Choi
Minho è il classico
uomo troppo pieno di se, pieno di amarezza e di quella sana dose di
cinismo tipico di chi, superati i trenta, non riesce ad avere un
equilibrio interiore e sentimentale, data dai troppi rapporti
sbagliati scelti negli anni, gli stessi errori riproposti e nella
quale è caduto senza rendersene conto, troppo sicuro del
fatto che,
con l'esperienza, certe cose si possono affrontare meglio o meglio
ancora, si possano evitare.
Anche
questa sera, il mondo
sembra essergli caduto addosso. Quando riceve una brutta notizia,
quando l'ennesima relazione si rompe proprio con la stessa
facilità
con la quale è iniziata, quasi ride, invece che disperarsi.
Quattro
anni della sua vita
buttati nel nulla, e senza la possibilità di chiedere
spiegazioni,
con la freddezza che solo un apparecchio telefonico può
trasmetterti.
Ha
quasi dato per scontato
che, tutte le persone incontrate nella sua vita, sono state mandate
lì solo per fargli capire quanto, in realtà, la
solitudine non è
poi una cosa così cattiva.
A
peggiorare la situazione
già piuttosto imbarazzante, c'è la sua auto, che
ha deciso di
abbandonarlo in una stradina piuttosto desolata alla periferia di
Seoul. La strada che usa di solito per andare dalla sua ultima
fiamma, nella villetta piuttosto solitaria ed isolata in mezzo a
quello che sembra essere un parco naturale.
Ora
è solo, in quella
strada non battuta da nessuno, con l'auto in panne e la sua quasi
nulla capacità di poter riparare il danno, qualsiasi esso
sia.
Per
questo motivo,
sconsolato, ha deciso di incamminarsi verso un qualsiasi edificio
nelle vicinanze in cui c'è un telefono, con cui chiamare il
soccorso
stradale o uno dei suoi amici super-uomini che vengono in aiuto per
far ripartire il suo bolide. Non trova molto, se non un agglomerato
di edifici piuttosto malandati e grigi, in un orizzonte troppo
lontano.
Non ha
mai fatto caso al
quartiere, ai locali piuttosto squallidi, ma per quello che deve fare
lui, un locale come quello basta e avanza.
Un
luogo che cerca
disperatamente di imitare i locali visti nei telefilm americani di
quarto ordine, dai banconi in legno e dai grossi boccali di birra
servita fredda, con troppa schiuma, con un bicchiere dal bordo troppo
spesso...un inferno in terra, per uno come lui abituato a bere nei
locali di lusso, tra persone che profumano di aromi francesi e
nell'intimità di un albergo, fanno così
più scabrose di quelle
fatte dalla ballerina di quel locale, che si contorce sensualmente in
una pertica lucida, nella quale gli uomini si immedesimano.
Nessuno lo degna di uno
sguardo, se non qualche ragazza dalla gonna troppo corta, molto
simile alla sua ormai ex fidanzata Soonkyu, tanto che gli balena in
testa l'idea di poterla trovare lì, tanto per arrotondare o
trovare
un altro pollo da spennare.
C'è
anche qualche ragazzo,
appostato proprio al bancone del locale, con i gomiti poggiati sul
legno scuro e inciso con i coltellini dei clienti, tanto per mostrare
la pelle nascosta sotto la maglia corta o nei tavolini singoli ai
lati della sala, nei posti migliori per osservare il via vai di gente
e poter agire con più furbizia, dopo aver puntato
l'obbiettivo.
Anche
il ragazzo accanto a
se sembra uno di quei tipi, stretto in un jeans scuro e in una maglia
bianca, stretta anch'essa. Il viso pulito e delicato, con i
lineamenti ben marcati e morbidi, quasi come quelli di una donna,
minuto e dallo sguardo quasi innocente, perso nel nulla, che
però
cambia una volta notato lo sguardo di qualcuno su di se. Non sa come
mai, ma da quando lo ha visto, gli risulta impossibile distogliere lo
sguardo.
“hai bisogno di un aiuto?”
“ho la faccia di uno che ha bisogno di
aiuto?”
“si...o di un bicchiere di qualcosa di molto
forte”
“ah!si...non te lo nascondo, mi ci vorrebbe qualcosa
da bere, ma
temo che non ci sia niente di decente, qui dentro.”
“...non ti do torto. Mi offriresti
qualcosa?”
“perché dovrei offrire da bere ad un
ragazzo?”
“...pensavo avessi bisogno di compagnia”
“hai pensato male, la solitudine non mi
dispiace.”
“come preferisci...”.
Stare
in quel locale, con
quella musica assordante e di pessimo gusto, dal forte odore di
chiuso misto a quello che sembra polvere ed alcolici di pessima
qualità. Il telefono pubblico gli è servito, ha
chiamato il suo
fedele amico che gli ha promesso di venirlo a prendere il prima
possibile, nel frattempo avrebbe dovuto aspettare lì, al
riparo dal
freddo, ma nonostante questo, forse è meglio morire fuori,
in
strada.
Tanto,
cosa gli potrebbe
capitare? È molto più in pericolo in quel locale,
magari la povertà
è una malattia contagiosa e non lo sa, potrebbe morire,
piuttosto
che diventare come quei morti di fame.
Intanto
il ragazzo accanto a
se, alla quale dedica la sua attenzione data la noia della serata,
continua a rifiutare le attenzioni di un camionista grosso almeno due
volte lui, che propone cose oscene senza un minimo di buon gusto,
almeno per le orecchie degli altri presenti costretti a starlo a
sentire. Per non parlare poi dell'alito emanato da quella bocca
schiumosa e maleodorante di tabacco.
Uomo
che viene gentilmente
accompagnato fuori dal bellimbusto della Security dopo un gesto
appena percettibile del proprietario. Lasciando da solo il ragazzino
dalle sembianze minorenni.
“ho
cambiato idea,
voglio offrirti da bere! Cosa prendi?”
“anche
se sono un
ragazzo?”
“direi
di si”
“e
la solitudine che
non ti faceva tanto schifo fino a venti minuti fa?”
“avere
un po' di
compagnia non mi dispiacerebbe, potrebbe servire ad entrambi”
“in
fin dei conti,
potresti avere ragione...birra?”
“vada
per due birre.
Come ti chiami? Posso almeno saperlo?”
“Tae.
E tu? Sembra
quasi che abbia sbagliato locale, stasera...”
“ho
la macchina fuori
uso, sto aspettando che un mio amico venga a prendermi.”
“hai
problemi con
l'auto? Mio padre faceva il meccanico, ho imparato qualcosa
aiutandolo in officina, se vuoi, posso provare a vedere il
motore...”
“posso
fidarmi?”
“ti
sembro uno capace
di fare del male ad un altro uomo? Se riesco a sistemarti l'auto, mi
devi un favore.”
“non
so cosa possa
darti, per ripagarti.”
“qualcosa
la troveremo,
non preoccuparti...”.
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