Lupin III - Solitudine apparente

di Fujikofran
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 photo 1384721_168624453344072_1651403622_n.jpgdisegno originale by Monicasuke


Madrid, tempi di oggi



La temperatura si stava facendo mite, non solo perché fosse primavera inoltrata, ma anche per una strana stabilità che stava caratterizzando il periodo, in tempi di clima impazzito e di mancanza delle cosiddette mezze stagioni.
Daisuke Jigen, seduto all’esterno di un bar della capitale spagnola, beveva il solito bourbon e fumava una delle sue affezionate Pall Mall. Si trovava lì per chiudere i conti con un amico di vecchia data, che era in debito con lui per un favore che sembrava di poca importanza. Invece no, perché quel favore aveva permesso a Jigen di mettersi l’anima in pace per un po’. Per un bel po’… Era trascorso diverso tempo da quando aveva portato a termine l’ultimo incarico insieme a Lupin, che, ormai da 10 anni, si trovava rinchiuso in un carcere di massima sicurezza di cui non si sapeva nulla, un luogo segreto utilizzato soprattutto dalla polizia internazionale, di cui faceva parte Zenigata, che, due anni dopo l’arresto dell’imprendibile ladro, era morto di infarto. Si diceva fosse accaduto per il dolore per la detenzione di Lupin o perché, semplicemente, avesse fin troppo trascurato la sua salute per il lavoro. Anche Goemon non era più della banda, da quando si era sposato con una donna molto più giovane, da cui aveva avuto tre figli. Però i contatti, con lui, erano rimasti e Jigen era contento di poterlo sentire per telefono, ogni tanto, anche se non aveva idea di come fosse il suo aspetto attuale. Di Fujiko, invece, non si era saputo più nulla, sparita, volatilizzata, ma di sicuro era in ottima salute.
Madrid stava iniziando a diventare monotona, per Jigen, che da circa tre anni viaggiava molto, più di quanto avesse fatto quando era giovane. Ormai non era lontano dai settant’anni, anche se li portava molto bene. Se un tempo mostrava un certo fascino, col passare degli anni sembrava migliorato e i capelli e la barba senza baffi brizzolati lo rendevano ancora più interessante. Infatti, ovunque andasse, c’era sempre qualche donna che lo guardava o si girava. E il target di età era sempre lo stesso: le trentenni con l’aria sognante e malinconica, a differenza di Goemon, che attraeva le liceali o di Lupin, che era l’idolo di quelle vivaci che amavano cacciarsi nei guai. Quante donne aveva avuto, Jigen, anche se poche davvero avevano contato, nella sua vita! Ne aveva perso il conto e l’ultima era stata la più importante, dato che era la madre della sua unica figlia, che ormai era adolescente. E, come se ci fosse una maledizione, la ragazza era rimasta orfana e viveva con sua zia. Quasi tutte le donne di Jigen poi morivano, per vari motivi. Qualcuna l’aveva uccisa anche lui. Ma quanta gente era perita per mano sua, in effetti, specie quando viveva in Usa e non aveva ancora cambiato nome? Era un pensiero che viveva fisso in fondo alla sua anima e che si faceva sentire con costanza. Sua figlia, poi, la vedeva poche volte l’anno, anche perché tra i due non c’era un rapporto splendido, dato che la ragazza non condivideva il modo di vivere di suo padre.
 




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