Sounds Of The Universe

di gig_gig
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NdA Questa FF segue la mia precedente La salute non è tutto, ma senza salute tutto è niente.
FF in cui ho introdotto due figure del passato di Neal, la madre e un fratellastro più giovane nato dal secondo matrimonio della madre di Neal.
Mi è stato fatto notare che non ho approfondito maggiormente il rapporto tra Neal e Karl.
Io in realtà ho ragionato seguendo il pensiero di Neal, o meglio quello che io penso sia il suo pensiero, ovvero che lui non vuole che ci sia un rapporto tra loro.
Neal è sempre stato tenuto lontano da quella che era la nuova famiglia di sua madre e quindi sente di non farne parte e di non avere diritto di pretendere niente da loro né di meritarsi di stare con loro, pur lui volendo molto bene sia ad Eveline, sua madre, che a Karl, suo fratello.
Dopo però l'appunto fattomi da Ma_AiLing ci ho ripensato chiedendomi invece cosa potesse pensare Karl di tutto questo e così è nata questa nuova FF in cui non ci sarà nessun caso, nessuna azione, rapimento, sparatoria.
Una FF più introspettiva in cui verranno svelati nuovi particolari del passato di Neal, e verranno approfonditi i sentimenti di Neal e di Karl.
Spero non diventi un puppone sentimental noioso…

 
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Sounds Of The Universe

I can corrupt you
It would be easy
Watching you suffer
God, it would please me


La voce di Dave Gahan, così profonda, così suadente, occupava tutto lo spazio dell'abitacolo dell'auto fino arrivargli dentro nell'anima.

I wanna touch you with my little finger
I know it will crush you my memory would linger
You’d be crying out in pain
Begging me to play my games


Karl era lì da almeno due ore, seduto in macchina ad aspettare, fuori dal 26 di Federal Plaza. Stava aspettando, il suo era un appostamento, il suo primo appostamento. Per ammazzare l'attesa si era portato diversi cd dei Depeche Mode e un libro che si era ripromesso di leggere mesi addietro quando lo aveva comprato in libreria ma che non aveva ancora avuto tempo di iniziare. The Wind Through The Keyhole Paperback di Stephen King.
Il tempo non sembrava scorrere mai e iniziava a sentire i muscoli tutti rigidi, aveva voglia di uscire dalla macchina e sgranchirsi un po' ma non voleva essere notato. Cercò di concentrarsi sulla lettura. Dovette attendere almeno un'altra ora, poi lo vide uscire dell'edificio e incamminarsi a piedi.
Karl scese dalla macchina e lo seguì, cercando di stare a distanza, ma senza allontanarsi troppo per evitare di essere scoperto o di perderlo nella confusione di persone che, soprattutto verso le cinque di pomeriggio, affollano i marciapiedi di New York.
Karl si stupì, nonostante il forzato immobilismo, di quanto fosse divertente fare un appostamento e un successivo inseguimento.
Pur essendo una cosa seria, era divertente come se stesse giocando ad un qualche video gioco, con la differenza, però, che ora era tutto dannatamente reale.
Aveva già provato questa sensazione prima, una volta, quando faceva lo stage alla Greenhill e aveva scoperto i bilanci falsi, chissà, forse, dopo l'università avrebbe potuto fare domanda all'FBI. Non era proprio quello che i suoi genitori avevano immaginato per il suo futuro, ma alla fine lo avrebbero accettato, come tutte le sue scelte fatte finora.
Improvvisamente si rese conto che non lo vedeva più. Si fermò, si guardò tutto intorno, poi iniziò a correre fino a dove l'uomo era scomparso, dannazione, aveva fatto così attenzione, proprio perché questo non succedesse. Si fermò di nuovo e si guardò attorno. Come aveva fatto a perderlo, ora doveva ricominciare tutto da capo, domani un altro appostamento, ci avrebbe provato e riprovato fino a che non fosse riuscito nel suo intento.
Si girò e tornò indietro per tornare alla macchina.
Aveva percorso alcuni metri quando una voce alle sue spalle lo fece trasalire.
"Perché mi stavi seguendo?".
Karl si girò, i loro occhi si incrociarono. I suoi occhi erano di un blu così profondo da perdercisi dentro. Come aveva fatto a non riconoscerli prima?
"Sapevo dove lavoravi, ma non dove abitavi".
"Perché vuoi sapere dove abito?".
La sua voce sembrava dura, ma il suo sguardo era quasi divertito.
Karl si sentiva un po' intimorito, non perché Neal Caffrey gli mettesse paura, ma perché era da tanto che si immaginava come sarebbe stato rivedere suo fratello e ora che ce lo aveva davanti gli veniva difficile trovare le parole.
"Lo so chi sei, il biglietto che mi hai lasciato…".
"Io non ti ho lasciato nessun biglietto!".
"Senti, magari non sono abbastanza in gamba da seguirti, ma non sono stupido, dalla prima volta che ti ho visto, al parcheggio, ho sentito qualcosa, anche se non ho capito cosa fosse… fino alla gara… quando ho trovato il biglietto che mi hai lasciato e finalmente quel qualcosa è diventato chiaro. Tu sei mio fratello Danny!".
"Beh, sai, seguire me non è una cosa semplice, neanche gli agenti dell'FBI ci riescono se io non voglio, quindi non pensare di non essere in gamba… e in ogni caso lo so che tu non sei stupido… ma Danny è morto anni fa, anzi ad essere esatti lui non è mai veramente esistito… lascia perdere, torna alla tua vita e non pensare più a me".
Neal stava per girarsi ed andarsene.

"NO!".

Karl lo aveva urlato quel no perché non voleva, non poteva lasciarlo andare, di nuovo.
Vide che Neal si era bloccato.
Poi lo vide girarsi, sorridere, e dire "Va bene, vuoi vedere dove abito… vieni… camminiamo!".
Karl lo seguì, avrebbe voluto dire tante cose, ma durante tutto il percorso stette in silenzio, come d'altronde fece anche Neal.

Dopo circa un quarto d'ora arrivarono davanti ad una casa a dir poco bellissima.
"Io abito qui!".
"È… è tua?".
"No… è di una signora molto gentile che mi affitta il loft all'ultimo piano".
Entrarono e salirono di sopra.
"Entra, ora sai dove abito!".
"Ora so dove venirti a trovare!".
"Trovare? Non credo proprio! Vuoi qualcosa, acqua, vino, non ho birra".
"Acqua, grazie, non posso bere alcolici".
Neal prese un bicchiere dalla dispensa, lo riempì d'acqua e glielo porse, poi si versò un bicchiere di vino per lui.
"Vorrei chiederti tante cose…" disse Karl.
Karl si stava guardando intorno, era entrato nel mondo di Danny, anzi di Neal, ed era proprio come se lo aspettava, in fondo il suo Danny esisteva ancora.
"Vedo che l'arte ti appassiona ancora" disse indicando il cavalletto.
"Non potrei mai smettere di amarla".
"Sai, quando sei sparito, ho pensato che la tua voglia di fare l'artista avesse avuto il sopravvento sulla tua idea di diventare poliziotto, ti vedevo artista squattrinato, magari a Parigi, o a Londra…".
"Quando me ne sono andato, beh, squattrinato lo ero e non potevo certo permettermi un biglietto aereo, quindi sono venuto a New York in autostop…".
"Perché te ne sei andato?".
"È una storia lunga…".
"Non importa, ho tempo!".
"Non è il caso!".
"Non è il caso di cosa?!".
"Non devi pensare che io non ti abbia voluto bene, lo sai che non è così, e lasciare te forse è stata la cosa più difficile che abbia fatto, quando me ne sono andato era molto arrabbiato con Ellen e con Eveline, ma tu non centravi niente, tu eri il mio fratellino e farti soffrire non era mia intenzione… Però l'ho fatto, me ne sono andato, ho lasciato te, la mia vecchia vita, tu sei andato avanti e io sono andato avanti, come doveva essere e come dovrà continuare ad essere. Io non ho mai fatto veramente parte della tua famiglia e non ho nessun diritto di farne parte ora!".
"Perché?".
"Perché tu non hai bisogno di me, sei cresciuto alla grande e io finirei solo di incasinarti la vita!".
"Perché????". Questa volta Karl aveva quasi urlato.
"Perché se non lo hai capito io non sono un buon esempio, sono un falsario, un truffatore, un ladro, sono stato in prigione e ci sarei ancora se Peter non mi avesse dato un'opportunità, però porto una cavigliera elettronica!".
"Ma lavori con l'FBI".
"Sono un consulente e lo sono solo perché così sto fuori di prigione".
"Hai ucciso qualcuno?".
"No!".
"Allora non mi importa quello che sei o sei stato, io so che tu sei mio fratello, che per troppi anni siamo stati lontani e che ora che ti ho ritrovato, non voglio lasciarti andare, semplicemente perché tu pensi di incasinarmi la vita!".
Neal andò a sedersi fuori sul terrazzo. Karl lo seguì.
"Non ti dai per vinto tanto facilmente vedo!".
"No! Non per le cose a cui tengo…".
"Io però non cambio idea!".
"Quindi…".
"Quindi ora è meglio che tu te ne vada, torni alla tua vita, hai delle gare da preparare, l'università, la tua famiglia".
"Non puoi dire così! Anche tu sei la mia famiglia e io non me ne vado, non prima che tu mi abbia dato delle risposte".
"Ora non ho voglia di interrogatori… quindi, se proprio non te ne vuoi andare, possiamo cenare insieme… diciamo come amici!".
"Ok! … Amico!".
Neal e Karl rimasero così, seduti uno di fronte all'altro, forse per un attimo forse per una vita, ognuno immerso nei propri pensieri.




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