Gallavich
Week. Day 2 (June 24th) - Jack Daniels and Orange Juice
(works where
Ian and Mickeys differences and the fact that they are a good mix are
emphasized).
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Come
ho detto ieri, questa settimana collaboro con Ceci.
Io
scrivo e lei canta :3
Per
la canzone di oggi, Sugar Man di Sixto Rodriguez,
concentratevi su:
Sugar
man you're the answer
That
makes my questions disappear
Sugar
man 'cos I'm weary
Of
those double games I hear
[Immaginate
i fatti da
qualche parte all’inizio della 3a stagione.]
Aner Clute
Camminavano
per strada, era
pomeriggio presto, il turno di Ian a lavoro non era ancora cominciato.
«Che
cazzo, amico! “Alla signora
Saville, Inghilterra ecc ecc… Sarai lieta di sapere che la
mia impresa…” Non
arrivo nemmeno alla fine della prima pagina!»
brontolò Mickey poco interessato,
chiudendo il tomo con un gesto secco di polso.
«Lo
immaginavo, ma un tentativo
andava fatto lo stesso…» disse l’altro
facendo spallucce.
«Tieniti
‘sta roba. Non me ne
faccio niente.» aggiunse Mickey, sorreggendo Frankenstein fra
due dita e
spingendolo verso Ian come se tenerlo in mano gli facesse un
po’ schifo.
«Però
è un peccato, sai? È una
bella storia, se te la raccontassi ti piacerebbe.»
«Scommetto
che muori dalla voglia
di farlo, vero?» sospirò il bruno, srotolandosi la
manica della maglietta per
tirarne fuori il pacchetto di sigarette. Ne prese una e
offrì a Ian. Passandosi
l’accendino si guardarono dritti negli occhi: la domanda di
Mickey suonava
troppo come un doppio senso e per un estatico attimo sembrarono
prendere in
considerazione l’ipotesi di lasciarsi andare al desiderio
anche lì, subito, per
strada. Finirono con lo scambiarsi un sorriso complice. Mickey si
leccò le
labbra, spudorato e sicuro di sé, e Ian gli
assestò una pacca sul sedere,
piccola promessa che più tardi gli avrebbe fatto vedere le
stelle.
«La
farò breve.» disse il rosso,
soffiando fuori il primo tiro «C’è
questo dottore, Victor Frankenstein, che un
giorno riesce a plasmare una creatura vivente da resti di cadaveri.
Appena
prende conoscenza, la creatura, orrenda, scappa dal laboratorio. Il
problema è
che il mostro vorrebbe provare a stringere amicizia con gli altri
essere umani,
ma questi lo respingono brutalmente a causa del suo aspetto.
Così lui si sente
solo, avvilito, furioso… e comincia ad uccidere persone care
al dottor
Frankenstein per obbligarlo a creargli almeno una compagna. Il dottore
impazzisce gradualmente per il dolore e il rimorso e… Potrei
lasciarti in
sospeso il finale, così se volessi leggerlo…
» s’interruppe, portò di nuovo la
sigaretta alla bocca e aspirò.
«Ho
sempre pensato che
Frankenstein fosse il mostro, non lo svitato!» Mickey
piegò il collo all’indietro
e soffiò in alto del fumo evanescente.
«Hmm,
questo perché non hai letto
il libro!»
«Naaah,
fottesega della carta
stampata… a meno che non siano bigliettoni.»
«Comunque
sia, devo riportarlo in
biblioteca. Vuoi venire?»
«Tutte
queste cose non puoi farle
da solo dopo che abbiamo scopato?»
«”Tutte
queste cose”? È solo una
cosa. Che c’è, scaffali e scaffali
di letteratura ti mettono a disagio? Non possono mangiarti!»
«Non
sono un cazzo di analfabeta,
Gallagher! Sei tu che ti atteggi a topo da biblioteca!»
Nel
frattempo il giovane
Milkovich rifletteva e sperava di non fare la fine di Frankenstein:
essere
perseguitato fino alla pazzia da segreti e senso di colpa per aver dato
vita a
qualcosa che gli sarebbe sfuggito di mano. Era solo una sensazione la
sua, ma a
volte credeva che presto o tardi ciò che avevano lui e Ian,
qualsiasi dannata
cosa fosse, si sarebbe rivoltato contro di loro.
_
_ _
Ian
avrebbe voluto tenergli la
mano e mostrargli tutti i libri che aveva letto, fargli conoscere
Bukowski o
magari Palahniuk: era sicuro gli sarebbero piaciuti. Ma forse a Mickey
serviva
qualcosa di più spiccio, qualcosa che avrebbe potuto leggere
anche a spizzichi
e bocconi, un tassello del puzzle alla volta, senza perdere
l’essenza vibrante
delle parole.
L’altro,
intanto, nervoso come se
stesse camminando in un campo minato, si guardava intorno con
circospezione.
Rimbalzava da un passo all’altro nascondendosi dietro gli
alti scaffali e
avanzava a braccia incrociate.
«Nessuno
di quelli che conosciamo
verrebbe qui. La tua reputazione di duro è intatta,
rilassati.» sogghignò il
rosso, che camminava poco più avanti.
«Che
cazzo di posto da froci…»
mugugnò appositamente Mickey «Hai mollato
Frankenstein, ora andiamocene.»
Ian
scosse la testa, indeciso se
rassegnarsi o se prendere la cocciutaggine dell’altro come
una sfida. Quando lo
vide fare uno sgambetto ad un moccioso, alzare la mani al cielo ed
esclamare
con aria innocente “eeehi, guarda dove vai!”,
capì che non voleva lasciare quel
ragazzo perso in se stesso. Era il momento di grattare via il
nichilismo con un
po’ di cultura. Non che Mickey non gli piacesse per quel che
era, ma Ian era
convinto che si lasciasse buttar via decisamente troppo. Nutriva questo
recondito e altresì insaziabile desiderio di tenerselo
stretto stretto e mostrargli
tutte le cose belle del mondo che ancora con conosceva... compresi i
libri. «Okay,
‘sta seduto lì. Aspettami solo un attimo e, per
favore, non far sanguinare il
naso a nessun bambino. O adulto.»
Mickey
inarcò il sopracciglio e
arricciò le labbra in un modo che fece sorridere Ian.
«Non ti imbambolare.» esclamò
il bruno a denti stretti «E datti una mossa! Odio questo
posto!»
Il
rosso fuggì alla ricerca della
chiave che avrebbe potuto aprire la mente di un Milkovich testardo dal
grugno
sexy. L’illuminazione arrivò quasi subito, dopo
aver scartato autori che magari
richiedevano più attenzione per essere apprezzati.
Tornò da Mickey con aria
trionfante reggendo fra le mani l’Antologia di Spoon River
mentre l’altro,
seduto in un angolino da solitario, seguitava a muovere la testa qua e
là e a
non star fermo nemmeno un attimo sulla sedia. «Ottimo,
andiamo.» esclamò
Mickey, saltando in piedi non appena vide il ragazzo arrivare verso di
lui.
«Oh,
no.» ridacchiò Ian, facendo
presa sulla sua spalla destra e costringendolo a posare nuovamente il
suo bel
culetto sulla sedia. «Questo devi vederlo.»
aggiunse, aprendo il volume di
Edgar Lee Masters sul tavolino.
«Per
caso abbiamo stretto un accordo
in cui ti dicevo che pot-»
«Shhh.
Leggi qui.»
«Non
mi zittire, Gallagher, cazzo!»
brontolò Mickey, puntando il suo sguardo indignato in quello
di Ian.
Il
rosso non si fece intimidire
per niente e cercò il componimento numero 54 mentre
l’altro continuava a
sbuffare.
«Si
tratta di una raccolta di
poesie. Ognuna di esse è un epitaffio che narra la vita
immaginaria di una persona
seppellita in questo piccolo cimitero a Spoon River. Avanti, leggi
questa.»
insistette Ian, bloccando col proprio corpo il passaggio di modo che
Mickey non
potesse svignarsela.
L’altro
alzò gli occhi al cielo e
grugnì l’ennesimo sospiro. «Se faccio
questa stronzata, poi ce ne andiamo
immediatamente.»
«Promesso.»
sorrise Ian,
portandosi una mano sul cuore.
Mickey
si grattò il mento e fece
ondeggiare un po’ la testa prima di decidersi ad incollare
gli occhi alla
pagina.
54. Aner
Clute
OVER and over they used to ask me,
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While buying the wine or the beer,
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In Peoria first, and later in Chicago,
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Denver, Frisco, New York, wherever I lived,
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How I happened to lead the life,
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5
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And what was the start of it.
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Well, I told them a silk dress,
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And a promise of marriage from a rich
man—
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(It
was Lucius Atherton).
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But that was not really it at all.
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10
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Suppose a boy steals an apple
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From the tray at the grocery store,
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And they all begin to call him a thief,
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The editor, minister, judge, and all the
people—
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“A thief,” “a
thief,” “a thief,” wherever he goes.
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15
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And he can’t get work, and he
can’t get bread
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Without stealing it, why the boy will steal.
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It’s the way the people regard the
theft of the apple
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That makes the boy what he is.
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«Se
mi dici che non ti piace, sei
un bugiardo.»
Mickey
scostò lo sguardo dalle
righe e incontrò la linea delle braccia nude di Ian tese
accanto a lui. Il
rosso se ne stava lì in speranzosa attesa, coi palmi
appoggiati sul tavolo. «Amico,
qui dentro c’è solo una cosa che potrebbe
piacermi. E dubito di potermi
infilare delle poesie su per-»
«Andiamo!
Lo so che ti è
piaciuta. Anzi, forse solo un paio di versi ti sono piaciuti, ma io so
quali
sono.»
«Ah-ah.
Come strizzacervelli fai
un po’ pena.» disse Mickey, facendo per chiudere il
libro.
Ian
però, imperterrito, infilò
una mano fra le pagine e lo tenne aperto. «Qui, gli ultimi
due righi… Dove dice
che è come la gente vede il furto della mela che fa il
ragazzo ladro.»
L’altro
si mordicchiò le labbra e
abbassò la testa. Colpito ma non affondato. Non poteva
ammettere che sì, era
vero, aveva apprezzato quegli ultimi due versi perché lo
avevano fatto sentire
chiamato in causa.
«Non
mi trascinerai più qui
dentro, Gallagher.» sbottò Mickey, alzandosi,
spingendo lontano la sedia e
dirigendosi da solo verso l’uscita con la sua andatura da
bullo. Ian non si
crucciò: l’altro l’avrebbe aspettato
fuori, i loro reali programmi non erano
ancora iniziati. Tutti intorno lo guardarono mentre sistemava la sedia
che
Mickey aveva scaraventato con noncuranza contro il muro.
«Scommettiamo?»
rise Ian fra sé e
sé andando a registrare il prestito. Varcò la
soglia della biblioteca con
l’Antologia nello zaino. Più tardi, dopo il sesso,
avrebbe convinto Mickey a
leggere un’altra poesia. Chissà se prima o poi
sarebbe riuscito a tirar fuori
del miele da quell’ape bizzosa… Magari era solo
una battaglia persa, ma la cosa
lo divertiva.
Spero che
la fic vi sia piaciuta... Ci tengo tanto, anche se ho il vago
timore di non aver centrato appieno il tema.
Fatemi sapere comunque
cosa ne pensate, se vi va. Per ogni critica nessuno qui si offende xD
baci,
Phoenixstein
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