vita e le sue imprese. Nella sua follia egli elegge a tale compito
una
contadina di un paese vicino, tale Aldonza Lorenzo, da cui si era
indubbiamente
sentito attratto, a cui attribuisce il nome di Dulcinea del Toboso. In
seguito ad
uno scontro perde due denti e da quì decide di farsi
chiamare Don Chisciotte,
cavaliere dalla trista figura. Dopo una serie di tragicomiche imprese,
con
un trucco
verrà riportato a casa, dove
la sua governate si prenderà cura di lui cercando di fargli
ritrovare il senno.
Purtroppo non ci riescirà e così, nel secondo
libro ripartirà per le nuove
avventure. Dopo un'altra serie di sciagurati eventi, i suoi parenti
riescono di
nuovo a riportarlo alla sua casa. Questa volta, sembra riacquistare la
ragione,
ma si ammala, e chiede di fare testamento. Si confessa e dopo pochi
giorni
muore, compianto da parenti e amici.
Diciottesima
tratta : volo di
Don Chisciotte :
Madrid
Barajas (LEMD) - Cordoba
(LEBA) 150 Mn aereo *
Orlando
Le
particolarità di questo
personaggio consistono nel fatto che egli deriva da una persona
realmente
esistita e che le sue storie, in ordine cronologico, iniziano dalla
fine. Per
essere più precisi, si dirà che l'Orlando
'letterario' si rifà al conte
palatino Rolando duca della marca di Bretagna. Questi era un famoso e
coraggioso cavaliere al servizio dei Carlo Magno. Era figlio di Milone,
alfiere
di Carlo e di Berta, sorella dell'imperatore. Come personaggio compare
per la
prima volta nell'opera 'La chansonne de Roland' scritta dopo le
vittorie della
prima crociata, da un certo Turoldo, nella quale Orlando, combattendo
coraggiosamente per il suo imperatore, schiacciato da forze
incredibilmente
preponderanti, alla fine cede, non prima però di aver fatto
strage dei suoi
nemici. Questa figura colpì talmente la fantasia e l'animo
popolare che fu
ripresa in due famose opere, l' Orlando innamorato, scritta da Matteo
Boiardo
nel 1483, e l'Orlando furioso scritto da Ludovico Ariosto nel 1532.
Nell'Orlando
innamorato, ci troviamo di fronte un cavaliere coraggioso, generoso,
dedito al
suo compito di servire l'imperatore di cui è un paladino.
Purtroppo egli non è
avvezzo ad affrontare questioni di cuore. Così, quando
Angelica, principessa
del Catai si presenta all'imperatore per chiedere aiuto contro i suoi
nemici,
Orlando se ne innamora perdutamente e la segue, non corrisposto, nel
suo regno
in Oriente, affrontando e sconfiggendo tutti coloro che avrebbero
potuto
minacciarla. Coinvolto in una serie innumerevoli di avventure, egli si
innamora
sempre della donna sbagliata, come ad esempio di Orgile, una malvagia
traditrice che lo inganna e lo deruba ripetutamente. Tornato da
Angelica, le
offre i suoi servigi che vengono accettati dalla fanciulla che
però non lo ama.
La storia si sviluppa in un intreccio complicatissimo che narra di
epici
duelli, maghi, streghe, sortilegi e sofferenze d'amore. Verso la fine
dell'opera, Orlando, Angelica ed altri importanti personaggi tornano in
Francia
per aiutare l'imperatore a combattere il re d'Africa che, con potenti
alleati
mira a invadere la Francia. Purtroppo le cose non vanno bene e
l'esercito
francese è costretto a ritirarsi su Parigi. Orlando, sotto
incantesimo, è di
nuovo pazzamente innamorato di Angelica e la insegue quando questa
lascia la
città. A questo punto l'opera, incompiuta, termina
perchè l'autore muore in
circostanze poco chiare. Non muoiono però i personaggi,
ripresi dall'Ariosto
nell'Orlando furioso', cinquanta anni dopo. L'azione riparte da Parigi
assediata. Carlo Magno affida Angelica ad un tutore e la promette in
sposa a
chi dei suoi paladini si mostrerà più coraggioso
in battaglia. I cristiani
purtroppo sono messi in rotta e Angelica fugge inseguita da Orlando. Di
nuovo
segue una incredibile serie di eventi e intrecci di battaglie e fatti
d'amore.
In seguito ad una battaglia, Angelica si trova a soccorrere un soldato
saraceno
ferito, Medoro. Essa se ne innamora e torna nel Catai con lui dopo averlo sposato.
Quando Orlando
apprende questa notizia letteralmente perde il senno e, furioso, inizia
a commettere
ogni sorta di violenza e causando gravi distruzioni. Un suo amico e
compagno
d'armi, Astolfo, altro importante personaggio dell' opera, tramite
l'aiuto di
un cavallo alato, l'Ippogrifo, scopre che il senno di Orlando
è finito sulla
luna, quindi con il suo nuovo alleato, vola fin lassù a
recuperarlo per sanare
il suo amico. Orlando, infine, trova una morte santa e gloriosa nell'
opera 'La
chansonne de Roland'. I fatti narrati in essa sono quelli parzialmente
corrispondenti alla realtà, salvo una seria, grave
mistificazione nel finale. Carlo
Magno è sceso in Spagna con il suo esercito per cercare di
trarre vantaggio
dalla lotta di due sultanati. Dopo una serie di inutili tentativi di
raggiungere il suo obiettivo, pur avendo conquistato le
città di Pamplona e
Barcellona, durante l'assedio di Saragozza, venuto a conoscenza che i
Sassoni
nel suo regno cominciano a dare problemi, l'imperatore decide di
tornare in
Francia. Nel passaggio della gola di Roncisvalle, nei Pirenei, il 15
agosto del
778 d.C. la retroguardia dell'esercito francese viene attaccata dai
ribelli
Baschi e sterminata. Orlando che è al comando di quel
drappello, pur
combattendo valorosamente alla fine, circondato dai corpi dei suoi
nemici di
cui ha fatto strage, gravemente ferito, cede. Mortalmente ferito, per
non farla
cadere in mani nemiche, tenta di spezzare la sua spada, la fedele
Durlindana.
Non ci riesce. A quel punto decide di suonare il suo corno, l'Olifante,
per
avvisare l'esercito dei Francesi del pericolo. Sentendo la fine
approssimarsi,
prega per i suoi peccati e si raccomanda al Signore. Solleva la mano e
Gli
porge un guanto in segno di rispetto e devozione. Il Signore ha
pietà di lui,
lo perdona, e lo manda a prendere da un gruppo di Angeli. Quando
l'esercito
accorso giunge sul luogo della battaglia, egli purtroppo è
già morto ma in pace
e felice è asceso in Paradiso. Nell'opera,
poichè, visto il periodo in cui
venne scritta, occorreva calcare la mano sul dissidio fra cristiani e
musulmani, gli assalitori Baschi, vennero sostituiti dai Saraceni.
Comunque, in
seguito a quell'episodio, nella realtà, Carlo Magno si rese
conto della
pericolosità delle popolazioni che abitavano quelle regioni e a tutela
del suo regno dispose
la creazione del regno di Aquitania che presidiasse validamente la zona
dei
Pirenei. A questo regno destinò le cittè di
Bourges, Bordeaux, Auch e Narbona.
Come capo, scelse suo figlio Ludovico, nominato feudatario da papa
Adriano I
nel 781 d.C.
Diciannovesima
tratta : volo
di Orlando :
Parigi
Lebourget (LFPB) - Pamplona
(LEPP) 400 Mn
Sigfrido
Eroe
del mito germanico
la cui leggenda risale al V secolo
nata fra i popoli Burgundi. Qualcuno ritiene che la sua figura possa
derivare
da qualche eroe germanico realmente vissuto nei primi secoli dell'era
cristiana
come ad esempio Arminio o Sigiberto I d'Austria. Nella versione
nordica, quella
originale, Sigfrido è figlio di Sigmund, della stirpe dei
Velsungi, discendente
da Odino. Dopo la morte del padre, avvenuta nel corso di una epica
battaglia,
cresce sotto la attenta e valida guida del tutore, il nano Regin.
Bello, forte
e coraggioso, con l'ausilio di una invincibile spada, ottenuta fondendo
i pezzi
di quella del padre, Sigfrido affronta una serie di incredibili e
difficili
imprese. Uccide il drago Fafnir e bagnandosi nel suo sangue ottiene
l'immortalità. Non si accorge che una foglia purtroppo copre
una piccola parte
della schiena lasciando quindi un punto vulnerabile. Con la morte del
drago
ottiene anche un incalcolabile tesoro su cui pesa però una
terribile
maledizione. Libera inoltre una valchiria prigioniera, Brunilde, che si
innamora di lui. L'eroe è invece innamorato di Crimilde,
sorella del re Gunar.
Questi gli concederà la mano della sorella a patto che egli
l'aiuti a
conquistare Brunilde. Sigfrido ci riesce con un inganno e riceve la
mano della
sua amata. Purtroppo Brunilde scopre di essere stata ingannata e,
sentendosi
doppiamente tradita, convince un amico di caccia di Sigfrido ad
ucciderlo
sfruttando il suo punto vulnerabile che essa conosce.
Ventesima
tratta : volo di
Sigfrido :
Bornholm
Ronne (EKRN) - Ginevra
(LSGG) 700 Mn
Conclusione
..........Robert
lentamente
riprese conoscenza. Era buio. Confusamente ricordò che,
ferito e immobilizzato,
era stato costretto ad assistere al massacro di quasi tutti i suoi
compagni.
Poi l'esultanza per la vittoria da parte del nemico. Quindi la
spoliazione dei
cadaveri, un pò per sfregio ed un pò per
avidità. E poi un pesante silenzio,
quel silenzio che caratterizza i campi di battaglia dopo un massacro,
come se i
protagonisti, cessata l'azione, restassero attoniti di fronte alle
atrocità
commesse, alla violenza bestiale di cui si erano mostrati capaci. Poi
dei
passi, Robert aveva pensato ad altri "sciacalli", che erano venuti a
completare l'opera. Invece degli uomini vestiti con dei rozzi sai, dei
religiosi
che cercavano di recare conforto
o aiuto
a quanti fossero ancora vivi, miracolosamente lo avevano trovato.
Constatata la
gravità delle sue ferite, lo avevano spogliato della sua
armatura e medicato
alla meglio. Confabularono un pò e
poi
decisero di portarlo con loro, di certo in qualche posto dove qualcuno
avrebbe
potuto intervenire in modo più efficace. Lo caricarono su
una barella e poi con
quella lo disposero su un carro accanto ad altri due feriti. Robert,
dalla
foggia del loro abbigliamento, capì che si trattava di due
soldati di fanteria,
uno francese e l'altro fiammingo, ambedue privi di conoscenza e
apparentemente
feriti in modo grave, come lui. Quegli uomini svolgevano la loro opera
senza
guardare agli schieramenti e alle fazioni, aiutavano indifferentemente
tutti
quelli che ne avevano bisogno. Pian piano lungo il tragitto Robert ebbe
modo di
ripensare agli episodi salienti della sua vita. Gli venivano in mente
più che
altro episodi di avventure, di battaglie, di grandi gesta ma anche di
miserie e
violenza. Si rese conto in un raro momento di lucidità, che si erano accampati per
la notte. Era stato
disteso accanto ad un fuoco assieme agli altri feriti. Da alcuni
particolari si
rese conto che c'era un altro francese e due fiamminghi ma, a quel
punto non
faceva più alcuna differenza. Il carro era su un lato
dell'accampamento e i
frati stavano preparando qualcosa da mangiare per vedere di sostenere
in
qualche modo i loro assistiti. Robert, prese solo acqua e quelli, forse
consapevoli delle sue gravi condizioni, non insistettero oltre. Gli
lavarono di
nuovo le ferite, cambiarono le fasciature e poi lo lasciarono
tranquillo. Il
ferito, nei sempre più brevi periodi di
coscienza provava una grave angoscia, non tanto per le ferite subite ma
per le
domande che gli si affollavano nella mente. Quale potava essere ormai
il suo
futuro? Ammesso che fosse sopravvissuto e che riacquistasse una forma
accettabile sapeva bene che il futuro per lui non avrebbe riservato
nulla di
buono. Quella mattina aveva visto. E aveva capito che i tempi della
cavalleria,
almeno come li aveva vissuti e concepiti lui, erano tramontati. Le
tattiche erano
cambiate adeguandosi ai tempi. L'onore, le tenzoni, i codici
cavallereschi
erano superati, cancellati dall'interesse, dal calcolo, dal progresso.
Che
amarezza, prendere atto in modo così drammatico della
realtà. E che prezzo era
stato pagato. Tutti quei morti, quella violenza. I suoi occhi socchiusi
si
riempirono di lacrime. Fu per questo che all'inizio intravide solo un
lieve
chiarore senza capire di cosa si trattasse. Forse aveva perduto
conoscenza e si
stava facendo giorno. Ma poi avvertì attorno a lui i rumori
normali
dell'accampamento in cui i frati accudivano ancora i feriti. Il
chiarore
aumentava, trasformandosi in una forte luce che proveniva dalla strada,
nelle
direzione da cui erano venuti. Udì contemporaneamente un
rombo che
avvicinandosi diveniva sempre più intenso e distinguibile.
Era il rumore di
molti cavalli lanciati al galoppo. Battendo le palpebre
riuscì ad avere di
nuovo la vista lucida e distinse un gruppo di cavalieri che si dirigeva
in
quella direzione. A poca distanza dalla radura essi si fermarono.
Robert rimase
colpito da quelle figure luminose. Cavalieri con lucenti armature,
destrieri
con colorate gualdrappe e poi vessilli e bandiere. Chi erano, e da dove
venivano? Dal gruppo s'avanzò un cavaliere con la sua
cavalcatura che si fermò
ad una quindicina di metri dal suo giaciglio. Robert
non riusciva a credere ai suoi occhi.
Era il suo amico Jean de Joinville che gli sorrideva in sella al suo
magnifico
e scalpitante destriero. "Robert, cosa fai, ti riposi?" gli chiese
con il suo familiare tono scherzoso. Robert che non capiva, si accorse
di non
provare più dolore e si sentiva leggero come non si sentiva
più da anni. Era
sorpreso, frastornato. Si volse con naturalezza e prese atto che
nell'accampamento nessuno aveva notato nulla. Senza rendersene conto,
si era
tirato su a sedere dal suo giaciglio. Gli altri cavalieri erano
lì a poca
distanza, in attesa, controllando a malapena le loro focose cavalcature. Davanti a tutti ora egli
distinse dai colori
inconfondibili del suo scudo, in una rilucente armatura, il conte
d'Artois che
gli fece cenno di raggiungerli. Senza
porsi altre domande, si alzò. Si sentiva pieno di energie.
Osservò la pelle
liscia delle sue mani. Portandosi la mano al viso non trovò
più rughe nè
cicatrici. Dal gruppo di cavalieri s'avanzò un suo compagno
che conduceva il
suo destriero per la briglia. Era perfettamente bardato e su un lato
della
sella era agganciato il suo scudo. Il conte d'Artois lo
incitò a
muoversi:"Forza Robert, pensavi di riposarti e invece ci aspettano ben
altre imprese!". Coperto dalla sua più bella armatura, un
giovane Robert
salì in groppa al destriero
sentendosi
parte di quella incredibile falange e ad un segnale del comandante,
senza
volgere lo sguardo indietro, partì insieme agli altri in un
balenare di corazze
e vessilli, alla volta di nuove fantastiche imprese.
Elenco
completo dei voli :
Prima
tratta: volo di Robert
1)
Villaroche (LFPM) - Ursel
(EBUL) circa 150 Mn
- Aereo *
Seconda tratta :
volo dei 'Pezzenti' :
2)
Venezia (LIPZ) - Budapest
Ferihegi (LHBP) circa 330 Mn
3)
Budapest Ferihegi (LHBP) -
Sofia (LBSF) circa 400 Mn
4)
Sofia (LBSF) - Istambul
Ataturk (LTBA) circa 260 Mn aereo *
Terza
tratta : volo della
Prima Crociata :
5)
Parigi Beauvais Tille (LFOB) -
Roma Ciampino (LIRA) 690 Mn
6)
Roma Ciampino (LIRA) -
Brindisi (LIBR) 320 Mn
7) Brindisi (LIBR) - Istambul Ataturk (LTBA)
550 Mn
8) Istambul Ataturk (LTBA) -
Jerusalem (LLJR)
720 Mn
Quarta
tratta : volo della
Seconda Crociata :
9) Parigi Charles de Gaulle
(LFPG) - Budapest
Ferihegy (LHBP) 770 Mn
10) Budapest Ferihegy (LHBP) -
Istambul Ataturk
(LTBA) 670 Mn
11)
Istambul Ataturk (LTBA) -
Acri Bassel al Assad (OSLK) 600 Mn
Quinta
tratta : volo della
Terza Crociata :
12)
Marsiglia Provence (LFML) -
Catania (LICC) 650 Mn
13)
Genova (LIMJ) - Catania
(LICC) 570 Mn
14)
Catania (LICC) - Ioannis
Daskalogiannis (LGSA) 560
Mn
15)
Ioannis Daskalogiannis (LGSA)
- Acri Bassel al Assad (OSLK) 650MN
Sesta
tratta : volo della
Quarta Crociata :
16)
Venezia (LIPZ) - Zara Zemunik
(LDZD) 170 Mn Aereo *
17)
Zara Zemunik (LDZD) -
Kalamata (LGKL) 700 Mn
18)Kalamata
(LGKL) - Acri Bass el
Assad ( OSLK) 850 Mn
Settima
tratta : volo della
Quinta Crociata :
19)
Spalato Kastela (LDSP) -
Adana Dimokritos (LGAL) 670 Mn
20) Adana Dimokritos (LGAL) -
Damietta Port
Said (HEPS) 430 Mn
Nona
tratta : volo della
Settima Crociata :
21)
Aigues Mortes (LFMN) -
Palermo (LICJ) 530 Mn
22)
Palermo (LICJ) -
Nikoskazantzakis (LGIR) 680 Mn
23) Nikoskazantzakis (LGIR) -
Damietta Port
Said (HEPS) 500 Mn
Decima
tratta : volo della
Ottava Crociata :
24)
Barcellona El Prat (LGIR) -
Catania (LICC) 750 Mn
25)
Catania (LICC) - Incirlik AB
(LGIR) 950 Mn
26)
Incirlik AB (LGIR) - Bassel
al Assad (OSLK) 350 Mn
Undicesima
Tratta : volo della
Nona Crociata :
27)
Aigue Mortes (LFMN) - Tunisi Carthage
(DTTA) 550 Mn
Dodicesima
tratta : volo della
Decima Crociata :
28)
Londra Heatrow (EGLL) - Praga
Ruzyne (LKPR) 650 Mn
29)
Praga Ruzyne (LKPR) - Sofia
(LBSF) 650 Mn
30)
Sofia (LBSF) - Ankara
Esemboga (LTAC) 550 Mn
31)
Ankara Esemboga (LTAC) - Rene
Mouawar AB (castello del Krak) (OLKA) 390 Mn
Tredicesima
tratta: volo dei
Cavalieri Teutonici :
32) Gerusalemme (LLJR) - Pafos
Intl (LCPH) 250
Mn
33) Pafos Intl (LLJR) -
Eleftherios Venizelos
Intl (LGAV) 540 Mn
34)
Eleftherios Venizelos Intl
(LGAV) - Roma Fiumicino (LIRF) 655 Mn
35)Roma
Fiumicino (LIRF) -
Schiphol (EHAM) 810 Mn
Quattordicesima
tratta : volo
dei Cavalieri Templari :
36) Acri Bas el Assad (OSLK) -
Pafos Intl
(LCPH) 210 Mn aereo *
37)
Pafos Intl (LCPH) - Brindisi
(LIBR) 890 Mn
38)
Brindisi (LIBR) - Luxemburg
(ELLX) 900 Mn
39)
Luxemburg (ELLX) - Glasgow
(EGPF) 650 Mn
Quindicesima
tratta : volo dei
Cavalieri Ospitalieri :
40)
Castello del Krak Qal'at
Sim'an (OSAP) - Pafos Intl (LCPH) 160 Mn aereo *
41) Pafos Intl (LCPH) -
Diagoras (LGRP) 310 Mn
Sedicesima
tratta : volo di
Lancillotto :
42)
Tintagel Camelot (EGDG) -
Menchester (EGCC) 220 Mn aereo *
Diciassettesima
tratta : volo
di Ivanhoe :
43) Templeston Yeovilton (EGDY)
- East Midlands
(EGDY) 134 Mn aereo
*
Diciottesima
tratta : volo di
Don Chisciotte :
44)
Madrid Barajas (LEMD) -
Cordoba (LEBA) 150 Mn aereo *
Diciannovesima
tratta : volo
di Orlando :
45)
Parigi Lebourget (LFPB) -
Pamplona (LEPP) 400 Mn
Ventesima
tratta : volo di
Sigfrido :
46)
Bornholm Ronne (EKRN) -
Ginevra (LSGG) 700 Mn
La
scelta degli aerei è libera,
relativamente ai limiti degli aeroporti da utilizzare. La sigla 'aereo
*'
indica che per quella tratta sono utilizzabili a scelta solo i seguenti
aerei :
Baron BE58 - CL2T - C172 - C208
- DC3 - Maule
Orion
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