Capitolo uno
Il ramingo
Gli zoccoli rumoreggiavano sul selciato.
I cavalli nitrivano innervositi. Anche colui che cavalcava scrutava il
paesaggio con circospezione. I capelli biondi del cavaliere erano mossi
dalla brezza invernale. Il tempo non era dei migliori, si disse il
cavaliere. Tra poco avrebbe nevicato.
Proseguì per il sentiero, ascoltando il fruscio portato dal
vento.
Ancora qualche istante, e poi, finalmente, comparve l’aurora
dalle dita rosate, illuminando il cielo debolmente.
Il cavaliere socchiuse gli occhi e percepì
l’imponenza del portone d’ingresso del villaggio di
Chiarella. Lì avrebbe dovuto fare scorta di cibo,
rifletté il giovane. Ma, non appena giunse di fronte
all’ingresso del paese, si bloccò. I forti e i
robusti battenti erano stati scardinati e il villaggio pareva deserto.
Il cavaliere incitò il destriero a proseguire, appoggiando
la mano sull’elsa della spada.
Poi dei passi. I primi leggeri e rapidi, i secondi più
pesanti e rumorosi.
Una figura sfrecciò di fianco allo stallone del cavaliere.
Il biondo si chinò ad una velocità sorprendente,
cinse la vita della figurina e sollevò il corpicino di un
bambino, il quale cacciò uno strillo dalla sorpresa.
I secondi passi si avvicinarono. Il piccolo afferrò la
tunica del cavaliere, il cui nome era Sanzo, e vi affondò il
visetto sporco.
Sanzo era troppo impegnato a scrutare le sagome che si stagliavano di
fronte a lui per non accorgersi subito del gesto del bambino. Lo
allontanò bruscamente. Il piccolo lo fissò,
sbalordito.
E Sanzo si impietrì. Occhi dorati. Osservò il
piccolo più attentamente e scorse un diadema dorato cingere
la fronte del bimbo.
Il cavaliere distolse lo sguardo a fatica e osservò i due
energumeni dinnanzi a lui.
Uno dei due parlò:
- Ci perdoni signore, ma quel moccioso ci
appartiene. Ha offeso gravemente il nostro signore, il principe Shien.-
Sanzo sobbalzò impercettibilmente a sentir pronunciare quel
nome. Tutti sapevano che Shien non aveva sangue reale nelle vene, ma
discendeva da una delle famiglie più nobili del paese.
Quando il vero principe era stato esiliato, Shien aveva preso posto al
trono col padre.
- E quale sarebbe l’offesa?-
chiese indifferente il biondino.
Non aveva problemi a consegnare il bambino, infatti aveva
già cercato di farlo smontare, ma il piccolo scalciava
incredibilmente forte.
- Non le è dato saperlo,
civile!- rispose l’energumeno.
Sanzo si immobilizzò. Nessuno poteva rivolgersi
così a lui.
- Prego?- chiese freddamente.
- Questi sono affari di stati,
cavaliere.- rispose ghignando la guardia.
Sanzo, che ancora cercava di spingere il piccolo giù dal
cavallo, lasciò la presa e scese di sella. Il bimbo lo vide,
coi suoi occhi dorati, prendere la spada e avvicinarsi minaccioso ai
due energumeni.
- Le uniche persone che mi si sono
rivolte così sono state due.
Una, il giorno dopo, è stata ritrovata morta, gettata in un
mucchio di letame, l’altra non è stata mai
più rinvenuta.- annunciò Sanzo.
Il bimbo, alle sue spalle, spalancò gli occhi sorpreso e
trattenne un sorriso.
Ma il suo entusiasmo si spense subito. Il cavaliere, con uno scatto, si
era portato vicino le due guardie e, con un gesti rapidi ed eleganti,
aveva ferito gravemente i due uomini, rimasti pietrificati per la
sorpresa. Il piccolo emise un gemito di spavento quando, infine, Sanzo
pose fine alla loro vita con due fendenti precisi, calcolati ma
improvvisi.
I due non fecero neanche in tempo a tirare fuori la loro lama per
difendersi, che già giacevano in terra, nella polvere.
Sanzo si voltò a guardare il bambino, che durante lo scontro
(se si può definire tale) era rimasto in groppa al cavallo.
Il piccolo tremò, ma sostenne il suo sguardo, ricambiandolo
con due grandi occhi dorati e lucidi.
Il cavaliere si avvicinò, seguito dallo sguardo del
ragazzino. In seguito gli ordinò di scendere.
Il bimbo scivolò a terra e scrutò il giovane dal
basso verso l’alto.
Poi allungò una mano e col ditino indicò i
capelli del suo salvatore.
- Risplendono come il sole- disse, e
sorrise.
“Il sole?” quella semplice, comune, banale parola
risuonò nella sua testa per diversi minuti.
- Tsk! Ora direi che sia il caso che tu
torni dai tuoi familiari…-iniziò Sanzo,
rinfoderando la spada.
- Ma… -
- Io non ho tempo da perdere con i
bambini!- affermò Sanzo, con un tono che non ammetteva
repliche.
Il piccolo non rispose, e si limitò ad afferrarlo per il
mantello.
Il biondo si voltò, innervosito e seccato, e
schiaffeggiò la candida manina.
Il bambino la staccò di scatto, sorpreso, con le lacrime
sulle soglie dei suoi occhi dorati. Il cavaliere spostò lo
sguardo e si affrettò a salire in groppa allo stallone.
- No… per favore, non andare
via… non lasciarmi solo…- lo pregò il
cucciolo.
- Io… ho sempre vissuto da
solo – ribatté Sanzo. E spronò il
cavallo al galoppo.
Il ragazzino lo osservò allontanarsi. Le lacrime, dopo
essere state trattenute troppo a lungo, scesero copiose, rigando quel
viso dolce e infantile, dai tratti immaturi.
“Perché… perché? Forse
questo è il mio destino…restare, vivere, morire
completamente solo…”
Il piccolo si osservò le manine e si accorse del pezzetto di
stoffa del mantello di quel cavaliere, dai capelli dorati e splendenti
come il sole,che gli si era incastrato tra le dita.
Senza pensarci di più, si incamminò sul sentiero
percorso poco fa dal ramingo.
E mentre il sole sorgeva alto nel cielo, un sorriso illuminò
il visetto del bimbo, infondendo, non si sa come, calore
all’atmosfera di quel gelido inverno.
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