Disclaimers: il personaggio principale, come
altri, appartengono alla fantastiche fanwriters Kysa e Axia. I classici
personaggi appartengono a J.K.Rowling.
Questa fanfinction è stata pensata ed elaborata
per partecipare al concorso HANDLE WITH CARE indetto da Claheaven e Anfimissi
sul forum Leather and Libraries, il cui link si trova nel mio
account!^^
Con grande orgoglio, questa fiction è arrivata
4° . Credo che ieri sera la mia felicità abbia toccato altissimi
livelli.
Per me è un onore e con altrettanto gaudio, do
anche a voi la possibilità di leggerla!^^
Buona lettura!
A Denny, a Cla, a Lau, a Sere, a Ju, a Korde, a Chiara, a Iso, a Vera, a
Iva,
Grazie ragazze. Grazie davvero per tutto ciò che fate per
me.
Vi voglio bene.
PHOTOGRAPHS
Missing Moments
La
luce di un grigio giorno di pioggia si riflette sulla superficie opalina di un
grande tavolo di mogano scuro.
Poso
le mani sudate su quel piano lasciando impronte bagnate.
Davanti
a me una serie di polaroid, alcune sbiadite.
Avevo
sentito dire da qualche parte che le foto immortalano il ricordo di un attimo
che, poi, col tempo svanisce.
Eppure
io, prendendo in mano quelle fotografie, sento la magia e le emozioni di un
tempo. Sono vividi i ricordi. Come lo è il dolore.
Sono
scolorite le foto, ma non lo sono le immagini nella mia
mente.
Seduto
a quel tavolo, questo giorno di pioggia, raccolgo i pezzi della mia vita e penso
che dopotutto i miei quarantaquattro anni pesano come macigni sulle
spalle.
L'aspetto
è quello di un ragazzino di ventidue anni, dentro l'anima è quella di un
superstite di una guerra.
Una
guerra ancora nel suo culmine.
"Nessuno
dei due morirà se l'altro sopravvive"
La
profezia che ha sempre condizionato Harry, il mio amico. O ex amico?
Le
scelte della vita hanno sempre le loro conseguenze, forse un giorno riuscirò ad
insegnarlo ai miei figli.
....
La
prima polaroid mostra un gruppo di ragazzi abbracciati. Le persone si muovevano
concitate: alcuni davano scappellotti ad altri che sembravano fare tutt'altro
che mettersi in posa per la fotografia.
Quando
tutti hanno alzato una mano per salutarmi, finalmente vedo quel volto familiare.
Vedo me stesso a diciotto anni: allora ne avevo fatti di errori e spensierato mi
avviavo in quello che poi avrei scoperto essere uno dei percorsi più ardui per
un uomo.
Persi
la madre alla tenera età di dodici anni e corsi anche il pericolo di rimanere da
solo se non avessi spronato mio padre a reagire con i miei comportamenti
sconsiderati.
Sorrido
nel ripensare in quanti guai mi sono cacciato e a quante preoccupazioni devo
aver dato a mio padre, ma forse quello è stato l'unico modo per farlo
interessare a me dopo la scomparsa improvvisa di Caroline Alexia Kessel in
Dalton.
Ero
un autentico gigolò. Prendevo, lasciavo, assillavo e poi ero terrorizzato.
Quella schiavista di Miria, la mia ex, non sapeva forse cosa voleva significare
la frase: troncare una storia.
Comandava
ogni decisione della mia vita.
Draco,
quella serpe malefica, utilizzava il suo nome per farmi scappare a gambe levate.
Una volta le ha raccontato che ero uscito con Hermione e che ci avevo provato
spudoratamente.
Semplicemente
mi scuoiò vivo e tutta Hogwarts seppe in quel momento che forse di Edward
Deverall Dalton non sarebbe rimasto più niente.
Più
tardi, con la nascita di quella turbolenta storia d'amore tra Herm e Draco,
seppi con certezza che Hermione si sacrificava, uscendo con me, solo per
soffiarmi gli schemi e le tattiche di gioco da dare a Harry: il sospetto del
dubbio l’ho sempre avuto, ma cercavo in lei qualcosa che andava al di là
dell’amore o del piacere fisico, qualcosa che per mia fortuna lei non mi ha mai
negato.
Ora
dopo quasi trentanni siamo ancora amici legati nel bene e nel male.
……
Il
mio ultimo anno a scuola fu matto. Ma fu anche il
migliore.
Quella
fu la volta in cui strinsi le amicizie più importanti della mia
vita.
Fu
per me l'anno dell'inizio delle battaglie conto il lato
oscuro.
Fu
l'anno del miglior insegnate di Difesa.
Fu
l'anno in cui conobbi per la prima volta un demone.
Ma
in quell'anno e in quelli avvenire ho sempre avuto qualcuno che mi guardasse le
spalle, che mi difendesse. Negli ultimi sette anni, invece, mi difendo anche
dalla mia ombra.
Fu
la mia iniziazione al mondo adulto per un uomo ancora
bambino.
Nella
foto Ronald mi diede una bella cinquina sul collo. Sicuramente avevo
tastato Pansy.
Ero
un vero e proprio pervertito.
Mi
domando che fine abbia fatto quella parte di me: molto probabilmente è stata
mangiata dal tempo. Ora non perdo più tempo passando da una donna all' altra.
Ora
ho un finto tatuaggio a coprirmi il braccio sinistro, a condizionare la mia
vita, a darmi una reputazione, a parlare per me.
Un
finto tatuaggio scolorito che, potrei giocarmi l'intero patrimonio a poker, mi
costerà la vita.
....
La
foto successiva è molto più pacata. Tutti siamo più grandi e un sorriso illumina
quei volti segnati dall'impegno.
Avevamo
appena preso il diploma da Auror. Formavamo una squadra: io, Harry, Draco e Ron.
Hermione non la vedevamo più da ormai quattro anni.
Eravamo
una delle migliori appena uscite dall'addestramento.
Eravamo
forti, uniti, compatti.
Ero
io quello che rappresentava la pecora nera del gruppo: spensierato come un
ragazzino non mi preoccupavo di niente se non di
divertirmi.
Giravo
per i locali, frequentavo l'Azmodeus Club. Giocavo puntate a quelle babbane
corse dei cavalli senza mai capirci veramente qualcosa.
Quando,
poi, perdevo battevo cassa al vecchio George e mi ospitavano le mie innumerevoli
amanti.
Spesso
mi ubriacavo con Draco; Ron e Harry, invece, mi nascondevano da quegli strozzini
maledetti a cui dovevo anche le mutande.
Eravamo
veramente una squadra.
Per
anni, mi hanno ricordato come ero elegante presentandomi nel bel mezzo
della notte con indosso solo un paio di boxer e la bacchetta dietro le
orecchie.
Dovrò
ricordami che da qualche parte conservo ancora quella foto compromettente di
Draco e Harry dopo la festa di Capodanno all'ultimo anno.
Comunque,
di certo, ciò che non mancava erano le risate. Oh si, quanto
ridevamo.
Eravamo
ragazzi che combattono, ma che ancora non hanno perso la
speranza.
E
io ancora non so perchè la speranza sia identificata con il colore verde, ma di
certo non dimenticherò mai quando vidi per la prima volta il vero verde
speranza.
“Quello
stabile era fatiscente, ma era tutto ciò che avevo trovato in una Londra in
perpetua corsa.
Scendevo
quelle scale sporche, quando svoltai l’angolo. Andai a sbattere su qualcosa di
duro e metallico.
Un
barattolo pieno di vernice blu.
-
O
mio Dio, cosa ho combinato. Mi spiace tantissimo- una voce famminile farfugliò,
cercando di scusarsi.
-
Babbani...-
sibilai- Non si preoccupi, davvero.- Quando alzai il viso verso quella ragazza,
capii che non ci sarebbe stato più niente di normale nella mia vita di
mago.
Rimasi
imbambolato con il viso chiazzato di blu e la camicia
gocciolante.
Lei
aveva due fulgidi occhi color del mare. I capelli biondi erano raccolti e tenuti
da un grande pennello. E un dolce sbaffo di vernice verde le incorniciava la
guancia destra vicino al naso. Un verde forte e acceso. Un verde che mi
incantò.
-
Su
ho uno smacchiatore per vernici, te lo presto, anche se credo che per questa
camicia non si possa fare più nulla.- Guardò con occhio critico la mia ex
camicia bianca per poi rivolgermi uno sguardo
dispiaciuto.
-
Non
ti..ti preo..occupa..pa..pare. Davvero.- Non ci potevo
credere.
Chiusi
gli occhi e i mi portai una mano a pugno alla bocca per schiarirmi la
voce.
Per
la prima volta in tutta la mia vita balbettai.
-
Per
favore, fatti aiutare. Mi sento veramente in colpa per averti rovinato la
camicia-
-
Okay,
allora verrò su, ma non preoccuparti, davvero.-
Mi
rivolse un sorriso abbagliante: sembrava veramente felice che io avessi
accettato.
Ero
nervoso, eppure non volevo andare via. Mi muovevo con l’eleganza di un ragazzino
impacciato al suo primo appuntamento.
Lei
invece rideva e il suo viso mi illuminava.
-
Bene
questo è il mio appartamento.- La bionda indicò una porta color panna su cui vi
era
scritto in ottone B3.
-
Io
ho appena affittato il B4.- Sentii che la mia voce assomigliava a quella di un
bimbo che orgoglioso annunciava la sua conquista. Forse era anche per questo che
mi rivolse un occhiata tra il critico e il
preoccupato.
-
Quindi
qui davanti.-
-
Oh…-
rimasi con la bocca aperta e la frase in sospeso. Lentamente le sopracciglia si
arcuarono in una strana espressione che lentamente andò esplodendo in un acuto
risolino, quando lei scoppiò in un’ altra delle sue fragranti
risate.
-
Dai
non fare quella faccia. Io sono Ophelia. Vieni
entra.-“
E
sorrido stanco, con ancora nella mente quello sbuffo
verde.
Ancora
oggi mi chiedo come una donna abbia il potere di togliere il respiro senza che
tu te ne accorga, come riesca a dar vita a un enorme groppo alla gola e alle
farfalle nello stomaco solo grazie ai suoi occhi
sorridenti.
La
loro è un arte, un arte trasparente, invisibile. Loro non vedono ciò che fanno,
probabilmente neanche sanno di fare arte.
"Nessun grande artista vede mai
le cose come sono veramente. Se lo facesse smetterebbe di essere un
artista."
Oscar
Wilde
E
così Edward Deverall Dalton, il purosangue, finì per sposare Ophelia, la
babbana. Fu insieme l’omicidio e la
salvezza di mio padre: lei fu la donna che lo fece sorridere di
nuovo.
……
La
pioggia continua a scendere e a picchiettare insistente sul vetro
appannato.
Con
riverenza poso sul tavolo la foto di una delle quattro donne della mia
vita.
Cerco
fra le polaroid, finchè non trovo quella dei miei due bambini, ognuno nella
proria culla.
I
miei gioielli. I miei tesori.
Quando
naquero furono la felicità di
molti: mia, di Ophelia, ma soprattutto di mio padre.
George
fu un uomo diverso da quando prese in braccio Chris appena
nato.
Lui
è tutto la madre: pacato e gentile. L’arguta intelligenza l’ha mandato a
Corvonero e forse un giorno anche lui diventerà un artista.
Accarezzo,
invece, il viso della mia bambina, che ormai bambina non è più, ma una donna che mi odia. Quanto mi manca:
lei e i suoi abbracci, lei e la sua inesauribile felicità, lei e il suo modo
gentile di curarmi il mal di testa con un goccio di
Firewiscky.
Adesso
il wisky me lo manderebbe di traverso per la gola,
immagino.
“Era
uno di quei party di beneficenza che organizzava TopStrega e studenti di
Howgarts.
Caroline
era lì, avvolta in un elegante abito. Seduta al bancone del bar aspettava un
martini rosso e vodka.
-
Da
quando bevi alcolici di questo tipo, Caroline?- Non sono riuscito a trattenermi,
era troppo tempo che non le rivolgevo la parola: la mia bambina mi mancava come
l’aria.
-
Non
ti dovrebbe interessare, Eddie. D’altronde non interessa neanche a me. Torna
pure a fare lo sporco Mangiamorte da un’altra parte, qui ce ne è già abbastanza
di feccia.- Una voce piatta, con qualche nota di rancore, ma modulata dall’odio,
mi colpì come un boia. E
rabbia mi ribollì nelle vene, calda e dirompente.
-
Caroline,
ti ho insegnato un po’ di educazione e rispetto, mi pare. Sono
sempre tuo padre. Ricordatelo.-
Caroline
socchiuse gli occhi e la collera implose. Le guance le si chiazzarono di rosso e
artigliò il bicchiere di cristallo.
-
Oh
certo, tu mi hai insegnato qualcosa: mi hai insegnato ad amare, a voler
bene, ma anche ad odiare. Non mi
interessa: tu sarai anche mio padre per questo maledettissimo sangue che ci
unisce, ma un vero padre non è come te…Ti odio, Dalton!-“
Le
davo le spalle quando sputò queste parole. Sentii il mondo cadermi il mondo
addosso. Sentii un peso in più gravare sulle mie spalle. Me me andai,
semplicemenre, in silenziio come benedendo quelle parole, come fosse un’
ineluttabile verità.
E
ora sorrido, mentre so che sta per arrivare il momento più difficile di tutti da
ricordare.
Il
momento in cui ho deciso di lasciare Ophelia, mio padre, Chris e
Caroline.
Li
ho lasciati senza una spiegazione: era il funerale di Sargas, quel dolce bimbo
neanche nato, che tramite Gillispe ho mandato una grande busta con dentro una
lettera ad Hermione, in cui le rivelavo tutto.
Nessuno
tranne lei seppe.
Non
mi sono fatto sentire per un lungo periodo. Lavoro tuttora sotto una fatiscente
protezione: ho dovuto uccidere uno dei miei colleghi Auror per conquistarmi la
fiducia di vermi.
Ora
per tutti sono un verme.
Un
verme indegno di strisciare sulla Terra.
Ora
per tutti sono un traditore. Non conta quello che penso e quello che
faccio.
Non
conta perché nessuno lo sa
Non
conta perché ormai sono un uomo morto.
In
quello straccio di cuore che mi è rimasto debole e stanco, non c’è più niente.
Non posso abbandonarmi all’odio o alla disperazione. Combatto ogni giorno contro
di loro per cercare di convincermi di non essere ancora arrivato al
capolinea.
E
sono solo con l’unico debole conforto di sapere la mia famiglia al
sicuro.
Ma
d’altronde è stato tutto un errore.
Tutto.
Anche permettere che Hermione entrasse a far parte del
programma.
Ora
non c’è solo un uomo distrutto. Ora anche una donna è allo stremo: la mia
migliore amica, troppo leale, ma è per questo che la amo.
E
ora una lacrima piena e impertinente cade sulla mia guancia solcandola senza
pietà. Con dolore e sofferenza arriva al mento per poi precipitare nel vuoto e
schiantarsi tra quelle fotografie sul tavolo lucido, macchiandolo.
Fra
fotografie vuote.
Completamente
vuote. Come se fosse stata utilizzata un’ antica cartuccia
rovinata.
E
il colore è secco. Non colpisce. Non tinge. È secco.
Non
c’è più.
Così
non c’è più niente, più nessuno: né io né loro.
Avvolto
in un nero mantello , io gli voltai le spalle.
Loro
avvolti da un nero odio non mi voltarono le spalle. Semplicemente mi donarono il loro
disprezzo.
……….
Fitte
alle tempie mi costringono a chiudere gli occhi, quest’incessante mal di testa
mi tortura da quel giorno, quando ho rivisto mio figlio Chris e mio
padre.
Quando
un altro coltello mi ha lacerato quei brandelli di cuore e mio figlio ha
dimostrato la più frustrante apatia.
Quando
mio padre mi ha detto che mancava un solo mese e poi tutto sarebbe finito. Si,
sarebbe finito per lui, che voleva morire.
“– Edward, te lo chiedo…come favore personale. Tu devi restare qui…-“
L’alchimia
del sangue- capitolo 15
Invece
gli ho detto addio, di spalle. Non ho avuto la forza di guardarlo negli occhi,
perché presto non avrei avuto più neanche un padre. Non volevo
capire.
Non volevo più sapere.
Quel giorno sembrava non dovesse finire
mai e intanto il nome di mia madre, inciso su quella boccetta rotta, mi
annebbiava la mente. Mi rendeva cieco e mi costringeva a ricordare. Quei ricordi di
dolore che si erano depositati in fondo al mio cuore per essere ricoperti da
tanti altri, ma che certo non erano dimenticati.
Lì,
impolverati, persistevano e tenevano compagnia a quelle ferite sempre
aperte.
Il
lutto e il dolore non dovrebbero sparire e il tempo non dovrebbe scemare i
ricordi.
La
testa mi pesa e inerme ricade nelle mie mani.
Sette
anni di sacrifici, in cui ci ho versato il sangue. Ogni maledetto giorno passato
con la paura di morire, di non farcela e con la morente speranza di poter
riabbracciare i miei figli, mia moglie e i miei amici.
Poterli
abbracciare e chiedere perdono, perchè tutti ti odiano. Tutti, dal primo
all’ultimo.
Draco
se potesse mi strangolerebbe nel sonno: gli ho portato via la moglie e distrutto
la famiglia. Senza contare il tradimento, come amico l’ho tradito e
beffato.
Lui
non ha mezzi termini: ti giura odio eterno e vendetta. Non ama il raggiro: vuole
verità.
È
anche per questo che crede che Hermione sia una gran puttana: le apparenze
ingannano, come il dolore che ti acceca. Diventi sordo e
muto.
E
non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Mi
domando a volte se sia la forza dell’odio che faccia girare il mondo o se sia
quella del rancore. Sicuramente tra le due è una bella
lotta.
Credo
che quello che faccia più male sia il rancore e il rancore trasformato in odio,
oltre all’indifferenza, sia chiaro.
Non
potrò mai dimenticare quel giorno ad Hogwarts poco tempo fa. Ho sentito dire in
giro che l’hanno chiamata “L’Invasione
dei Draghi”. Io l’ avrei chiamata “La spedizione punitiva dei
Draghi”.
Quella
mattina ho visto gli occhi della speranza del Mondo Magico spegnersi e diventare
opachi.
Spesso
fa quest’effetto la mia presenza: ho ferito troppe persone per restare illeso,
incontrandole.
L’ho
visto colpire il mio corpo con occhi rancorosi e lucidi, fino a che
riconoscendomi si è armato di ascia, dando il colpo di grazia. Non disse una
parola mentre io mascherato dalla mia nuova esistenza di fasullo Mangiamorte lo
mettevo in guardia verso quel Raidel.
Credo
di avergli dato la botta finale quella mattina: erano otto anni che non mi
rivedeva, otto anni che non parlavamo nella stessa stanza.
E
ora il Rancore ha scoperto il mio segreto: Edward Deverall Dalton, la testa di
rame più testa di cazzo di tutta la Gran Bretagna. Sento già i microfoni urlare
questo slogan con tanto di immagine del sottoscritto che appare e
scompare.
Sono
appeso ad un filo pendente dalla lama di un coltello e con me anche
Hermione.
Ma
tutto questo sembra avermi insegnato tanto della vita: di sicuro ho imparato che
la vita è gran fregatura.
Cosa
serve venire al mondo speranzoso di godersi un po’ di felicità e scoprire invece
che prima devi patire come un morto sul patibolo per imparare qualcosa o forse
non imparare nulla? Non serve a nulla vivere in questo mondo: puoi morire da un
giorno all’altro e nessuno magari verrà alla tua tomba a portarti anche solo un
fiore secco.
Perché
è questo che succede: non ci si deve far ingannare dal bell’aspetto di
quell’angelo traditore che dal Paradiso ci vuole trascinare
all’Inferno.
“Lasciate
ogni speranza, o voi ch’intrate!”.
Così
direbbe Dante, grand’uomo e grande mago. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo solo per
fargli i complimenti: aveva davvero capito tutto.
Io
credo che sia giusto condannare i peccati dell’uomo.
Una
punizione, niente più.
L’uomo
è volubile, iracondo, superstizioso, malizioso.
Assecondarlo
non porta mai a nulla di buono, questo è ormai assicurato.
Non
voglio assecondare ogni capriccio di Richard solo perché lui è Richard Ashlocke,
il capo, e io sono Edward Dalton, il confidente. La vita non è fatta solo di
capricci.
Ma
lui è il classico esempio di uomo a cui non importa nulla se non dei suoi
sporchi e marci ideali, a cui non interessa se muoiono innocenti o ci rimettono
bambini: lui vuole il mondo. Punto e basta.
È
riuscito anche a liberare un Dio, Sadorn, per raggiungere il suo
scopo.
E
che io sia maledetto che gli ho fornito l’ultima ed indispensabile
chiave.
Ma
d’altronde l’uomo è anche un grande stupido e un inetto.
Alzo
lo sguardo verso il l’orologio a pendolo che c’è nella sala da
pranzo.
Sono
quasi le sette di sera e devo andare a svegliare Hermione.
Mi
ha pregato di farlo perché vuole accompagnarmi da Richard.
Molto
probabilmente non ha la forza di rimanere a casa da sola, d’altronde è pur
sempre Natale.
Meglio
passarlo in compagnia, anche se pessima, che in completa
solitudine.
Forse
perché se stesse qui chiusa in casa, anche lei inizierebbe a ricordare. E ora so
per certo che è qualcosa che cerca di non fare.
Con
un sospiro mi alzo poggiando i pugni sul tavolo. Mi fermo per qualche istante
ancora, lì, ad osservare quelle polaroid.
Sorrido
mesto sperando che forse un giorno…
Le
accarezzo dolcemente soffermandomi su ciascun volto per imprimermelo meglio
nella mente e provo ad evitare quelle squallide foto
vuote.
E
un magone mi sale fino alla gola. Sento gli occhi inumidirsi e allora, dopo aver
avuto la prova che nonostante sia un uomo volubile o altro, sono ancora in grado
di piangere, vado da lei.
La
stanza è semibuia e lei è distesa sul letto. Non ha sfatto neanche le coperte e
un delicato vestito nero la adorna e la fa sembrare una principessa che aspetta
il bacio del suo amato.
Purtroppo
per lei io non lo sono. E purtroppo per me lei non è
Ophelia.
Mi
piego leggermente su di lei, dopo aver accesso l’abatjour.
-
Herm,
svegliati. Dobbiamo andare.- La vedo arricciare il naso e arcuare le
sopracciglia. Apre leggermente un occhio, accenna a sorriso per poi far di sì
con il capo.
Io
mi alzo e torno nell’altra stanza per prendere la giacca e la
bacchetta.
Poco
dopo Hermione esce dalla camera. Sembra che non abbia affatto dormito per tutto
il pomeriggio: è perfetta nella sua bellezza. Minuta e prosperosa si presenta
come una donna da amare nella sua dolcezza ed esuberanza.
La
prendo sotto braccio baciandole la guancia e prima di smaterializzarci lancio
uno sguardo ancora verso quel mucchio sul tavolo, che Hermione guarda
incuriosita.
Col
capo le faccio cenno di lasciar perdere, mentre per un ultima volta le osservo
da lontano.
E
mentre le guardo, sparisco lasciando solo l’ombra di me in quella casa che non
sento veramente casa.
E si, lascio anche una speranza. Piccola, è vero, ma
c’è.
.........
Credo che arriveranno anche altri
lavori fra qualche tempo, in cui pubblicherò i ringraziamenti a chi recensirà
questa storia!Grazie per essere arrivati fin qua!
Un saluto a chi recensirà e a chi
non lo farà!
Un bacio Herm85
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