Mi piacevi straffontente ed odiato da tutti.
Piangevo ad ogni tuo insulto, ogni tua osservazione acida e mi piaceva.
Il mio masochismo mi ha sempre perseguitata.
Camminavi per i corridoi con passo calzante e deciso vestendoti abbinando i colori più disparati. Mi piacevano le tue felpe militari e le converse viola, la frangia lunga e rossa che ti copriva metà volto. Mi piacevano le considerazioni disdegnose che ti rivolgevano le persone e mi piaceva ancor di più il modo in cui ridacchiavi stupidamente ad ogni offesa ricevuta. E come riuscissi a rispondere in maniera ancor peggiore.
Il tuo ghigno, il tuo ghigno cinico l'ho sempre adorato.
E se per caso ti fossi sentito solo ti avrei offerto la mia spalla su cui piangere e ti avrei asciugato con delicatezza le lacrime. Avrei custodito i tuoi fazzoletti umidi e li avrei riposti sulla tasca della camicia, quella in corrispondenza del cuore. Sarebbero rimasti lì a sussultare ad ogni mio battito scrauso e malato.
Ad ogni mio battito accelerato per te. Per te.
Ma della mia spalla non te n'è mai fregato un cazzo.
Ed allora io continuo ad aspettare il giorno in cui mi sveglierò e troverò il coraggio di dirti quelle parole che per anni ho lasciato consumare in un angolo buio dentro me.
Continuo ad aspettare il momento in cui ti sveglierai da quell'intorpidimento cerebrale fatto di capelli giusti, musica house e bottiglie di vodka svuotate e ti volterai indietro.
E forse, tra le miriadi di teste, riuscirai a scorgere anche me.