Questa
storia potrebbe intitolarsi "Cara S., pensavi davvero che le mie
domande su Ask fossero fini a sé stesse?" pt 2;
oltre che a Columbrina, che oggi compie gli
anni, voglio dedicarla anche a Vivy; senza le loro discussioni
sul forum,
non sarei mai arrivata a scrivere quanto ho scritto, né a shippare
questa coppia! Altre note in fondo :D
E' stata
un'idea di Snow.
Tornare a
Nuova Bodhum, nella casa dove
avrebbero dovuto vivere insieme e dove invece hanno trascorso ben
pochi momenti; normalmente Lightning si sarebbe opposta strenuamente
ad una proposta simile, ma vederlo dopo tanto tempo aggrapparsi a
qualcosa di diverso dall'autodistruzione l'ha convinta a chiudere gli
occhi.
Solo una
pausa, si dice. In
fondo ha salvato il mondo – di nuovo – si merita almeno un
attimo di tregua.
Ma tra i
fantasmi non esiste riposo. In
ogni trave di quella graziosa abitazione aleggia la presenza di
Serah. La vede in ogni angolo anche se, entro quelle mura, ha
condiviso con lei solo il tempo di un sogno; per Snow, che ha eretto
con la forza delle proprie braccia le fondamenta della casa, con il
fermo proposito di piantarvi finalmente le radici della famiglia che
ha sempre desiderato, l'agonia dev'essere ancora maggiore.
Perlopiù,
passa le sue giornate
nell'inerzia quasi totale, alzandosi presto e sedendo al lungo sul
pontile. Anche se ha smesso i panni di governatore, continua a
vestire di nero, in perenne ostentazione di un lutto che non ne vuole
sapere di cicatrizzarsi.
I liquori, in
dispensa, non mancano
mai. Spesso capita che dividano insieme una bottiglia, sedendo in
silenzio in cucina, senza guardarsi, nonostante siano proprio l'uno
di fronte all'altra.
Nel lavandino
si ammassano le stoviglie
di pasti improvvisati per puro istinto di sopravvivenza; Light non è
mai stata portata per la cucina, è sempre stato appannaggio di
Serah. Snow, d'altro canto, aveva un paio di cavalli di battaglia con
cui farsi valere ai fornelli, ma le sue membra fiaccate dal rimorso
non contemplano neppure il pensiero di dedicarsi ad un'attività così
familiare.
Così vanno
avanti di giorno in giorno,
in una strana routine che ha nella sua irregolarità un che di
confortante; e ogni giorno Lightning si dice che quello è l'ultimo,
e che presto torneranno alla loro ricerca, ma ogni volta che prova a
parlarne a Snow le sue parole cadono nel vuoto.
“Dobbiamo
riprendere a cercarla”.
“Sì” la sua
risposta è il sorriso
caritatevole di un adulto che non vuole infrangere le speranze di un
bambino. “Domani, però”.
La sua
compassione le fa montare la
stessa rabbia che provava appena dopo essersi scoperta l'Cie.
Vorrebbe poter prenderlo a pugni, ma picchiare lo Snow pieno di
idealismo e speranze di un tempo era assai più facile e
soddisfacente; se lo colpisse ora, probabilmente finirebbe col
mandarlo in frantumi. E' una carcassa vuota che si trascina
stancamente dall'oggi al domani, e non attende altro che la morte.
Quand'era
perso nelle sue missioni
impossibili, Snow poteva sopravvivere a qualsiasi impresa folle
decidesse di intraprendere, non importa quanto sembrasse pazzo agli
occhi di chi lo osservava dall'esterno; ora, invece, Light ha bisogno
di supervisionarlo costantemente per riuscire ad addormentarsi la
notte.
Le loro
stanze sono attigue, e lei non
riesce a chiudere occhio finché non lo sente smettere di rigirarsi
nel letto, facendo scricchiolare le doghe. Ci sono notti in cui Snow
si alza all'improvviso ed esce; lei lo segue con lo sguardo dalla
finestra, restando al buio per dargli l'impressione che i suoi sforzi
per scivolare fuori di casa in silenzio siano andati a buon fine.
Serah,
perché mi hai lasciato da
sola a preoccuparmi per questo imbecille?, si chiede, tornando a
letto con un sospiro. Che si prenda cura di Snow solo per senso di
responsabilità nei confronti di sua sorella è una delle tante mezze
verità che dice a sé stessa; ma va bene così, perché quando Serah
tornerà, potrà restituirle il fidanzato dicendo di avergli fatto da
balia, e ne rideranno tutti insieme, come mai sono riusciti a
fare.
Perché Light
ne è convinta:
riporteranno indietro Serah e tutto tornerà magicamente a posto.
Snow tornerà quello di prima, il testardo idealista che ha mal
sopportato per tanto tempo, e che ora le manca da morire.
Non sopporta
di vedere i suoi occhi
così tristi – spenti – né le sue ampie spalle sempre
ricurve, piegate da un fardello troppo pesante perché se ne possa
disfare. Più di ogni altra cosa, però, non sopporta la
condiscendenza con cui la guarda ogni volta che parla di salvare
Serah.
E' come se i
ruoli si fossero
completamente capovolti: ora è Lightning la paladina delle missioni
impossibili, e Snow lo scettico disilluso che la guarda con
compassione – perché è troppo buono per distruggere le sue
speranze con la brutalità che lei gli ha riservato a suo tempo. Quel
nuovo ruolo le sta scomodo; non è tagliata per essere quella che fa
coraggio agli altri, e non arrendersi, nonostante la mancanza di
supporto da parte di Snow, è sempre più difficile. Ma non può
darsi per vinta, deve credere per due proprio come ha fatto lui
quando lei si sentiva persa per sempre; glielo deve.
Così continua
ad alzarsi ogni mattina
a Nuova Bodhum e a prestarsi pazientemente a quella farsa che portano
avanti ormai da troppo tempo, in attesa che Snow si renda conto una
volta per tutte che quel posto non ha più niente da offrirgli, e che
devono andare avanti con la loro ricerca.
Forse a degli
estranei la loro potrebbe
sembrare la normale vita di una giovane coppia; Light si è scoperta
più tollerante di quanto pensasse, arrivando persino a lavare anche
i vestiti sporchi che Snow lascia in giro e provvedendo alle faccende
di casa con crescente solerzia.
Si trova
addirittura a pensare, un
giorno, che quella vita che ha sempre disprezzato ed etichettato come
non adatta a lei non è così male; ma subito il suo pensiero torna a
Serah, perché quella è la vita progettata per lei, e Lightning ne è
solo l'ospite temporanea.
Per questo
innaffia i fiori sulla
veranda, e spolvera le mensole dell'ingresso, per questo non smette
di fissare Snow con sguardo apprensivo: vuole restituirle tutto come
l'ha lasciato. Forse, in questo modo, potrà alleviare il senso di
colpa che prova.
Fermarsi a
pensare sarebbe la fine. Non
è stata forse lei a spingere Serah ad intraprendere quel viaggio nel
tempo che, con le sue continue distorsioni, l'ha privata a poco a
poco della vita?
Non può
reggere l'inequivocabilità
della sua colpa. A differenza di Snow, non è capace di fare i conti
con i propri errori; e di errori, in quanto sorella, non ha fatto
altro che accumularne a quintali. Prima l'ha lasciata sola nel
momento del bisogno, poi l'ha coinvolta in una missione mortale; e
pensare che, sin dalla più tenera età, il suo unico desiderio è
sempre stato quello di proteggerla.
“Io l'ho
lasciata sola” dice Snow,
quando gli espone con rabbia tutti i suoi rimorsi – ha bisogno di
parlarne con qualcuno, e lui è l'unico che possa capire. “Siamo
entrambi responsabili”.
“E allora
rimediamo entrambi ai
nostri errori!” sbotta lei, quasi gridando. Lo afferra per un
polso, costringendolo ad ascoltarla. “La morte di Serah è connessa
ad Etro. Non è stata una morte naturale, e ciò significa che ci
dev'essere un modo per portarla indietro!”
Le
motivazioni che esibisce sono le
stesse di sempre, e lo stesso di sempre è lo sguardo impassibile di
Snow, in cui riesce a scorgere solo la solita irritante compassione
nei suoi confronti.
“Serah non
c'è più” sussurra. “E'
andata via per sempre”.
E' la prima
volta che lo dice a voce
alta, anche se il suo tono è appena udibile, e Lightning ne resta
spiazzata; prima d'ora non l'aveva mai contraddetta così
apertamente, si era solito limitato a scuotere la testa e lasciar
cadere il discorso. Resta a corto di parole, mentre lui si ritira in
camera da letto senza dire niente.
Quella notte,
nessuno dei due dorme, e
la mattina dopo guardarsi negli occhi è ancora più difficile.
Lightning
torna alle solite
occupazioni, ripromettendosi di aspettare un po' di tempo prima di
risollevare di nuovo l'argomento. Forse, nel frattempo, Snow
ripenserà alle sue parole, e si renderà conto di quanto il suo
ragionamento suoni ragionevole. E, anche se così non fosse, dare il
tutto per tutto in cerca di un modo per riportare in vita Serah è
sempre pur meglio di sprofondare in un'inerzia domestica che ha del
ridicolo; quando lo scopre addormentato sul divano per l'ennesimo
pomeriggio, mentre lei è intenta a lavare il pavimento della
veranda, perde per la prima volta le staffe.
“Ti vuoi
decidere a fare qualcosa?”
gli dice seccata, dopo averlo svegliato schizzandolo d'acqua fredda.
“Non posso fare tutto io, in questa casa”.
Si rende
conto da sola di quanto
assurde suonino quelle frasi, dette da lei; eppure Snow non pare far
caso a quanto sia strano sentirla parlare come una vecchia moglie
bisbetica, e da quel momento comincia a dare il suo contributo in
casa.
Qualche sera,
addirittura, cucina
persino uno degli Snow Villiers Special di cui si pavoneggiava
davanti a Serah, e che ora – naturalmente – mette in tavola con
decisamente meno entusiasmo; ma il gusto è buono, e Lightning è
contenta di non dover cucinare. Vederlo più attivo le fa sperare che
prima o poi tornerà sui passi, e si rimangerà quanto detto; chissà,
forse il suo inedito impegno casalingo è proprio il suo modo di
scusarsi per essere stato così indelicato.
Anche l'alcol
si riduce
consistentemente. Snow tira fuori la bottiglia con molta meno
frequenza, così come si fanno più sporadici i suoi vagabondaggi
notturni sulla spiaggia.
Lightning
comincia a convincersi che
uno scossone fosse proprio ciò che serviva. Anche il suo umore
migliora, mentre si rafforza in lei la certezza che manchi ormai poco
a un completo ravvedimento di Snow. Evita di riproporre l'argomento
che prima tirava fuori a cadenza giornaliera, sicura che prima o poi
sarà lui a farlo.
Serah, sta
migliorando, mormora
tra sé e sé, senza poter trattenere un sorrisino soddisfatto.
Nonostante i suoi occhi siano sempre terribilmente spenti, come due
cocci di vetro, Snow a tratti torna a farsi più affabile. Un giorno,
a pranzo, arriva persino a criticare con le solite prese in giro
bonarie l'ultima pietanza improvvisata da Light, e lei deve sforzarsi
immensamente per rispondere a tono, e non sorridere felice per
vederlo imitare anche solo pallidamente il suo vecchio sé.
Capisce che
quello speso a Nuova Bodhum
non è tempo perso; dopo aver toccato il fondo, Snow si sta
ricostruendo. Le sue rare ma sempre più costanti risate le stringono
sempre il cuore.
Prendono a
comportarsi meno da
estranei, e a passare più tempo insieme. Molte sere restano fino a
tardi sul divano, a lasciare che il brusio indistinto della
televisione riempia un silenzio malinconico che altrimenti
condurrebbe i loro pensieri a Serah, riportandoli allo stallo
iniziale.
All'inizio
Lightning non lo nota, ma
poi si accorge che Snow ha preso l'abitudine di giocare con i suoi
capelli, e che lei si appoggia alla sua spalla senza neanche farci
caso. Realizzarlo le ghiaccia il sangue nelle vene per alcuni
istanti, duranti i quali si sente la peggiore delle traditrici, ma
poi si rilassa, pensando che lei e Snow non sono altro che due vecchi
amici che si appoggiano l'uno all'altra per tirare avanti –
un'altra delle tante bugie che si racconta.
Così lascia
correre, cercando di non
darvi peso, e integra anche quel gesto nella loro routine sempre meno
sballata. A dispetto del nome, Snow è caldo, e il suo abbraccio più
di una volta la induce a chiudere gli occhi per abbandonarsi a un
dormiveglia inquieto. Il suo corpo, appoggiato a quello di lui, non
può fare a meno di irrigidirsi in uno stato di tensione che ormai
conosce troppo bene.
Una sera,
credendola addormentata
quando in realtà sta solo sonnecchiando, Snow la prende con
delicatezza in braccio, trasportandola fino alla sua stanza; Light
evita di proposito di mostrarsi più sveglia di quanto non sembri, e
si lascia adagiare sul letto per evitare l'imbarazzo di un confronto.
Lo sente
restare in piedi a guardarla
per interminabili istanti, finché non finisce ad addormentarsi per
davvero; nel sonno, le pare che qualcuno le posi un bacio sulla
fronte, ma al risveglio vuole credere che si sia trattato solo di uno
scherzo della sua immaginazione. Snow non ne fa cenno, così anche
lei si risolve a far finta di nulla, e continuare a comportarsi come
se niente fosse.
Qualche
giorno dopo, le arriva un
messaggio di Hope, che chiede loro notizie. Solo grazie al suo tono
preoccupato Lightning si rende conto che è passato davvero molto più
tempo di quanto non credesse; si erano stabiliti lì con l'idea di
fermarsi solo un paio di settimane, e invece sono già passati mesi.
Risponde, dopo averci riflettuto sopra per mezza giornata, che va
tutto bene, ma che Snow ancora non se la sente di riprendere la
ricerca; chiede a Hope di tenerla aggiornata, in caso le sue ricerche
portassero a qualche novità, e gli promette di farsi sentire a sua
volta presto.
Non menziona
a Snow quello scambio,
perché le pare di buon umore e non vuole guastare la giornata con
l'ombra della morte di Serah; inoltre aspetta ancora che sia lui a
tirare in ballo l'argomento, ed è convinta che lo farà presto.
All'improvviso
si rende conto che, per
la prima volta dai tempi del suo ingresso all'accademia militare, non
combatte né si allena da settimane; all'inizio della loro permanenza
lì, era solita ritagliarsi un paio d'ore in cui andare a caccia di
mostriciattoli, giusto per tenersi in forma, ma l'abitudine è andata
perduta man mano che la situazione a casa si faceva più tranquilla.
La sua spada è riposta in un angolo, con la lama da affilare, e i
suoi abiti da battaglia hanno ceduto da molto il posto a capi più
pratici e domestici; persino i capelli le sono cresciuti un po',
tanto che a volte si trova a costretta a raccoglierli perché non le
siano d'impiccio.
Ed è proprio
una sera in cui tiene i
capelli legati e gli dà le spalle, intenta a lavare le stoviglie
della cena, che lui le si avvicina all'improvviso e l'abbraccia,
circondandole le spalle con le braccia forti.
Lightning
sostiene il suo peso senza
dire niente, continuando a sciacquare il piatto appena insaponato; ha
imparato ad essere indulgente – verso di lui e verso sé stessa.
Aspetta
pazientemente che Snow la
liberi da quella stretta e torni al suo posto a tavola, ma lui sembra
ostinarsi a non volerla lasciare andare.
“Smettila”
mormora lei, al limite
dell'insofferenza, quando si sente posare un bacio tra i capelli.
“Smettila” ripete, con più convinzione, sforzandosi di
rispolverare il tono che usava con i sottoposti nel Corpo di Guardia.
Questa volta
il suo comando va a segno,
e Snow si allontana di un passo, restando comunque troppo vicino.
“Perché?”
chiede.
“Lo sai
perché” ribatte Lightning,
stizzita.
Lui sospira,
e nel giro di una frazione
di secondo torna sul suo viso l'espressione compassionevole di un
tempo.
“Credevo
avessi capito, ormai”
dice, e sembra all'improvviso stanco, molto più vecchio di quanto
non sia. “Credevo ti fossi rassegnata”.
“E io credevo
stessi tornando in te!”
urla Lightning. Sbatte con violenza un piatto sul bordo del lavello,
e lo manda in pezzi; nessuno dei due si muove per raccogliere i
cocci.
“Pensavo ti
piacesse, stare qui con
me” riprende lui dopo una pausa che sembra interminabile,
abbozzando un sorriso che le fa venir voglia di piangere. Perché,
con la sua semplicità disarmante, Snow riesce sempre ad arrivare
dritto al punto, e a sbatterle in faccia tutto quello che lei si
ostina a negare a sé stessa.
Ha ragione:
con lo scorrere dei giorni,
ha finito con l'abituarsi a quella vita, sforzandosi di pensare alla
ricerca di Serah solo per attenuare il suo senso di colpa. La verità
è che l'idea di fermarsi davvero, per sempre, l'ha sfiorata più di
una volta; ha a portata di mano un'opportunità di vita che credeva
non si sarebbe mai concessa, e lottare contro l'impulso di arrendersi
ai desideri che si ostina a soffocare si fa sempre più pressante.
Snow è
proprio lì, davanti a lei;
lasciarsi cadere finalmente tra le sue braccia, trovando palliativo
alle loro pene, sarebbe fin troppo facile. Sa che anche lui lo vuole,
e da tempo.
Eppure non
può. Cedere ora
significherebbe ammettere una volta per tutte che Serah è morta,
persa per sempre, e lei non vuole – non può – farlo.
Dalle braccia di Snow non c'è ritorno, e Lightning, invece, vuole
dare il tutto per tutto per riportare le cose allo stato di un tempo.
Si allontana
bruscamente, chinandosi a
raccogliere i cocci del piatto senza curarsi di pungersi.
Snow resta in
piedi, fermo, senza dire
nulla per molto tempo.
“Hai i suoi
capelli” sussurra poi,
quando lei si rialza; gli trema la voce, e solo allora Lightning si
rende conto che i suoi progressi erano dettati unicamente dalla
convinzione di aver trovato un surrogato della sua fidanzata perduta.
Prima di quel momento non l'aveva mia voluto notare, ma, con quei
vestiti femminili e i capelli raccolti, assomiglia a Serah più di
quanto abbia mai fatto; e Snow ha imparato a sovrapporre le due
immagini, accarezzandole i capelli con l'illusione che fossero quelli
di sua sorella. Probabilmente le vuole bene come Lightning, ma il suo
desiderarla è conseguenza unicamente dell'assenza di Serah;
realizzarlo le fa male, ma serve anche a restituirle la
determinazione persa in quei mesi.
“Domani ce ne
andiamo” sentenzia.
“Hope mi ha mandato la mappa di nuovo sito da esplorare in cerca di
qualcosa di utile. Partiremo domattina stessa, usando il portale
nella radura”.
Il suo tono
non ammette repliche, e
Snow non ne muove; probabilmente sa da solo che dopo quell'incidente
niente potrebbe essere più lo stesso, in quella loro sciocca farsa
matrimoniale.
Prende atto
della sua decisione
guardandola con lo stesso insopportabile sguardo di sempre, e si
ritira presto nella sua stanza per raccogliere i pochi effetti
personali.
I muscoli
tesi di Light cominciano a
rilassarsi solo dopo diversi minuti di solitudine, e sospira piano,
come a volersi liberare una volta per tutte di uno dei tanti pesi che
le opprimono il petto. Anche lei impiega il resto della serata a
preparasi per la partenza; smette una volta per tutte i panni della
donna di casa, e indossa di nuovo quelli assai più consoni di
guerriera. Affila la lama del gunblade e quella del coltello
regalatole da Serah, per poi usarlo per accorciare i capelli troppo
lunghi.
Ancora, però,
non le sembra
sufficiente, così decide di prendere provvedimenti ancora più
estremi.
Il mattino
dopo, quando si chiude
definitivamente la porta di casa alle spalle, ripromettendosi di
farvi ritorno solo con la sorella, i suoi capelli non sono più della
tenue sfumatura rosata che entrambe hanno ereditato dalla madre; il
nero del lutto soffoca il suo patrimonio genetico, stabilendo una
volta per tutte la differenza tra lei e Serah davanti agli occhi
stanchi di Snow. Ora, come lui, anche Lightning porta addosso il nero
del lutto, il peso dei propri errori, e continuerà a farlo finché
non avrà salvato sua sorella. Fino a quel momento, non si darà
pace.
“Andiamo”
dice a Snow, e lui la
segue scuotendo le spalle.
Non smetterà
di tenerlo d'occhio, ma
non commetterà l'errore di lasciarsi andare; così, quando Serah
tornerà a casa, tutto sarà di nuovo com'era un tempo. Ne è sicura.
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N/A:
Dunque. Questa storia si ambienta in un ipotetico post Lightning
Returns: visto che della trama del terzo capitolo ci ho ancora capito
poco, mi sono limitata a ipotizzare che Lightning abbia sventato il
pericolo della fine del mondo e abbia ripreso a viaggiare nel tempo
attraverso i portali, come in Final Fantasy XIII-2 facevano Noel e
Serah, potendo quindi tornare anche alla sua epoca d'origine. Per
quanto riguarda Snow, ho cercato di caratterizzarlo con la tinta più
dark che si nota dall'ultimo trailer, senza però dimenticare il suo
animo fondamentalmente buono. Spero di non essere andata OOC e spero
che questa storia possa piacere, anche se ovviamente quando uscirà il
gioco tutto questo si rivelerà assolutamente infondato.
Specifico che questa, in origine, avrebbe dovuto essere una
flashfiction, e invece mi sono ritrovata a scrivere 3000 parole
sostanzialmente in una notte XD Insomma, alla fine ho scritto un papiello (cit.), ma spero che la
Colu apprezzi ugualmente :)
Quasi dimenticavo! Questa storia
partecipa alla challenge 12_teas,
con prompt Black.
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