ONCE UPON A TIME
Il cielo del
Labirinto era limpido e terso, l’aria frizzante un balsamo
per lo spirito.
Il vento
soffiava leggero, scuotendo i ramoscelli dispettosi che scappavano al
rigore uniforme delle siepi verdi ed ordinate, interrotte qua e
là da uno spigoloso obelisco di pietra.
Nel cuore del
dedalo vi era uno spiazzato circolare nel quale convergevano tutte le
strade; urne ornamentali intarsiate poggiavano su rialzi in marmo, ed
al centro del pavimento composto di lastre di pietra, era inserita una
meridiana, il cui pesante ago metallico incassato nel piatto, disegnava
l’ombra che indicava la posizione del sole.
La sagoma del
castello si stagliava maestosa al di sopra delle siepi, il sole ne
illuminava le guglie, le torri e le torrette.
Una figura
leggermente ingobbita, proveniente da una delle strade del Labirinto,
si avvicinò con passo strascicato ad uno scanno. Facendo
forza sulle dita ossute poggiate sui braccioli, salì, e con
un tonfo sordo si lasciò cadere sul suo trono composto da
pesanti volumi dalle copertine consunte e dalle pagine di pergamena
ingiallite.
Il suo
copricapo, con in cima una testa di uccello, si animò,
spalancando i penetranti occhi gialli.
“Attento
a non farmi cadere, vecchiaccio! Raddrizzami che il sangue che a te
manca sta affluendo al mio cervello!” gli gracchiò
contro.
Il vecchio
diede a malapena segno di averlo udito quando, con tutta la calma del
mondo, alzò pigramente le braccia rimettendolo nella
posizione corretta.
“Alla
buon’ora!” continuò l’altro
acido.
Il saggio non
replicò, spostò lo sguardo verso una delle
entrate (o uscite, dipende dai punti di vista) del Labirinto e si
accarezzò la lunga barba canuta.
“Stiamo
per avere ospiti.” Affermò sicuro.
“Se
lo dici tu che sei così saggio, mi fido.” Rispose
sarcastico il copricapo.
Dopo pochi
istanti, infatti, schiamazzi e fracasso di armature metalliche si
fecero sempre più vicini. Da un sentiero emerse, nel centro
del Labirinto, una ghenga di goblin.
Le grottesche
creature si guardarono intorno, ed esplosero in altre grida disperate.
“L’abbiamo
persa! Ve l’avevo detto di girare a destra!”
sbraitò un membro del gruppo, dalla coriacea pelle verde
sottobosco ed un elmetto da vichingo calato sul capo.
“E
adesso? Il Re ci punirà!” esclamò un
altro che andò a nascondersi dietro un suo compagno,
tremante di paura fino alla coda.
La prospettiva
del Re arrabbiato fece calare un gelido silenzio tra quegli esserini.
“Non
sarà contento di sapere che abbiamo perso quel suo dannato
pollo dalle uova d’oro.” Constatò un
altro, stringendo saldamente una lancia dalla punta scintillante.
“E
se è caduta in una segreta? Qui è pieno di quegli
aggeggi.” Ipotizzò un goblin dal viso simile a
quello di un ratto.
“Potrebbe
anche averla mangiata uno di quei cosi rossi e gialli della
foresta…” suppose la creatura che imbracciava una
clava cosparsa di spuntoni metallici.
Intanto il
Saggio se ne stava con gli occhi fissi sulla cricca, ma non li stava
realmente osservando, piuttosto vagava perso nel nulla.
Il goblin dal
cappello vichingo si voltò a fissarlo, incrociandone lo
sguardo immobile.
“Ehi
tu,” gli si rivolse con aria da bulletto.
“Cos’hai da guardare?”
“Zitto,
inetto di un goblin, non vedi che sta pensando?” rispose
alterato il Coprisaggio.
“Nessuno
ti ha interpellato, gallinaccio!” si inalberò
quello, mettendo in mostra l’acuminata dentatura.
“Come
osi, testa vuota di un microcefalo sottosviluppato! Vieni qui che ti
cavo gli occhi, fatti sotto!” lo minacciò con fare
battagliero, e lui ghignò, chiamando a sé tutti i
suoi compari.
“Preparati
ad essere spiumato.” Sentenziò, ed i suoi amici
sorrisero malevoli, facendo scorrere le dita adunche ed artigliate
sulle armi a loro disposizione.
Il Saggio in
quel momento si scosse dal suo torpore. Una profonda ruga di
disapprovazione comparve tra le sue candide sopracciglia aggrottate.
“Shhh,”
intimò serio. “State facendo di tutto per farmi
perdere il filo.”
“Il
filo, che filo?” chiese una delle creature, curiosa.
“Il
filo dei miei pensieri.” Replicò l’altro
pacatamente.
“Ah,
ma io ti conosco!” lo indicò il goblin armato di
alabarda. “Sei quel vecchio pazzo che se ne va a spasso nel
Labirinto!”
L’affermazione
suscitò le sguaiate risa dei suoi amici.
“Il
confine tra genio e follia è sempre molto
sottile.” Affermò tranquillo il Saggio.
“Sì,
certo. Comunque si dice in giro che tu risolvi i problemi, e noi ne
avremmo uno.”
“Ebbene,
parlate.” Li esortò.
Il Coprisaggio
spalancò gli occhi e gli si abbassò fino a
sussurrargli all’orecchio.
“Che
fai, prima ti insultano e poi li aiuti? Allora è vero che
non sei saggio!”
“Zitto,
mi deconcentri.” Gli ordinò con fare perentorio.
“Parla.” Incitò il goblin.
“Allora,
il Re oggi non era di buonumore e così, per toglierci di
torno ci ha fatto dono di una gallina da inseguire nel Labirinto. Solo
che noi l’abbiamo persa e non sappiamo dove andarla a
cercare.”
Il Saggio
rilassò la schiena contro il suo trono di libri, assorto.
I goblin si
misero quieti in attesa.
Le labbra del
Saggio si schiusero e si rivolsero a loro.
“Se
noi cerchiamo qualcosa, il Labirinto è il posto
più adatto alla ricerca.”
Le creature
inclinarono il capo di lato, dando segno di non aver capito.
“Parla
come mangi, vecchio.” Lo ammonì il goblin che fino
a pochi minuti prima temeva l’arrivo del Re più di
ogni altra cosa al mondo. Il Saggio sospirò.
“La
via che è a monte è la stessa che è a
valle.”
Il Coprisaggio
fece una smorfia contrariata.
“Non
ascoltatelo, dice solo scemenze!”
L’anziano
volse lo sguardo verso l’alto, un’occhiata che non
celava le sue intenzioni malevole contro il suo compagno. Si
schiarì la voce.
“E a
volte, la via che è a valle...”
“È
la stessa che è a monte.” Lo interruppe
il cappello. “Vi sembra logico?”
I goblin si
scambiarono sguardi dubbiosi. Sembravano riporre molta più
fiducia nel copricapo che nel vecchio che lo indossava. In effetti dava
l’impressione di avere qualche rotella fuori posto.
“Vuoi
star zitto!” ordinò il Saggio al Coprisaggio. Si
focalizzò di nuovo sui goblin. “Spesso, ci sembra
di non andare da nessuna parte, quando in effetti è
vero.”
Li vide
annuire.
“Beh,
sicuramente in questo momento non stiamo andando da nessuna
parte.” Notarono le creature scambiandosi sguardi
d’approvazione.
“Poverini.”
Disse il Coprisaggio.
“Forse,”
fece il Saggio, “forse sembra sia così. Le cose...
non sono sempre... come...” Parve per un attimo perso in
chissà quali misteri dell’universo ed infine
sembrò tornare con la risposta finale: “...
sembrano.”
I goblin erano
anche più confusi di prima.
“L’avevo
detto io che era solo un matto!”
“Forse
intende dire che dobbiamo tornare da dove siamo venuti per cercare la
gallina del Re.”
“O
che dobbiamo tornare dal Re, chiedere perdono e farci prendere a calci
fino a quando i suoi stivali non si consumeranno.”
“O che dobbiamo continuare a cercare il pollo qua
attorno…”
Il baccano
prodotto dai goblin, che mai prima di allora avevano messo
così a dura prova i loro cervellini, si levò
alto, condito da epiteti poco piacevoli all’indirizzo della
gallina e altre ipotesi su quale sarebbe stato il loro destino finale.
Il Saggio
intanto continuava a riflettere. Tossicchiò leggermente e si
rivolse all’uccello sul suo capo.
“La
via che è a monte è la stessa che è a
valle…perché quest’espressione non mi
suona nuova?”
L’animale
strinse gli occhi, frugando alla ricerca di un ricordo perduto. Dopo
qualche istante di borbottii e brontolii, sembrò far luce
sulla faccenda.
“L’abbiamo
letto tempo fa, in quell’antico libro di magia. Ricordi,
è una vecchia leggenda, una specie di profezia sul
Labirinto, mi si passi l’espressione.”
Il Saggio
annuì.
“Sì,
ricordo.”
I goblin
avevano captato quella conversazione e si avvicinarono curiosi.
“Che
profezia sul Labirinto?”
“Diventeremo
più alti?”
“Moriremo
tutti?”
Il Saggio fece
loro cenno di tacere, e scosse il capo in diniego.
“È
una storia molto antica, sconosciuta ai più, il cui ricordo
si sta affievolendo con il tempo. C’era una volta una
ragazza…”
“Una
ragazza umana?” intervenne uno di loro.
“Sì.”
Replicò il Saggio.
“Ragazze
umane, che schifo!” risposero in coro i goblin.
Il vecchio
corrugò la fronte.
“Comunque
sia, c’era una volta una ragazza che viveva in una terra di
sogni irreali, nascondendosi dalla realtà. Trattata come
un’estranea in casa sua, viveva intrappolata nel mondo delle
sue fantasie. Nessuno ascoltava le sue speranze. Le sue grida futili
echeggiavano in una casa di pietra, nessuno era al suo fianco e si
sentiva abbandonata dalla famiglia, con nessun posto dove
nascondersi.”
Il gruppo si
acquietò e si mise in ascolto, pendendo dalle labbra
dell’anziano.
“Finché
un giorno trovò un libro. Un libro che parlava di creature
fantastiche chiamate goblin, e del loro Re, capace di esaudire
qualsiasi richiesta.”
“Ehi,
siamo noi!”
“Non
sapevo di essere così famoso.” Continuò
uno di loro, passandosi la mano sul capo calvo e lisciandoselo come se
avesse avuto una chioma fluente.
“Tu
sei l’idiota più famoso di tutto il
regno!”
Risero
starnazzando di contentezza.
“La
ragazza chiese che il bambino fosse preso ed affrontò la
sfida del Labirinto, vincendola.”
I goblin
tacquero. Nessuno aveva mai vinto la sfida del Labirinto fino ad
allora. Il solo pensiero di un umano vittorioso era inconcepibile.
“Non
sapevo che questa storia fosse ancora in
circolazione…” una melodiosa voce ruppe il
silenzio.
Da dietro un
obelisco comparve, nella minuscola piazza, il Re dei goblin in tutta la
sua solenne avvenenza.
“M-maestà!”
proruppero i goblin gettandosi al suo cospetto.
“E
così stavate ascoltando le fandonie di questo
vecchio…” asserì seccato, puntellandosi
i fianchi con i pugni chiusi.
“E-
era una b-bella storia, sire.” Azzardò uno di loro.
Il Re
scostò il mantello con un gesto stizzito e le creature si
strinsero tra loro, intimorite.
“Per
voi piccole menti stolte anche questa baggianata può
risultare un avvincente diversivo.
Piuttosto…” disse guardandosi attorno.
“Dov’è finita la gallina che vi avevo
ordinato di inseguire?”
Nessuno
trovò il coraggio di rispondere.
Il monarca
batté nervosamente il piede sulla pietra.
“Ebbene?”
“Noilabbiamopersaenonlatroviamopiù.”
Dissero tutto d’un fiato.
“Come?
Non ho capito bene.” Affermò abbassandosi a
livello delle creature e portandosi una mano guantata
all’orecchio.
“Noi
l’abbiamo persa…”
“…e
non la troviamo più.” Conclusero.
Lui si
risollevò e sospirò stancamente, pizzicandosi la
base del naso con le dita.
“Sono
stato così generoso con voi, dandovi qualcosa da cacciare e
come vengo ripagato? Lo perdete! Beh, sicuramente siete coscienti di
quale sarà la vostra punizione...”
Il sovrano si
erse in tutta la sua maestosità dinanzi alle tremebonde
creature.
“N-non
la g-gora, sire!” implorarono in coro.
“Oh,
non crederete di intenerirmi con le vostre patetiche suppliche! Nella
gora, subito!” con uno scatto del polso fece aprire una
botola sotto di loro, e gridando i goblin si trovarono catapultati in
quell'acquitrino trionfo di putridume e lordura vari.
Il Re stirò un sorrisetto soddisfatto, poi si
voltò a fronteggiare l’anziano.
“Quanto
a te, vecchio,” fece ostile.“ Questa faccenda
dell'umana in grado di battere il mio Labirinto è solo una
storiella da quattro soldi, inventata da patetici cantastorie e messa
su carta da sciagurati scribacchini mentecatti. Un evento che non si
realizzerà mai sotto il mio dominio.”
Ghignò sicuro di sé, scostando dalla fronte un
impertinente ciuffo biondo.
“Maestà, il
destino guida chi lo segue docilmente, e trascina chi si
ribella.” Rispose il Saggio semplicemente.
Il Re a
quell'affermazione sembrò perdere la sua tracotanza e lo
guardò bieco con i suoi occhi azzurri, diventati foschi per
la rabbia. Si lasciò poi andare ad una risata sarcastica.
“Ormai
non sei più giudizioso come un tempo, vecchio! Ma bada di
tenere a freno la tua lingua, oppure...”
assottigliò minaccioso lo sguardo di ghiaccio, facendo
comparire una perfetta sfera di cristallo. “Ti
trasformerò in un'oca starnazzante, animale che ben si
confà alla tua stupidità
ineguagliabile.”
Il Saggio
stava per replicare con un altro motto sibillino, quando il Coprisaggio
prese parola al suo posto.
“Il
Saggio ha ben compreso la lezione, sire.” Chinò il
capo servile.
Il Re
sembrò compiaciuto del gesto di sottomissione.
“Bene.
Non mi servono dei goblin con la testa piena di frottole su una stupida
ragazzina umana capace di sconfiggermi. Esigo che non facciate mai
più parola di questa sciocchezza con nessuno, sono stato
chiaro?” comandò.
“Trasparente.”
Replicò il cappello, ed il Saggio annuì.
Con un ultimo
sorrisetto superbo, il Re sparì così come si era
presentato.
“Di’
un po’, ti è sembrato intelligente metterti a
parlare di quella favola? Lo sai quanto questo tipo di storie non
piaccia al Re!” Sbraitò il Coprisaggio.
“Re
Jareth è orgoglioso, ma credo non sia a conoscenza della
seconda parte della storia, altrimenti sarebbe andato ancora di
più in escandescenze.” Disse l’anziano.
“Non
ricordo la seconda parte.” Affermò
l’uccello.
Il Saggio
inarcò un sopracciglio.
“Tu
non sei quello che mi ha appena ingiunto di non far più
parola di questa favola?”
“No,
è stato il Re. Adesso sbrigati e parla.”
Tagliò corto.
“La
seconda parte narra che un giorno, nella vita della ragazza
arriverà un uomo, che le darà qualsiasi cosa lei
desideri ed ami.”
Il Coprisaggio
scoppiò in una sonora risata.
“Questa
è davvero bella, e tu credi che quest’uomo sia il
Re?”
“Ma
c’è una cosa che nessuno sapeva…nessuno
sapeva…nessuno sapeva che il Re dei
goblin…”
“Cosa,
nessuno sapeva cosa?” domandò ansioso il
Coprisaggio.
Il vecchio si
fermò un attimo, per poi continuare, tranquillo.
“Tutto
accade a tutti prima o poi, se c'è abbastanza
tempo.” Rispose con l’aria di chi la sapeva lunga.
“Ma
che razza di risposta è? Sei davvero un nonnetto con il
cervello come una groviera!” s’impermalì
il cappello che non aveva ricevuto la risposta che desiderava.
Ma il Saggio
non lo ascoltava già più.
Con un ultimo
sguardo alle guglie del Castello oltre la Città di Goblin,
socchiuse le palpebre e si assopì.
***
Eh, la
labirintite ha colpito ancora, stavolta grazie alle canzone Once upon a
time di Donna Summer. Non è niente di che, ma mi ronzava in
testa da qualche giorno. Ed io devo sempre dar sfogo alle voci che
assillano il mio cervellino bacato.
Non
c’è niente da fare, alla fine si ritorna sempre ai
vecchi lidi.
Al prossimo
sclero!
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