Titolo:
Tramonto a zonzo nel meriggio lunatico
Autore:
Liberty89
Genere:
Comico-Demenziale, Sentimentale
Rating: Verde
Personaggi:
Jessie (OC), Quina,
Ursula, Ottoperotto (OC), Loony (OC), Sigmund Freud, Voce Fuori Campo
(OC), Liberty89 (OC), Riku (quindicenne e diciannovenne), Sora, Roxas,
Ventus e Vanitas (tutti quattordicenni), Xaldin, Marluxia,
Soruccio (OC), darkroxas92 (OC), Nyxenhaal89 (OC), vul95 (OC), Oma
Desala, Colui che È/Sommo Capo, la Superiora, Suor Nausicaa.
Avvertimenti:
Cross-over tra la fic “Sclero
di una notte di mezza estate” e il Loonyverso,
ambientazione tipica delle fan fiction di Ottoperotto, Spoiler
a tratti se non avete letto la fic “Sclero di una notte di mezza
estate”, possibile OOC.
Note
dell’autrice: Salve
a tutti! Sì, alla fine ho scritto anche qualcosa del
genere… un delirante cross-over tra la mia grande epopea,
“Sclero di una
notte di mezza estate” e il Loonyverso!
Vi dirò è il mio sogno da eoni e quindi eccomi
qui!
Ringrazio immediatamente tutti coloro che mi hanno seguita nella
stesura di questa follia, Ottoperotto e Darky che sono stati una fonte
inesauribile di aiuto e suggerimenti di volta in volta per migliorare
quanto avevo già scritto o dovevo ancora inserire. E
poi…
boh, sono contenta di averla finita, ma anche un po’
dispiaciuta,
mi stavo divertendo un sacco a scriverla e vi confesso che doveva
venire molto più corta e “semplice” di
così
x3 Spero che vi piaccia e che vi faccia sorridere :3 Buona lettura!
Disclaimer: i personaggi di questa
fic, esclusa Jessie, non mi appartengono e la fic non è
stata scritta a scopo di lucro.
Tramonto a zonzo nel meriggio
lunatico
Uscì dal varco di luce, tranquilla e con passo ampio,
bloccandosi l’istante seguente e guardandosi
tutt’attorno
con un sopracciglio inarcato.
-Questa non è la gummiship.- commentò Jessie,
facendo per
attraversare nuovamente il passaggio, che però, in quel
momento,
si chiuse come a volersi prendere gioco di lei. -Oh, fantastico. E
adesso?-
Sospirò, portandosi le mani ai fianchi e tornando a
osservare
l’ambiente circostante. Si trovava in un vicolo cieco tra due
palazzi alti, con diverse finestre illuminate dalla calda luce
artificiale delle lampadine; alzò lo sguardo al cielo,
trovandolo buio, privo di stelle, e fin troppo nero per essere un
banale sfondo notturno. Oltre il vicolo c’era un largo
marciapiede che anticipava un’ampia strada a due corsie,
decisamente trafficata per l’ora tarda.
Convinta che stando ferma lì non avrebbe risolto nulla, si
avviò per dare un’occhiata in giro e capire
quantomeno
dove fosse, tuttavia si bloccò, interdetta, quando vide la
moltitudine di persone che vagava per i marciapiedi per sbrigare i
propri affari tra chiacchiere, urla, risate e… pianti
disperati?
Decise di ignorare quella disperazione,
quando fu seguita dalle grida di rimprovero di un adulto, probabilmente
molto adirato con il pargolo che stava ricevendo una punizione.
S’incamminò verso destra, guidata dal proprio
istinto,
scostando il cappotto e infilando le mani nelle tasche dei jeans,
mentre studiava quel mondo bizzarro in cui tutti sembravano a loro agio
nonostante il buio opprimente che avevano sopra la testa. Quando, poi,
alzò di nuovo lo sguardo verso il cielo, si
ritrovò a
sgranare gli occhi per l’incredulità, che le
impose di
fermarsi e restare immobile a fissare ciò che si trovava al
di
là della catena di edifici che stava fiancheggiando, che
prima
non aveva potuto scorgere. Immersa in quell’inchiostro nero
privo
di stelle stava una luna grande e luminosa dalla particolare forma a
cuore, e sotto di essa, prendeva posto un’immensa fortezza di
colore opaco, uno strano miscuglio di bianco e grigio, che ne
rifletteva i pallidi raggi.
-Non è possibile…- mormorò quasi
sconvolta, per
poi ricordarsi un dettaglio che aveva letto sul diario del Grillo
Parlante. -Il Castello dell’Organizzazione XIII sorgeva poco
distante da una cittadina con un grande grattacielo…-
proseguì, tornando di corsa nel vicolo in cui era sbucata
per
poi arrampicarsi con dei rapidi balzi sopra il tetto più
alto
che aveva accanto.
Girò su se stessa come una trottola impazzita
finché non
scovò l’imponente figura del Grattacielo della
Memoria,
silente baluardo di quella cittadella che sembrava più viva
di
quanto avrebbe dovuto essere.
-Ma dove diamine sono finita?- domandò a se stessa,
sedendosi a
gambe incrociate. -Questo è senza dubbio il mondo dei
Nessuno,
eppure è diverso da quello di cui ho letto e sentito
raccontare…- rifletté. -Cosa posso fare? Non
posso di
certo piombare dentro la fortezza annunciandomi come custode del
keyblade, dato che non so come stanno le cose in questo
posto…
potrei ricorrere al caro vecchio metodo di raccolta informazioni.-
concluse, alzandosi di nuovo in piedi e dirigendosi verso il bordo del
tetto, dove prese a guardare la strada, trovando infine
l’insegna
che aveva visto di sfuggita poco prima.
Nel locale chiamato “A ra Maga e a ra Śtria”
c’era la consueta e placida vivacità.
Le due proprietarie sfacchinavano in cucina, annunciando gli ordini
pronti con un’allegra parlata dialettale, diversa per ognuna
di
loro, mentre la coppia di camerieri di turno si muoveva rapida ed
efficiente tra i vari tavoli, servendo al meglio i clienti. Al
contrario, il ragazzo che stava al bancone era preda della noia,
poiché quel giorno si erano fermate nella zona bar solamente
due
o tre persone.
Sbuffò, passando per l’ennesima volta il panno sul
ripiano
ligneo per poi dedicarsi svogliatamente all’asciugatura di
alcuni
bicchieri. Ovviamente gli stessi di cinque minuti prima che erano stati
rilavati per passare il tempo. Finché la campanella della
porta
non trillò, salvandolo da una morte lenta e tediosa e
risvegliando la sua gioia, nonché una buona dose di
curiosità quando posò lo sguardo dorato sul nuovo
avventore, che dalle forme, poté dedurre che si trattava di
una
donna. Una ragazza completamente avvolta in un cappotto nero, privo di
maniche, e il volto oscurato dal cappuccio, che mostrava solamente due
lunghe ciocche castane.
Nonostante la vista di quel vestiario gli ricordasse fin troppo
tutt’altra figura, il ragazzo sapeva di non dover giudicare
dalle
apparenze, quindi si fece coraggio e ignorò la copertina per
dedicarsi al contenuto di quel libro misterioso e pieno di segreti. Si
schiarì la voce senza farsi notare e si piazzò in
viso il
miglior sorriso accattivante di cui era capace, mentre si liberava le
mani da straccio e bicchiere.
-Benvenuta.- esordì Vanitas, attirando
l’attenzione della
visitatrice, che si accomodò su uno sgabello, dopo essersi
bloccata davanti all’entrata, come se l’avessero
fulminata.
-Non mi sembra ti averti mai vista da queste parti, ecco il
menù!- aggiunse, porgendole la lista delle bevande e degli
snack.
-Grazie.- rispose lei, sfogliando distrattamente le tre pagine di
cartoncino colorato.
Al sentire la sua voce, il moro inarcò un sopracciglio,
poiché al suo orecchio non suonò nuova e si fece
attento
quando la castana pronunciò la sua ordinazione.
-Una coca senza limone, grazie.-
-In arrivo!- esclamò lui, voltandosi per prendere un
bicchiere
alto e preparare quanto gli era stato chiesto, mentre cercava di
ricordarsi dove e quando avesse sentito quel timbro vocale.
-Scusa, potresti dirmi che ore sono?- chiese lei, distraendolo dai suoi
pensieri.
-Mh?- replicò Vanitas, gettando uno sguardo
all’orologio
appeso poco sopra la sua testa. -Sono le due di pomeriggio, anche se
non si direbbe. Da quando si è rotta la macchina del sole
artificiale la settimana scorsa, è difficile tenere conto
del
tempo che passa.- spiegò.
-È solo perché tu non sei abituato, Vanitas!-
affermò una voce proveniente dall’arcata che
conduceva
alla zona ristorante. -Prima che Vexen costruisse quella macchina siamo
sempre stati al buio, sai?-
Il moro sbuffò. -Quanto la fai lunga Ven! Ho solo risposto a
una domanda!-
Jessie si voltò verso il nuovo arrivato che aveva fatto un
nome
a lei conosciuto, ma si pietrificò proprio come quando era
entrata nel locale e aveva visto l’aspetto del ragazzo dai
capelli neri. Ven, a differenza del barista, oltre a essere vestito
normalmente e non con quella che aveva tutta l’aria di essere
una
tuta da motociclista, aveva due dolci iridi azzurre e una scompigliata
matassa di capelli biondo grano, ma molto simile -se non uguale- era il
taglio del viso e quello degli occhi. Se poi tutto quanto lo collegava
al volto del suo compagno di viaggio, la cosa si faceva assai complessa.
-Ecco la tua coca!- la risvegliò il moro, piazzandole
davanti il bicchiere con tanto di cannuccia e ombrellino.
-Grazie mille.-
-Allora…- riprese l’altro, cercando di incrociare
il suo
sguardo sotto il cappuccio. -…posso chiederti da dove vieni?
Sono curioso.-
-Vanitas!- lo sgridò il biondino, avvicinandosi con le mani
sui
fianchi. -Ma ti sembrano domande da fare? Scusalo, a volte sa essere un
vero maleducato.-
-Oh, quanto rompi! La mia era solo curiosità, non hai
clienti da servire?-
-No, Roxas sta riordinando i tavoli che si sono appena liberati.-
replicò, facendo suonare un campanello nella mente della
custode.
-Roxas? Non staranno mica parlando del Nobody di Sora?-
pensò,
osservandoli bisticciare per qualche altro secondo, prima di
intervenire. -Non litigate a causa mia.- s’intromise,
ritrovandosi sotto i loro sguardi incuriositi. -Se ti fa piacere
saperlo, vengo da lontano. Molto lontano.- disse per poi sorseggiare la
sua bibita in tutta tranquillità, poiché ormai
era quasi
certa di essere finita in un universo decisamente diverso dal suo.
Come ci
fosse finita, era ancora da capire.
-Liberty?- domandò Ven dopo qualche istante di silenzio,
guardandola con un sopracciglio inarcato.
-Prego?- ribatté lei con cauta indifferenza.
-Ecco dove avevo già sentito la sua voce!-
esclamò la
fotocopia in nero di Sora, guadagnandosi un’occhiata dubbiosa
della castana. -Liberty, che ci fai combinata così?-
-Scusate, chi sarebbe questa Liberty?- chiese Jessie di rimando,
causando un altro momento d’imbarazzante e teso silenzio.
-Dai non scherzare!- fece divertito Vanitas. -A quale tuss mannaro stai
dando la caccia stavolta?-
-Credo che mi stiate confondendo con qualcun altro.- rispose algida,
iniziando a innervosirsi.
-Facci vedere il tuo viso allora! Vedremo se sei Liberty oppure no!-
sbuffò seccato lui, rabbrividendo quando sentì
una sorta
di ringhio
provenire
dall’ombra del cappuccio e scambiandosi un’occhiata
con
l’amico per trovarlo ugualmente semi-sconvolto.
-Contento?- domandò la castana, levandosi il cappuccio e
rivelando il proprio viso contratto in un’espressione
scocciata e
sulla via della rabbia. -Io mi chiamo Jessie, non Liberty, chiaro?-
Le iridi color nocciola della ragazza, infuocate di nervosismo,
inchiodarono i due sul posto, zittendoli, come se avessero appena
ricevuto una batosta che li aveva conficcati nel terreno, lasciandoli
confusi e storditi.
-Vado a chiamare Roxas.- affermò il biondo, scattando nella
zona ristorante.
-Io, invece, chiamo Quina e Ursula, magari loro ci capiscono qualcosa.-
sospirò il ragazzo con la tuta, premendo un pulsante che
stava
nel ripiano basso del bancone.
Passarono pochi istanti e Ven fece ritorno con un ragazzo del tutto
identico a lui, fatta eccezione per gli abiti e un fattore importante
che la keyblader percepì immediatamente: egli non aveva un
cuore. Si studiarono a vicenda per qualche secondo, finché
dallo
stesso arco da cui erano arrivati i due biondi, non spuntarono altre
due persone.
La prima,
alta almeno un metro e settanta, indossava un lungo abito color rosa
antico coperto sul busto da un’ampia giacca di una
tonalità più scura, e sul petto teneva una sorta
di
pettorina azzurra, mentre sul capo portava un grande cappello da chef
provvisto di due “code”, che cadevano in avanti. La
cosa
più strana però, era il suo viso dalla pelle
tinta di un
rosa così pallido da sembrare bianco, su cui spiccavano gli
occhi rossi dalla pupilla candida, simili a una stella stilizzata a
quattro punte, e la sua lingua, che penzolava fino all’addome.
La seconda creatura si presentò come una donna-polpo, dalla
pelle violacea sul busto femminile, incoronato da una chioma bianca
avvolta all’insù, ma completamente nera sulla
parte
inferiore del corpo, provvisto di sei tentacoli sinuosi e scattanti
come serpenti. Il suo aspetto, tuttavia, non colpì
più di
tanto la custode del Tramonto, poiché in lei riconobbe
immediatamente Ursula, la terribile strega di Atlantica, che Sora,
Paperino e Pippo avevano affrontato più di una volta, stando
a
quanto aveva letto sul diario del Grillo. Invece, l’altra
creatura doveva per forza trattarsi di quella che il moro aveva
chiamato Quina.
-Liberty?- chiese infine il numero XIII dell’Organizzazione,
guardando la ragazza con occhio critico. -Perché ti sei
combinata come darkroxas92?-
-Certo che avete tutti un’estrema fantasia.-
commentò lei
con sarcasmo. -In tre mi avete chiesto quasi la stessa cosa.
Sarà perché vi somigliate? Comunque, vi ripeto
che non so
chi sia questa Liberty di cui parlate. Tantomeno questo
tizio…
darkroxas92…-
-Sa cha suceed, chi?*-
domandò la cecaelia l’attimo dopo, con un accento
del
tutto estraneo alle orecchie della castana, inarcando un sopracciglio e
fissando i tre.
-È per questo che vi abbiamo chiamate.- intervenne Vanitas.
-Questa ragazza dice di non essere Liberty, ma è la sua
fotocopia sputata!- esclamò. -Ok, io non dovrei parlare e
nemmeno loro.- proseguì, accennando ai due biondini. -Ma
forse
voi due che v’intendete di magie e sortilegi riuscite a
capire
che cos’ha, se è lei… mentre se non lo
è…- disse, lasciando la frase in sospeso,
poiché
nemmeno lui sapeva come concluderla.
-Bhé, 'a modo
pe' sapé s'èllei, 'a nostra Libberty, ce starebbe.*-
affermò Quina, attirando l’attenzione su di
sé,
compresa quella di Jessie che riuscì a capire almeno il
senso
della sua frase in romanesco.
-Ta set dree pensaa quel
cha pensi mii?*- le chiese la piovra, ottenendo un assenso.
-Nun ce resta che
pregà!*-
esclamò, muovendosi dietro il bancone per recuperare un
grosso
libro, molto simile a un gigantesco elenco del telefono con scritto a
caratteri cubitali “Almanacco delle Preghiere per
Divinità”. -È
r'urtima edizzione, quinni a dovrebbe starce anche 'a nova preghiera
pe' Libberty.*-
aggiunse, posandolo sul ripiano e sfogliandolo fino a raggiungere la
metà della lettera L. -Allora…
Lakshmi… Laran, Lei
Gong… Liber e Liberty89! Eccola accà!*-
esclamò la cuoca, passando il voluminoso elenco al ragazzo
in tuta.
-Una preghiera in latino?- fece lui. -Il latino è pane per
Ven.-
continuò, prendendo il suddetto per un polso e tirandolo
davanti
al bancone.
-D’accordo, ci penso io.- sospirò il biondo, prima
di schiarirsi la voce.
“Salve,
Libertas, Domina vaccinae,
Salus ferinarum tergarum
nostrarum, salve.
Ad te clamamus,
inverecundi filii Matris,
Ad te exululamus,
gementes et flentes,
in hac rubrarum natium
valle…”
La castana inarcò un sopracciglio, dubbiosa e chiedendosi se
la
stessero prendendo per i fondelli. -Farò finta di non star
capendo niente di quello che stai recitando.-
Ven arrossì, chiudendo gli occhi per un attimo. -Non
l’ho
inventata io.- borbottò al limite della vergogna, prima di
riprendere la lettura.
“Eia ergo,
consolatrix nostra, illos tuos
maestos oculos non ad
coelum converte.
Et auxilium tuum, ante
quam plenilunium cooriatur
et nos in pestiferas
feras vertet, dona nobis.
O patiens, o benevola, o
plena irae Licachentrechium Dea.”
Dopo la pronuncia dell’ultima frase, il silenzio
calò
sovrano nel locale, dove le proprietarie e i loro camerieri si
guardavano continuamente attorno, come in attesa di qualcuno. Jessie li
imitò per un attimo, gettando lo sguardo a destra e a manca,
dopodiché posò le mani aperte sul bancone e si
alzò dallo sgabello, dando le spalle ai presenti.
-Se avete finito con le vostre pagliacciate me ne andrei.-
esordì, prendendo i lembi del cappuccio per riportarselo sul
capo. -Potete pure pensare che io sia questa Liberty o chiunque altro,
ma non mi farete perdere altro tempo.-
-No, aspetta!- esclamò Vanitas, allungando un braccio per
stringerle il polso sinistro e guadagnandosi un’occhiata
furente
e ben poco amichevole.
-Leva immediatamente…- iniziò, interrompendosi al
brillare improvviso di una luce accecante, comparsa a pochi passi
dall’altro lato del bancone.
-Ringrazio chiunque sia stato a invocarmi.- sospirò
pesantemente
una voce di donna, perfettamente uguale a quella della ragazza vestita
di nero, che sgranò le iridi color nocciola, quando ne vide
la
proprietaria.
Una donna coperta da una veste candida, ora piena di strappi e impronte
fangose di zampe, con i capelli castani scarmigliati oltre ogni dire e
il volto identico a quello della misteriosa giovane arrivata da
chissà dove.
-…Liberty?- asserì la piovra, guardandola
preoccupata da capo a piedi. -Se
cha t'è suceduu?*-
-Oh, Ursula, ciao.- rispose la divinità, sedendosi su uno
sgabello. -Rassicurazione di gruppo ai cuccioli di licantropo nella
Categoria Twilight
per il
vaccino anti-rabbia… Non fatemi dire altro.-
spiegò,
passandosi una mano sul viso stravolto. -Ma veniamo a noi.-
proseguì, schioccando le dita per rimettersi in ordine
l’abito e i capelli, che si acconciarono in una lunga
treccia.
-Chi è stato a recitare la mia preghiera?- chiese, passando
lo
sguardo sui ragazzi che stavano dall’altro lato del ripiano
del
bar. -Roxas, Ventus, Vanitas oppure… per tutti i vaccini!
Che
cosa…?- pronunciò incredula e stupefatta,
scattando in
piedi, di fronte a quella che si era rivelata essere la sua gemella in
corpo mortale.
Le due donne si fissarono negli occhi, scoprendoli identici nel loro
color nocciola.
-Quindi sei tu la famosa Liberty con cui mi hanno confusa finora.-
constatò Jessie, liberandosi dalla presa del moro.
-Comprensibile, in effetti siamo due gocce d’acqua.-
-Posso sapere chi sei? E da quale Categoria sei uscita?-
domandò la Dea.
-Mi chiamo Jessie e non ho idea di cosa sia una Categoria.- disse,
incrociando le braccia e sentendo la pazienza ormai agli sgoccioli.
-Credo a malapena di sapere dove mi trovo.-
-Che sia l’ennesimo scherzo dell’Autore?- chiese
Roxas alla
divinità, dopo qualche istante di mutismo collettivo.
-Non mi pare che ci fossero programmi del genere in lista.-
-Sentite.- intervenne algida la ragazza. -Sono entrata in questo posto
per raccogliere informazioni su dove mi trovo e speravo di farlo senza
sollevare un polverone. Dato che il mio piano è saltato, ora
mi
farete il piacere di rispondere alle mie domande.- proseguì,
puntando il proprio sguardo su tutti. -Se non avete le risposte che
voglio, andrò a cercarle altrove.-
-E se non volessimo risponderti?- fece Vanitas, guadagnandosi la punta
di un’arma puntata al collo.
-Il fatto che siete dei ragazzini non vi salverà. Ci metto
pochi
secondi a radere al suolo tutto quanto.- informò Jessie, con
voce seria, stringendo la mano sull’elsa della Via del
Tramonto.
-Un keyblade?!- gridarono tutti, facendo un passo indietro.
-Ma si può sapere chi- tentò di dire Ventus,
sbiancando e
zittendosi all’istante quando vide comparire una sfera di
fuoco
accanto alla custode.
-Non t’azzardare a domandarmelo un’altra volta, o
non rispondo più delle mie azioni.-
-Ehm…- intervenne Liberty, deglutendo. -Non agitiamoci, ok?
Cosa vuoi sapere?-
-Che posto è questo?- rispose lei, accogliendo con piacere
la
collaborazione della sua controparte. -Per quello che so è
il
mondo in cui i Nobody avevano la loro base, ma è
completamente
diverso da quello che conosco io.-
-Bè, questo è il Mondo che Non Esiste, ma nello
specifico
ti trovi nella città di Illusiopolis.- disse il numero XIII,
sperando di far allontanare quella lama nera dalla gola
dell’amico.
-E tu sei davvero Roxas? Il Nobody di Sora?-
L’altro annuì. -Come conosci me e Sora?-
-Di te ho sentito parlare e ho letto tutte le informazioni che sono
state raccolte dal Grillo Parlante, ma non ti ho mai visto. Invece, con
Sora ci viaggio insieme da qualche settimana.- spiegò con
voce
calma, senza far svanire né l’arma né
il globo
fiammeggiante, che ancora galleggiava a poca distanza dalla sua spalla.
-Possiamo escludere che stia parlando del nostro Sora, visto che ieri
sera era con me al Castello.- rispose la Chiave del Destino.
-Ah, per quello non preoccuparti, ora ne ho avuto la certezza.- riprese
la custode. -Se prima era solo un’ipotesi altamente surreale,
ora
sono sicura di essere in un altro universo. E non osate chiedermi come
ho fatto a finire qui perché non ne ho idea.- li
anticipò, vedendoli aprire la bocca. -Quindi non sto nemmeno
a
chiedere come e, soprattutto, perché Roxas si trovi fuori
dal
corpo del suo originale.- aggiunse, per poi restare in silenzio a
riflettere sul da farsi e lasciando tutti col fiato sospeso.
Fece svanire la sfera infuocata e indietreggiò di un paio di
passi in direzione dell’uscita. -D’accordo, credo
che voi
non possiate dirmi altro di utile.-
-Aspetta!- esclamò Ventus. -Forse possiamo-
-Crisantemo di una passiflora vallesana! Cosa cactus sta succedendo
qui?!- urlò una nuova voce, coprendo lo scampanellio della
porta
del locale e attirando gli occhi di ogni presente.
Jessie osservò il ragazzo appena entrato, probabilmente suo
coetaneo, vestito con dei semplici pantaloni scuri e una camicia blu,
coperta da un impermeabile in corredo con il cappello a falda larga che
portava. Al di sotto di esso stavano delle ciocche castane, collegate a
una morbida barba e raccolte in un lungo codino che ondeggiava alle sue
spalle, e una coppia di iridi marroni e vivaci coperte da un paio di
occhiali, che scrutarono l’intero ambiente, accendendosi di
sorpresa a ogni spostamento.
-Tuss, vorrei una spiegazione sul perché ho davanti la
seguente
scena: la fotocopia di Liberty89…- esordì,
facendo un
cenno alla Dea, che ricambiò il saluto con un sorriso
tirato.
-…che tiene Vanitas sotto tiro con un keyblade che non ho
mai
visto. E gradirei la versione ultra ridotta!- concluse, avanzando
lentamente.
-Bè, Otto, credo di poterti dare solo quella…-
ridacchiò il moro, grattandosi la guancia con
l’indice.
-Vedi, lei è…-
-È così evidente!- esclamò una voce
allegra, alle
spalle della ragazza, interrompendo il discorso di Vanitas. -Una
custode del keyblade proveniente da un altro universo!- aggiunse,
mentre Jessie si voltava verso l’ennesima comparsa con gli
occhi
sgranati per lo stupore, che crebbe ancora di più quando lo
vide
identico al ragazzo chiamato Otto, tranne per l’essere
completamente vestito di bianco e il non portare gli occhiali.
La keyblader, però, abbandonò presto la sorpresa
e
lasciò svanire la propria arma per afferrare il tale per le
spalle, dopodiché lo superò con un salto,
trascinandolo
con sé e sbattendolo a terra. Non diede a nessuno il tempo
di
dire o fare qualcosa perché richiamò
immediatamente due
sfere fiammeggianti e la Via del Tramonto nella mano destra, puntandola
verso il suo prigioniero.
-Mi sono stancata di questo gioco dei doppioni.- dichiarò
furente.
-Ah, mademoiselle,
che fervore!- esclamò il ragazzo steso a terra,
schioccandole un bacio da lontano.
-E tu…- sibilò la castana, fissandolo quasi a
distanza
zero con gli occhi ridotti a fessure. -…chi sei? Come
diamine
hai fatto ad arrivarmi alle spalle senza che me ne accorgessi?-
-Uhm… potrei dirti che sono l’Emanazione
dell’Autore
preposta al regno della Non Esistenza venuto all’Esistenza e,
per
tanto, sciroppato come una pesca… oppure…-
spiegò
il ragazzo steso a terra, interrompendosi un istante e ricambiando
senza problemi lo sguardo della custode, che non avrebbe mai saputo
dire come, si ritrovò in piedi, avvinghiata a quel tizio con
le
rotelle fuori posto. -Sono un ballerino di tango!- esclamò
infine, recuperando una rosa da chissà dove e stringendola
tra i
denti, mentre donava occhiate maliziose alla ragazza, che confusa
più che mai non riuscì a fare altro se non
seguirlo nei
rapidi passi di un tango che terminarono con un perfetto casquet. -Una
parola e sono tuo, chérie.-
Jessie sbatté le palpebre un paio di volte per riprendersi
da
quei movimentati secondi e rinunciando a priori a capire come aveva
fatto a finire in quella situazione, dopodiché sorrise con
altrettanta malizia al ragazzo vestito di bianco, che il momento
seguente si ritrovò a volare dall’altra parte
della
stanza, impattando prima con il muro e poi con i due globi infuocati.
Dall’urto si generarono prima un’esplosione e poi
una densa
nube di caldo fumo grigio, che fece tossire i presenti, increduli di
fronte a una simile scena.
-Credo che questo sia stato troppo pure per Loony…- disse
Ventus, fissando preoccupato il polverone.
-Tu dici?- replicò Roxas, poco convinto.
“Fiamme!
Fiamme! Fiamme-fiamme-fià!
Fiamme! Fiamme!
Fiamme-fiamme-fià!
Fuochino lì,
fuochino là!
Fiamme! Fiamme!
Fiamme-fiamme-fià!
Fuochino lì,
fuochino là!”
La voce di Loony giunse chiara e forte dal residuo
dell’impatto,
come la sua figura assolutamente illesa al calare della nuvola di
polvere, cosa che non si poteva dire per la parete colpita che giaceva
a terra ridotta in macerie, dando una buona veduta sul vicolo cieco che
affiancava il ristorante.
-Non è possibile…- balbettò la
keyblader,
armandosi nuovamente. -…come ha fatto a salvarsi dalle mie
fiamme?-
Il ragazzo sbuffò un po’ di fumo, come se avesse
una pipa
tra le labbra, e gli diede una forma che ricordava vagamente un
fondoschiena. -Uh, focosa la ragazza… mi piace!-
decretò,
cercando di riavvicinarsi.
-Stai lontano da me, maledetto!- sbottò Jessie, mettendosi
in
posizione di guardia ed evocando un’altra sfera crepitante,
che
si modellò prendendo le fattezze di un serpente che
sibilò contro ogni presente.
La scena sembrò congelarsi per un lungo istante.
Meravigliati di
fronte a una simile prodezza in campo magico, gli abitanti di quel
bizzarro mondo sgranarono gli occhi, chiedendosi cos’altro
potesse nascondere quella custode arrivata da un luogo sconosciuto, ma
soprattutto, si domandarono come avrebbe reagito il loro amico a quelle
parole ricolme di astio. Reazione che non si fece attendere un secondo
di più.
-Buaaaahhhh!- gridò Loony, scoppiando a piangere per poi
correre
tra le braccia del suo gemello. -Otto! Mi ha trattato male!- si
sfogò, singhiozzando. -E io che le avevo portato anche una
sorpresa!- aggiunse, ottenendo otto sguardi dubbiosi. -È
cattiva! Buaaahhh!-
-Una sorpresa? Ma di che parli?- domandò l’altro,
cercando
di calmare quella che era diventata una fontana vivente. -Su,
Loony… non fare così…-
-Ehi capo!- intervenne l’ennesimo nuovo arrivato, attirando
l’attenzione di ogni presente.
-Oh, Sigmund! Alla buon’ora!- si lamentò il
ragazzo ancora
abbracciato dal proprio doppio, voltandosi verso l’uomo
appena
giunto, che Jessie giudicò decisamente troppo pallido per
essere
definito vivo, rivelando di essere seguito da altre persone.
All’improvviso il lunatico si riprese dal suo pianto
inconsolabile e si allontanò di un passo dal suo gemello,
prendendo a canticchiare.
“E viene un
signore,
che fu di Pribor,
che sprechen deutch,
che fuma sigari,
che sul divano
con molto garbo
la psiche studia,
che dice spesso,
che tutto è
sesso
Che a Vienna il Magister
trovò.”
-Miserere nobis Branduardi…- aggiunse Otto con un tic
nervoso all’occhio sinistro.
-Sempre che ti lamenti, Otto! Inizi a somigliare a Vexen,
sarà
mica l’età che avanza?- replicò una
bellissima
donna incorporea al pari di un fantasma. -Abbiamo fatto il prima
possibile, considerando che non sapevamo nemmeno dove andare ci abbiamo
messo anche poco!-
Otto inghiottì un’imprecazione floreale. -Poi
facciamo i
conti Voce! Almeno l’avete trovato?! La situazione qui
è
abbastanza complicata, non so perché Loony insistesse tanto,
ma
spero che serva a qualcosa!- ribatté, indicando avanti a
sé.
-Santo cielo… ma dove accidenti sono finita?-
pensò la
custode del Tramonto, guardando i personaggi appena giunti. -Quanta
altra gente salterà fuori?-
-Ehi! Ma quello è un keyblade!- esclamarono i due, notando
solo
in quel momento la ragazza che si trovava al centro della stanza
semi-devastata, circondata da un serpente di fiamme.
-Un keyblade? Dove?- domandarono altre due voci maschili, anticipando i
loro proprietari, che si fecero largo tra i quattro adulti.
-Sora! Riku!- chiamarono i tre ragazzi dall’altro lato del
bancone.
-Riku?- ripeté la castana, attirando gli sguardi di tutti i
presenti, mentre lei studiava rapidamente i nuovi giunti che aveva di
fronte, trovandoli quasi identici ai suoi compagni di viaggio tranne
per l’età, che era evidentemente inferiore di
qualche anno.
-Liberty?- dissero all’unisono il castano e
l’argenteo con un sopracciglio inarcato.
-Io, veramente, sarei qui…- fece la divinità,
salutando i due con la mano.
-Ma se tu sei lì, questa chi è?- chiese Sora,
indicando
prima l’una e poi l’altra donna. -E
perché ha un
keyblade in mano?-
-Certo che siete duri di comprendonio!- s’intromise ancora
una
volta Loony. -Lei non è Liberty! Si chiama Jessie,
è una
custode e viene da un altro universo!- spiegò con tono
categorico. -E l’unico che può salvarci dalla sua
ira
funesta è il Pelide Achille!- aggiunse con fare drammatico,
portandosi una mano al petto.
-Ma che sta dicendo?- chiese Vanitas dopo qualche secondo, portandosi
una mano alla testa.
-Se avessi un munny per ogni volta che mi sono posto questa domanda,
probabilmente sarei ricco sfondato, tuss.- rispose Otto con un sospiro.
-Loony, chi sarebbe Achille?-
L’interpellato lo guardò come se avesse appena
sentito la
più grossa delle eresie. -Quanta ignoranza! Achille
è il
protagonista dell’Iliade di Omero, soprannominato
piè
rapido o veloce…- iniziò con fare dottrinale.
-Intendevo in questa stanza!- esplose il ragazzo con
l’impermeabile, indicando il pavimento.
-Ah, ma potevi dirlo subito! Sempre a farmi perdere tempo!-
esclamò lui offeso, posando una mano sulla spalla
dell’argenteo. -Ovviamente sto parlando di Riku! La mia
sorpresa
per la nostra ospite!-
-Io? Perché?- chiese curioso il ragazzo, con un sopracciglio
inarcato.
-È molto semplice: nell’universo da cui proviene,
questa
bella fanciulla è fidanzata con te!- rivelò,
zittendo i
presenti che iniziarono a far scattare lo sguardo dal loro amico,
arrossito per l’imbarazzo, alla custode, che aveva lasciato
svanire la sua creatura fatta di fiamme.
-Come fai a sapere queste cose?- domandò lei, spostando
appena i
piedi, mascherando il movimento come un riflesso al nervosismo.
Il pazzo sorrise, diventando improvvisamente e inquietantemente serio,
cosa che parve stupire i suoi amici. -Io so tante cose, soprattutto
quelle che ancora devono accadere, che quindi non esistono…
ma
non posso di certo rivelarle tutte.-
Quella frase sibillina provocò un brivido di gelo alla
schiena
della castana, che inchiodò le iridi nocciola in quelle
marroni
di quel personaggio tanto instabile.
-Sai anche come ho fatto ad arrivare qui? E perché?-
-No.- sentenziò freddamente. -Ma so che troverai il modo per
tornare da dove vieni.-
Gli occhi della ragazza si assottigliarono come quelli di un gatto
pronto ad assalire la sua preda. -Sappi che se mi stai prendendo in
giro te la farò pagare cara.-
-Non avevo alcun dubbio, so bene di cosa sei capace.- disse Loony senza
abbandonare il proprio sorriso. -E so anche cos’hai in mente
di
fare.- aggiunse, lasciandola interdetta. -Credo che non sia una mossa
sbagliata, ora come ora, ma ti sconsiglio di usare l’altra
chiave, potrebbe rivelarsi pericoloso per te.-
A quelle parole, Jessie vacillò, sentendo la mano sinistra
prudere e pulsare. Deglutì, dandole un’occhiata
impercettibile, prima di tornare a guardare quello strano ed enigmatico
personaggio e poi quel Riku così diverso da quello a cui era
intimamente legata, ma anche così simile, che ora la fissava
con
i suoi occhi acquamarina, grandi e spalancati per un motivo a lei
sconosciuto. O forse, anche lui percepiva la sua natura di custode e ne
era attratto come il suo compagno? Da parte sua, la castana
avvertì forte e chiaro il potere della Via per
l’Alba,
certamente più debole di quello che era abituata ad avere
accanto, ma sempre caldo e luminoso.
-Dunque Jessie, cosa vuoi fare?- le chiese il pazzo, risvegliandola dai
suoi ragionamenti.
-Mi hai detto che sai che tornerò da dove vengo…
ma immagino che non mi dirai come farò, ho ragione?-
-Risposta esatta.-
-Allora non abbiamo più nulla da dirci. Troverò
altrove
le mie risposte.- affermò, piegando le ginocchia e
mettendosi in
posizione di scatto.
-Ehi no, aspetta!- intervenne il gemello di Loony. -Non vorrai mica
andartene dopo aver tirato su questo macello?!-
Lei ghignò, mettendosi il cappuccio sulla testa, che le
coprì parte del viso. -Non era nelle mie intenzioni fare
tanto
chiasso, di solito sono una persona che passa inosservata e in questo
posto così buio non dovrebbe venirmi troppo difficile.-
spiegò, per poi scattare verso la parte crollata della
parete e
fuggire verso l’interno del vicolo. -Addio!-
I presenti si catapultarono a seguirla, convinti che non sarebbe andata
lontana visto che quella era una strada chiusa, ma quando giunsero
all’esterno rimasero sorpresi nel non trovare alcuna traccia
di
quella misteriosa keyblader.
-Ma… dov’è finita?- domandò
Liberty, incredula.
-Lo sapevo che dovevo fermarla in qualche modo!- sbuffò il
ragazzo con l’impermeabile.
-Non ci saresti riuscito per molto tempo, Ottoperotto, sarebbe stato
come tenere una tigre in una gabbia troppo piccola.- spiegò
Loony, ancora all’interno del locale affiancato da Riku, che
teneva lo sguardo puntato sul pavimento, perso in un intreccio di
pensieri.
-Sai che sei inquietante quando fai così?-
ribatté l’altro, rientrando.
-Così come?- chiese confuso.
-Quando fai il serio, sei inquietante.-
-Ma io non ho fatto niente! Buaaaahhhh!- urlò Loony,
scoppiando di nuovo a piangere. -Siete tutti cattivi con me!-
Sospirando sconsolato, Otto capì che il momento di profonda
e
rara serietà del suo buffo gemello era finito.
-D’accordo
non importa, non piangere.-
-E chi sta piangendo?- fece l’altro, usando una pistola ad
acqua
per lavargli il viso. -Buon ferragosto!- augurò prima di
mettersi a girare in tondo, cantando un’allegra canzoncina.
-Io sto cercando di trattenermi dal piangere…-
mormorò
tra i denti il ragazzo, prendendo un fazzoletto dalla tasca per
asciugarsi. -Ora, tuss, spiegatemi bene cos’è
successo con
la versione lunga e dettagliata, per favore. Quella striminzita di
Loony non è stata sufficiente.-
-Capisco, quindi è proprio arrivata così di punto
in
bianco…- riassunse Ottoperotto a spiegazione ultimata,
facendosi
pensieroso esattamente come il custode della Catena Regale, che
attirò lo sguardo di Roxas.
-A che pensi?- gli domandò il suo gemello Nobody.
-Al suo keyblade…- mormorò Sora, con le braccia
incrociate sul petto.
-E a quello che non ha mostrato.- intervenne il ragazzo dai capelli
argentei, attirando l’attenzione generale. -Ricordate? Loony
le
ha consigliato di non usare “l’altra
chiave”.-
aggiunse, per poi guardare il suddetto personaggio, ora impegnato a
fare delle costruzioni con le macerie del muro. -In ogni
caso…-
riprese. -…il suo keyblade, quello che abbiamo visto, aveva
un’aura strana, ve ne siete accorti?- chiese, guardando tutta
la
cerchia di presenti, che gli rispose con un assordante concerto di
grilli. -Immagino di no…-
-Cosa intendi?- domandò, invece, Vanitas incuriosito.
-Non so spiegartelo con precisione… mi ha dato una
sensazione
insolita ma familiare…- disse lui, portandosi una mano al
mento.
-Era molto simile a…-
-A quella che avverti quando impugni la Via per l’Alba!
Ovvio!-
esclamò il lunatico, comparendo al suo fianco
all’improvviso e facendo sobbalzare tutto il gruppo per lo
spavento.
-Non mi abituerò mai a queste comparse… Cosa
intendi
dire?- chiese Ventus, con una mano sul petto, che ancora non aveva
riacquistato un normale ritmo.
Loony sbuffò. -Certo che siete dei tardoni! Bisogna sempre
spiegarvi tutto!- rispose, appoggiandosi con nonchalance alla spalla
dell’argenteo. -Jessie è la custode della Via del
Tramonto, il tuo esatto opposto.- spiegò, risollevandosi e
assumendo una posa da teatro drammatico. -Se tu sei l’acqua,
lei
è il fuoco! Se tu sei il bianco, lei è il nero!
Tu sei
Mozart, lei è Salieri! Tu sei Madre Teresa di Calcutta, lei
è Tomás De Torquemada!-
-Ecco questa poteva evitarla…- commentò Sora,
coprendosi il viso con una mano.
L’altro riprese la sua serie di esempi come se non
l’avesse
sentito. -Se tu sei l’ultimissima puntata
dell’ultimissima
serie d’un telefilm ad alta tensione, lei le interruzioni
pubblicitarie!-
-Uh, questa è proprio insopportabile!- intervenne Voce Fuori
Campo con un grugnito.
-Tu sei il concerto andato a vedere sgattaiolando dalla finestra
disobbedendo al tassativo ordine genitoriale di restare in camera tua,
lei è il suddetto parente che ti aspetta al varco con una
cintura di pelle dell’ottantaquattro doppia in mano!-
affermò, facendo gemere i cinque ragazzi presenti, che si
portarono una mano sul fondoschiena. -Se tu sei l’Italia, lei
è il Governo italiano!-
-Ok, questa rende abbastanza l’idea, Loony…-
sospirò Otto.
-E infine… se tu sei colui che porta alla Luce, lei
è la
custode che conduce all’Oscurità!-
sentenziò,
mentre dietro di lui rimbombavano tuoni e si scatenavano brillanti
fulmini usciti dal nulla. -Detto questo, volete una miniatura della
Torre Eiffel?- domandò, porgendo al gruppo una piccola
riproduzione della torre francese fatta con le macerie del muro
crollato.
-…ma questa rende ancora meglio.- riprese il gemello del
pazzo,
ignorando l’ultima frase. -Riku, tralasciando tante voci
dello
strambo elenco fatto da Loony, l’ultimo esempio
può
descrivere al meglio la sensazione che hai avuto?-
Il giovane annuì. -Direi di sì,
però…-
-Però?- chiese Ventus, piegando la testa da un lato.
-No, niente…- sospirò, chiudendo un attimo gli
occhi,
prima di essere attirato da una piccola risata. -Liberty?
Perché
ridi?-
-Sei incredibile, lo sai?- replicò la Dea, posandogli una
mano
sul capo. -Pare che le cose dette da Loony poco fa non siano assurde
come quelle che ci rifila di solito.- proseguì. -Nel suo
universo, quella ragazza è molto legata al suo Riku, per la
faccenda della Luce e dell’Oscurità, ma anche per
altri
motivi. Per quanto riguarda noi, fino a poco tempo fa, io ero la tua
Dea protettrice, quindi anche noi avevamo un certo legame.-
-E quindi?- chiese lui, non comprendendo dove volesse arrivare la
divinità.
-Quindi ti conosco abbastanza per affermare di aver capito a cosa sia
dovuto quel “però”. Vai a cercarla e
parla con lei,
io confido in quello che ha detto Loony: solo tu puoi fare qualcosa per
lei. Prima la tua presenza le ha impedito di ridurre tutto in
cenere…-
-Fiamme! Fiamme!
Fiamme-fiamme-fià!- canticchiò il
pazzo vestito di bianco, mentre si dedicava alla costruzione di un
Partenone in miniatura.
-Per l’appunto…- fece la Dea con un tic
all’occhio
destro. -Trovala e parlale, forse grazie a te riuscirà a
scoprire come tornare a casa sua senza andare a bussare
chissà
dove e ottenere un risultato simile o peggiore a quello che ha avuto
qui al locale.- spiegò ancora, trovando assensi anche negli
altri adulti del gruppo.
-Liberty ha ragione.- intervenne Ottoperotto. -Stavolta, Loony ha
tirato fuori una personalità inquietante ma utile.- disse,
voltandosi verso l’interessato che all’improvviso
era
comparso al suo fianco. -Crisantemo…!-
-Quando mai sono stato inquietante, soldato Tabellina?!-
urlò
rabbioso il lunatico. -Ti stai forse beffando di me, soldato Tabellina?
Del Sergente Maggiore Loonyrtman?!- blaterò poi, in perfetto
stile militaresco. -Esegui immediatamente cento flessioni, non una di
meno, razza di scarto di una radice cubica! Hai due minuti elevati a
potenza uno per farle! Marsch!-
-Ah no! Il Sergente Maggiore Hartman me lo sono sorbito la settimana
scorsa!- esclamò Ottoperotto, schioccando le dita.
Al sentire lo schiocco, Loony cambiò totalmente
atteggiamento.
Alzò le braccia ad arco sopra la testa, unendo i
polpastrelli,
dopodiché sollevò la gamba sinistra
all’indietro
ponendola a novanta gradi con l’altra, e si mise sulle punte,
imitando alla perfezione la posa di una figura di danza classica.
-Un, deux, trois! Coraggio fanciulli, fate un bel sorriso!-
esclamò facendo due giravolte e mostrando un largo sorriso
vagamente terrificante. -Un, deux, trois! Ora andate cari tuss e
ricordate le prove di danza: disciplina, rigore e amore!- aggiunse
continuando a fare piroette che lo portarono di nuovo verso le macerie
del muro. -Un, deux, trois…-
-Questa personalità fa venire i brividi…-
commentò Sigmund.
-Mr. Two è sempre stato un personaggio alquanto particolare…-
disse Vanitas con una risatina, poco prima che un cercapersone
iniziasse a trillare con insistenza.
-È il mio.- annunciò la Dea, prendendo
l’apparecchio dalla cintura per leggere chi fosse
l’autore
della chiamata. -Mh, sembra una cosa urgente… “CR:
F.P.P.C.P.P.D.T.U.C.D.T.M.”.-
-Che sta per…?- chiese Voce Fuori Campo con un sopracciglio
inarcato.
-“Codice
Rosso: Fai Più Presto Che Puoi Prima Di Trovare Una
Comunità Di Tuss Mannari”…
sembra che ci sia qualcuno non vaccinato che rischia di mannarizzare
altri tuss.- tradusse Liberty. -Mi dispiace, ma devo lasciarvi, il
dovere mi chiama!- esclamò, posando di nuovo la mano sui
capelli
di Riku. -Sono sicura che sarai capace di risolvere questo guaio.
Quando torno raccontatemi, eh! Bye bye!- aggiunse, prima di scomparire
nel nulla diretta chissà dove per compiere il suo lavoro.
-Quinni, che se fa?*-
domandò Quina, dopo qualche istante.
-Io voglio seguire il consiglio di Liberty.- rispose con decisione il
ragazzo dai capelli argentei.
-Allora cosa stiamo aspettando?- fece Sora con un sorriso. -Andiamo a
cercarla!-
-Ma…?-
-Che c’è? Ti aspettavi che dopo tutto quello che
è
venuto fuori ti lasciassi andare da solo?- replicò il
castano
allargando il suo sorriso.
-Sono anch’io dei vostri!- esclamò Vanitas,
posando le
braccia sulle spalle dei due ragazzi biondi. -E scommetto anche questi
due.- aggiunse, ottenendo un doppio consenso.
-Bè, tuss, non penserete di lasciarci indietro, vero?-
chiese
Otto, scompigliando i capelli di Sora, che ridacchiò.
-Forse ci conviene dividerci.- intervenne Sigmund. -Potrebbe essere
ovunque e la città è grande.-
-Per una volta il padre della psicanalisi ne ha detta una giusta.-
replicò Voce Fuori Campo, guadagnandosi una linguaccia
dall’uomo.
-A dire la verità…- s’intromise Riku,
arrossendo
leggermente. -…io ho una mezza idea di dove possa essere.-
rivelò, trovandosi fissato da tutti.
-E ti cuma ta fet a
saveel?*- domandò Ursula.
Il ragazzo si grattò la guancia con l’indice.
-È
una sensazione… come ha detto Loony, lei è il mio
opposto, forse è per questo…-
-E dove sarebbe?- domandò il moro a nome di tutti i curiosi.
L’argenteo s’incamminò, uscendo dal
vicolo per
tornare sul marciapiede. -Laggiù.- disse, indicando
l’alto
Grattacielo della Memoria.
Perché fosse andata proprio lì non lo sapeva.
Semplicemente, aveva seguito il proprio istinto. Non sapendo dove
dirigersi per riordinare le idee e progettare la mossa successiva, una
volta uscita dal locale aveva rapidamente sfruttato gli appigli della
parete per arrivare sul tetto dell’edificio,
dopodiché
aveva proceduto a piedi, in una corsa abbastanza veloce alternata a dei
lunghi balzi per passare di tetto in tetto. Si era poi fermata quando
si era ritrovata davanti al silente grattacielo, illuminato dai neon
lungo tutti i bordi e dalla luce gialla delle sue finestre. Infine, vi
si era avvicinata per poi saltare di davanzale in davanzale,
probabilmente facendo spaventare qualcuno perché le era
parso di
sentire delle urla a un certo punto, per raggiungerne la
sommità
e osservare la vivace cittadina di Illusiopolis, piena di rumori, odori
e illuminata dai raggi della luna a forma di cuore, che ora aveva tutta
la sua attenzione.
Le faceva uno strano effetto averla davanti.
Sapeva che esisteva, che era stata l’entità
presente
dietro quella grande forma a sceglierla tra miliardi di persone per
essere una custode, ma guardarla con i propri occhi era tutta
un’altra cosa. Soprattutto, perché per lei, era la
prima
volta che accadeva. Era certa, invece, che i suoi compagni di viaggio
avevano già avuto modo di ammirarla, di godere del suo
sguardo e
riempirsene il proprio.
Sospirò, allacciando le braccia attorno alle gambe, piegate
verso il petto, e serrò le palpebre, cercando di non farsi
prendere dallo sconforto e di pensare a come levarsi da quella
situazione assurda. E mai come in quel momento, sentì la
mancanza del suo compagno. Durante quei giorni passati al Castello
Disney erano stati sempre l’uno accanto all’altra e
il loro
legame, già stretto grazie al destino, s’era fatto
ancora
più saldo.
-Riku…- sussurrò, sgranando gli occhi
l’attimo seguente.
Scattò in piedi, girandosi verso il punto a cui aveva dato
la
schiena fino a poco prima, in allerta. Fissò con sguardo
gelido
le porte metalliche dell’ascensore che dal pian terreno
conduceva
fino lì e rimase in attesa di vedere chi ne sarebbe uscito.
La
campanella trillò e le porte scorsero lentamente,
permettendo al
passeggero di scendere dall’elevatore. Quando vide il
giovanissimo custode dell’Alba un po’ si
rilassò, ma
non abbassò la guardia neppure per un istante. Il ragazzo si
guardò attorno, finché non la vide, sussultando
appena, e
si avvicinò, deglutendo.
-Eri qui davvero…- mormorò, cercando di
incrociare i suoi occhi, nascosti dal cappuccio.
Jessie ghignò. -A quanto pare… come hai fatto a
sapere
che ero qui?- chiese, pur sapendo cosa l’altro gli avrebbe
risposto.
-L’ho sentito…- ammise, arrossendo.
-Cioè, ti ho
sentita, credo…- farfugliò, passandosi la mano
sulla nuca.
-D’accordo, calmati, ho capito.- disse in fretta lei, con
voce
divertita. -Ho capito cosa intendi, sento esattamente la stessa cosa,
solo all’opposto.- continuò, levandosi il
cappuccio.
-Ah sì? E cosa senti?- domandò lui, curioso,
incrociando finalmente le due iridi color nocciola.
-La freschezza dell’Alba, di una luce che nasce dal buio
notturno.- disse con un piccolo sorriso. -Certo, non è come
quella che sono abituata a sentire, ma la sostanza
c’è
tutta.-
-Come? Allora è vero?- replicò il giovane,
arrossendo di nuovo.
-Mh? Che sto con il Riku della mia dimensione? Certo.- buttò
con
nonchalance, tornando a sedersi con il viso rivolto alla luna e posato
su un ginocchio. -Per favore, evita di stare lì impalato a
fissarmi, mi innervosisci. Vattene oppure vieni qui anche tu.-
Riku deglutì a vuoto, sentendosi come se stesse camminando
sui
carboni ardenti e il pensiero di non essere troppo lontano dalla
realtà lo intimoriva non poco, perché sapeva che
quella
ragazza avrebbe potuto bruciarlo vivo. Comunque, raccolse tutto il
proprio coraggio e le si avvicinò, per poi sederle accanto e
osservarla.
Era concentrata, lo sguardo era lontano, rivolto a chissà
cosa
come i suoi pensieri. Gli occhi semichiusi, circondati dalle ciglia
scure, brillavano di una determinazione incredibile e, secondo lui,
incrollabile. Il respiro era quieto, come l’alzarsi e
l’abbassarsi del suo petto prosperoso, e l’argenteo
a
quella considerazione arrossì di nuovo. E poi,
c’era tutto
quel calore. Era un caldo bruciante, che gli ricordava
l’orizzonte arso dagli ultimi raggi del crepuscolo, che
tingevano
di rosso e arancio qualsiasi cosa toccassero, come la tempera che cola
su una tela. Sapeva che probabilmente c’era molto di
più
dietro la sua espressione seria, ma comprese comunque perché
un’altra versione di se stesso abbia deciso di avvicinarsi a
una
simile donna.
E dovette ammetterlo, pure lui, forse, ci avrebbe provato. Forse.
Sussultò quando la sentì sospirare e la
guardò con
un filo di ansia, mentre si passava una mano sul viso stanco. -Ascolta
un po’…-
-Sì, che c’è?- rispose subito con una
velocità robotica, facendo scappare una risatina alla
custode.
-Ehi, rilassati, non ho di certo intenzione di staccarti la testa.-
asserì. -Anche a volerlo, non potrei mai.-
-Gli somiglio così tanto?- chiese Riku di rimando, intuendo
il perché delle sue ultime parole.
-Sì e no. D’aspetto siete diversi, lui
è più
alto, con i capelli lunghi, ma tieni conto che ha sicuramente qualche
anno in più rispetto a te.- spiegò. -Quanti anni
hai?-
-Quindici.-
-Allora avevo ragione, è più grande di quattro
anni.-
replicò, guardandolo con occhi dolci. -A parte questo, siete
simili nell’animo e nel cuore, ma non uguali.-
-Ti manca?-
-Non immagini quanto.- rispose con un debole sospiro. -Il suo odore, i
suoi sorrisi, rari da quel che ho potuto vedere, i suoi abbracci e la
sua semplice presenza…- elencò. -Credo di aver
sviluppato
una sorta di dipendenza…- ridacchiò, guardando il
giovane
keyblader arrossire per l’ennesima volta. -Voglio tornare
indietro, ho bisogno di lui e lui starà dando di matto
perché sono sparita.-
-Hai in mente qualcosa?- le domandò, mettendo da parte
l’ondata di sentimenti che l’aveva travolto.
-Forse. I tuoi amici parlavano di Vexen prima, se non ho capito male
è una sorta di scienziato o inventore, che è
riuscito
persino a creare una macchina per un sole artificiale.-
L’altro annuì. -Qui al Mondo che Non Esiste
è
sempre notte, quindi per una volta s’è inventato
qualcosa
di davvero utile per l’intera comunità.-
-Capisco… a proposito dei tuoi amici…- riprese
lei,
voltandosi verso l’ascensore. -Potete pure uscire, sapete?-
urlò, restando girata finché
dall’elevatore non
spuntarono i quattro gemelli separati alla nascita. -Tutti quanti.-
aggiunse, causando l’uscita dei tre adulti che erano giunti
nel
locale insieme al pazzo vestito di bianco. -Un’altra cosa che
avete in comune: amici impiccioni che origliano e che credono di fare i
furbi.- concluse, rivolgendosi a Riku, che trattenne una risatina
isterica.
-Ci dispiace, non volevamo origliare.- si scusò Sora. -Non
volevamo lasciarlo solo, poteva avere bisogno di noi…-
tentò di dire, prima di ritrovarsi le iridi color nocciola a
due
dita dalle sue.
-Di’ un po’, ti sembro scema o nata ieri?-
ribatté algida.
-No, assolutamente…- balbettò il ragazzo,
ricevendo uno
sguardo severo. -Ok, ammettiamo che eravamo curiosi…-
-Bravo.-
-Ci scusiamo comunque.- intervenne Otto. -E ci scusiamo per non esserci
presentati in maniera decente.- proseguì, porgendo la mano
destra. -Ottoperotto Magretto, detective del Mondo che Non Esiste e
Avatar, è un piacere.-
La keyblader del Tramonto gli strinse la mano, guardandolo con un
sopracciglio alzato. -Avatar?-
-Storia lunga, molto lunga.- rispose lui. -Loro, invece, sono i miei
assistenti. Sigmund Freud e Voce Fuori Campo.-
-Enchanté.- disse l’uomo, facendole un leggero
baciamano.
-No, aspetta… quel Sigmund Freud?- chiese la castana,
incredula.
-Proprio lui.- rispose Voce Fuori Campo. -Dovrebbe essere morto e
sepolto, ma ci accontentiamo del morto.-
-Grazie Voce, davvero.- replicò l’uomo con
sarcasmo.
-Sempre a tua disposizione.-
-State buoni, non diamo spettacolo come al solito, su.-
s’intromise il detective. -Invece loro sono Sora, Roxas,
Ventus e
Vanitas.-
-Piacere tutto nostro!- esclamarono i quattro, sorridendo.
-Bè, il vostro amico pazzoide ha già detto
praticamente
tutto di me, quindi per quello che vale, io mi chiamo Jessie e sono la
custode del Tramonto.- rispose lei. -Mi scuso anch’io, per il
mio
comportamento. Purtroppo, nel mio mondo ho dovuto imparare a usare le
maniere forti… anche quando ho incontrato Riku e gli altri
la
prima volta ho reagito in maniera violenta…-
-Che hai fatto?- domandò l’argenteo, affiancandola.
-Ho preso Sora alle spalle e gli ho messo il keyblade alla gola, molto
peggio di come ho fatto con Vanitas.- disse, guadagnandosi
un’occhiata preoccupata da tutti e un muto perché.
-Che
volete che vi dica? Sarà la loro faccia… e a tal
proposito non domanderò nulla, perché ho altri
impegni e
immagino che sia una spiegazione a dir poco lunga e contorta.-
-Puro Vangelo.- dissero tutti all’unisono.
-Tornando quindi a noi.- esordì Ottoperotto. -Vuoi andare da
Vexen e chiedere a lui se può aiutarti a tornare nel tuo
universo?-
La ragazza annuì. -L’idea era quella. Nel mio
universo
siamo alleati, spero che il vostro non mi costringa a usare le minacce.-
-Auguriamoci che sia accomodante e che il Sommo Capo ce la mandi
buona.- affermò il detective. -Andiamo al Castello allora.-
-Dovremmo starci tutti quanti sull’ascensore.- disse Roxas.
-Tu come sei salita?-
-Ho saltato sui davanzali.- rispose, seguendoli verso
l’elevatore. -Sicuri che ci stiamo?- domandò poi,
guardando l’interno della cabina di forma cubica.
-Dobbiamo stringerci un po’, ma almeno risparmiamo un
viaggio.- asserì Ottoperotto. -Claustrofobica?-
-Nah, sono solo gli ascensori che mi danno un po’ di ansia,
ma è controllabile.-
-Perfetto, allora, prima le signore.- aggiunse il ragazzo, invitando le
due donne a entrare per prime, subito seguite dall’argenteo
che
si mise davanti alla custode, dandole la schiena e attirando gli
sguardi incuriositi di tutti quanti.
Pressati come sardine in una scatoletta, i membri del gruppo riuscirono
a far ripartire l’ascensore, senza che suonasse il campanello
per
segnalare il peso eccessivo e giunsero rapidamente al pian terreno,
attirando le occhiate curiose dei presenti nella hall, quando uscirono
in massa. Fu soprattutto la keyblader a procurarsi sguardi indagatori e
dubbiosi, visto che tutti là dentro conoscevano il detective
e i
suoi assistenti, e i cinque ragazzi che li accompagnavano. Tuttavia, il
viso della ragazza vestita di nero giunse come nuovo alla loro memoria,
e il primo a segnalarlo ad alta voce fu l’uscere del
grattacielo,
un uomo alto e robusto dai corti capelli scuri e una curata barba
sottile, che la fermò proprio davanti alle porte girevoli.
-Scusi signorina, posso sapere da dov’è entrata?-
domandò, mettendole la grossa mano destra sulla spalla e
guadagnandosi uno sguardo che avrebbe potuto incenerirlo ma che non lo
intimorì.
-Toglile la mano di dosso.- s’intromise il giovane dai
capelli
argentei, incrociando gli occhi color acquamarina con quelli castani
dell’uomo.
L’altro lo guardò con sufficienza e
superiorità.
-Riku, non impicciarti, queste non sono cose che riguardino un
moccioso.-
-Calma, calma, calma!- intervenne il detective, mettendosi fra i due
adulti e lasciando il ragazzo dietro di sé. -Fernandello,
non
è il caso di agitarsi.-
-Oh, Ottoperotto.- rispose lui. -Cosa c’entri in questa
storia?-
-Bè, davvero non riconosci Liberty89?- chiese il castano,
guardando di sfuggita la ragazza e ricevendo un impercettibile cenno
d’intesa. -La nostra Liberty, la Dea incaricata di
rassicurare e
calmare i tuss mannari che devono essere sottoposti a vaccini e
richiami di vaccini?- aggiunse con tono incisivo.
-Cosa?!- esclamò l’uscere, sollevando
immediatamente la
mano. -Io… chiedo scusa… non vi avevo mai
vista…
non vi ho vista entrare e quindi…-
Jessie rilassò il viso e donò all’uomo
un sorriso
rassicurante. -Non preoccuparti, è normale che tu non mi
abbia
vista entrare. Qualcuno dalle parti del sessantaquattresimo piano ha
recitato per errore la mia preghiera. Una coppia di idioti che non si
è accorta di aver letto la preghiera di Liberty89 invece di
quella di Liber, che è subito sopra
nell’Almanacco…- spiegò con
nonchalance, fingendosi
irritata per essere stata richiamata per nulla.
-Comprendo signorina… e, se posso permettermi, come mai
siete vestita così?-
-Rassicurazione urgente tra le popolazioni mannare del lato buio di
Deimos, la luna di Marte.- snocciolò, incrociando le
braccia.
-Ho incontrato Ottoperotto e gli altri al quarantesimo piano e stavamo
andando a bere qualcosa tutti insieme e con una certa fretta, visto che
tra poco meno di un’ora devo tornare al lavoro.-
-Oh! Sono profondamente dispiaciuto!- esclamò lui, chinando
il
capo e lasciandole lo spazio per uscire. -Prego signorina Liberty, le
auguro una buona giornata!- continuò, ricevendo un cenno
della
mano in risposta dalla castana, che uscì affiancata da Riku,
seguendo il resto del gruppo.
-Sei un genio Otto!- esclamò Sora, ridendo come gli altri,
quando ebbero sceso l’ultimo gradino che portava
all’ingresso dell’edificio.
-Troppo gentile, tuss, il merito è anche di Jessie, che
è
riuscita a calarsi perfettamente nella parte.- sghignazzò il
detective, scompigliandogli i capelli.
-Ho solo messo insieme le informazioni che ho raccolto mentre ero al
locale, però il fatto che tu abbia detto l’intero
titolo
di Liberty mi è stato d’aiuto. Senza contare che
quel tipo
non è particolarmente sveglio.- affermò lei,
gettando uno
sguardo indietro. -In più, è stata una fortuna
che
Ottoperotto sia intervenuto…- proseguì,
incamminandosi al
fianco dell’interpellato.
-Perché?- chiese lui.
Jessie sorrise, perdendosi in un ricordo di poche settimane prima.
-Sembra che Riku, quale che sia l’universo in cui vive, senta
l’istinto di proteggermi da qualsiasi cosa, nonostante
l’alto rischio di mandare a monte i piani.-
spiegò,
guardando l’argenteo, che arrossì ancora una volta.
-Ovunque sei fai danni, eh?- fece Vanitas, ridacchiando e ricavandone
un’occhiataccia. -Comunque Otto ha ragione! Ti sei calata
molto
bene nella parte!-
-A dirla tutta, non è stato molto difficile. Da quando sono
diventata custode ho dovuto mantenere il segreto con tutti e quindi
dovevo sempre inventarmi qualcosa per coprire le mie uscite notturne o
le ferite che riportavo.- disse la keyblader con voce malinconica. -In
ogni caso, spero di non aver causato problemi a Liberty, inventandomi
quella storia sulla luna di Marte…-
-Ah, per quello puoi stare tranquilla.- intervenne Voce Fuori Campo.
-In questo multiverso può verificarsi praticamente qualsiasi
cosa.-
-Mi stai dicendo che Liberty potrebbe realmente trovarsi sulla luna di
Marte?- chiese la castana incredula.
-Se non è quella di Marte, sarà una di quelle di
Giove.- replicò la donna incorporea con tono sereno.
***
Sospirò e schioccò le dita, facendo comparire una
sedia,
su cui si sedette con un nuovo sospiro di stanchezza e cercò
di
godersi cinque minuti di pace dopo quelle due misere ma intense ore di
lavoro. Per sua sfortuna, il momento non durò a lungo,
perché qualcuno le tirò la manica del cappotto
nero,
attirando la sua attenzione.
-Dimmi piccolo.- sorrise la divinità, chinandosi sulle punte
per
essere allo stesso livello del cucciolo mannaro, che aveva rassicurato
poco prima. -È andato tutto bene?-
Il tuss mannaro annuì. -Non mi ha fatto tanto male e la
dottoressa mi ha anche dato questo!- rispose, mostrandole un
lecca-lecca di colore viola.
-Bene, sono contenta.- replicò la Dea. -Allora ci vediamo al
prossimo plenilunio di Phobos, ok?-
-D’accordo Liberty! Grazie di tutto!-
-Figurati, l’ho fatto volentieri.- disse lei, accarezzandogli
il
pelo verde scuro, tipico delle popolazioni che vivevano su Deimos,
prima di alzarsi in piedi. -Molto bene, passiamo alla prossima
Categoria!- esclamò, svanendo nel nulla.
***
Al contrario di quanto accaduto nella hall del Grattacielo della
Memoria, le persone che percorrevano le strade di Illusiopolis
sembravano non fare caso al gruppo di compagni e nemmeno alla loro
ospite, che guardava distrattamente avanti a sé, seguendo il
detective, con le mani cacciate nelle tasche dei jeans.
-Scusa Jessie.- intervenne Ventus, attirando un’occhiata
sfuggente dell’interpellata. -Posso farti una domanda?-
-Certo.- rispose lei, incolore.
-Dopo che sei andata via, Riku ci ha fatto notare una cosa detta da
Loony…- esordì, incrociando lo sguardo
dell’argenteo. -Quando ti ha sconsigliato di usare
l’altra
chiave, di cosa parlava?- chiese, spostando l’attenzione sul
viso
della ragazza, che rimase in silenzio per qualche secondo di troppo,
cercando le parole giuste per spiegare la faccenda.
-Per me, in questo momento, sarebbe rischioso usare il keyblade che
impugno nella mano sinistra. Perché è
un’arma
dell’Oscurità.- disse freddamente, senza
guardarlo. -Ieri
ho terminato un allenamento che mi ha indebolita parecchio e il mio
braccio non ha ancora recuperato del tutto. Questo mondo al buio fa al
caso mio, recupererò abbastanza velocemente le energie, ma
se
ora evocassi l’Artiglio della Notte, rischierei di non
riuscire a
gestirne il potere oscuro.-
-Come sarebbe a dire?! Keyblade oscuro?!- esclamò Roxas,
guadagnandosi uno sguardo stanco. -Ma… non sei una compagna
di
Riku e Sora? Non sei una dei “buoni”?-
Lei sorrise amaramente. -Il concetto di “buono” e
“cattivo” è molto soggettivo. Io sono
una figlia
della Luce, almeno così mi hanno detto, però, i
miei
keyblade in origine erano oscuri e come tali, subiscono
l’influenza dell’Oscurità.-
-Criśpass!- esclamò il detective senza voltarsi. -Non hai
una vita facile nel tuo universo!-
Jessie alzò le spalle. -Sono abituata.-
-E chi è il vostro nemico questa volta?- domandò
Riku.
-Non sappiamo esattamente chi sia.- iniziò, puntando le
proprie
iridi sulla fortezza galleggiante che si faceva più vicina a
ogni passo. -Sappiamo solamente che si tratta dell’ultimo
Emissario dell’Oscurità, una donna senza scrupoli
che non
si sporca mai le mani direttamente.-
-Usa gli Heartless?- chiese Vanitas, incuriosito.
La castana scosse il capo. -Non solo, ma non è lei a
sfruttarli
in qualsiasi modo, anche il più impensabile, è il
suo
servitore, Marluxia, che ci manda contro orde di creature oscure, che
si fanno più potenti di volta in volta.-
-Marluxia?!- urlarono tutti quanti, fermandosi e fissando la keyblader
con tanto d’occhi.
-Che ho detto?-
-Stiamo parlando del numero XI? Del Nobody con i capelli rosa e il
pollice verde?- domandò a raffica la Chiave del Destino. -E
una
radicata attrazione per il genere maschile?-
-I capelli rosa e il pollice verde li confermo, non so quali siano i
suoi gusti sessuali, ma nel mio universo non è
più un
Nobody. Ora ha un cuore e un’anima, entrambi marci come le
bestiacce che ci rifila…- spiegò, muovendosi per
riprendere il cammino. -Mi pare di capire che il vostro sia un
simpaticone.-
-Non è cattivo…- affermò Sora.
-Ma è inquietante!- esclamò Sigmund, incrociando
le
braccia. -Ah! So già che se lo incrociamo mi
chiederà
un’altra lunghissima sessione di sedute!- si
disperò,
mettendosi le mani tra i capelli l’attimo dopo.
-Sembra che Marluxia abbia una cotta per lui.- sussurrò
l’argenteo alla ragazza, che annuì e
ridacchiò.
-Bene! Siamo arrivati!- intervenne Voce Fuori Campo, senza fermarsi e
proseguendo verso l’entrata.
-Fa un certo effetto a vederlo così da vicino.-
pensò
Jessie, seguendo il gruppo nei candidi corridoi del castello e
prendendo a guardarsi intorno con grande curiosità. -Anche
qui
è tutto bianco…-
-Qualcosa non va?- fece Riku, notando l’espressione tra la
sorpresa e il dubbio sul viso della castana.
-Tutto a posto, tranquillo.- rispose lei con un sorriso. -Dove lo
troviamo Vexen?-
-Sarà nel suo laboratorio a inventarsi un nuovo metodo per
retribuirci.- affermò Ventus, ottenendo un assenso generale.
-Retribuirvi…?-
Vanitas annuì, grave. -Per lui, tutti i ragazzi sarebbero da
mettere alla gogna e retribuirli a biott con il primo arnese che gli
suggerisce il cervello.-
Jessie inarcò un sopracciglio, capendo che anche quella era
una
questione che avrebbe richiesto una spiegazione lunga, contorta e
dettagliata. -Credo che non domanderò altro.-
-Tuss!- tuonò una voce alle spalle della compagnia, facendo
tremare i cinque ragazzi.
-Xaldin!- esclamarono loro, voltandosi assieme agli adulti.
-Non dovreste essere al locale a lavorare voi tre?- domandò
con
tono duro, guardando i due biondi e il moro, che cercarono inutilmente
di ribattere, visto che il numero III aveva già spostato
altrove
la sua attenzione. -E tu, Sora? Ti ho mandato a comprare delle spezie,
ti sembra l’ora di tornare? E dove sono le mie spezie?-
-Oh, cactus!- esclamò il bruno, sbattendosi una mano in
faccia. -Scusa Xaldin! È successo che-
-È già la terza volta del “è
successo
che”, oggi non la passi liscia.- dichiarò, facendo
impallidire il ragazzo.
-È colpa mia.- intervenne la custode del Tramonto,
richiamando
l’interesse delle iridi viola. -Sora non c’entra
nulla,
quindi se devi prendertela con qualcuno, prenditela con me.-
-Liberty?- chiese stranito il Nobody. -È colpa tua se Sora
non ha preso le spezie?-
Lei sospirò. -Sì, ma non sono Liberty.-
-Eh? Come sarebbe a dire che non sei Liberty?- ribatté,
ancora più confuso.
-È una ragazza che le somiglia molto.- s’intromise
Ottoperotto. -E che proviene da un altro universo.-
-Ah…- commentò il Feroce Lanciere, zittendosi per
qualche istante. -Cosa?!-
-Storia complessa, Xaldin.- disse Riku. -Sai dove possiamo trovare
Vexen?-
-Vexen?- ripeté, portandosi una mano sotto il mento.
-È
partito ieri sera per non ho capito dove. Sembra che per riparare la
macchina del sole artificiale gli servano dei componenti che nemmeno
su eCumpra
si riescono a
trovare… roba da scienziati.- spiegò, prima di
notare le
facce afflitte dei presenti. -Perché vi serviva?-
-Fantastico.- asserì Jessie, frustrata, tirando un pugno al
muro accanto a lei.
-Ehm… potete spiegarmi…?- implorò
Xaldin.
Spiegata la situazione al Nobody, che non riuscì a
commentare in
alcun modo, calò un silenzio teso e a tratti imbarazzante,
in
cui tutti si scambiavano sguardi dubbiosi, chiedendosi come comportarsi
ora che la loro unica idea era sfumata. All’improvviso, un
lungo
e pesante sospiro riempì l’aria e tutti si
voltarono verso
la straniera, appoggiata con la schiena al muro e con le dita della
mano destra a sfregare gli occhi.
-Stai bene?- le chiese l’argenteo preoccupato.
-Sì, stai tranquillo.- rispose la castana, donandogli un
sorriso. -Stavo solo pensando a come risolvere il problema, ma non mi
viene in mente nulla…- ammise, mesta.
-Forse Nausicaa potrebbe aiutarci…- se ne uscì
Roxas,
fissando il pavimento perso in chissà quale ragionamento.
-Negativo.- intervenne il Feroce Lanciere. -È andata in
pellegrinaggio a Lourdes e quest’anno faceva le cose in
grande!
Tutte le suore in processione in moto!-
-Una processione di suore sopra delle moto…?-
domandò Sigmund con un sopracciglio alzato.
-No, ho detto in
moto. Una sola.- corresse il rasta. -Parliamo di Suor Nausicaa, non
farti domande.-
-Ok, idea scartata.- s’intromise la Chiave del Destino. -Un
congegno made in Ticino?- chiese, rivolto al detective.
-Spiacente tuss, al momento non ho creatività.-
-Come sarebbe a dire?!-
-Succede quando qualcuno mi sconquassa il cervello con il mio
Coltellino Svizzero Sonico.- replicò, guardando il Maestro
del
keyblade con falsa serietà.
-Ehm… scusa… è stato un incidente!-
esclamò Sora, chinando il capo.
-Se, se…- sbuffò Vanitas. -Intanto anche questa
idea
è andata. Congegni made in Atlantide? Con la firma del caro
Hirurogeita Lau?-
-Purtroppo nemmeno su quel fronte posso essere
d’aiuto…-
confessò Ottoperotto, trattenendo una risatina isterica.
-Insomma siamo sempre punto e a capo.- sospirò Jessie con
aria stanca.
-Non temete prodi giovani! Ho io la soluzione!- intervenne una voce che
tutti riconobbero, ma che nessuno riuscì a localizzare.
-Ehilà! È tanto che non ci vediamo!- aggiunse,
attirando
gli occhi celesti di Ventus.
-Loony? Che ci fai sul soffitto?-
-Io non ezzere Loony, io ezzere pipiztrello!- dichiarò con
uno
strano accento tipico della Transilvania. -Io ezzere Batloony!-
-Eh no.- obbiettò Sora. -Non lo sei…-
-Uhm… questo ezzere problema.- rifletté, prima di
precipitare verso il pavimento con uno strillo degno di una donna preda
di un’isteria acuta, per poi atterrare dolcemente sulla punta
del
piede destro e iniziare a compiere delle giravolte. -Allora, ragazzi vi
siete ricordati gli esercizi? Disciplina, rigore e amore! Un, deux,
trois!-
Il silenzio calò nuovamente tra i presenti con la pesantezza
di un macigno.
-Perché ho un terribile déjà-vu?- fece
la custode del Tramonto.
-Oh, chérie!
Sei ancora qui!- asserì giulivo il pazzo, avvicinandosi alla
ragazza.
-Già, razza di squinternato.- ribatté lei con un
ghigno,
incrociando le braccia al petto. -Sai, qualcuno se
n’è
uscito dicendomi che sapeva che avrei trovato il modo per andarmene, ma
non ha voluto dirmelo.-
-Non c’è più religione! Che brutta
gente!-
sentenziò lui, portandosi le mani ai fianchi e scuotendo il
capo
in segno di dissenso. -Ma sei fortunata! Il Dottor Loony ti
aiuterà a fare ritorno nelle tue praterie!-
-…ditemi che non sta succedendo quello che
penso…- mormorò Riku con un tic
all’occhio sinistro.
-Se intendi che sta per rivelarle come fare per tornare nel suo
universo, sì.- sospirò Voce Fuori Campo.
-Dovevamo
aspettarcelo…-
-Come anche il fatto che mi stia considerando una sorta di pecorella
smarrita…- aggiunse Jessie, scuotendo il capo divertita.
-Allora, Dottor Loony, come pensi di farmi tornare a casa mia?-
-Ordunquebene!- urlò il pazzo, alzando l’indice
della
mancina con fare saccente. -Cominciamo analizzando il problema in
maniera approfondita!-
-Oh no, ecco che parte con le spiegazioni alla Pico!- si
lamentò Sora, sbattendosi una mano in fronte.
L’altro lo ignorò come se non avesse aperto bocca.
-Tu non sei di qua, ma sei qui e vuoi tornare di là.-
-E questo è appurato da parecchie ore…-
commentò Voce Fuori Campo, incrociando le braccia.
-La soluzione è semplice.- proseguì Loony, con
fare serio
come se stesse esponendo la più complessa delle teorie.
-Tornaci.- concluse, girandosi verso la porta e facendo per andarsene,
lasciando tutti interdetti.
-Posso ridurlo in cenere?- chiese la keyblader del Tramonto a denti
stretti, mentre attorno ai suoi pugni serrati comparivano delle tracce
di fiamme.
-Ma dalle vostre espressioni deduco che non ne siate capaci.-
intervenne nuovamente il gemello fuori di testa del detective, tornando
in mezzo al gruppo. -Ok, per prima cosa, innanzitutto, dobbiamo
stabilire in maniera univoca, certa e indubbia, da dove il soggetto in
questione provenga.- continuò con aria da sommo cultore
della
scienza.
-Da pecorella smarrita sono passata a essere una cavia da
laboratorio… la cosa è rassicurante…-
sospirò la castana, prima di trovarsi a due centimetri dal
viso
del pazzo, che la fissò negli occhi per dieci secondi, che
parvero durare un’eternità, per poi leccarla sulla
punta
del naso. -Ma…!-
-Mmh…- commentò Loony, assaporando con impegno e
attenzione. -Interessante… Gleeee! Elaborazione in
corso…
Gleeee! Elaborazione in corso… Gleeee! Blin! Elaborazione
ultimata!- esclamò infine, con un sorriso a trentadue denti.
-Ora che so da dove Jessie proviene, mi servono…-
s’interruppe, aprendo il palmo della mano su cui apparve
scritta
in nero una lista di diversi oggetti. -Succo di melograno e vino rosso
francese possibilmente d’annata antecedente al 1950!-
-Preciso, eh…- fece Sigmund, segnando tutto sul proprio
blocco per appunti.
-Salgemma delle miniere di Bex.-
Jessie inarcò un sopracciglio. -E dove accidenti…-
-Canton Vallese.- chiarì Ottoperotto, anticipandola.
-Ah, ok…-
-Osso di Santuss minore!-
Questa volta la ragazza sollevò entrambe le sopracciglia e
sgranò gli occhi. -Cos’è che
vuole…?-
-eCumpra
risolverà i nostri problemi, non preoccuparti.- rispose
Ventus come se la cosa fosse più che ovvia.
La custode gli rivolse uno sguardo dubbioso e incredulo. -Ma voi siete
abituati a queste… ehm… uscite?-
-Oggi ci sta andando leggero in effetti…- affermò
il
detective, mettendosi a smanettare con il cellulare.
-Cos’è che voleva? Ah, sì, le ossa del
Santuss
minore…-
-Una manciata di terra rossa da campo di tennis e… ma
sì, fate anche del latte di capra cagliato!-
-Bleah…- commentarono tutti con repulsione evidente.
-Scusa un attimo Loony.- s’intromise Vanitas dopo essersi
ripreso
dal disgusto. -Te lo stai inventando sul momento, oppure…-
-Esiste questa possibilità?- domandò la custode
con timore e un principio di tic nervoso.
-È già successo che una persona esterna al nostro
universo narrativo sia giunta a Batik?- replicò il folle,
unendo
i polpastrelli delle dita.
-Ehm… mai?-
-Ecco! Per cui ovvio che devo inventarmi il procedimento!-
sentenziò lui.
-Ma chi me l’ha fatto fare?- si chiese Jessie, portandosi una
mano sugli occhi.
-Tranquilla, il più delle volte le assurdità che
dice
Loony portano al risultato che si vuole ottenere.- cercò di
rassicurarla Roxas, ottenendo uno sguardo molto poco convinto.
-E il resto delle volte?-
-Bè… solitamente esplode tutto, ma non si ferisce
nessuno
in maniera grave per motivi di rating.- spiegò il Nobody,
portandosi una mano alla nuca. -Al massimo qualche natica
arrostita…-
-Io continuo a non comprendere a cosa vi riferite quando parlate di
“universo narrativo” e
“rating”… ne
parlate come se foste dentro un libro.-
-Fan Fiction comico demenziale, prego!- esclamò Loony,
oltraggiato.
La ragazza sbatté le palpebre un paio di volte, prima di
chiuderle e prendere un profondo, esausto, respiro. -Promemoria: non
fare altre domande.-
-Ok!- disse il pazzo, battendo i palmi. -Portatemi quello che ho
chiesto e farò tornare l’esseraccio a casa.-
-Esseraccio?- ripeté Jessie con sguardo omicida.
-Era un complimento chérie,
preferisci che ti chiami sventola bruna dalle forme accattivanti?-
replicò lui, ammiccando.
-Non chiamarmi, te ne sarei grata.- rispose algida, con gli occhi
ridotti a fessure.
-D’accordo! Allora mentre voi cercate le cose che mi servono
per
rimandare al suo universo la castana infatuata
dell’albino… io mi faccio un pisolino!-
avvertì,
prima di lasciarsi letteralmente cadere sul pavimento beatamente
addormentato.
-Roba da matti…- sussurrò lei, osservando la
scena con
scetticismo, indecisa se credere o meno a ciò che stava
vivendo.
-Muoviamoci!- sentenziò Ottoperotto, richiamando
l’attenzione di tutti. -Abbiamo sì e no dieci
minuti prima
che Loony riprenda con le sue deliranti uscite.-
-Basta così poco tempo per procurarsi tutte le cose assurde
che ha chiesto?- domandò la keyblader.
-Anche meno se ci impegniamo. Xaldin!-
Il numero III annuì, incamminandosi nel corridoio da cui era
arrivato. -Vado in cucina a vedere se ho il succo, il vino e il latte
di capra andato a male.-
-L’osso del Santuss minore dovrebbe arrivare a momenti,
l’ho ordinato prima da eCumpra…-
mormorò Ottoperotto. -Cos’è che manca?-
-Il salgemma potrebbero averlo Quina e Ursula in cucina!- intervenne
Sora. -Faccio una corsa al locale!-
-Aspetta tuss, ti accompagno io.- intervenne Voce Fuori Campo,
fermandolo prima che potesse scattare verso l’uscita. -Non si
sa
mai che salti fuori un quarto “è successo
che”…- spiegò, avviandosi col castano.
-Invece la terra rossa da campo da tennis è qui al
Castello.- disse il numero XIII.
-Avete un campo da tennis?- chiese Sigmund Freud. -Da quando?-
-A Xemnas è venuta la fissa per l’esercizio fisico
e si
è scoperto amante del tennis.- rispose il biondo, facendo
spallucce per poi avviarsi lungo il corridoio. -Vado a recuperarne una
manciata!-
-Avete sempre una soluzione per tutto vedo…-
commentò
Jessie, sinceramente stupita dalle numerose risorse che tutti quanti
erano riusciti a tirare fuori.
-Oh, credimi, di solito ci capitano cose molto più
contorte.-
assicurò Vanitas. -Come quando abbiamo dovuto recuperare le
ametiste del Ticino per tutta la città, oppure quando
c’era un Demoniettuss in giro a far danni, insieme a Ven
mannarizzato.- elencò, ridendo sull’ultima.
-Non ricordarmelo per favore…- fece Ventus, con tono
afflitto.
-Oh, dai, eri adorabile in versione tuss mannaro!- ribatté
il moro, prima di essere attirato dalla risata della custode.
-Vi divertite un sacco da queste parti, eh?-
-Se escludiamo tutti i momenti in cui finiamo svestiti sul lato
B…- rispose il biondo. -Direi che sì, ci
divertiamo
abbastanza!- ridacchiò.
-Non ti piacerebbe restare?- domandò Riku, fissando le iridi
color nocciola dell’altra, che dapprima sorprese lentamente
si
tinsero di dolcezza.
-Sarebbe senza dubbio una bella vita, ma ho qualcuno che mi aspetta,
che mi manca, e un universo da salvare, qualunque sia il prezzo da
pagare.- dichiarò lei con determinazione, lasciando il
giovane
senza parole.
Dai suoi occhi sgranati, Riku fece trapelare la propria ammirazione per
la ragazza, ma non mostrò una briciola
dell’invidia che
provava, ironicamente, nei confronti di un’altra versione di
se
stesso. Lentamente, ne stava diventando geloso perché a ogni
minuto che passava accanto alla custode del Tramonto, il desiderio di
averla sempre con sé continuava ad aumentare come
l’attrazione verso di lei e il calore prodotto dalla fiamma
della
sua anima.
Perso nei suoi ragionamenti, l’argenteo non si accorse della
mano
di Sigmund Freud che scriveva velocemente su un blocco per appunti.
Fine prima parte
*Traduzioni dei dialoghi di Quina e Ursula, che parlano rispettivamente
il dialetto romano e il dialetto ticinese:
-Che succede qui?- domandò la cecaelia / -Sa cha suceed,
chi?- domandò la cecaelia
-Bè, un modo per scoprire se lei è la nostra
Liberty,
c’è.- affermò Quina / -Bhé,
'a modo pe'
sapé s'èllei, 'a nostra Libberty, ce starebbe...-
affermò Quina
-Stai pensando quello che penso?- / -Ta set dree pensaa quel cha pensi
mii?- le chiese la piovra, ottenendo un assenso.
-Non ci resta che pregare!- / - Nun ce resta che pregà! -
-È l’ultima edizione, quindi dovrebbe esserci
anche la
nuova preghiera per Liberty.- / - È r'urtima
edizzione,
quinni a dovrebbe starce anche 'a nova preghiera pe' Libberty -
-Allora… Lakshmi… Laran, Lei Gong…
Liber e Liberty89! Eccola qua!- / - Eccola accà!
-…Liberty?- asserì la piovra, guardandola
preoccupata da
capo a piedi. -Che ti è successo?- / - Se cha t'è
suceduu?
-Quindi, che si fa?- domandò Quina, dopo qualche istante. /
Quinni, che se fa?
-E come fai a saperlo?- domandò Ursula. / E ti cuma ta fet a
saveel?
Se poi siete interessati alla traduzione della preghiera di Liberty89,
non dovete far altro che dirmelo e la inserirò in fondo alla
seconda parte ù.ù
E questa era la prima parte di questa follia gratuita xD Sappiate che
la roba veramente demenziale deve ancora venire, quindi tenetevi pronti
ù.ù Che dire? La povera Jessie è
finita in un
universo parecchio fuori dagli schemi e ora si è affidata
alle
dubbie capacità di un individuo che cambia
personalità a
uno schiocco di dita oppure ogni dieci secondi, in base a quello che
gli accade intorno... oppure per puro caso xD Ce la farà a
tornare nel suo universo? Ma più importante,
riuscirà a
mantere la sanità mentale? Questo e altro lo scoprirete
nella
seconda parte che posterò nei prossimi giorni
ù.ù
Al prossimo aggiornamento!
See ya!
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