Quindici anni
dopo
“È lei la madre
di Greta?” un dottore mi venne incontro non appena misi piede nella
sala d'attesa della terapia intensiva. Annuii, tendendogli la mano.
“Giorgia
Casiraghi, piacere. Cos'è successo?” chiesi poi, tremando. La
migliore amica di mia figlia, Lisa, mi aveva chiamato, in lacrime.
Non ero riuscita a capire molto, ma avevo interpretato i suoi
singhiozzi come un segno che a mia figlia era successo qualcosa di
estremamente grave.
“Venga. C'è la
polizia.”
Con la tentazione
di mandare al diavolo quel dottorino idiota, lo seguii. Ero
spaventata non poco. Cos'era successo alla mia piccola? Ci fermammo
davanti ad una finestrella, da cui vidi Greta stesa su un letto,
completamente priva di sensi, il volto pieno di lividi, un occhio
gonfio, la testa bendata. Mi sentii mancare.
“Dottore, cos'è
successo a mia figlia?” la mia voce, remota alle mie stesse
orecchie, era come spezzata.
Il dottore respirò
a fondo. Era evidente che avrebbe tanto voluto scaricare quella
patata bollente ai poliziotti, ma il referto medico lo doveva fare
lui per forza. “Signora” esordì, guardando ostinatamente il
pavimento “sua figlia è ferita gravemente. Presenta ecchimosi in
varie parti del corpo, ha una costola fratturata e un brutto trauma
cranico...” si interruppe, come indeciso se andare avanti oppure
no.
“Continui,
dannazione!”
“Abbiamo eseguito
un kit stupro. Le analisi mostrano che è stata violentata, presenta
lesioni nella zona genitale e anale...”
Sentii le mie gambe
cedere. Mi rimisi in piedi quasi subito, ma dovetti cercare un posto
dove vomitare. La prima cosa che trovai fu un cestino, in cui
rigettai anche l'anima, piangendo disperata.
“Signora?”
alzai la testa, ansimando pesantemente. Era stato un poliziotto a
parlarmi. Lo guardai attraverso il velo delle lacrime.
“So che è un
brutto momento, ma devo parlare con lei.”
Lentamente, mi
tirai in piedi. Barcollavo come se avessi bevuto. Mi aggrappai al
braccio del poliziotto, che mi scortò fino a una poltroncina. Per un
quarto d'ora lo ascoltai inebetita.
Era andata così.
Greta, come io sapevo, era andata dalla sua migliore amica per un
pigiama party. Prima di andare a letto, le ragazze, cinque in tutto,
avevano deciso di andare a prendere un gelato alla gelateria del
quartiere. Non era un giro così pericoloso, la zona era piuttosto
tranquilla, e la gelateria era ad un chilometro scarso da casa di
Lisa. Tornando verso casa, ad un certo punto si erano accorte che
Greta era scomparsa. Non sapevano dire esattamente da quanto
mancasse, Greta ogni tanto si isolava dal gruppo, restando indietro.
Era tipico del suo carattere, ma questo isolamento durava non più di
due minuti. Si erano rese immediatamente conto che qualcosa non
quadrava, non era da Greta nascondersi e fare scherzi cretini.
L'avevano cercata per mezz'ora, prima di arrendersi e tornare a casa
di Lisa per dare l'allarme. Lisa e suo padre avevano girato il
quartiere in lungo e in largo con l'auto, mentre la madre di Lisa
chiamava la polizia, e alcuni vicini la cercavano girando a piedi nei
dintorni. Era stato uno dei vicini a trovarla, lasciata per terra
come un mucchio di stracci, in un praticello incolto. Avevano
chiamato immediatamente un'ambulanza e l'avevano portata al pronto
soccorso. Poi mi avevano cercato.
Ora ero lì, a
guardare la mia bambina in coma su quel letto di ospedale. Sembrava
così piccola... mi ricordava molto quando era nata... era
altrettanto fragile, e io avevo giurato di proteggerla a tutti i
costi. All'idea di non aver tenuto fede alla mia promessa, mi si
spezzò il cuore. Scoppiai in singhiozzi disperati. Perché mia
figlia aveva dovuto subire la mia stessa sorte? Che cosa avevano di
così marcio, gli uomini, da volersela prendere in modo così brutale
con delle ragazzine? Io avevo diciassette anni, quando tre ragazzi mi
avevano rapita e stuprata per dieci giorni. Lei ne aveva appena
quattordici. Avevo forse attaccato una maledizione a mia figlia?
Strinsi i pugni. Le
nocche scrocchiarono. Le cicatrici sui dorsi delle mie mani si
tesero. Chiunque avesse fatto questo a mia figlia, l'avrebbe pagata
cara e salata!
“Signora
Casiraghi?” alzai la testa. Un'infermiera mi guardava con aria
comprensiva.
“Sì?”
“Sono arrivati i
suoi genitori.”
Feci un cenno con
la testa. Non volevo lasciare Greta lì da sola, ma dovevo
rassicurarli. Già... ma rassicurarli di cosa? Mi alzai. Strinsi la
mano di mia figlia. Poi mi avviai verso la porta.
“Signora...” la
voce dell'infermiera era titubante. La guardai. Sollevai leggermente
il mento per spingerla a parlare.
“Mi perdoni la
domanda, ma suo marito non è stato avvisato?”
Mi si indurì lo
sguardo. “Non sono sposata. Mia figlia non ha un padre.”
Feci per uscire.
Poi mi bloccai. “Le avete somministrato la pillola del giorno
dopo?”
L'espressione
mortificata dell'infermiera si attenuò solo un pochino. “Stavo
giusto venendo a chiederle l'autorizzazione per somministrarla.”
“Fatelo.”
Poi uscii.
“Come sta?” mia
madre. Tremendamente ansiosa. Giustamente. Si parlava di sua nipote,
giusto?
“Coma. È stata
malmenata e stuprata.” curioso come riuscissi a dirlo così
tranquillamente...
Mamma e papà
impallidirono. Suppongo fosse normale. Prima la figlia passa
l'inferno a causa del sadismo umano. Poi la stessa cosa succede alla
nipote neanche vent'anni dopo. Quanto a me... la rabbia era talmente
tanta che aveva cancellato ogni singola emozione che potevo provare.
Persino l'angoscia per la sorte di mia figlia era un'eco remoto nella
mia mente. Anzi, erano proprio le sue condizioni a mettermi addosso
quella furia quasi incontenibile. Che, a quanto pareva, era destinata
ad aumentare.
“Signora
Casiraghi?” mi voltai. Era l'agente di polizia che mi aveva
soccorso poche ore prima.
“Sì?”
“Abbiamo i
risultati del test del DNA effettuato sui liquidi trovati col kit
stupro.”
“Quindi?”
“Il DNA
corrisponde esattamente a quello di un pregiudicato, arrestato per
violenza quindici anni fa, e rilasciato il mese scorso: Samuele
Leto.”
Il mondo intorno a
me si fermò. Sentii la testa girare da una parte e lo stomaco
dall'altra. Mi misi la mano sulla fronte e respirai profondamente.
Mia madre stava singhiozzando disperatamente alle mie spalle, potevo
sentire i suoi singhiozzi soffocati contro la spalla di mio padre.
“Signora
Casiraghi? Tutto bene?”
Ci misi un po',
prima di rispondere, con voce mortifera: “Mi sta dicendo che il
bastardo che ha violentato mia figlia è il suo stesso padre
biologico?”
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