Oneshot
if I
could, then I would,
I'll go wherever you will go
way up high or down low,
I'll go wherever you will go
Lucienne
smise di contare i noccioli delle ciliege sul piattino di porcellana
nell'esatto istante in cui l'orologio a pendolo di sua nonna
segnò le cinque del pomeriggio. Si alzò
lentamente dalla sedia scricchiolante che si ostinavano tutti a
chiamare d'antiquariato prezioso e si avvicinò alla
finestra, scostando le tende color cipria e prendendo a guardare la
luce tenue di Parigi che vi filtrava attraverso.
Ispirò profondamente, provando a lisciarsi le pieghe del
vestito: quindici giorni, trecentosessanta ore, ventunomilaseicento
minuti e un milioneduecentonovantaseimila secondi che non vedeva Harry
e le mancavano tremendamente le sue fossette sulle guance, le sue mani
lisce e grandi e la sua schiena, che Lucienne si divertiva ad
analizzare, contando una ad una le sue vertebre ogni volta che
dormivano insieme.
Accostò istintivamente le tende e appoggiò la
fronte al muro freddo che le stava di fronte. Harry Styles era l'unica
certezza della sua vita, l'unica persona che l'aveva ascoltata, le
aveva sorriso nei momenti bui, le aveva preso la mano
nell'oscurità e le aveva baciato una per una le nocche.
Quante volte le aveva fatto i grattini sulle braccia e l'aveva vista
addormentarsi dolcemente, con il sorriso sulle labbra? Quante volte
Harry aveva visto l'espressione contenta di Lucienne davanti ad un
frozen yoghurt con gli arachidi?
Avevano passato tanti di quei momenti belli insieme, loro due. Si erano
conosciuti quasi per caso, in una calda giornata d'agosto, davanti ad
una gelateria del centro. Lui aveva un perfetto accento inglese che
Lucy aveva amato sin da subito e lei era la classica francese con una
baguette calda sotto il braccio e una gomma della bicicletta sgonfia.
Di norma ricontrollava sempre le ruote prima di uscire, spinta dai
rimproveri severi di suo Carl, suo padre, ma quella calda mattina presa
dalla fretta di comprare il pane per il pranzo con i suoi nonni, non
l'aveva fatto, e si era ritrovata in difficoltà davanti ad
una delle gelaterie più famose di Parigi. Purtroppo non
abitava lì vicino e si sarebbe dovuta trasportare la
bicicletta - quasi più pesante di lei - per tutta la
città, se un inglesino del Cheshire, con un cappello molto
alla Frank Sinatra e una camicia bianca con delle sottili righine
azzurre non l'avesse fermata e aiutata.
«Hai
bisogno di una mano?» aveva domandato con un francese
stentato Harry, sfoderando un sorriso degno della copertina di un
giornale di alta moda. Senza aspettare una risposta, il riccio le si
era avvicinato e si era chinato sulla bici, cercando di analizzare il
danno subito alla ruota.
«Non
sei di qui, vero?» aveva chiesto Lucienne, arrossendo
violentemente subito dopo, quando Harry l'aveva guardata e le aveva
fatto l'occhiolino.
«Vengo
dall'Inghilterra, sono qui in vacanza con mia sorella e mia
madre» aveva spiegato subito, afferrando il centro del
manubrio «dove
la porto, signorina?»
«Su
una stella!» Harry le aveva ricordato una famosa frase del
suo film preferito, quello per cui piangeva ogni volta e quello che
avrebbe visto dieci volte in una sola giornata: Titanic.
Avevano riso e scherzato per tutta la mattina, ed erano arrivati a casa
di Lucy appena in tempo per il pranzo con i nonni. Dopodiché
la mora l'aveva ringraziato e lui le aveva accennato un ennesimo
sorriso, prima di sparire tra la folla della domenica mattina.
Sospirò, ricordando il loro primo incontro e si mise di
nuovo a sedere, facendo scricchiolare per l'ennesima volta la sedia
d'antiquariato: prese una ciliegia dalla ciotola e aggiunse un altro
nocciolo ai cinque sul piattino. Harry mangiava sempre sei ciliegie
prima del tramonto; era una strana tradizione che Lucienne aveva
imparato a riconoscere come normale quando avevano cominciato a
convivere. Si erano conosciuti quando entrambi avevano diciotto e
diciannove anni e adesso che ne avevano ventidue e ventitré,
Lucy non desiderava altro che ritornare a quei tempi in cui ancora non
aveva l'incubo delle bollette da pagare ogni mese, del lavoro
stressante e della spesa da fare ogni giorno. Lucy voleva tornare ai
suoi diciotto anni per cancellare tutti quegli errori che avevano
portato Harry a fare ritorno nel Cheshire, lontano da lei e dalla loro
storia d'amore. Si, perché la loro era stata una reale
storia d'amore, come quelle dei film, quelle che tu guardi dal divano
di casa tua con in mano una ciotola di popcorn e dici che no,
coppie come quelle non possono esistere realmente. Loro avevano corso
come degli idioti sotto la pioggia e si erano rifugiati sotto la Torre
Eiffel di venerdì notte, insieme erano andati al Moulin
Rouge e avevano preso in giro quelle donnone vestite in maniera
disparata, avevano guardato le stelle sdraiati sull'erba bagnata dalla
rugiada e avevano mangiato tante fragole fino ad aver avuto una brutta
indigestione che li aveva tenuti in casa per una settimana.
Harry e Lucienne si erano amati sinceramente e nessuno dei due avrebbe
dimenticato l'altro per niente al mondo.
Lucy si ricordava ancora quando la sera, stretti nel letto singolo
della sua casa vicino Montmartre, si raccontavano tutti i loro segreti,
stringendosi addosso la coperta di lana e ridendo ogni qual volta uno
dei due raccontasse di una cosa buffa. La maggior parte delle volte era
lei a raccontare episodi divertenti, come quando durante il suo quinto
compleanno un bambino le aveva buttato la torta addosso, rovinandole il
vesitito con le rondini che tanto le piaceva.
«Ti
piacevano le rondini?» aveva chiesto curioso Harry,
avvolgendole un braccio intorno al collo e sfregandole il naso con la
punta del suo.
«Le
adoro tutt'ora» aveva risposto Lucienne, ignara del fatto che
il giorno dopo Harry sarebbe andato a tatuarsi due rondini sul petto,
in segno del loro amore.
Una lacrima le rigò improvvisamente il viso: le accadeva
spesso di piangere senza neanche rendersene conto; anzi, a dire il vero
le succedeva quasi ogni giorno, ogni volta che ricordava i momenti
passati insieme e le promesse che si erano fatti.
Non sapeva più cosa diavolo facesse Harry, non sapeva dove
era andato quando appena quindici giorni prima aveva sbattuto la porta
del loro appartamento con solo un Eastpack aperto in spalla. Sapeva
soltanto che un paio di giorni dopo era andato a trovare sua madre in
Cheshire - e l'aveva saputo proprio da quest'ultima, che l'aveva
chiamata di nascosto - ma nessuno si era poi più fatto
sentire. Di Harry le restava solo un foglio spiegazzato con le loro
iniziali intrecciate, un vecchio sopra di un pigiama e il tenero
ricordo delle ciliegie del tramonto. Nient'altro.
Sorrise, eliminando le tracce delle sue lacrime dalle sue guance e
guardando la sedia vuota di fronte a lei: la sedia dove Harry si
sarebbe seduto, una volta ritornato da lavoro. A quest'ora sarebbe
stato già lì, di fronte a lei da ben due ore e
avrebbe cominciato a raccontare di quanto il suo capo fosse fastidioso
e di quanto desiderasse formare un gruppo con i suoi amici, fare il
cantante e portarla in giro per il mondo.
Quindici giorni non erano poi tanti, c'erano persone che avevano
aspettato per molto più tempo di lei, ma Lucienne si sentiva
il peso di quelle trecentosessanta ore addosso come un macigno, e non
poteva far altro che aspettare, aspettare e aspettare seduta su quella
sedia a fissare la porta di legno chiaro.
Harry adorava vedere Lucienne dormire: adorava la forma corrucciata che
le sue labbra assumevano, come se stesse sognando qualcosa di
fastidioso; adorava altrettanto le sue piccole rughe - Harry le diceva
sempre che le erano spuntate perché sorrideva troppo, ma lei
stentava sempre a crederci e aveva comprato quaranta creme Garnier Anti
Age - attorno alla bocca e il leggero russo causato dalla posizione
scomoda in cui si ostinava a stare. La pancia completamente attaccata
al materasso, una mano sotto al cuscino, una gamba piegata e i piedi
costantemente coperti per paura di non si sa quale mostro che abitava
sotto il letto. Lucienne Delacroix era una ragazza strana, ma Harry era
sicuro di non aver conosciuto una persona più bella e
più sorprendente di lei.
Quindici giorni non erano tanti, pensandoci, non erano tanti neanche
per lui, ma abituato com'era a vederla e a stringerla ogni secondo,
quella distanza gli aveva lacerato il petto. Guardò il suo
petto abbassarsi e rialzarsi regolarmente e si chinò su di
lei, lasciandole un delicato bacio sulle labbra. Dopo aver capito che
Lucy non si sarebbe svegliata, posò l'Eastpack patchwork sul
termosifone, in cucina, e, dopo essersi tolto silenziosamente le
scarpe, si infilò lentamente nel letto accanto a Lucienne,
sicuro che quella volta sarebbe rimasto accanto a lei fino alla fine
dei suoi giorni.
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Okay,
non è che mi piaccia tantissimo com'è riuscita la
oneshot, ma avevo davvero davvero bisogno di scrivere qualcosa di
simile. Ho scritto di getto, non ho ricontrollato errori, non ho
riletto né niente, vi prego di non giudicare questa mia
scelta. Oggi non è stata una bella giornata e purtroppo non
sono dell'umore per fare niente, avevo voglia di scrivere su Harry e,
avendo un banner pronto e un'idea in cantiere da un paio di giorni ho
scritto ... e basta. Spero vi piaccia almeno un po', vi prego di farmi
sapere qualcosa :)
Un bacione,
Ari
ps. scusatemi se la gif è solo di Lily, ma non ho sbatta
neanche di caricarne un'altra di Harry.
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