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Il piccolo
paesino è caotico, oggi, e molte persone si riversano in strada. La fiera
paesana, che ogni anno raccoglie molte persone dai dintorni, racchiude tutte le
tradizioni e i costumi della montagna. Dall’ultimo banchetto nell’angolo mi
volto alla mia sinistra. Le porte aperte sono un invito scritto per me, così mi
giro per cercare mio marito. Non appena mi raggiunge gli sfioro un braccio, e
con un cenno della testa gli indico le scale. Con uno sbuffo mi precede,
salendo gli scalini. Non appena raggiungiamo l’ingresso, però, ci fermiamo: due
ragazzine, probabilmente entrambe minorenni, sono sedute sull’entrata, le
schiene appoggiate agli stipiti della porta che parlano fra loro tanto
intensamente da non essersi accorte di noi. Luca tossicchia impaziente,
invitandole a farci passare. Non appena le ragazze ci notano, si alzano il più
velocemente possibile, con un espressione dispiaciuta sul viso “Ops. Prego,
entrate” ci invita una, probabilmente la maggiore. Non appena varchiamo la
porta, ci seguono dentro “che mostra sarebbe?” chiedo loro, notando varie foto
appese ai muri e appoggiate su dei piedistalli “è una mostra di foto” mi
informa con voce imbarazzata la solita ragazza. Mio marito, senza mai
smentirsi, osserva ogni quadro con interesse, dedicandogli più di cinque minuti
l’uno. Io, al contrario, passo velocemente da uno all’altro, soffermandomi solo
su alcuni soggetti. Non mi entusiasmano troppo, ma provo comunque a trovarci un
significato dietro. Una foto raffigura l’asfalto scuro di chissà quale strada,
con due semplici ombre umane stagliate sullo sfondo, svariate foto sembrano le
immagini di sfondo che si possono trovare come desktop del computer. Infine una
foto attira la mia attenzione: dei tetti, di ogni colore, presi in una giornata
di cielo limpido. Tutti quei colori squillanti delle case mi si imprimono con
forza nella retina “che bello!” esclamo ad alta voce, ma più per me che per
Luca “è quello che piace più di tutti” mi sorprende la voce gentile della
seconda ragazzina. Le rivolgo un sorriso educato. Dato che mio marito sembra
prendersela comoda, mi guardo un po’ in giro. Il posto è piccolino, un’unica
stanza che occupa l’intera mostra, un muro di compensato sul fondo divide
probabilmente quest’area da un eventuale retro che nasconde chissà cosa, forse
un bagno. Accanto alla porta a vetri si trova un tavolino con tovaglia a fiori
su cui posa un leggio con vari depliant e un registro da firmare; dietro
un'unica sedia, sulla quale stanno sedute le ragazze, una in braccio all’altra
che chiacchierano tranquillamente. “Che belle foto!” sento esclamare mio marito
all’improvviso mentre osserva uno “sfondo da computer”. Con la coda dell’occhio
riesco ad afferrare l’espressione della più giovane, alquanto scettica. Non
appena nota che la sto guardando cerca di pormi un sorriso di scuse, ma la
rassicuro sorridendo solare. Lei capisce il mio intento e si tranquillizza “se
vuole lasciare la sua firma e un commento sulla mostra…” mi dice poi, indicando
il registro “certo, più che volentieri!” accolgo prontamente l’idea afferrando
la biro. Qua e la, fra nomi e firme varie, noto alcuni scarabocchi e commenti
estremamente positivi, scritti con una calligrafia molto simile fra loro. Mio
marito è ancora interessato alle foto, quindi ne approfitto per attirare l’attenzione
delle due ragazze e, con un gesto della penna, indicare prima le firme e i
commenti fasulli, poi loro due. Entrambe capiscono che il mio sorriso è
divertito, così annuiscono, sghignazzando complici. Ridendo allegramente
scribacchio il mio nome e un commento positivo sull’intrattenimento, più che
sulla mostra. Finalmente Luca mi raggiunge, e con il suo solito sguardo fiero
da intenditore domanda “Si può contattare l’artista?”, ma il silenzio che segue
gli fa assumere uno sguardo deluso e alquanto irritato “ehm, non credo. Però
può prendere un depliant, forse lì ci sono più informazioni” prova ad
accontentarlo la maggiore “e come si chiama l’autore delle foto?” continua
senza demordere mio marito. “ehmm…” comincia in evidente imbarazzo la solita
ragazzina, e sul viso di Luca comincio ad intravedere il rossore tipico che
precede uno sfogo di rabbia, ma l’amica arriva in suo aiuto, rispondendo per
lei. Soddisfatto ma evidentemente poco contento del “trattamento” che gli è
stato riservato, mio marito esce con un “’giorno” appena udibile, mentre io lo
seguo, ma non prima di aver salutato calorosamente le due ragazze e averle
ringraziate di tutto. Non appena lo raggiungo, borbotta “Dovrebbero mettere
persone più adulte e meglio informate, non due bimbe evidentemente nel posto
sbagliato!”. Non approvo il suo commento, così ribatto “sono ragazze, che
pretendi?” “per lo meno un po’ di professionalità nell’accoglienza. In città
trovi pochi posti che hanno l’entrata occupata dai dipendenti seduti a perdere
tempo. E inoltre è davvero di poco gusto quel quaderno pieno di firme e
commenti loro; evidentemente lo trovano divertente!” rincara la dose prima di
riprendere la strada dove abbiamo lasciato la macchina. “sono giovani, per lo
meno sanno come divertirsi, loro” bisbiglio fra me, prima di seguirlo.
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