Salve, popolo di
Rom...Fir...Qualsiasipostocivabene!
Siamo Lechatvert e Chemical
Lady, di ritorno dalla mia notte prima degli esami passata in
bianco a scrivere una fanfiction a quattro mani!
Non guardatemi così, lo sapete anche voi che c'ho il tarlo
del far di tutto, sotto stress.
Ad ogn modo, vi presentiamo Contessa, un
ipotetico incontro tra Madonna
Beatrice de' Medici e la
cerebroles- ehm, Madonna
Bianca Maria Ordelaffi.
Titolo e canzone vengono da "Contessa", dei Modena City Ramblers.
Ringraziando tutti anticipatamente per il tempo che perderete dietro ai
nostri scleri, vi mandiamo un bacio grande quando Palazzo Orsini
<3
Con affettuoso
affetto,
ChemicalLady&Lechatvert
Titolo:
Contessa.
Rating: Giallo.
Genere:
Drammatico.
Personaggi
principali:
Giolamo Riario e due Nuovi Personaggi.
Coppie
trattate: Het
Disclaimer: Non
possiedo i diritti suoi personaggi protagonisti
di questo racconto, ne sulla trama di fondo. Solo i due
personaggi
inventati sono opera delle due autrici.
Sommario: Tranquillizzata
dall’umore del Conte, fu finalmente in grado di notare
anche la ragazza che egli portava a braccetto.
“Bianca,
ho il
piacere di presentarvi mia moglie, Beatrice
de’ Medici.” Il Conte si spostò
appena di lato, permettendo alla mora di fare un passo in avanti,
allungando
una mano.
“Costei è Bianca Ordelaffi.”
"Han gridato
più forte,
di
sangue han sporcato i cortili e le porte,
chissà quanto tempo vi ci vorrà per pulire."
L’aria
fresca
di Palazzo Orsini l’aiutò a riprendere fiato.
Inspirando ed espirando a fondo,
a poco a poco Bianca riuscì a raggiungere uno stato di quasi
calma, rimuovendo
provvisoriamente sia il nervosismo che l’ansia di quella
mattina.
Quelli appena
trascorsi erano stati i primi due giorni liberi dalla presenza del
Conte da
quando era stata accolta a Roma. Due giorni volati, spesi nella
tranquillità
della biblioteca e dei suoi libri.
In quarantotto
ore, Bianca era stata in grado di leggere quindici libri, tre dei quali
possedevano titoli a lei sconosciuti.
Era stata
serena, acquattata sulle poltrone giorno e notte, decisa a godersi ogni
momento
di quella – per così dire –
libertà.
Non era pronta
al ritorno del Conte. Avrebbe tanto desiderato una manciata di ore in
più, così
da finire anche l’ultimo libro che teneva chiuso sulle
ginocchia.
La serva del
Conte era stata premurosa. Notata la sua agitazione, non solo
l’aveva
accompagnata nel cortile, ma aveva anche provveduto a servirle una
tazza di tè,
temendo un malore.
Bianca avrebbe
voluto tanto sapere se quella specie di rapporto che avevano creato si
sarebbe
in qualche modo mantenuto, una volta che il Conte avesse fatto ritorno
a
Palazzo Orsini.
Sovrappensiero,
si immerse di nuovo nella lettura, estasiata da un racconto che le
ricordava
tanto il suo caro marito.
Chissà
come
stava, Ezio, dov’era, cosa faceva.
Sforzandosi di
accantonare quei pensieri, Bianca si ripromise di scrivergli, una volta
fatto
ritorno nei suoi alloggi.
Era successo,
in più di un’occasione, che Beatrice rimanesse
sola a Forlì, quando Girolamo
era impegnato con i suoi doveri verso il Santo Padre.
Doveva fare
esperienza come reggente, qualche sana responsabilità non
poteva che giovarle.
Si era parecchio stupita, però, di veder tornare Girolamo
con un discreto
anticipo rispetto quanto pattuito. Avevano stabilito, prima che lui
partisse,
che sarebbe tornata sa sola insieme a Walmar la settimana prima di
Pasqua e che
si sarebbero ricongiunti a Roma. Vederlo giungere però la
sera precedente alle
porte di Forlì l’aveva resa felice.
Era stata una
piacevole sorpresa. Tendeva a mancarle la compagnia di suo marito,
più di
quanto la giovane ammettesse.
Il fatto di
voler ripartire però il giorno seguente, alle prima luci
dell’alba, l’aveva
stupita. Aveva chiesto la ragione e lui aveva semplicemente risposto
che aveva
premura di tornare nella Città Eterna e la voleva al suo
fianco. Se l’era fatto
bastare, nonostante la curiosità.
Avevano
cavalcato dall’aurora sino al meriggio e, una volta arrivati
a villa Orsini,
lui si era raccomandato di sbrigarsi a rinfrescarsi. Avevano un ospite.
Confusa
per tutto quel mistero, Beatrice permise ad una delle serve di
prepararle un
catino per lavar via la fatica di quella lunga cavalcata.
Era scesa
nell’atrio in prima possibile, con addosso una veste di un
verde pallido mista
a sbuffi bianchi che la faceva sembrare ancor più giovane di
quanto già non
fosse. Aveva raggiungo il marito che, dandole il braccio, non
s’era curato di
dar poi molte informazioni “Una persona me cara è
qui a farci visita e ho molto
a cuore che tu faccia la sua conoscenza.”
Beatrice
l’aveva guardato, spiando il profilo appuntito del Conte
“Cosa mi stai
nascondendo?” alzando con eleganza un sopracciglio, aveva
sorriso “Un membro
della mia famiglia? O
qualcuno che
conosco?”
“No,
come ti
ho appena accennato, è una presentazione questa.”
Uscendo
dall’ampio arco a tutto sesto, entrarono nel giardino.
Lì, seduta su di una
panca ricoperta da soffici cuscini bianchi, vi era la ragazza
più strana che
Beatrice avesse mai visto. Sembrava più grande di lei di
qualche anno ed era di
bell’aspetto, ma la cosa che maggiormente attirò
la sua attenzione furono i
capelli, di un rosso accesso, quasi innaturale ma bellissimo. La
studiò sino a
che non arrivarono innanzi a lei, a quel punto Girolamo si
schiarì la voce per
attirare la sua attenzione e Beatrice tentò un sorriso
incerto.
La
spaventò,
lo faceva sempre. Quando il Conte arrivava, che si schiarisse la voce o
che
semplicemente chiamasse il suo nome, Bianca non poteva fare a meno di
sobbalzare.
Chiuse il
libro di scatto, scacciando l’immagine di un mondo lontano e
di un intrepido
viaggiatore e lo ripose sul tavolino, alzandosi in piedi come di
consueto per
dare i suoi saluti al Conte.
“ Mio
Signore”, salutò,
accennando una
riverenza. “ Bentornato”.
Timorosa,
osservò il viso dell’uomo, stranamente rilassato.
Di solito, quando usciva di
casa era per ricevere brutte notizie e la cosa si rovesciava
inevitabilmente
sul suo volto, dandogli un’espressione dura, severa.
Tranquillizzata
dall’umore del Conte, fu finalmente in grado di notare anche
la ragazza che
egli portava a braccetto.
Una ragazzina
in volto, anche se aveva il portamento di una vera donna. Bianca la
guardò
senza nascondere la curiosità, sistemandosi le pieghe del
vestito con fare
nervoso.
Non sapeva
come rivolgersi a quella ragazza, se con formalità, oppure
con un semplice
inchino. Si limitò a rivolgerle un piccolo sorriso, chinando
il capo
leggermente verso destra e pettinandosi una ciocca di capelli rossi
dietro
l’orecchio.
“Bianca,
ho il
piacere di presentarvi mia moglie, Beatrice
de’Medici.” Il Conte si spostò
appena di lato, permettendo alla mora di fare un passo in avanti,
allungando
una mano “Costei è Bianca Ordelaffi.”
Per un istante
la Contessa esitò. Ritrasse appena la mano, che stava per
venir cordialmente
stretta da Bianca, poi scambiò
quella
formalità con la sua ospite “Sono onorata di
conoscervi, Madonna Ordelaffi.”
Disse semplicemente, cercando di sorridere per davvero nonostante le
immagini
della battaglia alla Rocca di Ravaldino stonassero un poco con la lieta
situazione.
Bianca
strinse, seppur confusa, la mano di
Madonna de’ Medici.
“
È un piacere
fare la vostra conoscenza” , pigolò, mentre lo
sguardo le scivolava
inevitabilmente dalla graziosità di Madonna de’
Medici al volto spigoloso del
Conte. Avrebbe voluto rivolgergli almeno un paio di domande.
Innanzitutto,
perché non le aveva mai detto di essere sposato? La cosa
l’aveva lasciata
meravigliata, soprattutto guardando alla giovane età che la
sua sposa
dimostrava.
Improvvisamente,
il suo sguardo intercetto quello del Conte, ancora in piedi tra le due.
Capì
allora di non aver diritto di porsi quelle domande e rivolse gli occhi
al
suolo, facendosi da parte per far accomodare i Signori di Palazzo
Orsini.
Beatrice, da
parte sua, non capiva cosa stesse succedendo. Quella donna si
comportava in
modo assai strano. Sembrava quasi intimorita da suo marito e, certo,
ciò non
era una novità. Semplicemente, c’era qualcosa di
diverso nei suoi occhi. Che
ella fosse invaghita di lui? La mora cercò di pensare ad
un’altra soluzione, ma
Girolamo interruppe quel flusso libero di pensieri
“Sediamoci, Madonne” disse
semplicemente, indicando i due divani, uno innanzi all’altro.
Prese posto
accanto alla moglie, sistemandosi la casacca nera prima di prendere
qualcosa
dal taschino interno della giacca “Giornata ideale per un
tè in giardino, non
trovate?” domandò ad entrambe, prima di infilarsi
quegli assurdi occhialini.
Arricciando il
naso, Beatrice si rivolse a Bianca “Perdonate la
maleducazione di mio marito,
che cela lo sguardo dietro a quegli aggeggi.” Fece cenno a
Zita, chiedendole di
portare qualcosa da bere e della frutta fresca “Ditemi,
Madonna Ordelaffi.
Quali affari vi portano a Roma?” domandò curiosa,
accavallando le gambe.
Bianca si
concesse un profondo e lungo sospiro, sfoggiando poi un sorriso
convinto.
“Avete
avuto
il mio stesso pensiero, Conte Riario” , rispose, prendendo
posto sul divanetto
di fronte alla coppia.
Recuperò
con
un gesto garbato il suo libro lasciato sul tavolino, portandolo accanto
al suo
fianco. Si era pentita di averlo portato in giardino, rivelando
così la sua
autonoma decisione di visitare la casa del Conte in sua assenza e di
rinchiudersi in una stanza a lei non designata. Da quando era
lì, si era più
volte chiesta che fine avessero fatto le buone maniere.
“Dovete
perdonarmi”, continuò.
“Durante la
vostra assenza mi sono presa la libertà di visitare la
vostra magnifica
biblioteca. A Palazzo Rangoni, purtroppo, disponiamo di una collezione
molto
più limitata”.
Non del tutto
vero, visto che la passione che suo marito aveva messo nel collezionare
quei
libri era di un valore inestimabile. Possedevano titoli modesti, era
vero, ma
ognuno di essi aveva una storia.
Scusatasi con
il conte, si rivolse a sua moglie, stavolta un po’
più imbarazzata.
“Io
…” ,
cominciò, lanciando l’ennesima occhiata a Riario.
Benché
fosse
coperto dai suoi adorati occhiali, il suo sguardo pungente le era
addosso. Lo
sentiva ben presente di fronte a lei, mentre con difficoltà
cercava le parole
esatte.
Che dire? Che
era stata obbligata a partire per Roma dopo che il suo benefattore si
era
impiccato nella piazza di Firenze? O forse che, nel tentativo di
scappare,
aveva accidentalmente colpito il Conte con una vanga?
Sospirò,
affranta.
“Mio
marito si
è assentato dalle nostre terre per qualche
settimana”, rispose, quindi, cercando
di mostrare naturalezza. “E il Conte vostro marito si
è gentilmente offerto di
ospitarmi qui in modo da non lasciarmi da sola a gestire la
casa”.
Non
osò
voltarsi e interpellare lo sguardo vigile di Riario.
Beatrice
spostò rapidamente gli occhi verso il marito, fulminandolo
con lo sguardo. Non
poteva dirlo di certo ad alta voce, sarebbe sembrata parecchio
maleducata agli
occhi di una nobildonna come Bianca, ma per un istante una punta di
gelosia le
impregnò l’animo “Che storia
interessante.” Disse rivolta alla rossa,
sorridendo in modo piuttosto falso. Il problema dei
de’Medici, soprattutto suo
e di Giuliano, era l’essere del tutto incapaci a mentire.
“Pensare che mio
marito non si è mai dimostrato così
compassionevole con nessuno prima d’ora.
Girolamo, non mi hai mai parlato di Madonna Ordelaffi, ma pare che tu
la
conosca bene se prendi certe libertà.”
Cercò di non calcare troppo il tono,
suonando leggera.
Il marito
seguì i gesti di Zita, mentre appoggiava un vassoio con il
tè e un grande
portafrutta ricolmo di uva, mele e aranci. “In
verità sì, ci conosciamo sin da
quando eravamo due fanciulli. È una storia assai bizzarra,
in effetti. Volete
raccontarla voi, Bianca?” domandò provocatorio,
sfilandosi gli occhiali per
pulirli nel risvoltò della giacca e lanciando uno sguardo di
pura sfida alla
rossa. Sembrava quasi divertito da tutta quella situazione e per nulla
preoccupato che la moglie potesse venire a scoprire verità
scomodo. Forse era
solo certo che mai Bianca ne avrebbe fatto menzione.
Bianca si
morse il labbro.
Mai, in tutta
la sua vita, avrebbe pensato di trovarsi in una situazione simile.
Nella vana
speranza di una via di fuga, il suo sguardo cadde sul servizio da
tè. Un
servizio di mirabile fattezza, senza ombra di dubbio, di porcellana
decorata a
mano con piccole rose rosse sui bordi dei piattini e delle tazze.
Senza pensarci
due volte, si impadronì della teiera.
“Prego”,
disse, versando l’acqua bollente nelle tazze dei due signori.
“Il Conte
esagera”, proseguì infine, cercando di rivolgere a
Madonna de’ Medici
un’occhiata rassicurante. Sapeva fin troppo bene quello che
provava; la gelosia
era il più terribile dei sentimenti. “Le nostre
famiglie si conoscevano da
molto tempo prima della nostra nascita, ma abbiamo avuto modo di
incontrarci
solo quando io mi ero intestardita su ago e filo. È stato
curioso che nessuno
ci avesse mai parlato l’uno dell’altra, visto che i
nostri genitori si vedevano
spesso”.
In un eccesso
di soddisfazione, si congratulò con se stessa, ripiombando
poi nella terribile
sensazione che le cose stessero per andare di male in peggio.
Sperava
soltanto di non inimicarsi Madonna de’ Medici,
perché quella sarebbe stata la
sua vera rovina.
Contrariamente
a quella predizione nefasta, Beatrice parve tranquillizzarsi. Non
leggeva la
menzogna negli occhi di Bianca. Ringraziò con un sorriso
finalmente sincero per
la tazza di tè, mettendoci dentro una fogliolina di menta.
Poi le sovvenne
qualcosa in mente, qualcosa che le era sfuggito. Si voltò
verso Girolamo “Non
sapevo che conoscessi gli Ordelaffi” Disse, tenendo il tono
un poco più basso.
“Mh.”
Lui le
rivolse un’occhiata divertita. Eccessivamente divertita
“Mia moglie non sapeva
nulla dell’amicizia dei nostri genitori, Bianca”
disse, trattenendo a stendo un
sorrisetto malevolo “Immagino che sia un poco imbarazzante
ora la tua
posizione, Beatrice.” Poi si rivolse alla rossa
“Vedete, Madonna, avete innanzi
a voi due personalità di spicco. Il Conte di Imola e la
Contessa di Forlì.
Quale combinazione, non trovate?”
Beatrice
portò
una mano alla fronte, sperando di venir colpita da un fulmine
nonostante la
bella giornata.
L’affermazione
del Conte colpì Bianca dritta allo stomaco. Si
bloccò, proprio mentre stava
versando il tè all’uomo, senza badare
all’acqua bollente che intanto traboccava
dalla tazzina, viaggiando irrimediabilmente verso le mani dello stesso.
Senza badare
né all’acqua né al Conte, Bianca si
ritrasse, appoggiando la teiera sul
tavolino.
Sgranò
gli
occhi verdi, improvvisamente tremante. Una soluzione pacifica
all’appellativo
“Contessa di Forlì” non le
passò neanche per l’anticamera del cervello.
Conosceva
il Conte Riario, suo malgrado, e le vie indolori non erano certo il suo
mestiere.
“Co
… come?”,
si ritrovò a balbettare, atterrita. “Ma
… ma mio zio …”
Nonostante
avesse intuito cosa fosse accaduto, la sua mente non riusciva a
concepirlo.
“Vostro
zio è morto
all’inizio dell’anno, Madonna.” Disse
apatico Riario, rubando un chicco d’uva
dalla composizione e portandolo alla bocca. Lo masticò senza
fretta, gustandosi
la scena fino in fondo “Pestilenza, suppongo, a dire il vero
non mi sono
preoccupato di scoprirlo. Vostro fratello Cecco ha provveduto ad
uccidere
vostro cugino Pino per usurpare la Signoria che era sua di diritto,
giustamente. Sua Santità ha ritenuto giusto riprendersi
quelle terre che erano
state così magnanimamente concesse da Roma e le ha affidate
a me. Io però ho
ceduto l’incombenza a mia moglie, senza la quale non sarei
mai riuscito a
prendere la Rocca.” Allungò la mano, accarezzando
lentamente la guancia della
giovane, che gliela schiaffeggiò. Ridacchiò,
passando lo sguardo dalla mora a Bianca.
“Stai
passando
il segno, Girolamo.” Soffiò Beatrice, prima di
voltarsi di nuovo verso Bianca,
cercando un modo per rimediare. Ovviamente non c’era
“Ma non parliamo di
faccende politiche, non mi pare il caso…”
Una scintilla
di cattiveria accese la miccia in Bianca, costringendola a irrigidirsi.
Non
voleva trattare Madonna de’ Medici in malo modo, ma era per
colpa del Conte se
aveva dovuto abbandonare la sua famiglia per ritirarsi in una vita di
ombra nel
palazzo del cugino Ezio Rangoni.
Spavalda,
ricordò le parole di Levi di Fontenera, il suo benefattore. “L’uomo non è fatto
per stare in equilibrio,
prima o poi è destinato a cadere”.
Con acuto
istinto, capì che quella era esattamente la situazione in
cui il Conte si
trovava in quel momento rispetto a sua moglie. Forse non poteva fare
molto e,
anzi, la cosa si sarebbe sicuramente ritorta contro di lei quella sera,
lontana
dagli occhi di Madonna de’ Medici, ma, per quanto si
sforzò, Bianca non riuscì
a trattenersi.
“Avete
ragione, Madonna”, concordò, abbozzando un
sorriso. “Invero non capisco molto
di faccende politiche. È
sempre stato
così, sia per me che per il Conte. Anzi, mi stupisco che
siate diventato un
così abile diplomato”, e qui si voltò
verso l’uomo, guardandolo dritto negli
occhi forse per la prima volta, quel pomeriggio. “Viste le
vostre continue
fughe dalle riunioni con la mia famiglia. O forse amavate semplicemente
passare
il vostro tempo con me, chissà”.
E qui
mostrò
un sorriso elegante, alzando con grazia la tazzina da tè e
bevendone un sorso.
Se ne
pentì
immediatamente, ma ormai il danno era fatto.
Beatrice
incassò apparentemente bene il colpo; inarcò un
sopracciglio, prendendo dal
vassoio una delle arance. Guardò con la coda
dell’occhio il marito, che parve
parecchio spiazzato dall’ultima frase di Madonna Ordelaffi
“Bianca, posso
chiamarvi Bianca?” sorrise con una scintilla imprecisata
nello sguardo
“Assaggiate una di queste arance. Ci arrivano direttamente
dalla Sicilia e non
vorrei che vi si seccasse la bocca mentre mi raccontate per bene i
dettagli di
questa storia.”
Riario si
voltò di scatto verso la consorte “Non credo sia
consono…”
“Suvvia,
Girolamo, l’hai detto tu stesso che siete amici di vecchia
date, o sbaglio?
Sono chiacchiere fra amici queste.” Sorrise
tutt’altro che amichevole “Non
interrompere Madonna Ordelaffi.”
Il viso di
Bianca si illuminò. Che avesse trovato un alleata?
Cerco di non
illudersene e continuò, accettando di buon grado
l’offerta di Madonna de’
Medici, prendendo a giocherellare con una delle arance della fruttiera.
“Vi
prego di
chiamarmi come più vi aggrada, Madonna” ,
pigolò, scoccandole un’occhiata
innocente ma sincera. “In verità io e il Conte
siamo molto di più che amici di
vecchia data. Le nostre famiglie si conoscevano bene, è
vero, ma fummo noi
stessi e il nostro andare così d’amore e
d’accordo a convincerli che un matrimonio
era la cosa giusta da fare”. Si fermò per prendere
fiato e negli occhi del
Conte lesse l’ira.
Ma, ormai, il
danno era fatto. Inutile tirarsi indietro.
Gli
lanciò uno
sguardo amichevole, prendendo un piccolo respiro per parlare.
“Dico
bene, Girolamo?”
“Interessante
che mio marito abbia avuto più promesse in sposa di un re
d’Inghilterra”
disse Beatrice,
fingendosi pensierosa
“Madonna Ordelaffi, Caterina Sforza. Davvero
interessante.”
“Questo
discorso finisce qui.” Soffiò l’uomo,
levandosi gli occhiali in via definitiva
e appoggiandoli pesantemente sul tavolino “Il passato
è passato, Beatrice. Ti
prego di non fare un dramma di ogni cosa!”
“Porti
in casa
nostra una tua vecchia fiamma e non dovrei farne un dramma, Girolamo?
Hai per
caso bevuto, stamane?” domandò irritata la donna,
fronteggiandolo senza paura
“Almeno abbia l’accortezza di tradirmi alle spalle
come fanno tutti gli uomini
al mondo!”
“Non
ti sto
tradendo, da cosa l’avresti capito?” il tono del
Conte tornò neutrale, prima di
rivolgersi a Bianca “Forse è il caso di ritirarsi,
non vorrei turbarvi.”
“Io
invece
sostengo che dovremmo terminare il discorso. La chiarezza è
importante, sbaglio
Madonna?”
Bianca
annuì,
assente, ormai in preda all’orribile idea di quanto quel
gesto avventato le
sarebbe costato.
Provò
a
salvare l’insalvabile, senza prevedere grandi risultati. In
fondo, le
dispiaceva per Madonna de’ Medici. Non voleva ferirla.
“Madonna,
io e
il Conte Riario non ci siamo visti per molti, molti anni”,
spiegò, pacata. “Non
adiratevi, vostro marito ha ragione: il passato è passato.
Sono certa non vi
tradirebbe mai”.
Si
affrettò a
bere un altro sorso di tè.
“Quanto
alla
mia affermazione, Madonna, vi prego di perdonarmi. È stata
mossa più dalla
gelosia nei vostri confronti che mera sincerità”.
E rivolse alla
ragazza un sorriso imbarazzato, cercando, pregando di non essere stata
catalogata per sempre come nemica.
Beatrice la
guardò confusa, chiede dosi a che tipo di gelosia alludesse
la donna, ma prima
che potesse anche solo porle una domanda, Riario si era alzato con uno
scatto
repentino, ribaltando il tavolino innanzi a loro in preda alla rabbia.
La mora
guardò il marito con occhi sgranati, mentre questi le
puntava contro un dito
“Ho detto che il discorso termina qui.”
Sibilò, paonazzo in volto, prima di
voltarsi lentamente verso Bianca “Per ciò che
concerne voi, vi pare questo il
modo di ricambiare la mia ben più che generosa
ospitalità!?”
Grazie al
Cielo, o a tutti i Santi, quella scena che poteva solo finir male venne
interrotta da Zita, che portava da loro un Lupo Mercuri particolarmente
affaccendato. Entrambi si bloccarono, fissando prima il tavolo
ribaltato e poi
le tre persone attorno ad esso “Che accade?”
domandò Mercuri, prima di voltarsi
verso Beatrice “Buona sera, Madonna.”
“Lupo,
buonasera” rispose lei “Nulla di che. È
stato un incidente.” Replicò
sbrigativa, mentre Riario dava le spalle all’amico,
recuperando il fiato con
ampi respiri “Cosa vi porta a villa Orsini.”
“Mi
manda Sua
Eccellenza Papa Sisto” replicò lui, guardando
verso Bianca ma non perdendo
tempo in presentazioni “Chiedo udienza al Conte, è
un’emergenza.”
Girolamo,
ritrovata la calma, annuì “E sia. Andiamo nei miei
uffici.” Non si voltò verso
le due donne mentre, ad ampie falcate, tornava verso il portone della
villa.
Una volta che fu sparito, Beatrice si alzò, aiutando Zita a
raccogliere le cose
che erano cadute “Vi chiedo perdono, Madonna Ordelaffi. Mio
marito tende a
comportarsi da autentico coglione quando le cose non vanno come nei
suoi
piani.”
Bianca
restò
paralizzata sul divanetto, gli occhi sgranati sul libro rovesciato, il
cuore
che insisteva per uscire dalla gabbia toracica. Provò ad
alzarsi in piedi per
aiutare le due ragazze a raccogliere i resti dell’ira del
Conte, ma non ne fu
capace. Le gambe le cedettero immediatamente, costringendola a
ributtarsi sul
divano in preda all’ansia.
Cosa aveva
fatto? Piccola, stupida Bianca. La furia che Riario aveva mostrato quel
pomeriggio non era niente in confronto a quella che le avrebbe
riservato.
La scena le si
proiettò davanti senza che ella potesse fare niente per
combatterla.
Rivide il
bastone da passeggio alzarsi e risplendere, prima di calare rapidamente
sul suo
volto una, due, tre volte, prima che gli occhi suoi gonfi di lacrime
non
cominciarono a farle male.
Iniziò
a
singhiozzare, stringendosi nelle spalle.
Avrebbe tanto
voluto essere accanto a suo marito, al sicuro, protetta da quel muro di
cultura
e bellezza che egli stesso aveva costruito attorno al suo palazzo per
proteggerla.
Beatrice
rimase spiazzata da quella reazione. Aiutò
l’abissina a rialzare il tavolino di
marmo pesante, prima di sedersi in parte a Bianca, appoggiandole una
mano sulla
spalla “Madonna, vi prego di non fare
così.” cercò di rassicurarla,
accarezzandole ad ampi cerchi la schiena “Lui
è…. È normale.”
Sentì quelle
parole farsi amare sulla lingua, ma proseguì cercando di
dare conforto alla
donna “Non so come descriverlo, ma Girolamo ha questa
tendenza a lasciarsi
andare. Ma, invero, non è un uomo cattivo.”
Sorrise, prendendo la mano alla
rossa “Non dovete temere, entro cene se ne sarà
già dimenticato.”
Bianca
tentò
di calmarsi, provando, con una forza sovrumana, a scacciare le immagini
di quel
terribile giorno dalla sua testa. Ripeté ossessivamente le
parole del Conte: il
passato è passato, il passato è passato.
Eppure, in
qualche modo, sapeva che il passato era ancora lì, nascosto
dietro chissà quale
porta, pronto ad accoglierla a braccia aperte.
Provando a
ricomporre ciò che c’era da ricomporre, Bianca
provò lasciare che le emozioni
fluissero lontane da lei. Non le era capitato spesso di ribellarsi in
quel modo
a qualcuno, e ciò che questo aveva comportato
l’aveva a dir poco terrorizzata.
“Siete
gentile, Madonna de’ Medici », mormorò,
grata, andando a raccogliere il povero
libro finito sull’erba. « Ma state lontana da
quell’uomo. Scappate, finché
potete”. La guardò dritta negli occhi, seria, per
un istante. “So che sapete
che non è un uomo cattivo, ma datemi ascolto.
Abbandonatelo” , fece una pausa,
asciugandosi l’ultima lacrima con la manica
dell’abito. “Altrimenti non vi
lascerà più andare”
Beatrice non
riusciva a credere a quante volte era rimasta spiazzata nel giro di
meno di
mezz’ora. Quella, però, fu la cosa peggiore che
potesse sentirsi dire, forse
ancor peggio del pensiero che Girolamo potesse avere
un’amante. Congedò Zita
con gentilezza, chiedendole di portare qualcosa di più
forte, come quella
grappa al mirtillo che stava a fare bella mostra di sé sul
ripiano del
caminetto. Poi poggiò gli occhi a terra, dove il
tè rovesciato bagnava l’erba
“Io…. Non posso. Non posso lasciarlo.”
Scosse piano il capo “Lui è mio marito,
e per quanto le nostre nozze possano esser state combinate, io sono
persa in
lui.” si voltò verso Bianca, fecendole segno di
sedersi di nuovo accanto a lei
“Non riesco a concepire la vostra paura, Madonna. Ne avete
gli occhi pregni. Vi
prego…. Ditemi cosa Girolamo v’ha mai
fatto…”
Bianca
capì
che quello era il momento di avere il coraggio, il coraggio vero, di
raccontare
ogni cosa. Non l’aveva fatto con i suoi genitori,
né con suo marito, né con
Levi, lasciando intendere che tutto si fosse trattato di un banale
incidente e
che il Conte avesse agito seguendo la paura, piuttosto che la follia.
Prese quindi
le mani della ragazza, prendendo posto dove ella l’aveva
invitata.
“Conosco
ciò
che provate, mia Signora”, disse, pregando che nessun
servitore fosse lì per
ascoltare. “Ci sono passata anche io. Ma credetemi quando vi
dico che dovete
andarvene ora. Non lasciate che si innamori di voi, o al vostro primo
cenno di
incertezza scoppierà e vi riverserà addosso tutto
il marcio che ha dentro. Io
non l’ho capito in tempo, Madonna de’ Medici, e
avevo la vostra età quando è
successo”.
Fece una
pausa, che utilizzò per alzare la frangia posta a coprire la
fronte e mostrare
una leggera cicatrice che la attraversava.
“Come
vedete,
non sono ancora libera”.
Beatrice
guardò quel segno indelebile sulla pelle chiara della rossa,
incredula innanzi
a una tale storia. Fece mente locale, prima di stringere le mani di
Bianca “Mi
piace pensare di essere una donna forte. Mi piace inoltre pensare che
non sto
sprecando la mia vita nel letto di un uomo che non sa vedere la mia
anima. Non
so come si sia proposto con voi, poiché mi sembra di sentir
parlare di uno
sconosciuto. Con me Girolamo è così premuroso,
certo ha sempre in sé
quell’interezza che lo contraddistingue, ma non è
mai stato crudele. Mi son
meritata un paio di ceffoni, ma perché io l’ho
provocato. Non mi farebbe mai
del male deliberatamente, io ne sono certa.”
Per qualche
istante scivolò il silenzio tra le due, interrotto solo da
un lieve soffio di
vento gentile. La mora non riusciva davvero a
concepire tutta quella storia. Girolamo non era mai stato
uno stinco di
Santo, l’aveva visto con i suoi occhi commettere efferatezze
uniche e crudeltà
abissali, ma non credeva che si sarebbe mai spinto al punto di
infierire sulla
donna da lui amata. Che quindi non fosse interessato a lei? Che non la
ritenesse degna di quelle attenzioni.
Sottolineando
che l’ultimo pensiero di Beatrice era il desiderio di farsi
picchiare, arrivò
da sola alla soluzione “Vogliate perdonarmi, Madonna, ma non
vorrei offendervi
nel condividere con voi un mio pensiero” attese un cenno
dall’altra poi
proseguì “Non avete mai pensato che lui si sia
comportato così con voi perché
credeva di poterlo fare? Non dovreste star qui a piangere, Madonna. Al
vostro
posto avrei già cercato una spada, visto che non siete agli
arresti, e mi
starei facendo strada a suon di fendenti sino ad una stalla dove rubare
un
cavallo per tornare a casa.”
Bianca scosse
il capo, affranta.
“Siete
una ragazza
molto saggia”, le
disse, sforzandosi di
sorridere. “Ma vedete con gli occhi dell’amore e
parlate con la bocca
dell’infatuazione”.
Si
alzò in
piedi, lisciandosi minuziosamente le pieghe del vestito.
“Non
potrei
mai lasciare vostro marito ora, Madonna de’
Medici”, confessò. “Oltre a non
averne la forza, sono certa che
la mia
fuga non segnerebbe altro che la sua ira”.
Guardò
verso
Palazzo Orsini, verso la stessa porta che il Conte aveva usato per
allontanarsi
verso i suoi uffici.
“Vogliate
scusarmi, ora, Madonna. Torno nei miei alloggi”.
Fece una
leggera riverenza, sorridendole un’ultima volta.
“Sono
lieta di
aver fatto la vostra conoscenza, siete senza dubbio ciò che
ogni uomo
desidererebbe avere al proprio fianco. Vi auguro ogni fortuna e
felicità con il
Conte”.
E detto questo
si allontanò a rapidi passi, sparendo per i corridoi scuri
di Palazzo Orsini,
senza lasciare il tempo alla ragazza di replicare.
Beatrice la
guardò allontanarsi senza far nulla. La sua mente spaziava
lungo tutto quel
discorso, sentendo la sofferenza palpabile in ogni singola parola di
Bianca.
Anche volendo,
però, non sarebbe mai stata in grado di lasciare Girolamo.
Sapeva che la sua
più grande forza, l’amore che provava per lui e
che l’aveva portata a compiere
gesta che mai avrebbe sognato di portare a termine, era anche la sua
più grande
debolezza.
Si
ridestò da
quei pensieri quando Zita le si fece vicina, passandole il bordo del
grembiule
sul viso con delicatezza.
Non
s’era nemmeno accorta di aver iniziato a piangere.
"Se il vento
fischiava ora fischia più forte,
le idee di rivolta non sono mai morte,
se c'è chi lo afferma, non state a sentire
è uno che vuole soltanto tradire."
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