Cara
S.,
credevi
davvero che le mie domande su Ask fossero fini a sé stesse? ♥
La prima cosa
che percepisce al suo
risveglio è la carezza lieve della sua mano liscia che scorre sul
suo petto nudo.
Di solito la
gente tende a nascondere
le proprie cicatrici per vergogna, e il mondo tende a non guardarle
per ribrezzo; Kazuya esibisce la sua con fierezza, perché è la
testimonianza della vittoria che ha riportato sull'inferno, e vedere
i suoi avversari guardarla con timore lo riempie di orgoglio. Credeva
che anche lei ne sarebbe stata spaventata; e, invece, quello squarcio
deforme non pare affatto intimorirla. Le sue dita ne seguono
lentamente il profilo, e la delicatezza reiterata di quel gesto lo fa
sentire inerme come un bambino.
Dopo anni
passati a combatterla
strenuamente, Kazuya Mishima ha di nuovo paura. Questa volta, però,
la responsabilità non è di suo padre e del suo sorriso crudele, ma
dello sguardo dolce di una donna come tante, che per lui è unica al
mondo.
Razionalmente,
sa di dover scappare. Ha
sacrificato ogni cosa per diventare finalmente forte, e Jun Kazama è
la debolezza che potrebbe mettere a repentaglio tutto.
Eppure, in
momenti come quello, in cui
sperimenta una tenerezza che credeva non avrebbe più provato dopo la
morte di sua madre, la sua mente formula pensieri che vanno contro
ogni logica. Ancora nel dormiveglia, pensa che forse le sue priorità
vanno riviste. Forza, vendetta e potere, gli ideali che ha perseguito
per tutta la vita, gli appaiono svuotati di tutto il loro
significato; forse, pensa, mentre i primi raggi di sole della
giornata gli pizzicano le palpebre chiuse, per quella donna vale
davvero la pena di rendere vano ogni sacrificio abbia mai fatto.
Si guarda
allo specchio e si trova
diverso.
Il suo viso,
sempre contratto nel
ghigno crudele che ha perfezionato negli anni seguendo l'esempio di
Heihachi, ha lasciato il posto ad un'altra espressione. Non sorride,
né ride; semplicemente, il suo volto è rilassato, forse solo un po'
incuriosito da quelle strane sfumature che legge nel proprio
riflesso.
Dovrà fare
sforzarsi di rimettere
addosso la maschera fredda e crudele di prima, altrimenti il mondo si
accorgerà che qualcosa in lui è irrimediabilmente cambiato; ma per
il momento c'è ancora tempo, così continua a studiarsi, stupendosi
della magia con cui Jun Kazama gli ha restituito il suo aspetto
originario, che pensava ormai del tutto cancellato dal demone che
alberga in lui.
E' un altro
mondo, quello che vede lei.
Lui si sforza
di apprendere, lei si
impegna ad istruirlo. Gli insegna a percepire colori diversi dai toni
scuri e sanguigni in cui è sempre vissuto, e a sentire suoni che non
si è mai soffermato ad ascoltare.
Gli fa cenno
di tacere e concentrarsi
sulle note melodiose intonate dagli uccelli che si nascondono tra le
fronde degli alberi. A Kazuya servono svariati secondi per cogliere
quella canzone; si è finto sordo per così tanto tempo da diventarlo
davvero.
Solo ora
capisce che il mondo non è
fatto solo dalle lotte di potere dei Mishima, ma che c'è molto di
più. Fino a quel momento ha creduto di vedere, senza sapere di
essere in realtà bendato; Jun ha rimosso la benda d'odio che copriva
i suoi occhi, senza che lui neanche se ne accorgesse. Sembra essere
sempre un passo avanti a lui, con i suoi sguardi silenziosi che lo
trafiggono per scoprire gli angoli più remoti del suo essere.
Kazuya, dal canto suo, non riesce ad essere tanto perspicace; la sua
luce l'abbaglia, costringendolo a socchiudere gli occhi. Ma va bene
così: prima o poi – spera – ci farà l'abitudine.
Non le serve
né un ritardo, né un
test di gravidanza per scoprirlo. Semplicemente, lo sente sin
da subito.
E' solo una
sensazione, ma Jun è
sicura di non essere in errore: l'istinto è sempre stato una delle
sue carte migliori, e non c'è nulla che abbia mai avvertito con
maggiore chiarezza, prima d'ora.
Decidere cosa
fare non è facile, ma
nemmeno difficile: sin sa subito non vede che una strada da
percorrere, per quanto impervia possa essere. Il vero punto di
domanda riguarda che cosa dire a Kazuya.
Non sa
prevedere la sua reazione: non
crede ne sarà dispiaciuto, ma di certo non si rallegrerà neppure.
Se già le cose prima erano complicate, questa altro non è che
un'ulteriore complicazione. E non può certo dimenticare l'ombra di
Heihachi, che incombe minacciosa tra di loro; un nuovo Mishima non
farebbe altro che alimentare il caos della loro faida familiare.
“Potremmo
sparire” propone un
pomeriggio, mentre accarezza l'avambraccio teso di Kazuya. “Quando
il torneo sarà finito, potremmo trovare un posto tranquillo in cui
sistemarci, lontano da tutto”.
“Sì” risponde
lui, senza spostare
gli occhi dal tramonto che stanno guardando insieme. “Quando
Heihachi sarà morto” precisa, prima che Jun possa tirare un
sospiro di sollievo.
Ed è allora
che capisce di non poter
ancora dargli quella notizia. Se sapesse di quel bambino, Kazuya non
proverebbe altro che una maggiore urgenza di regolare i conti; e Jun
ha paura, tanta paura, di dove lo condurrà quell'ansia di lasciarsi
alle spalle una volta per tutte la lotta con suo padre.
Anche in
questo caso, si tratta di un
presentimento, che però non lascia intendere nulla di buono.
Sa già che
non tornerà.
Il primo
giorno si sforza di pensare
positivamente e di ignorare il vuoto angosciante che alberga nel suo
petto dal loro ultimo saluto. Il secondo giorno, tenta di elaborare
spiegazioni razionali che reggano il confronto con la logica
conclusione che ha tratto dal suo mancato di ritorno.
Il terzo
giorno è lucidamente
rassegnata a ciò che già sentiva, e che ora vede confermato dai
fatti. Non piange, né si dispera; in fondo, sapeva già che questa
storia difficilmente avrebbe avuto un lieto fine, eppure ha voluto
comunque investirci ogni energia. E nulla è stato sprecato, pensa,
accarezzandosi il ventre. Non c'è tempo per sentirsi tristi o
sconfortati: l'attende la sfida più grossa della sua vita, e non può
– né vuole – tirarsi indietro per nessun motivo al mondo.
Gli anni
passano, la vita va avanti.
Jun guarda
suo figlio crescere e farsi
sempre più somigliante al padre; man mano che si avvicina
all'adolescenza il suo volto si fa più affilato e simile a quello
dei Mishima, conservando però anche i tratti somatici tipici della
famiglia Kazama. In quanto unica prova della breve unione clandestina
tra Jun Kazama e Kazuya Mishima, Jin racchiude in sé caratteristiche
dell'uno e dell'altra, sintesi perfetta di due opposti che sono
riusciti a conciliarsi per un breve periodo.
A volte Jun
non può fare a meno di
chiedersi cosa ne sarebbe stato di loro se Kazuya fosse tornato
vincitore da quell'ultimo scontro con Heihachi: si sarebbero davvero
ritagliati un piccolo angolo di pace in cui vivere insieme al loro
bambino, oppure la loro storia si sarebbe spenta in un lampo,
inghiottita da un'oscurità troppo
profonda perfino per lei?
Non arriverà
mai ad una risposta, ma
le piace comunque credere che, in un'altra vita, avrebbero potuto
crescere Jin insieme, e che sarebbe stata in grado di restituire a
Kazuya quella pace interiore che gli è stata strappata via troppo
presto.
In
fin dei conti, speculare su ciò che
sarebbe potuto essere non è di nessuna utilità. Dà il buongiorno a
Jin, che entra in cucina con la divisa ancora da abbottonare, e
pensa, come ogni giorno, che non potrebbe chiedere di più alla vita.
Non ha rimpianti.
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N/A:
Ne
vengo da una lunga pausa scrittoria dettata da cause di forze maggiori
(esami), perciò sono consapevole di essere un po' arrugginita. Però ci
tenevo davvero tanto a fare un regalo di compleanno alla bellissima Columbrina,
e spero che possa apprezzare comunque questa storia ♥
Sono anche consapevole di aver proposto una visione forse leggermente
più "romantica" del solito del rapporto tra Jun e Kazuya, ma questa
volta ho voluto esplorare i momenti che nel gioco vengono
volontariamente lasciati alla nostra immaginazione, dando vita alle più
disparate interpretazioni. Ai posteri l'ardua sentenza XD
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