Ormai era vecchio, stanco. Viveva, e lo faceva solo per i
suoi figli, per i suoi nipoti.
Seduto sulla vecchia sedia a dondolo, nella sua cucina, si
dondolava lentamente. Di tanto in tanto si lasciava andare a grossi sospiri, e
sapeva che il suo tempo era quasi giunto.
Lo sentiva, sentiva la morte avvicinarsi. Lenta, dolce…
Non come quella volta, quando sentì panico, infelicità.
Quando fu come avere la certezza di non poter più essere felice…
Era sopravvissuto a quello, e a molto altro.
Le persone morivano, nelle loro case, nelle loro auto
crollando assieme a un ponte, e non sapevano il perché.
E lui era stato uno dei fortunati.
A tante domande, nessuna risposta. Né dalle autorità, né da
Dio.
C’era forse una guerra in atto e il mondo ne era all’oscuro?
Sì. Il mondo ne era all’oscuro.
Se l’era domandato tante tante volte, perché non poteva
sopportare di leggere sui giornali di intere famiglie trovate in casa senza
vita.
Senza scassino, senza rumore, senza movente, senza ferite…
gli assassini uccidevano.
Ed erano incidenti, calamità, sfortuna…
Era giovane al tempo, lui. Ostinato, spavaldo, indignato per
quello che accadeva.
Voleva conoscere, conoscere da cosa venivano attaccati, da
cosa dovevano difendersi.
Ma nessuno dava risposte, nessuno.
Poi un giorno, al tramonto, per una stradina di Londra, la
sua città: il buio.
Buio pesto, buio e ghiaccio. Respiri, respiri profondi… Ma
non di vita. Di morte.
Era la morte che respirava accanto a lui, e lo sapeva. Lo
sentiva.
La paura, il panico dell’ignoto e quando ormai stava cedendo,
a non sapeva nemmeno lui cosa, una luce bianca lo salvò.
Poi accadde tutto velocemente, un uomo dai vestiti strani,
che farneticava cose strane…
Pose a lui tutte le sue domande. Perché un Ministro non
sapeva rispondere, ma forse un pazzo sì, pensò.
E insistette, insistette tanto, e alla fine l’uomo cedette.
E ora dopo settantacinque anni ricordava bene le sue parole, mentre borbottava.
“E va bene, Babbano. Tanto devo Obliarti, non ricorderai
niente…”
Si rigirava un bastoncino tra le mani, e borbottava.
Gli raccontò di maghi, di incantesimi, di scope volanti, di
bacchette, di un Ministero della Magia…
E davanti al suo sbigottimento continuava, trovando piacere
nel raccontare il suo mondo.
Gli raccontò di profezie, di un bambino sopravvissuto, di un
uomo che non poteva essere nominato, di anatemi che uccidono, senza lasciar
traccia, di maledizioni, di magia tanto potente da far crollare un ponte.
Gli raccontò della guerra.
E il mondo ne era all’oscuro.
Poi puntò il suo bastoncino, bacchetta!, si corresse,
verso di lui e urlò qualcosa.
E per sessant’anni fu convinto di essersi ubriacato e di
essersi addormentato sul marciapiede di quella strada.
Con tutto quello che succede oggi giorno!
Lo rimproverò sua moglie.
Adesso che la morte, dopo averlo cercato e poi graziato, era
venuta a prenderlo. Dopo settantacinque anni, si sentiva un bambino. Sorridendo
e ripensando a qualcosa che non aveva potuto raccontare a nessuno.
Non voleva finire in una casa di cura, non voleva essere
accusato di demenza senile, non voleva sentirsi dire che il suo era il
vagheggio di una sbornia… Perché sapeva che vero. E che, da qualche parte, nel
mondo, c’erano scope volanti e bacchette e, evidentemente, anche il bambino che
aveva dovuto combattere quella guerra e che aveva vinto.
Perché le morti insolite terminarono, poi, e i ponti
non caddero più, poi.
Era un mondo di pazzi, se facevano combattere un bambino.
Ma il bambino aveva vinto, perché i bambini erano speciali ed erano gli unici a
capire.
“Nonno!”
Suo nipote, nove anni, lo scrutava con la fronte aggrottata.
“Nicholas dice che la magia non esiste! Tu mi dici sempre
che esiste, e io glielo ho detto, ma non mi crede! Mi prende in giro!”
Ridacchiò da sotto la sua barba e il bambino continuò,
puntando il dito verso la porta, da dove le risate del suo amichetto ancora
arrivavano.
“Gli ho detto anche delle cose volanti, e gli ho detto che
se non la smette subito lo rifaccio! Sì, io lo rifaccio e gliele butto tutte
addosso!”
“Calmati…”
“Ma… la magia esiste davvero, nonno? O io…”
“Esiste, esiste.”
Gli sorrise, con il sorriso più radioso e confortante che un
vecchio potesse fare, con la certezza negli occhi che non si sbagliava.
Ho iniziato a riflettere sulla guerra magica, e ho pensato
all’altra lato della medaglia, alle altre vittime di quella stessa guerra,
citate ma non più di tanto trattate: i Babbani. Ho cercato di immaginare come
potesse essere vivere una guerra, non sapendo che esiste.
Ditemi che ne pensate^^