A chi ha recensito e letto “Peccato
d’innocenza”.
Con immensa gratitudine
Essere un sovrano
“Come si misura la saggezza di un sovrano?”
La domanda arrivò a Guillame de Ponthieu a bruciapelo, durante una delle sue solite
passeggiate con Ian.
“Monsieur?”
“Intendo” si spiegò l’americano “come saprò
se sarò un sovrano saggio, assennato e giusto o un soppressore, vile e
superbo?”
Il conte soppesò bene la domanda, capendo l’angoscia
dell’amico. Da lì a poco si sarebbe sposato, e sulle sue spalle sarebbe ricaduta
tutta la responsabilità che le terre di Isabeau portava.
“Domanda dalla difficile risposta, fratello mio” disse il
conte. “Sappi che può esserci monaco più intelligente di
qualsiasi altra persona, ma meno adatto a comandare di un contadino.”
Ian rimase sbalordito da tale
affermazione.
“Non capisco…”
“Intendo” proseguì “Che è più
probabile che un contadino qualunque sia più saggio di qualsiasi monaco
studioso.”
“Continuo a non capire…” La faccia delusa del ragazzo colpì
il conte.
“Un giorno comprenderai.”
“Prendeteli!” Urlò Ian ai suoi
cavalieri, indicando delle spie inglesi.
Gli uomini spronarono i cavalli al galoppo, lungo la strada
dissestata che conduceva ai confini del territorio dei Montmayeur.
Erano state trafugate diverse carte sui piani del re, e
l’americano si era incaricato del recupero.
Si avvicinavano sempre più al confine, quando il maggiore
dei Ponthieu urlò:
“Fermatevi, evitiamo di
sconfinare!”
Non lo ascoltò.
Ian continuò la sua frenetica
corsa, senza calare di un minimo la velocità a cui aveva lanciato il cavallo.
Nonostante i richiami del fratello continuò
a recuperare terreno, conscio dell’impossibilità di colmare la lacuna tra loro
e le prede.
Almeno finché in lontananza non notò un ponte sospeso su un
burrone.
“Daniel!” urlò “Il ponte!”
L’amico, che gli stava dietro, capi al
volo.
Scese al volo da cavallo, nonostante la notevole distanza.
Sembrava, e forse era un tiro al limite
dell’impossibile. E farlo da cavallo era ancora più
complicato.
Quindi trasse un respiro profondo, prendendosi tutti i
secondi a lui concessi.
“Daniel!!” Intimò Ian
Incoccò, prese la mira e scoccò.
La freccia partì a una velocità
elevatissima, colpendo in pieno una delle funi che mantenevano il ponte
sospeso.
Questo fece bloccare gli inglesi, che si videro costretti a ingaggiare battaglia.
Sfida che non durò più di qualche istante, vista la
disparità di uomini.
Ian stava sfilando la spada dal
corpo di uno degli avversari, quando un urlo lo raggiunse.
“Cosa credevi di fare? Eh?!
L’eroe?”
Guillame de Ponthieu
era furioso.
“Fratello, io volevo solo…”
“No, tu volevi solo creare caos, a poche settimane dalla
guerra! Cosa sarebbe successo se, sconfinando, gli
Inglesi ti avessero preso? Avresti lasciato il tuo castello, la tua gente e
ancor peggio Isabeau senza la minima protezione! E saresti morto, torturato o marcito nelle loro prigioni!”
“Ma io…”
“Non c’è ma io che tenga! Non è
così che si comporta un sovrano assennato!”
Le parole colpirono il ragazzo, che abbassò gli occhi.
L’unica cosa che vide furono gli stivali del conte che si
allontanavano da lui.
“Secondo me hai fatto bene…”
Daniel non nascose minimamente la sua idea su ciò che era
appena successo. Il conte e lui avevano avuto spesso opinioni diverse su cosa fosse giusto o sbagliato. E questo
caso non faceva eccezione.
“Forse ha ragione lui… non dovevo
rischiare così tanto…”
“Ma se non l’avessi fatto i piani del re
ora sarebbero di dominio pubblico. Hai fatto una scelta.”
“E probabilmente è stata quella
sbagliata. Ci è andata bene…”
Ian non poteva dimenticare quelle
parole.
Come non poteva dimenticare il discorso avuto poco tempo prima.
Cosa dovrebbe fare un sovrano
assennato? Perché sarebbe più adatto a regnare
l’ultimo dei contadini piuttosto che il più colto dei monaci?
“Dobbiamo reclutare più gente possibile per la guerra!”
“Su questo non v’è dubbio Monsieur, ma bambini e anziani
mai!”
la discussione infervorava da
diverse ore. Il re ascoltava le opinioni dei suoi vassalli.
Erano inferiori di numero.
Maledettamente inferiori.
E non v’era via d’uscita.
Pochi uomini in più o in meno potevano fare la differenza, e
qualcuno aveva proposto anziani e bambini.
Un guerriero come Etienne si era inorridito a tale proposta,
e così i suoi compagni al torneo.
Il falco era stranamente rimasto silenzioso.
Il re notò il silenzio del suo cacciatore preferito, dallo
sguardo tagliente quanto una lama.
“E cosa ne pensa lei, Monsieur Jean?”
Ian si ridestò. Aveva seguito il
discorso con apprensione.
Ed era un discorso che lo
riguardava da vicino.
Voleva dire Martin.
Voleva dire altri bambini come lui.
“è indubbio che l’inferiorità numerica non favorisca lo
scontro Vostra maestà. Il nemico è molto numeroso e ben armato.”
I vassalli lo guardarono sospirare, riflettendo a fondo, prima di piantare uno sguardo profondo sul volto di
Re Luigi.
“Tuttavia non credo sarei disposto
ad accettare una cosa del genere. Non la trovo ne onorevole
ne vantaggiosa.
Non credo sia onorevole per dei cavalieri farsi scortare da fanciulli nemmeno in grado di impugnare la lama. Ritengo
inoltre siano d’impiccio a noi durante la battaglia,
perché saremmo costretti a tenerli d’occhio.
E poi è la mia anima a impedirmi di
permettere a delle creature così innocenti di scendere in guerra con persone
che hanno già le mani macchiate di sangue.”
Il silenzio regnava sovrano.
Il Re fissò il suo vassallo qualche istante.
“Gli Inglesi lo faranno, lo sai?”
“Non vedo perché dovremmo scendere al loro stesso livello,
Vostra Maestà.”
Etienne fisso Henri de Bar e
annuì, sorridendo a Ian.
Medesima reazione ebbe Henri de Grandpré.
“Anche io sono d’accordo, Monsieur
de Ponthieu.” Disse il re
“quindi dichiaro chiusa la questione.”
Ian si abbandonò alla sedia.
Ma prima di farlo, gli sembrò di
vedere il fratello che gli sorrideva.
“Ti sei comportato bene”.
Ian e Guillame
camminavano nel cortile di Chatel – Argent, mentre Martin giocava con
un bastone a fare il cavaliere.
Il conte continuò.
“Hai pensato a lui vero?”
Ian sospirò.
“Non solo. Ho pensato ai ragazzini delle mie terre. A
vederli morire con una spada in mano, senza comprendere questa guerra.”
Il fratello sorrise.
“Quello che stai dicendo è molto saggio…”
L’americano lo guardò dubbioso.
“Potresti gentilmente spiegarmi la frase sul contadino e sul
monaco?”
Guillame sorrise, guardando il
fiume.
“Se vedessi un dragone, ti
avvicineresti o ne staresti lontano?”
Il ragazzo ci pensò.
“Ne starei lontano, intuendone la pericolosità.”
“Quello è un comportamento saggio. Ed
è la stessa cosa che farebbe il contadino. Il monaco più colto e curioso, invece,
gli correrebbe incontro… venendo mangiato.
Questo vuol dire che intelligenza non va di pari passo con
saggezza. La saggezza intima di rispettare e temere tutte le cose di cui non si
conosce la pericolosità. E tenere da esse lontane le persone a cui tieni.
Se oltre ai tuoi cari, hai pensato
anche ai tuoi sudditi allora sarai un ottimo sovrano…”
“Quindi si può essere saggi pur non
essendo colti…”
“Sentirai tu cosa è giusto fare. La capacità di regnare in
maniera giusta non è ereditaria, né la si impara. La si ha nell’anima.”
Ian si grattò il mento poco
convinto.
“Se devo essere sincero, fratello,
non tutto mi è chiarissimo…”
Il conte sorrise
“Se tutto fosse chiaro, sapremmo
già cosa sta per accadere nel futuro…”
L’americano guardò l’orizzonte, trattenendo una risata…
Non sapeva quanto si sbagliava.
Qualcuno sapeva già
tutto, senza che il suddetto gli fosse chiaro.
NdA
Seconda Fic su Hyperversum.
Inutile, questo libro mi sta togliendo il sonno O.o
La questione dei bambini in guerra è sempre stata spinosa,
soprattutto nel medioevo.
Immagino che, al liceo, tutti abbiano sentito parlare della crociata dei fanciulli.
Una cosa che ho trovato riprovevole.
E triste da accettare, per chiunque
abbia un po’ di cavalleria nel sangue.
See you
Soon, Space Cowboys
Arka