Dovrebbe
esistere un colore apposta per il demenziale. Tipo un bel verde
acido, in riferimento alle sostanze assunte dall'autrice durante la
stesura.
Comunque,
siamo qui (?) per festeggiare il compleanno della sempre adorabile annamariz.
Quindi auguri e scuse. Più scuse che auguri, ecco.
Oh, attenti all'OOC! L'avete visto? E' lì, sapevatelo XD Il senso
logico invece latita <3
(Piuttosto, non posso credere di aver dovuto selezionare un CONTENUTO
FORTE: non riesco a smettere di ridere XD)
Sasuke
non legge, studia. O almeno a Naruto quella roba sembra tutt'altro
che il genere di cose che lui leggerebbe – romanzi, fumetti – e
molto più simile ai pesi cartacei che Sakura ha sempre appresso:
tomi, libroni o libriccini piccoli scritti fitto con titoli lunghi
che iniziano di solito con “Studio su” o qualche parolone
difficile di cui a stento riesce a decifrare i kanji. Sasuke li manda
giù con le sopracciglia un po' aggrottate e girando le pagine senza
fretta; di solito – da quel poco che ha capito – sono di
argomento specialistico riguardo cose estremamente ninja. Il genere
di cose che Naruto capisce solo una volta che gliel'hanno mostrate e
dopo che lui stesso ha provato ad imitarle, altrimenti addio.
Quella è una rara mattinata libera in cui Sasuke
si è alzato in un qualche momento della notte per non tornare più.
Naruto l'ha trovato seduto sul pavimento in cucina, a farsi scivolare
nozioni nella testa al ritmo stanco degli occhi che vanno su e giù
sulla pagina di un grosso manuale rilegato.
«Dovresti
non so, dormire» lo saluta, un po' in pena.
Sasuke
non si scomoda neanche ad alzare gli occhi dal libro.
«Si
dice “buongiorno”» fa presente, come se non fosse lui, quello
davvero sgarbato tra i due.
L'eroe
di Konoha sbuffa di fastidio e va ad accaparrarsi il suo latte, prima
di lasciarsi cadere davanti al tavolo con la discutibile tazza a
forma di rospo – si chiama Gamajiro e c'è parecchio affezionato –
e i biscotti a forma di dinosauro. Sa che Sasuke biasima entrambe le
cose, ma evidentemente l'argomento lo ha preso oppure – altrettanto
plausibile – ha troppo sonno per biascicare il suo disappunto e
cominciare una sterile lite mattutina.
«Le
ragazze stanno organizzando una specie di festa per Hinata chan»
annuncia Naruto, aprendo il pacco con energia per tuffarci
subito la mano dentro. «Per il bambino, prima che nasca» aggiunge,
davanti all'occhiata chiaramente disinteressata di Sasuke.
«E
quindi?» domanda l'ex nukenin, astenendosi diligentemente dal
domandare chi diavolo siano “le ragazze”, perché ne ha una vaga
idea – un'idea rosa, bionda e squillante – e teme la conferma.
«E
quindi ci vieni anche tu e ti anticipo la quota per il regalo che mi
restituirai quando torni. Le compriamo un passeggino, uno di quelli
fighi che si possono montare in tre modi diversi».
Sasuke
gli scocca un'occhiataccia che palesi la sua disapprovazione, ma poi
lo grazia con un democratico «Fa' come ti pare», prima di tornare
al suo libro.
Naruto
resta a guardarlo pensoso, masticando dinosauri con metodo. È che
Sasuke partirà nel pomeriggio per un'altra missione e lui ha
quest'idea che gli ronza in testa da un po', bussa a giorni alterni e
lo fa rigirare nel letto: è il caso di sputarla fuori per vedere che
effetto fa a voce alta, se sembra campata in aria o se funziona.
«Sai,
pensavo...» comincia, mandando giù uno stegosauro al cioccolato.
Sasuke solleva un poco le pupille e a Naruto sembra che le occhiaie
stiano remando per tirarlo giù, faccia contro il tavolo.
«Non
fare cose a cui non sei abituato, potrebbe essere pericoloso» soffia
e schiva un tirannosauro per un pelo.
«Che
stronzo» bofonchia il jinchuuriki, sentendosi però più carico: se
Sasuke bisticcia, significa che il suo umore non è pessimo
nonostante la prospettiva di una festa comprensiva di Hinata chan e
cricca di ninja d'élite in ferie. Forse ha contribuito la tazza
vuota – di un un sobrio, monotono blu – seduta davanti al libro:
l'ex nukenin è intrattabile, se prima non ha messo in circolo una
caraffa di caffeina amara; così Naruto recupera baldanza e intinge
con rinnovato vigore un altro dinosauro nel latte.
«Dico»
ricomincia, anche se Sasuke è tornato già con gli occhi sul libro.
«Stavo pensando di diventare un ANBU».
Lo
butta lì, nel mezzo, e sinceramente il silenzio glaciale che scende
in cucina il momento dopo lo spiazza.
Gli
occhi di Sasuke fissano immobili la pagina per un lunghissimo
secondo, prima che finalmente il loro proprietario decida di alzare
il viso e puntarli dritti in quelli di Naruto.
«Stai
scherzando».
Quelli
dell'eroe di Konoha si fermano un momento, stralunati, e poi fanno un
giretto per la stanza, prima di tornare su Sasuke.
«No.
Perché dovrei?» ribatte, stringendosi nelle spalle e sgranocchiando
un triceratopo; abbozza un sorriso poco impegnativo. «Mi pare una
buona idea... È un modo come un altro per difendere il villaggio, e
poi forse avremmo anche qualche missione insieme e...»
«Perché
non fai il sensei?»
Le
sopracciglia di Naruto si aggrottano a metà strada e la voce si
rompe.
«Il...
Cosa?» domanda, perché gli sfugge proprio il collegamento.
Il tirannosauro sbriciolato al fianco di Sasuke lo fissa così come
fa l'ex nukenin e sembrano entrambi molto sicuri di loro. Naruto si
guarda attorno in cerca di soccorso, ma la cucina è felicemente
deserta, così finisce per indicarsi il mento ed emettere uno «Eh?»
vacuo.
Sasuke
sfoglia un'altra pagina, seguendo gli ultimi caratteri in basso come
fossero incollati alle sue pupille.
«Il
sensei. Mocciosi da scarrozzare in giro, hai presente?» argomenta
assieme al frusciare della carta. «Come Kakashi».
Naruto
ha presente, sì, però non può comunque impedirsi di boccheggiare
un po'.
«Sì,
sì che ho presente» si ripiglia, ridacchiando. «Ma non so mica se
sarei capace, voglio dire...»
«Se
non sei capace tu» commenta l'altro in un tono che Naruto lì per lì
non riesce a decifrare, perso a immaginare uno scenario
inimmaginabile.
«È
una cosa difficile. Bisogna saper spiegare le cose e quindi sapere le
cose e poi bisogna avere pazienza e bisogna essere anche il genere di
persona che i ragazzini ti guardano e fanno “wow”, credo. Una
cosa tipo dare l'esempio» si ingarbuglia, rischiando di rovesciare
il latte. «E poi è mica una responsabilità da poco e-»
«Perché,
fare l'Hokage è una cosa da poco?» lo interrompe Sasuke,
placidissimo. Sembra una pantera ammansita, stamattina, e Naruto non
riesce a ricordare quando sia stata l'ultima volta che hanno parlato
seduti a due lati di un tavolo così, senza tirarsi qualcosa – il
tirannosauro non vale mica.
«Beh,
no ma...»
«E
allora. Se non sei capace tu» ripete di nuovo e Naruto finalmente
afferra quel “allora tutti gli altri possono pure fare seppuku”
che è una di quelle cose all'incirca lusinghiere che una parte di
Sasuke magari pensa senza neanche essere in grado di formulare il
pensiero a parole e che ogni tanto schizzano fuori così, sbattute
in faccia a sorpresa. A Naruto sembrano sempre qualcosa di molto
vicino al più grande complimento del mondo.
«Il
sensei, io. Insomma, io...» borbotta l'eroe di Konoha, la testa
leggera. «Sarebbe bello, credo. Come Kakashi sensei».
«E
poi come ANBU avresti fatto schifo» chiosa Sasuke, perché sia mai
che riesca ad essere lusinghiero fino in fondo.
Naruto
gli tira in faccia l'intero pacco di biscotti preistorici.
Incredibilmente
radioso
Il
villaggio della Foglia è un covo di schifose comari ciarliere, un
ricettacolo di imbecilli travestiti da ninja e Sasuke lo odia.
E
non lo dice perché è di cattivo umore, ha un mal di pancia da
svenimento e vorrebbe solo andarsene a dormire: lo dice perché è
vero, punto.
«Oi,
sicuro di stare bene?»
Gli
occhi di Naruto lo scrutano con genuina preoccupazione. Non che
Naruto gli abbia mai, in vita, mostrato un'espressione che non sia
genuina: va dalla genuina rabbia furiosa al genuino entusiasmo, alla
genuina amarezza alla genuina gioia-d'essere-vivo, quello là.
Se la storia del trovare i bambini sotto un cavolo fosse vera, Sasuke
è sicuro che lo Yondaime e Kushina dovessero essere gli orgogliosi
proprietari di un orto biologico.
Comunque,
i bambini purtroppo non nascono sotto i cavoli, ma dalle pance
ingombranti di donne incredibilmente radiose nonostante l'ottavo mese
di gravidanza. Le stesse donne radiose all'ottavo mese di gravidanza
che costringono gli amici e gli amici degli amici – categoria nella
quale rientra Sasuke, che sinceramente lì in mezzo si sente amico di
Naruto e basta, ad allargarsi forse giusto un po' di Sakura – a
presenziare a intollerabili momenti di aggregazione sociale per
ragioni che esulano dall'umana comprensione. Specialmente l'umana
comprensione che concerne Sasuke, la sua consueta indisposizione
d'animo verso tutte le creature e il mal di pancia fulminante che si
porta dietro da quand'è tornato dalla missione, ovverosia due ore
prima. Neanche il tempo di raggiungere la porta e si è ritrovato
davanti quella macchia accecante di Uzumaki Naruto impegnata a
berciare cose incomprensibili su feste prenatale e quote per il
passeggino e portare cibo e passare a prendere Sakura
chan.
Sasuke
gli ha risposto sbattendogli sul muso la porta del bagno, buttandosi
direttamente dentro la vasca a peso morto e rimanendoci per i
successivi trenta minuti, nella speranza che il coso arancione fosse
nient'altro che un'allucinazione dovuta alla stanchezza e alla
mancanza di sonno; però quando finalmente, per nulla rinvigorito, ha
trovato la forza materiale di uscire dall'acqua e strisciare a
vestirsi, l'eroe di Konoha era ancora lì, vispo e sul punto di
mettersi a saltare dalla gioia come durante l'arco dei precedenti
mesi, da quando Kiba si era fatto Konoha a cavallo di Akamaru per
urlare a tutti che sarebbe diventato padre.
Notizia
che sembra aver infettato di imbecillità – più del solito – un
intero gruppo di shinobi d'élite.
Più
per questo – sentire Ino e Sakura che emettono strilletti
galvanizzati davanti a calzine, tutine, scarpine
e altre terrificanti cose che terminano per ine – che per lo
stato sofferente delle sue budella, Sasuke decide di rispondere con
un grugnito poco compromettente e borbottare «Vado a prendere una
boccata d'aria», liquidando l'offerta di appiccicume simbiotico di
Naruto con un gesto spiccio della mano.
Si
allontana silenzioso in direzione della finestra che dà sul balcone,
lasciandosi alle spalle la voce di Sakura che subito bisbiglia
preoccupata «Tutto bene?» e la successiva risposta tranquillizzante
di Naruto, prima che entrambi ritornino ad occuparsi di cinguettare
attorno ad Hinata tra cumuli di carta regalo e roba per neonati.
All'esterno
tira l'aria fresca della sera e Sasuke ci rabbrividisce dentro
sentendosi meglio e peggio insieme; disturbato, si appoggia alla
balaustra e guarda giù, la nausea che ondeggia tra le orecchie, un
coltellaccio ficcato in pancia e gli occhi persi a vagare tra le vie
sgombre del villaggio.
Sobbalza
quando il pannello dello shouji scorre alle sue spalle, ma muove solo
gli occhi, aspettando che passi leggeri lo raggiungano.
«Sei
schifosamente asociale, Uchiha» sentenzia la voce canzonatoria di
Hanabi.
«Da
che pulpito. E tu sei la sorella, eh».
Lei
borbotta qualcosa su «Appunto, io sarò quella poveraccia che dovrà
spupazzarsi il nipotino e altre amenità, fammi godere la calma prima
della tempesta» e poi sbadiglia, lasciando crollare la testa tra le
braccia incrociate sulla balaustra. Erano nella stessa squadra, in
missione – tra l'altro Hanabi ha passato gli ultimi tre giorni a
fingere disperatamente non essere in ansia al pensiero di perdersi la
nascita del primo nipote –,
avranno dormito dieci ore in tutto divise tra lei, Sasuke stesso, il
capitano Yamato e Sai; Sasuke crede che le sue viscere si stiano
ribellando al corpo e Hanabi sembra altrettanto prostrata dalla vita:
decisamente il momento meno indicato per organizzare una festa
prenatale, qualunque cosa sia una festa prenatale.
«Io
ho sonno, dannazione! Ma poi che diavolo è una festa prenatale?»
esclama la kunoichi, evidentemente persa nel suo stesso ragionamento.
Sasuke si limita a bofonchiare un assenso, dolorante. «Quel fottuto
passeggino multiuso costa un capitale e siamo pieni di tutine. Anche
Hiashi è impazzito dietro alle tutine, l'altra volta l'ho beccato
che fissava una scarpina con espressione trasognata. Neji poi sembra
sul punto di guardia neanche Hinata dovesse partorire salendo le
scale e Kiba, non parliamo di Kiba! Il cognato più imbecille
dell'universo, io davvero non so come... Stai male?»
Sasuke
riapre gli occhi di scatto, colto in fallo. È che ha proprio la
sensazione di essere lui a dover partorire qualcosa di enorme che gli
si deve essere abbrancato all'intestino.
«Sto
bene» decide di dire, nonostante l'occhiata canzonatoria e scettica
di Hanabi basterebbe a chiunque per battere in ritirata spogliato
della propria dignità: ma ci ha fatto il callo; alla fine Hanabi,
pur col suo essere una stronzetta dalla lingua biforcuta e le palle
perennemente girate, è un buon ANBU e il genere di persona che
tendenzialmente si fa i fatti propri. Inoltre chiunque consideri
Inuzuka un imbecille integrale è automaticamente qualcuno verso il
quale Sasuke possa, diciamo non provare simpatia, ma
con cui possa quantomeno intrattenere
civili rapporti.
Ad
avallare la tesi, Hanabi non approfondisce la questione e si volta
invece verso la finestra, lì dove è appena spuntata la testa di
Sai, che sembra altrettanto devastato: veramente un giorno pessimo
per una festa. Più espressivo del solito proprio per via della
stanchezza, lo shinobi avvisa che «Mi hanno mandato a dirvi che c'è
la torta», che poi è un modo carino – messo in atto da Ino o
Sakura, con tutta probabilità – per intimargli di rientrare.
«Evviva,
la torta» emette Hanabi, palesemente sarcastica. Scivola avanti
fermandosi solo per brontolare: «Muoviti, Uchiha, non ti azzardare a
rovinarci la festa», prima di sparire di nuovo dentro, nel
chiacchiericcio.
La
pancia di Sasuke si tende dolorosamente quando azzarda un passo, ma
l'ex nukenin resiste, stoico: non può essere peggio che rientrare e
vedersi offrire un qualche genere di dolce pannoso coperto di glassa
colorata, dopotutto.
La
torta è peggio di quanto pensasse e averne avuta una fetta sotto il
naso per sette secondi – il tempo che ha impiegato per riceverla
dalle mani sollecite di Kurenai sensei e posarla subito dopo sul
primo angolo di tavolo disponibile – ha solo aggravato la sua
nausea. O meglio: probabilmente se vede qualcun altro ficcarsene una
cucchiaiata in bocca vomiterà, anche se si tratta di Naruto che, al
solito, mangia come un incivile parlando e gesticolando incurante
d'avere un piatto in mano.
Hinata,
seduta accanto a lui, non pare toccata da simili inezie: sorride
fulgida nella sua maternità e, nel caos di chiacchiericcio, vivande
e amici fin troppo zelanti, sembra un sistema a sé: c'è qualcosa in
lei che annulla l'entropia.
Una
stilettata di dolore colpisce Sasuke a tradimento mentre è ancora
lì, in piedi a guardarli parlare: non emette fiato, ma deve chiudere
gli occhi per un momento, perché ha la netta impressione che se non
trova subito un piano orizzontale crollerà svenuto – o, peggio,
vomiterà davanti a tutti proprio dentro il nuovissimo passeggino
barra carrozzina barra qualcos'altro che hanno regalato alla
gestante.
Principalmente
si avvicina al divano perché in cerca di appoggio, non per una
qualche masochistica volontà di ascoltare davvero i dialoghi
edificanti prodotti dalle meningi di quel cretino di Naruto e di una
tizia con cui avrà interagito sì e no una volta e mezza e sempre
solo per colpa del cretino in questione.
Quando
è abbastanza vicino, realizza che tra tutine, scarpine
e cosine per lui non c'è proprio posto e ormai la sua
sopportazione ha superato i livelli sostenibili: lui se ne torna a
casa, ha fatto fin troppo trascinandosi lì. Tanti saluti, auguri e
figli maschi.
Avanza
di un altro passo, deciso a comunicare la decisione a Naruto, giusto
per avvertire qualcuno, quando carpisce parti di un discorso che
sembra piuttosto intimo.
«Insomma,
non so se riuscirei...» sta dicendo l'eroe di Konoha, impacciato;
Hinata scuote la testa e poggia la mano chiara sulla sua più grande,
in un impeto spontaneo.
«Tu
saresti eccezionale, Naruto kun! E poi se potrò farlo io, tu ci
riuscirai due volte meglio» emette, con un'enfasi imbarazzata che fa
aggrottare le sopracciglia di Sasuke e distendere invece quelle di
Naruto.
«Lo
credi davvero, Hinata chan? È che tu sembri fatta apposta, l'ho
sempre pensato... Sei cosi paziente. A me piacerebbe averne di miei,
ma...»
«Fidati,
saresti eccezionale» e sorride luminosa, carezzandosi il pancione.
Per
qualche ragione, quando Naruto ridacchia – un po' gongolante, un
po' titubante – qualcosa dentro Sasuke emette un gemito sordo
d'agonia. Si accorge di averlo in realtà prodotto con le labbra
quando la vista ha già cominciato ad offuscarsi, sfrigolando di
nero.
L'ultima
cosa che inquadra sono due occhi azzurri spaventati, voltatisi di
scatto verso di lui; l'ultima cosa che pensa è che Naruto Uzumaki è
un deficiente e lui lo odia.
Fa
caldo in maniera sottile e appiccicosa, di quel caldo un po' malato e
umidiccio delle prime ondate estive. Sasuke avverte il petto pesante
alzarsi a sbuffi per espellere tutta quell'aria e si sente
terribilmente stanco. E gonfio e strano.
Sa
di essere sotto un soffitto. Il soffitto, quello di casa sua:
può riconoscere le assi scheggiate e macchiate d'umido. Aggrotta le
sopracciglia e volta il capo di lato: a destra c'è il suo comodino,
immobile e silenzioso; dall'altra parte, invece, c'è una porzione
sterminata di letto.
«Eh?»
domanda al nulla. Resta ancora un momento giù, finché non ammette,
dopo aver aperto e chiuso le palpebre più volte, che effettivamente
da quell'angolazione il letto – sul lato sinistro, il lato di
Naruto – sembra decisamente troppo ampio.
Decide
di puntellarsi sui gomiti con immane sforzo di volontà e ci riesce
fino ad un certo punto, nonostante una schiena dolorante. Al che,
emette un gemito strozzato di puro orrore e il cervello gli si
inceppa, ingolfato tra all'incirca tre cose che non tornano affatto.
Uno, il letto è davvero grande anche da lì, sembra un letto a due
piazze – un matrimoniale, per Hashirama! – e non si
capisce perché diavolo ci dovrebbe essere un letto a due piazze
sotto il soffitto della sua stanza accanto al suo comodino.
Non
sa chi ce l'abbia messo e chi ci abbia messo lui sopra, tra l'altro,
ed entrambe le domande aprono inquietanti scenari. Come se non
bastasse – e due – qualcosa ha frusciato sul cuscino, quando ha
sollevato il capo: c'è qualcosa che penzola contro le sue spalle,
qualcosa che sta sparso anche sul suo petto che – oh, questo non
l'aveva notato – che è... beh. Come descriverlo. Non è il
petto giusto. E comunque la cosa più ansiogena resta il fatto che la
sua pancia sia esplosa.
Perché
quello, quel cucuzzolo gonfio che tende la stoffa scura di cui è
vestito, è la sua pancia. Sembra abbia mangiato Chouji, si sente
come se avesse mangiato Chouji e non c'è nulla che vada bene in
questo, avere le tette passa quasi in secondo piano.
«Ah,
un incubo» si rilassa, ricadendo sul cuscino. Stupidi incubi vividi,
un giorno lo ammazzeranno; respira lentamente e conta fino a dieci,
convincendosi che il modo migliore per tornare a dormire sonni
tranquilli sia calmarsi e accettare che gli incubi sono, appunto,
solo incubi. Non c'è nulla che non vada in lui e tra dieci secondi
aprirà gli occhi solo per trovarsi Naruto o quel cretino del gatto –
o entrambi – addormentati
addosso: è per questo che ha sognato di avere una pancia enorme e il
letto matrimoniale è solo il frutto dell'inconscio desiderio d'avere
più spazio vitale. Lineare, logico, c'è quasi da congratularsi con
se stesso per l'analisi.
Quando
riapre gli occhi il soffitto è sempre lo stesso, il che è
potenzialmente rassicurante e sconfortante in egual misura, così decide
di fare la prova del nove guardando giù, verso la
pancia.
È
ancora lì che svetta, una roba enorme e gonfia.
Seriamente:
Sasuke non vuole avere un attacco di panico, perché sarebbe
indecoroso e anche poco produttivo, ma adesso preferirebbe davvero
svegliarsi urlando, quindi dov'è la parte dell'incubo in cui il
cadavere di Itachi sorride grondando sangue come una spugna? Potrebbe
quasi sembrargli confortante abitudine, a quel punto.
Forse
è perché stava pensando a figure umane grondanti di sangue, ma
quando una figura umana compare sulla porta si trattiene a stento dal
cacciare un grido, limitandosi a sgranare gli occhi, ancora
spiaggiato supino.
«Ehi,
tutto okay?» domanda Naruto, dolce.
Le
sopracciglia di Sasuke fremono, mentre le pupille scivolano ad
inquadrare l'eroe di Konoha in tutta la sua atletica freschezza
mattutina, le mutande arancioni, i capelli devastati dal cuscino e
uno sbaffo di dentifricio sulla guancia. Si avvicina leggiadro come
un mulo zoppo e si accomoda lì, sul letto, con un rumoreggio lieve
del materasso.
«Che
c'è, non stai bene?» domanda, ora preoccupato.
Sasuke,
confuso, resta immobile per un altro lungo secondo, almeno finché
lui non avvicina una mano per scostare una ciocca dei suoi lunghi
capelli neri dal viso.
L'ex
nukenin aggrotta le sopracciglia: c'è decisamente qualcosa
che non torna.
«Sasuke?»
chiede quel Naruto-onirico, ancora terribilmente concreto lì
accanto.
«Tu
non esisti».
«Eh?»
Sasuke
non si farà mettere sotto dalla sua immaginazione: scatta a sedere
tanto in fretta che Naruto caccia un urlo isterico e quasi cade giù
dal materasso; resta in equilibrio precario sul bordo, sconcertato.
«Ma
sei scemo, come ti viene in mente di... Sasuke?»
Ma
Sasuke non lo sente, perché sta guardando la sua pancia, che è
proprio una pancia: una pancia enorme. E i piedi che scorge da
lì sono dei piedi strani e assolutamente non suoi, così come le
mani, le dita troppo lunghe e sottili e il peso che gli bascula sulle
spalle, lo sa, sono capelli, e quelle, cavolo, quelle sono
tette. Grosse, gonfie tette. Tette!
«Credo
che vomiterò» annuncia, anche con un certo astio nei confronti
della sua testa ingarbugliata che gli sta sistematicamente impedendo
di rinvenire il senso, benché, ne è certo, ce ne sia uno incastrato
da qualche parte; forse l'ha mangiato e ora gli occupa la pancia:
non sembra improbabile. Si lascia dietro un Naruto completamente
sconcertato e fila in bagno, che almeno è nello stesso posto in cui
è sempre stato, o così gli sembra. Chiude la porta alle proprie
spalle e scivola giù, schiena al fusuma, contro cui inizia a battere
cadenzati colpi di nuca, prima di riacquistare sufficiente
autocontrollo per smettere di produrre pensieri ossessivo-compulsivi
sull'assurdità insita nell'essere il nuovo proprietario di un paio
di ragguardevoli tette.
Riapre
gli occhi e per poco non soffoca scorgendo il suo tremulo riflesso
nelle mattonelle lucide; non sente Naruto che bercia qualcosa con
voce veramente preoccupata, là fuori, preso com'è dal tentativo di
trarsi in piedi – è terribilmente faticoso con quel peso sullo
stomaco e quell'assurdità in testa.
Naruto
sta ancora gridando quando finalmente Sasuke riesce a portarsi eretto
e a sbirciare cauto nello specchio, sopra il lavandino. Ed è solo
perché a gridare è Naruto che lui non si mette a sua volta a
strillare come una ragazzina, anche se sarebbe appropriato,
considerato il riflesso davanti ai suoi occhi.
Opta
invece per accasciarsi muto contro il pavimento e cominciare a
rimuginare.
«Per
favore, Sasuke, mi sto preoccupando!» supplica Naruto, da fuori.
Sasuke
ringhia, frustrato.
«Ti
ho detto di chiudere il becco!» e la sua voce continua ad essere
terribilmente poco sua. «Sono io quello con le tette, io sono
preoccupato!» bercia, con lo stesso tono di una Sakura isterica e
anche lo stesso timbro vocale.
Seduto
contro la tazza del gabinetto, ode chiaramente la testa di Naruto
accasciarsi un altro poco contro il fusuma.
«Dai
teme, se è uno scherzo non è divertente!»
«No
che non lo è! Non c'è niente di divertente è...» avvicina
timoroso un dito al seno: ballonzola come un budino di soia sotto la
maglietta tesa. «Raccapricciante».
«D'accordo,
senti, sono sicuro che non riusciremo a risolvere nulla se continui a
stare chiuso in bagno».
«Non
credo che sarò meno incinto, scendendo in cucina, imbecille!»
incinto. Esisterà il
maschile di incinta? Ma soprattutto, esiste qualcuno a cui interessi
una cosa del genere?
«Dai
Sasuke esci da lì. Guarda che sfondo la porta!»
Sasuke
non è certamente rilassato – è il contrario di rilassato ed è
troppo nervoso per cercare la parola giusta per definire il suo
attuale stato d'animo – ma davvero, non pensa che Naruto sfonderà
veramente la porta. È per questo che quando lui effettivamente lo
fa, urlando di spostarsi e buttandola giù col piede, Sasuke grida e
poi grida ancora perché la voce gli è uscita uguale sputata a
quella di una Ino o una Sakura o – porco Hashirama – sua
madre. Se sua madre fosse stata una persona avvezza alle grida,
Sasuke è sicuro che avrebbe gridato così.
Insomma,
ha la voce di sua madre, è seduto sul pavimento di un bagno ed è
incinta davanti ad una porta rotta e a Naruto Uzumaki in modalità
distruttiva; i capelli lunghi gli ricadono sulle spalle e i seni sono
due sfere grosse contro la maglietta.
E,
porca miseria, deve assolutamente fare pipì.
Stupido
tè. Quando succede qualcosa, tutti lì ad offrire tè, manco fosse
la panacea. Con tutto che Sasuke sente che se beve un altro sorso
dovrà di nuovo correre – cioè, trascinarsi, non vede come
possa fare davvero le scale in quelle condizioni pietose – a
svuotare la vescica.
«Mi
hai messo incinto. Incinta. Incinto. Mi hai ingravidato»
comincia, per ricapitolare. Riesce però solo a concludere con
l'ennesimo «Naruto, io ti ammazzo» pronunciato con la sua soave
voce da Mikoto Uchiha isterica, le dita stretta attorno alla tazza di
tè – che tra l'altro decide di incrinarsi.
Naruto
non lo degna di uno sguardo, sta muggendo suoni sofferenti con la
testa tra le mani, seduto lì di fronte al tavolo. Si scompiglia i
capelli e caccia l'aria fuori dalle narici, con forza.
«Sì,
ma questo è successo otto mesi fa» rispiega, per la terza volta.
«Otto mesi fa, questo... Abbiamo già passato la fase angst in cui
eravamo in preda al panico, adesso siamo nella fase fluff!»
Sasuke
non vuole sapere cosa sia una fase angst e il suono
della parola fluff – qualsiasi cosa significhi – gli
provoca orticaria così, a pelle; scosta la tazza con una rudezza che
poco si addice ai suoi polsi sottili e ringhia.
«Naruto,
mi sono svegliato incinta. Ieri non ero incinta, altrimenti me ne
sarei accorto, suppongo».
«Sì
che lo eri... Per il Fuoco! abbiamo passato un mese a
discutere se esistesse o meno il maschile di incinta!»
La
testa di Sasuke ondeggia: è il delirio, se è un incubo che qualcuno
lo svegli, non è possibile che non...
«È
un genjutsu» risolve infine, dandosi dell'idiota per non averci
pensato prima. Deve essere finito in un qualche genere di genjutsu.
Il genjutsu di una persona con problemi, probabilmente un amante
delle sit-com demenziali. Sta per alzarsi e provare a lanciare un
contrattacco – sia mai che si faccia mettere sotto da un genjutsu,
proprio lui –, ma fa in tempo giusto ad attivare lo sharingan che
qualcuno nell'ingresso sfonda la porta, devastando la sua già labile
concentrazione.
La
copia di Naruto si precipita in cucina con tanta fretta da inciampare
sul gatto: scivola a terra e sparisce in una nuvola di fumo dalla
quale, trafelata, emerge Sakura.
La
kunoichi scaccia gli ultimi rimasugli con le mani, agitatissima, e
poi saltella con lo sguardo da Naruto a Sasuke, neanche si fosse
aspettata di ritrovarsi nel mezzo d'un apocalittico scenario di
guerra.
«Sono
qui!» annuncia, in un grido. Sembra che gridino tutti, Sasuke ha
un'emicrania poderosa parcheggiata sul lobo frontale sinistro;
probabilmente partorirà pezzi di cervello, invece che un marmocchio.
Si porta una mano alla testa, nauseato e sbircia Sakura che, dietro
le dita, sta discutendo concitata con Naruto.
«Oi»
fa Sasuke, deciso a fingere di non sentire la disturbante voce
femminile che gli esce dalle labbra. Quelli ignorano bellamente il
suo immane sforzo, tutti presi a dialogare di cose incomprensibili ed
eccessivamente rumorose: il mostro a due teste composto dai suoi
presunti migliori amici ha questa brutta tendenza a blaterare a
briglia sciolta dimenticandosi completamente di lui, quando c'è
qualunque problema.
«Oi,
idioti!» si decide a sbottare, più forte. Il mostro si volta di
scatto, coi suoi due paia d'occhi blu e verdi; subito dopo quegli
stessi occhi si scambiano un'occhiata significativa, che nel loro
linguaggio segreto di superamici significa “abbiamo un problema,
ma sono qui, non ti agitare e proviamo a risolverlo” – con un
dattebayo! personale nel caso del blu – prima di tornare su
di lui, seri.
«Stiamo
calmi» dice Sakura, e a Sasuke sale irrefrenabile la voglia di
prenderla a testate. Solo che poi immagina la scena – lui e la sua
pancia enorme e Sakura coi suoi capelli rosa che rotolano sul
pavimento della cucina prendendosi a schiaffoni – e perde le forze,
ammansito come una fiera sedata. Forse prenderà a testate il tavolo,
ecco.
«Si
può sapere qual è il problema Sasuke? C'è qualcosa in particolare
che ti turba?» domanda la kunoichi, in tono terribilmente
comprensivo, da medico-tutto-sotto-controllo.
Sasuke
solleva lo sguardo dalla porzione di tavolo su cui l'aveva
ostinatamente puntato e aggrotta le sopracciglia, traendo un profondo
respiro.
«No,
figurati» comincia, e se non fosse prima di tutto folle,
sentire la voce di Mikoto nell'aria sarebbe anche una stilettata al
petto. «Mi chiedevo solo perché mi fossi svegliato nel corpo di una
donna gravida, ma pare che come al solito io sia quello che fa i
drammi per nulla».
«Ma
è stata Hinata chan!» esclama Naruto, gesticolando incontenibile.
«Non ti ricordi? Hinata chan te l'ha attaccato!»
«Me
l'ha attaccato?» ripete lui, perso.
Non
pensava si potesse restare incinti per contagio. Ma deve essere
possibile, visto che è incinta – incinto. Incinta. Gravido,
gravida... ARGH!
«Madara,
se ci sei batti un colpo!» tenta, tornando all'ipotesi del genjutsu.
Probabilmente è il diabolico piano di un supercattivo: niente di cui
preoccuparsi, ordinaria amministrazione. Lo stende e se ne va a
dormire per un paio di mesi, ché ne ha seriamente bisogno.
L'orrendo
mostro a due teste però sembra di tutt'altra opinione e pure
particolarmente preoccupato.
«Sasuke,
Madara è morto, ricordi?»
«Ma
è in stato confusionale?»
«Forse
dovremmo portarlo all'ospedale, eh!»
«Forse
dovrei riempirvi di botte» li interrompe Sasuke che – non è
possibile, deve essere un incubo – sente d'essere sull'orlo
delle lacrime. Non sa perché, ma ha questa sensazione d'essere in
apprensione, agitato e ormonalmente impazzito: c'è del
nonsense pesante che galleggia nell'aria, soprattutto quando Naruto
scavalca sollecito l'intero tavolo e gli si accovaccia davanti, prima
di abbracciarlo – tra l'altro senza alcun rispetto per le
sue tette o per la balena che ha ingoiato.
«Non
preoccuparti, sistemeremo tutto!» blatera, senza senso,
strofinandogli la guancia contro. Sasuke, sull'orlo dell'ipossia, coi
capelli del cretino nel naso, riesce solo a sibilare un gemito
sconfortato e a scambiare un'occhiata costernata col gatto, che sta
abbrancato alla credenza e li guarda come fossero dei poveri
spostati. Come dargli torto.
Quando
finalmente Naruto decide di scollarsi, restando però seduto
praticamente addosso a lui, Sakura non pare per nulla indisposta
davanti a quelle effusioni gratuite e assolutamente non richieste e
sta piuttosto lì a trafficare con mucchi di fogli in cartellette
dall'aria seriosamente ordinata, spuntate fuori da chissà dove –
sembra che siano sempre state lì, effettivamente.
Sta
ancora blaterando «È normale essere scombussolati nelle tue
condizioni» e «Dovresti però cercare di mantenere la calma, non è
il caso di farsi prendere dal panico», quando spiccia gli lascia tra
le mani del fogliame dai curiosi disegni che lì per lì Sasuke non
riesce propriamente a focalizzare, sembrano solo macchie.
«Ecografie»
annuncia, neanche gli avesse messo sotto il naso un piatto di riso.
Sasuke non si degna neanche di portare gli occhi ad inquadrare i
fogli, si limita solo a guardare Sakura come le fosse comparso un
Kakashi nudo sulla testa. Tanto ci pensa Naruto a riportare
l'attenzione sul cartame, tutto preso com'è a gorgogliare giulivo
nell'orecchio di Sasuke.
«Eh,
vedi il piccolo Jiraiya com'è vispo?»
L'ex
nukenin volta il collo, orripilato, ma quello sembra completamente
serio mentre scruta amorevolmente la Macchia, neanche sui maledetti
fogli ci fosse disegnato un cucciolo.
«Il
piccolo cosa?» riesce solo ad esalare Sasuke, la testa che
pulsa. Lui non avrà un figlio di nome Jiraiya, è fuori discussione!
Lui non avrà un figlio in generale, ma se mai dovesse averne uno non
si chiamerà Jiraiya!
Fa
per esternare il pensiero a voce alta, ma Naruto se l'è di nuovo
tirato vicino, il braccio attorno al suo collo troppo sottile.
«E
guarda, quello è Itachi! E poi c'è la piccola Kumiko!»
«Chi?»
soffia Sasuke, sconfortato. Non che sia particolarmente importante:
non rispetto alla constatazione che la sua pancia si sia trasformata
in un dannato condominio, almeno.
«Eh,
tu volevi chiamarla Mikoto, io Kushina, così...»
Sasuke,
ipoglicemico e in stato confusionale, non può sinceramente credere
di aver tenuto una conversazione del genere con Naruto – con
nessuno al mondo, in verità – né di aver davvero acconsentito
alla creazione di un ibrido sillabico che puzzi di complesso edipico
in modo tanto raccapricciante. Oltretutto quelle macchie sembrano
solo macchie, perché mai- cribbio, è una mano, quella? Non
sa se la reazione più consona sia svenire o precipitare tutti in un
genjutsu truculento: Naruto, Sakura e i suoi fogli e magari anche il
gatto.
«Visto?
Tutti sani e forti!» si congratula la kunoichi, come se ci fosse
qualcosa di cui congratularsi, invece che correre per le vie del
villaggio urlando a cavallo di Akamaru. Okay, Sasuke non correrebbe
mai per le vie del villaggio urlando, men che meno a cavallo di
Akamaru, ma prenderebbe volentieri a pugni una montagna, un parente
ottuagenario redivivo, un demone con molte code o Naruto Uzumaki.
Chiude
per un momento gli occhi. Decide di tenerli chiusi per altri due
secondi interi, ancora vagamente speranzoso di aprirli e scoprirsi
nel suo letto a una piazza, peccato che poi qualcosa si muova.
Sasuke
sgrana gli occhi e trattiene il fiato, inorridito.
«Oh,
si sono mossi!» cinguetta Naruto, e dalla faccia non sembra
disgustato, sembra anzi completamente rapito, sembra entusiasta come
Sasuke ha pensato di vederlo solo con un cappello da Hokage sulla
zucca; e invece niente, non ha nessun cappello, ha solo la mano sulla
sua pancia – sì, grandioso, la sua pancia –, la guarda
come fosse il mondo o anche una svendita di ramen precotto o non lo
sa: la guarda come fosse importante e poi alza gli occhi per
incrociare i suoi e nel mezzo di tutte quelle sensazioni improbabili,
Sasuke avverte finalmente qualcosa di familiare, ed è senso di
colpa. Lo inghiotte in un grumo pesante che rimane incastrato da
qualche parte nel petto, mentre gli idioti hanno già ripreso a
ciarlare di cose che l'ex nukenin non assimila. Parlano di un
passeggino multi-qualcosa e delle calzine e di altre
cose che terminano per ine e Sasuke riesce solo a stare lì
fermo con questa cosa che si muove nella pancia e gli fa venire una
voglia immane di sedersi sulla tazza – perché sì, la pipì deve
farla da seduto – e rimanerci accasciato sopra fino alla fine dei
suoi giorni.
Si
alza in piedi ballonzolando e annuncia «Vado al cesso» a quella
mostruosità bicefala composta dai suoi amici, che lo ignorano:
parlano di saccarosio, adesso, di una torta e di avvisare Kakashi
sensei perché dovrà spupazzarsi i nipotini, e altre amenità.
Sasuke
si ferma un momento a fissarli, già sulla porta, e qualcosa di folle
e sbagliato nella sua testa gli impedisce di urlare su Naruto, quel
Naruto così luminoso e completamente felice, di smetterla di dire
merdate.
«Sì?»
fa quel Naruto, e sorride tanto da illuminare la cucina. «Ti serve
aiuto?»
Ha
un tono zuccheroso che fa rabbrividire. Sasuke riesce solo a scuotere
piano il capo – i capelli lunghi frusciano morbidi contro le spalle
–, prima di scivolare in corridoio e arrancare sulle scale, fino al
bagno.
Pipì:
più ne fa più ne vuole fare.
Sasuke
si chiude la porta del bagno alle spalle mentre ancora lo sciacquone
gorgoglia portandosi giù la sua urina piena di improbabili ormoni.
Aveva
lo specchio lì e l'ha fatto: si è tirato su la maglietta per
fissare costernato quel marsupio pieno di marmocchi – marmocchi che
si muovono, se ci passi un dito sopra si rovesciano e scalciano –
ma non ha avuto abbastanza forza d'animo per guardarsi una tetta. Già
è tragico sembrare la stupida tecnica erotica di Naruto così, da
vestito, figurarsi approfondire la faccenda. Lui le tette non le ha
mai volute né gli sono mai interessate: proprio non ha capito cosa
ci trovi la gente, nelle tette. Se Naruto voleva degli stupidi
marmocchi, poteva farsi contagiare lui. O poteva chiedere
direttamente a quella dannatissima Hyuuga di farli per lui, poi
magari sposarsela e andare a vivere con Hanabi e Hyuuga Neji e Hyuuga
Hiashi per contemplare insieme calzine e scarpine e
altre cose ine, porco Hashirama.
«Maledizione»
sputa, schiena al fusuma. Serra le palpebre – dal piano di sotto
arriva parlottio, perché Naruto e Sakura se non li spegni
continueranno a cianciare in eterno – e posa le mani sulla pancia:
qualcuno gli tira un pestone e il suo fegato soffre. «Jiraiya. Fossi
in te sarei incazzato anche io, a chiamarmi Jiraiya» borbotta,
lugubre.
Riapre
gli occhi per scoprire di non riuscire neanche a vedersi i piedi,
cosa che rende la deambulazione assai faticosa, e poi torna a
guardare vacuo il corridoio, quell'angolo di letto matrimoniale che
fa bella mostra di sé dalla porta aperta di camera sua.
Aggrotta
le sopracciglia e gira il collo lentamente: i suoi occhi l'avevano
registrato, ma il suo cervello no. Invece eccola lì, la stanza, ed è
aperta pure quella. Sasuke la fissa confuso, cercando di ricordare
cosa dovrebbe esserci lì. Quello che è sicuro non dovrebbe esserci
è esattamente quello che c'è.
Avanza
piano, basculando come un'oca zoppa, e raggiunge il fusuma; fa
scorrere del tutto il pannello consunto e resta lì, accostato
allo stipite con la spalla, a guardare la culla e il gingillo
ridicolo che c'è sopra, uno di quegli aggeggi con le api e le
farfalle che girano e cantano. Sasuke ci si avvicina quasi sospettoso
e si appoggia al bordo della culla, per sporgersi a farlo dondolare.
Piazza il viso sul palmo della mano e sbuffa, vagando con lo sguardo;
dimentica di dover di nuovo fare pipì quando inquadra il pupazzo
verde, ammonticchiato assieme ad altre stupidaggini nell'angolo:
infila il braccio nella culla e lo raggiunge un po' a fatica,
impacciato dalla pancia enorme.
Esce
dalla stanza così, portandosi dietro il coso e rigirandoselo tra le
mani: è veramente brutto, verde e crede di conoscerlo, anche se
conoscerlo non è la parola adatta quando si parla di un discutibile
peluche a forma di coccodrillo. Forse è un dinosauro; qualcosa che
dovrebbe essere un rettile, comunque. Non ha un'espressione molto
intelligente, pensa Sasuke, guardandolo negli occhi fissi.
«Oh,
ecco il festeggiato!» esclama di colpo il pupazzo, con la voce di
Naruto.
Sasuke
per poco non se lo fa schizzare dalle mani, ma in compenso abbassa le
braccia e si ritrova la faccia di Naruto davanti al viso: ha su il
suo sorriso-Uzumaki e della torta in mano. Preso
dall'entusiasmo, quasi gliela sbatte in faccia, quando lo afferra per
il polso e se lo tira dietro con una certa inciviltà, considerata
l'incintitudine di Sasuke, che comunque lo segue incapace di
articolare verbo.
Anche
perché ci sarebbe poco da articolare a parte un rantolo sofferente:
il soggiorno è infatti improvvisamente popolato. Sasuke non l'ha
sentiti arrivare e in tutta sincerità al momento gli interessa poco
il perché ci sia mezza Konoha nel suo salotto, ed è più
concentrato sul come mandarli via.
«Naruto,
cosa cazz...» comincia, molto tentato di soffocarlo col dinodrillo
di peluche, lasciarlo agonizzare sul pavimento e liberarsi del
problema per mezzo di Amaterasu.
Il
problema, nella fattispecie, ha appena esclamato «Sorpresa!»
corale, in un tono che Sasuke non si è mai visto rivolgere, se non a
qualcosa come il suo quinto o sesto compleanno da un paio di vecchie
zie riunite in cucina per l'occasione, e neanche allora ne era stato
troppo entusiasta; di conseguenza, trovarsi circondato da glassa rosa
e capelli rosa – per qualche ragione Sakura ha difatti ritenuto
necessario abbracciarlo – ed in generale da un tripudio
stupidamente colorato di carta regalo e festoni – roba che la casa
non era così agghindata da quando le ANBU ci avevano messo le
strisce gialle dopo lo sterminio – lo trova ben disposto come
davanti ad un ultimatum di guerra.
«Cosa
cazzo...» ritenta, giusto perché prima nessuno se l'è filato.
«La
festa prenatale! Visto che bella?» gli fa Naruto, spingendolo per le
spalle esattamente nella direzione in cui Sasuke non vuole andare.
«Ha organizzato tutto Hinata chan, non è stata gentile?»
Sasuke
guarda prima il sorriso di lui, che proprio sta lì e continua ad
abbracciare la stanza con lo sguardo come se tutta la questione fosse
un'utopia di pace e virtù, invece che un delirio da peperonata, e
poi inquadra il viso dolce di Hinata, seduta sul divano. Lei gli
sorride, rilassata. Tiene in braccio un fagotto silente, un coso
piccolo che indossa una tutina e calzine e scarpine
e altre cose ine. Si muove un poco, emettendo qualche vagito
breve subito sedato, non appena Hinata abbassa lo sguardo e smuove
leggera la coperta che lo avvolge.
Sasuke
resta a fissarla ipnotizzato finché non ricompare Sakura, che decide
arbitrariamente di piazzargli un cappello a punta sulla testa
approfittando del suo momento di vuoto e del fatto che praticamente
sono alti uguale; se ne libera subito, prima ancora che lei riesca
ad infilarne un altro sulla zucca vuota di Naruto, che invece ride e
se lo tiene, tutto contento.
Così,
col cappello ridotto ad una cartaccia stretta in pugno, Sasuke si
ritrova di colpo catapultato in un mondo in cui ci si siede sul
divano per scartare pile di cosine. Ha una tutina in
mano e non sa come ci sia finita, sa solo che è una tutina
arancione, piccola e morbida, e che Yamanaka gli sta cinguettando
accanto, deliziata: Sasuke va dalla tutina alla cretina e ha
l'impressione che la mascella gli cadrà in grembo, rimbalzerà sul
pancione e finirà sepolta nel mucchio di carta regalo e coccarde che
ha ammonticchiato ai piedi.
Alle
sue spalle, dietro il divano, ci sono Tenten e Rock Lee che ridono
mangiando torta; parte di quella enorme torta glassata che troneggia
sul kotatsu, circondata da cosine. Più in là, dei bambini
dalle fattezze hyuugose – piccoli Neji vivaci –, fanno a
gara a chi riesce a saltare Akamaru, placidamente steso a terra
davanti al televisore sintonizzato su un programma di cucina. Naruto
si unisce a loro e sembra idiota come a dodici anni e felice come a
dodici anni, mentre ride e salta e cerca di coinvolgere un piccolo
Nara biondo a partecipare, invece che rimanere lì seduto a
sonnecchiare.
Dinanzi
a quell'inesplicabile spettacolo, nella gola di Sasuke si forma il
deserto di Suna – nella sua vescica, in compenso, già da un po'
rombano le cascate di Taki.
«Vuoi
prenderlo in braccio, Sasuke kun?» fa di colpo una voce, musicale.
Sasuke,
che ha la testa annebbiata e deve di nuovo fare pipì, mette a fuoco
Hinata con una certa fatica, quando lei ha già scostato cartacce per
sederglisi accanto. I due tentativi che gli ci vogliono per scollare
la lingua dal palato lo costringono ad accettare l'offerta in
silenzio: si ritrova con la cosa in mano, senza sapere come ci sia
arrivata. Pesa niente ed è spaventosa: Sasuke la guarda fisso per un
lungo momento, appena prima che il bebè spalanchi la bocca.
Comincia
a piangere così, senza ragione e tanto improvvisamente che Sasuke si
lascia sfuggire un gemito: alza gli occhi terrorizzati da quella
faccia deformata di rosso e vagiti acuti e, invece del caos, trova
gli occhi di Hinata che lo guarda sorridente, l'immagine della
pazienza. Quando allunga le braccia per riprendere la creatura
piangente, sembra nata per fare quello: il bambino smette di frignare
non appena lo tocca, come avesse rilasciato una tecnica o qualcosa di
simile; Sasuke è così abbagliato che rimane con le mani in alto,
mentre lei gli sfila il figliolo dalla stretta. Quello le vede, le
sue dita rimanere sospese e, invece di tornarsene a dormire in
braccio alla mamma, gliene azzanna uno.
Il
grido che esce dalle labbra di Sasuke perde parecchio di femminilità
quando ci aggiunge una sonora imprecazione che fa scattare Naruto a
coprire svelto e sollecito le orecchie di un piccolo Hyuuga; gli
altri bambini – c'è anche un marmocchio incappucciato che Sasuke
aveva scambiato per un abat-jour, e che invece si rivela essere un
bozzolo d'Aburame – sgranano gli occhi e lo fissano come fosse un
Oni.
«Mi
ha morso!» si difende il pericoloso ex nukenin gravido, sventolando
il dito.
«Eh,
un vero Inuzuka!» gioisce Kiba, prendendo la famelica belva dalle
braccia della consorte. Lo culla tutto contento e cantilena «L'ometto
di papà ha già dei bei canini, non è così? Non è così?» come
un totale deficiente. Sasuke si scopre incapace di fare alcunché; si
sente in verità parecchio confuso e ci mancava solo che gli facesse
male anche il dito, adesso.
Sospira
e sprofonda la schiena nel divano, fissandosi la pancia – sarà
mica cresciuta ancora? Sembra più grande di prima –, circondato da
tutto quell'illogico caos. Sai sta elogiando in tono didascalico le
virtù di un passeggino multiuso ad un annoiato Shikamaru, Sakura
continua ad offrire nauseabonda torta pannosa e cosine, ci
sono cosine ovunque.
Avverte
il divano spostarsi di un paio di centimetri e i cuscini cedere,
quando il fondoschiena del grasso jinchuuriki che l'ha ingravidato si
parcheggia contento al suo fianco, un braccio casualmente attorno
alle sue spalle, come fossero due adolescenti imbranati al cinema.
«Non
è meraviglioso?» comincia, gli occhi persi a guardare quella
festa prenatale che si nutre di torte e carte e risate e
cinguettii inteneriti fioriti nel mezzo di sterminati campi di cosine
che coprono il tatami.
Sasuke,
che ha ancora il dinodrillo accanto, ne stritola la testa con
veemenza.
«No,
direi di no».
Naruto
sembra sorpreso e anche un po' ferito. Ritira il braccio e si gratta
la nuca.
«Ma...»
ricomincia, più piano. «Sono stati gentili a venire tutti, no?»
«Mica
devono partorire loro» sbuffa Sasuke, nauseato. Davvero, era così
grande la pancia, prima?
«Ma...!
Eri tu che...» Naruto lo guarda, coi suoi occhi blu da idiota
integrale e la faccia terribilmente delusa. «Insomma, eri tu che
volevi ricreare il clan, no?»
«Sì-
no» fa Sasuke e si perde, confuso. Okay il clan, ma questo
non era contemplato. Proprio no. Cerca di raccogliere le idee,
convinto che ci sia qualcosa che continua a sfuggirgli – forse più
di qualcosa, gli sfugge quasi tutto –, ma Naruto lo precede,
infervorandosi.
«Eri
tu che lo volevi! Ora cosa, non vuoi più? Arrivati a questo punto?»
E
Sasuke esplode, furioso.
«Non
sono capace! Dovevi chiederlo a lei!» e indica Hinata, ruggendo.
Perché è questa la verità: lui non è fatto per una cosa del
genere, e non lo dice solo la biologia. Lo dice tutto, proprio non
funzionerebbe. Il condominio verrà su deviato, diventeranno dei
criminali sociopatici e poi come glielo spiega che li ha partoriti? E
non sa come si cambino i pannolini, Sasuke: non sa niente di quelle
cose, di come si faccia il genitore, di come si faccia ad essere come
Hinata, che spegne e accende il pargolo e sorride sempre ed è così
amabile. Non lo sa come si fa, Sasuke: non è una cosa che ha
imparato, quel poco che sapeva è morto, annegato in una patetica
pozzetta di sangue sotto il cadavere di sua madre e Naruto sta messo
peggio di lui: secondo il Grande Eroe Del Villaggio, il ramen è un
pasto completo ed equilibrato; per il Magnifico Futuro Hokage, le
verdure sono quelle robe incartate nelle bustine di condimento del
ramen istantaneo. Sasuke non è neanche sicuro che Naruto sappia di
preciso come si fa un bambino, anche se ora che ha scoperto che la
gravidanza si prende come il raffreddore non è che si senta molto
ferrato in materia, anche lui. A maggior ragione non c'è speranza,
non riuscirebbero a fare niente ed è tutto sbagliato perché è
sempre tutto sbagliato, e bagnato è tutto bagnato.
«Oh,
merda».
Stavolta
nessuno copre le orecchie di nessun marmocchio o, se lo fa, Sasuke
non se ne accorge: tutta la sua attenzione è focalizzata sui suoi
piedi, lì dove acqua è colata contro le gambe, giù sul tatami,
sopra la cartacce che contenevano cosine. Non sa come
funzioni, ma capisce che non va bene quanto comincia ad avvertire un
dolore come un kunai piantato nel bassoventre e la seria necessità
di accartocciarsi a terra; cerca Naruto ma lui sta parlando con
Hinata: tiene in braccio il pargolo Inuzuka e Sasuke pensa di dirgli
che deve fare attenzione o lo morderà, anche se ormai è scivolato
a terra tra le cosine e l'acqua si è rotta e partorirà e fa un male
cane. Non gli importa perché il cosino Inuzuka non sembra più molto
Inuzuka: è biondo e insaccato in una tutina arancione e ride, come
ride Naruto e come ride Hinata lì accanto, e sembra che tutti
abbiano qualcosa da ridere e Sasuke non pensava di poter più
riuscire a provare un odio così spiccato per la felicità di qualcun
altro, specialmente se quel qualcun altro coincide con la persona di
Uzumaki Naruto, ma adesso sente di odiare con un'intensità
dimenticata; odia Naruto e odia Hinata e odia Konoha e anche quel
bambino biondo che ride e che non lo riguarda minimamente, mentre lui
se ne sta accasciato lì a farsi squarciare la pancia dall'interno o
non lo sa. Il salotto è sempre più lungo e largo, le voci si
confondono tra le cartacce di cosine finché non diventa tutto
un marronastro vomitevole che ondeggia mangiandosi via ogni cosa,
anche Naruto.
Devono
essergli cresciute delle tette anche sulle palpebre, altrimenti non
si spiega perché sollevarle sia tanto difficile.
Trae
un sospiro pesante, disturbato; c'è un rumore in lontananza, acuto e
continuo: è una linea di azzurro vivido, qualcosa di sfrigolante e
frastagliato come il chidori. È il pianto di un neonato.
Sasuke
spalanca gli occhi così di colpo che per un momento le sue pupille
non vedono niente e si è già portato quasi seduto, prima che una
fitta lo costringa a ripiegarsi in avanti come una chiocciola.
«Ma
sei scemo?» sbraita una nota voce arancione lì accanto, assieme al
grattare metallico della sedia, che deve essersi spostata di mezzo
metro mentre Naruto sussultava colto alla sprovvista.
Sasuke
finalmente focalizza i piedi del suo letto e la parete bianca lì di
fronte, prima che la faccia di Naruto entri nella sua visuale e le
mani del solerte jinchuuriki lo spingano di nuovo su quel letto che chiaramente è un letto d'ospedale: è bianco, sottile, scomodo e
piccolo.
«La
gente normale prima apre gli occhi e poi si alza, eh!» lo ammonisce
la voce di Naruto, e peccato che sembri pallido e spettinato o
quella forse sarebbe potuta anche somigliare ad una battuta.
Sasuke,
comunque, è troppo distratto a corrugare la fronte in cerca di un
senso per prestare attenzione allo stato arruffato del compagno.
Lo
guarda in faccia per un lungo momento e smette di respirare mentre
focalizza il problema.
«E
i bambini?» domanda a due occhi azzurri che si sgranano e lo
studiano come se stesse delirando.
«Bambini? Quali bambini?»
«Il
piccolo Jiraiya e...» inizia Sasuke, i suoni che gracchiano secchi
nella gola. «I bambini, usuratonkachi, i bambini!»
«Jiraiya...
Che c'entra Jiraiya? Quali bambini... ? Sakura chan!» chiama lui,
cercando di liberare la felpa dalla presa ferrea di Sasuke, che sta
cercando o di soffocarlo o di attirare la sua attenzione nel modo
sbagliato.
Nessuna
Sakura si manifesta in corridoio ma, in compenso, ricomincia il
pianto. Le dita di Sasuke lasciano la stretta tanto rapidamente che
il contraccolpo quasi fa cadere Naruto dalla sedia; recupera
poggiandosi sul letto e seguendo il profilo dello psicopatico che
punta la porta come un setter da caccia – e se possedesse orecchie
mobili, sarebbero sicuramente ritte in ascolto.
«Il
bambino, Sasuke» ritenta Naruto in un tono calmo venato appena di
preoccupazione; gli poggia una mano sulla spalla e lo spinge di nuovo
sul cuscino, sembra tentato per un momento di legarcelo: lo guarda
dritto negli occhi, fermo. «Il bambino di Hinata chan, ricordi?
Cioè, non lo ricordi perché sei svenuto, ma poi ad Hinata chan si
sono rotte le acque e... Beh, hai scelto un bel momento per svenire,
in effetti!» e ridacchia, avvicinando nuovamente la sedia al letto
con un barrito che fischia tra le orecchie doloranti di Sasuke.
L'ex
nukenin chiude un momento gli occhi, nauseato, solo per aprirli di
scatto e guardare giù, colto da un terribile dubbio.
«Niente
tette» commenta, quasi boccheggiando.
Naruto
emette uno «Mh?» poi uno «Mh», infine deglutisce. «Ed è un
male?»
«Prima
le ave... No, no che non è un male» si ferma un momento, pensoso, e
spia in direzione della finestra accostata: deve essere mattina, non
un'ora troppo tarda. Ci sono diverse cose che non tornano,
effettivamente – di nuovo.
«Che
è successo?» si decide finalmente a domandare e pare sia la domanda
giusta, perché anche Naruto sembra un po' rilassarsi sulla sedia;
gli sistema un lembo sgualcito del lenzuolo così, come cercasse
qualcosa da fare.
«Citando
Hanabi chan, sei “l'unico pericoloso ex nukenin delle Cinque Terre
che in missione, invece di farsi ammazzare dai nemici, si fa
ammazzare dall'appendicite”. Era parecchio agitata per Hinata chan,
quindi ha urlato altri insulti e comunque lei lo dice meglio, ma...»
si stringe nelle spalle, scuotendo la testa come per scacciare una
mosca. «Ci stavi rimanendo secco tutto da solo, non mi posso girare
un minuto».
Lo
fissa con due occhioni da gufo impagliato che ucciderebbero un cuore
sensibile: fortunatamente Sasuke non è per niente sensibile e,
oltretutto, sta rimuginando.
«Appendicite.
Appendicite?»
«Sì,
sai... È una cosa tipo un pezzo di intestino che si gonfia e bleah,
che ne so... Comunque, Sakura chan l'ha tolto. Ma te la sei vista
brutta perché c'era il non so cosa quasi perforato e stavi andando
in peritontite...» si ingarbuglia – un disastro medicale –
e fortunatamente dall'occhiataccia che Sasuke gli indirizza, afferra
che lui sia perfettamente al corrente di cosa dovrebbe essere
un'appendicectomia, grazie. «Beh, l'importante è che sia tutto a
posto, no?» conclude, battendogli una mano sul braccio con impaccio
e delicatezza commovente.
Il
capo di Sasuke annuisce per lui, lentamente.
Tutto
a posto: potrebbe stare meglio – effettivamente sente ancora il
vago bisogno di vomitare, oltre ad uno stordimento diffuso –, ma
non ha tette, pance, dinodrilli e Naruto è lì seduto come
una bionda fusione tra una chioccia e un cane da guardia,
stropicciato ed elettrico.
Quando
il pianto riparte, sussultano entrambi come due genin fifoni.
«Il
bambino di Hyuuga» commenta Sasuke, teso.
«Sì!»
esclama Naruto, di colpo entusiasta «È una bambina, in realtà.
Dovresti vederla, è una roba minuscola e stanno tutti lì a dire a
chi assomiglia, ma io veramente... Insomma, è tutta grinzosa e
strana, non penso che assomigli davvero a qualcuno, forse è troppo
piccola... Però strilla veramente forte! È in salute!» ridacchia.
«Anche Hinata chan sta bene, sai. Ci ha messo un po' a sfornarla,
pare, ma è stata veramente eccezionale».
«Veramente
eccezionale».
«Ehi,
ma tu stai bene?» lo interroga di colpo Naruto, studiando le sue
sopracciglia contratte. «Chiamo Sakura chan. In realtà dovevo
chiamarla lo stesso quando ti svegliavi e...» si blocca quando viene
afferrato per un polso e squadrato da due serissimi occhiacci neri.
«Tu
ne vuoi» davanti alla faccia stralunata di Naruto ha la bontà di
aggiungere: «Di bambini. Tu ne vuoi uno. O magari più d'uno».
«Perché»
ribatte il jinchuuriki, col tono sbagliato. Si schiarisce la voce.
«Mi sono perso, io voglio i bambini? Quali bambini?»
«Un
bambino» mugugna Sasuke, quasi offeso. «Insomma, uno. Un bambino...
Hai capito!»
Le
sopracciglia di Naruto vanno su e poi giù, finché l'eroe di Konoha
non si volta verso la sacca della flebo e la soppesa con le dita,
turbato.
«Ma
che ci hanno messo, qua dentro...» domanda, prima che Sasuke gli
assesti un pungo inaspettatamente violento dritto nel fianco. «Oh,
ma sei scemo?» protesta l'eroe, piegato in due. «Devono essersi
confusi e averti asportato pezzi di cervello, in quella sala
operatoria!»
«Rispondi
e basta!»
«Non
gridare!»
«Non
dirmi quello che devo fare! Li vuoi questi diavolo di figli sì o no,
non mentire» accusa, lo sguardo affilato e il tono tagliente.
Naruto
lo guarda come fosse diventato definitivamente pazzo, gli occhi due
palle nella cavità orbitali e le sopracciglia a svolazzare nel mezzo
della fronte.
«I
figli di chi? Tu vuoi figli?»
Sasuke
ricade sul letto, esausto come se avesse appena traslocato; la pancia
gli manda qualche fitta di protesta.
«I
figli di Hinata... No, i- Tu hai detto ad Hinata che volevi dei
figli».
Attende
col silenzio che gli ronza nelle orecchie ed è così stanco, tutto
d'un colpo, che forse la risposta neanche gli interessa e gli sembra
che le cose al solito non si incastrino come si deve: l'universo è
un posto senza senso in maniera veramente stressante e quasi gli si
sbriciolano gli organi interni a pensare quanto sarebbe molto più
giusto avere vicino un Itachi che spieghi tutto con quel suo tono
pacato: Sasuke se lo ricorda com'era con Itachi, prima che il mondo
impazzisse. Lo stordiva di domande e lui sempre lì a rispondere con
pazienza; e non cose buttate a caso, si vedeva che ci pensava
seriamente su, anche sulle domande impossibili. Tutti avrebbero
bisogno d'un Itachi che risponda alle domande: il mondo diventerebbe
un luogo più sensato, senza dubbio.
Sente
la mano di Naruto poggiarsi dubbiosa sulla sua fronte e, senza aprire
gli occhi, decide che alla fine gli va bene anche così: quella
faccenda dei figli è inquietante e lui muore di sonno. Non vuole più
saperlo, magari dormirà.
Il
jinchuuriki sembra aver deciso che, no, non sta delirando per via di
una qualche febbre tropicale, quando si riaccomoda sulla sedia in uno
struscio che convince la palpebra destra di Sasuke a sollevarsi di
qualche millimetro.
«Io
non voglio figli da Hinata» prova a stabilire, cauto. «Perché
dovrei?»
L'ex
nukenin mugugna, stordito.
«Perché
tu l'hai detto...»
«Non
da sobrio, spero!» ride Naruto, sconcertato. La baldanza si
affloscia davanti all'occhiataccia di Sasuke. «Sasuke, ti hanno
appena tolto un pezzo di intestino o qualunque cosa fosse e mi sa che
sei un po' confuso».
«Io
non sono confuso, tu sei...» si interrompe, con l'indice levato in
cerca di un insulto, ma sembra che l'ovatta nel suo cervello gli
impedisca di ragionare come si deve; i ricordi di quel sogno vivido
si assottigliano sempre più in filamenti di sensazioni vaghe e di
colpo pensa che forse sì, forse è davvero un po' confuso.
«Sul
divano» ricomincia, sforzandosi di focalizzare. «Tu hai detto a
Hinata che volevi figli tuoi».
«Quale
divano... Quando è successa, 'sta cosa?»
«Idiota»
lo apostrofa Sasuke, docile.
Il
silenzio indaffarato dell'ospedale li raggiunge in forma di passi
distanti e carrelli che cigolano nei corridoi; si sente sempre il
pianto di Inuzuka junior a fasi alterne: quella bambina ha corde
vocali portentose.
«Ah,
ma!» ride di colpo Naruto, dopo una lunga, profonda cogitazione
fatta di smorfie concentrate, alla cui conclusione decide
opportunamente di tirare un pugno leggero allo psicopatico. «Ma
quanto sei deficiente? Allievi! Allievi, cretino!»
«Allievi»
commenta lui, e chiude la palpebra perché tanto non ci sta capendo
niente.
«Allievi,
non ti ricordi? E dire che l'hai proposto tu...»
Sasuke
si incupisce, piccato.
«Io
non ho proposto proprio niente».
«Come
no, l'altro giorno, a colazione!» ricorda l'aranciosa voce dell'eroe
di Konoha, che sta dondolando sulla sedia, a giudicare dal rumore. «E
poi ne ho parlato con Hinata chan, e... Io e Hinata vorremmo provare a
prendere il diploma da sensei... Cioè, quando la
bambina sarà un po' cresciuta, anche lei vorrebbe provare. E anche
Lee e pure Shikamaru!»
Quando
riapre gli occhi, Sasuke si trova sovrastato dall'espressione
assolutamente felice dell'imbecille.
«Allievi»
sentenzia, con lontana sorpresa. «Allievi, non figli».
«Non
figli».
«No,
beh. Non si può mica fare, no? Voglio dire, io e te».
«No».
Naruto
annuisce, una mano dietro la nuca.
«Vado
a chiamare Sakura chan, okay?» conclude, alzandosi. «Non dirle che
abbiamo sbraitato quando eri appena sveglio, eh! Se no mi pesta. Non
muoverti!»
Sasuke
vorrebbe chiedergli dove diavolo dovrebbe mai andare, mezzo
tagliuzzato, ricucito e appiccicato ad una flebo, ma lascia perdere.
La macchia arancione ruzzola fuori dalla stanza come una scimmia
iperattiva e lui rilascia un sospiro pesante, prima di spalmarsi
contro il cuscino e sprofondare.
Fa
per chiudere gli occhi, solo per venir colto dall'improvvisa
impellenza di sollevare il lenzuolo e sbirciarci un momento sotto.
Sembra
tutto okay: di nuovo niente tette. Da quell'angolazione vede poco, ma
c'è una grossa garza pulita in basso, sulla destra: appendicite.
«Niente
piccolo Jiraiya» borbotta, e non sa se sia sollievo o cos'altro.
Resta
in silenzio per un momento, serio.
Il
pianto di Inuzuka junior si è chetato, ma dalla stessa direzione
arriva un vociare di gente allegra, quello che è un po' strambo
sentire in un ospedale; sopra tutti, la voce inconfondibile di Kiba
ride trascinante, emettendo versacci a metà tra l'umano e il
bestiale che, tecnicamente, dovrebbero provocare l'ilarità della
neonata.
Sasuke
è quasi certo che i neonati non abbiano senso dell'umorismo e che,
se lo avessero, non riderebbero certo dinanzi allo spettacolo d'un
genitore spoglio della sua dignità.
Alla
fine non c'è niente di speciale nello sfornare creaturine: il mondo
fa abbastanza schifo per quelli che ci sono già, non c'è proprio il
bisogno di incrementare la natalità solo al fine di incrementare la
mortalità. Poi alla faccenda del clan Sasuke non è che ci abbia mai
creduto: la questione iniziava e finiva con Itachi, non era neanche
contemplato sopravvivere ad Itachi, figurarsi sfornare pargoli in un
mondo in cui Itachi è morto in quel modo dopo aver vissuto in quel
modo. Fuori discussione, neanche a Naruto dovesse di colpo crescere
un utero nel vano vuoto tra le orecchie.
Non
è una cosa che serva, quella. La gente è solo ossessionata con la
questione del perpetrare la specie umana, ecco tutto.
A
lui va benissimo così, non gli serve niente. A lui.
Il
secondo dopo, Sasuke e la sua fedele flebo sono arrancati eroicamente
– o stupidamente, se si dovesse chiedere il parere professionale di una
Sakura a
caso – fino alla porta, trascinandosi dietro la sedia di metallo
su cui stava Naruto con un fracasso che si somma al perenne vagito
inuzukiano.
Finisce
imprecando ad aggrapparsi allo stipite ed è sentendosi stupido e
insieme molto Uzumaki – quindi sì: stupido – che mette piede in
corridoio con una decisione che cozza con lo stato delle sue budella
e con l'imbarazzante pigiama ospedaliero in un modo che tra due
secondi lo farà pentire d'essere nato; intanto non ci pensa: sbraita
un «Naruto!» imperioso, la sacca della flebo a ballonzolargli sulla
testa.
Naruto,
già fermo in corridoio e voltato per via del frastuono, strabuzza
gli occhi e lo fissa.
«Ma
tu sei fuo- !» inizia, e ha già coperto due metri con una
falcata sola, prima che Sasuke prosegua.
«Se
potessi, li vorresti?»
Il
jinchuuriki inciampa nei suoi piedi e Iwashi si affaccia dalle scale,
con un barattolo sterile vuoto in mano: li fissa per un paio di
secondi, poi bofonchia «Torno dopo...» e gira i tacchi.
«Eh?»
esala Naruto, gli occhi puntati su quel Sasuke ritto in piedi e
solenne come stesse lì a impartire una grande lezione morale
all'intero reparto.
«Rispondi
e basta. Se potessi, li vorresti?»
«I
figli?» geme lui, sconfortato e indeciso se tirargli un destro e
ritrascinarlo a letto per i piedi o chiamare Sakura urlando. «Io-
Non lo so, voglio dire, non ci ho mai pensato, perché... Perché, tu
li vuoi?»
Sasuke
guarda la sua faccia di colpo sconvolta e si sente un po' sadico,
mentre se ne compiace.
«Neanche morto».
«Okay»
fa Naruto, sollevato.
«Però
se potessi, tu...»
«Sasuke!»
ribatté solo il jinchuuriki, gli occhi strabuzzati.
Si
fissano per un momento, lungo: Raido, appena uscito dal bagno con un
campione di urina in mano, si ferma indeciso su se azzardarsi ad
attraversare il corridoio o meno.
Le
sopracciglia di Naruto si corrugano tracciandogli una piega sulla
fronte, mentre finalmente prova a concentrarsi con serietà.
«Non
lo so, forse sì. Cioè, se uno di noi fosse femmina, ecco. Allora
credo di sì, forse ci avrei pensato e l'idea non mi sarebbe
dispiaciuta» tituba, l'espressione un po' allucinata un po' persa,
forse ad immaginare le sconvolgenti implicazioni – le tette, per
esempio.
Sasuke,
ancora abbrancato allo stipite della porta e con l'asta della flebo
incastrata nella sedia, annuisce. Poi solleva lo sguardo e pensa che
Naruto sembra veramente stupido, lì in piedi in corridoio a pensare
come sarebbe se uno di loro due avesse un utero e dentro ci fossero
dei marmocchi. Forse sta pensando che uno vorrebbe chiamarlo Jiraiya
e che dovrà combattere a lungo perché gli sia davvero consentito
punire un pargolo con un nome del genere. Non ci sono uteri Hyuuga,
nella sua testa, né nei suoi occhi, e Sasuke spera veramente che tra
i sintomi dell'appendicite ci siano pure delirio e paranoie, così
potrà sentirsi almeno in parte giustificato per tutta quella
vomitevole faccenda da ragazzina ormonale.
«Voglio
un dannato letto matrimoniale, idiota» mugghia infine, con sommo
sdegno.
«Fantastico...»
commenta Raido, decidendo di tornare dritto nel bagno e chiudersi la
porta alle spalle.
«Un
let- Oh» il sorriso di Naruto
barcolla un po', allucinato ma
sincero. Poi scoppia a ridere. «Matrimoniale? Vuoi un- Okay! Sì,
cavolo, compriamolo!»
Sasuke
annuisce con tutta la compostezza di cui uno col camice ospedaliero e
una scultura postmoderna di flebo e sedia adesa al corpo sia capace e
Naruto si illumina tutto, raggiante.
Genma
apre la porta che lo sciacquone è ancora in funzione; il barattolino
è caldo e puzza e lui decide di studiarselo per bene alla luce del
lampadario, con occhio critico.
«Che
cavolo ci fai ancora qui?» sbotta, quando dietro il giallo
deformante inquadra Raido, che se ne sta appoggiato alla porta con
espressione annoiata.
«Non
uscire» risponde solo, senza guardarlo. Sospira.
Genma
lo fissa come se il collega avesse urinato materia grigia, invece che
pipì.
«E
perché?»
«Perché
Uchiha sta chiedendo a Naruto di sposarlo. O qualcosa del genere».
«Mh»
commenta l'altro, lavandosi le mani, le sopracciglia un po'
aggrottate e il senbon penzolante. «Pensavo gliel'avrebbe chiesto
prima lui».
Raido
si stringe nelle spalle.
«Guarda
che il matrimonio tra maschi non esiste mica».
«Credi
davvero che una simile inezia potrebbe fermare Naruto?»
Il
sopracciglio ammiccante di Genma è tutto un programma; Raido
appoggia la nuca alla parete e sospira di nuovo, rassegnato.
Se
davvero quel Naruto diventerà Hokage, li aspetta un'era
in cui sarà difficile annoiarsi.
Nda
Okay, stendiamo un
tendone da circo pietoso e se volete leggere una mpreg vera, andate
qui: è
della festeggiata, che a differenza mia è una persona seria.
Tra l'altro, un po' di
colpa va anche ad Aya,
benché lei non lo ricordi (pentiti!): nel periodo del boom delle
mpreg – davvero, non l'ho sognato, c'è stato un boom delle mpreg
sasunaru XD – ha lamentato che nella maggior parte dei casi fosse
Naruto
quello destinato a PARTORIRE CON DOLORE: è lei ad aver designato la
vittima, quindi, la mia stupidità è solo un danno collaterale.
Tanti auguri, anna!
Porta pazienza e resta radiosa nonostante le mie cavolate <3
Come sempre, non
mi appartiene niente (neanche i biscotti a forma di dinosauro, ora
che ci penso... Cioè, tecnicamente sì, ma si trovano prima di tutto
in questa
flash della solita beneamata slice, oltre che nella mia fantasia.
Vorrei dei biscotti a forma di dinosauro in questo momento, uffa).
|