Peeta's Hunger games

di Nebbia4e
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Vennero davvero. Non Katniss, no. Era Gale e altre persone, con fucili e armi pericolose.
Se c’era Gale, lei sapeva dov’ero.
Cercai di scappare, di andarmene, ma uno di quegli uomini mi colpì sulla nuca e io svenni. Mi risveglaii su un letto d’ospedale, con le lenzuola candide e le macchie di umidità sul soffitto.
Sentii la sua voce, ma sapevo che era reale, che lei era lì.
L’Ibrido sapeva dove io fossi.
Si avvicinò, aprendo le braccia, ma io avevo visto quel gesto ipocrita innumerevoli volte, tanto da avere un senso di nausea, nel vederla. Appena lei mi cinse, io strinsi le dita intorno al suo collo, mentre il mio nome sulle sue labbra diventava un flebile suono. Mi staccarono a forza da lei, colpendomi, ma ora sapevo. Lei era fragile e potevo ucciderla.
Solo così saremmo tornati a casa, solo così potevo essere libero.
 
Tutti mi trattavano come se fossi un assassino, tutti mi guardavano camminare, con le manette ai polsi, come un criminale. Erano tutti caduti nella sua trappola.
Ricevetti alcune visite, i medici si accalcavano al mio capezzale, ma non capivano che la serpe era colei che chiamavano “Salvatrice”.
Passarono giorni e settimane, prima che la vidi di nuovo.
Ero legato, persino per mangiare. Sapevo che se l’avessi attaccata ora, non avrei più potuto girovagare. Non che il paesaggio fosse dei migliori – abitavamo sotto terra –  ma questo... era meglio che stare in un letto. Mi avevano permesso di preparare la torta per Finnick e Annie, la ragazza che piangeva nella cella vicina alla mia. Di Finnick non mi fidavo, ma quella ragazza era buona.
 
I medici stavano facendo passi da gigante, ora ho alcuni momenti,in cui so che Katniss è un ibrido. Per i restanti momenti... non so... non capisco come possa essermi innamorato di lei. Ricordo di averle dato il pane. Ricordo di esser stato picchiato per averlo bruciato e che dovevo lanciarlo al maiale, ma l’ho dato a lei.
Ricordo di averla amata.
Ma non la amo, non più.
 
Nonostante questo, nonostante non abbia un addestramento, nonostante è chiaro che la presidente Coin voglia che io la uccida... mi mandano nel bel mezzo della battaglia.
Poco dopo il mio arrivo, il suo atteggiamento nei miei confronti peggiorò.
Divenne stanco, distrutto ma speranzoso.
“Il tuo colore preferito... è il verde?”
“Esatto. E il tuo è l’arancione.”
“L’arancione?”
“Non l’arancione brillante. La sua sfumatura più tenue. Come il tramonto.”
Un’improvvia immagine di lei con un vestito arancione, con un tramonto dietro, a illuminare i capelli come fossero abrati mi colpì come un pugno allo stomaco. La mia mano tesa non a farle male, ma a spostarle una ciocca di capelli.
“Sei un pittore. Sei un fornaio. Ti piace dormire con la finestra aperta. Non metti mai lo zucchero nel tè. E ti annodi sempre due volte i lacci delle scarpe.”
Fissai le mie scarpe, con il doppio nodo. Prima che potessi dire alcunché, però, lei scomparve, lasciandomi da solo con le scarpe annodate due volte.
Quella notte non chiusi occhio. Continuavo a rigirarmi nel letto. Continuavo a chiedermi cosa fosse vero e cosa fosse falso.
Darius, Lavinia. Il vestito rosso, lei che strappava il cuore a un bambino.
No, avevo bisogno di sapere cosa era vero.
 
Così, iniziai a rimettere a posto i pezzi.
Katniss non ha ucciso Darius e Lavinia.
Lo pensavo. Non c’era niente di... luccicante in quel ricordo.
Avevo due versioni, una senza luccichii e una in cui lei, tra baluginii e sprazzi di luce, li uccideva senza pietà.
 
Non ricordo molto della guerra, del nascondersi negli anfratti bui o altro.
 
Ricordo che la dovevo uccidere, ricordo che volevo salvarla. Ricordo l’esplosione, poi... la luce. 





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