Buongiorno mondo! Sono
tornata abbastanza presto con il primo capitolo di questa fic che
è il seguito diretto di "Sclero di una notte di mezza
estate", una fic lunga che è durata quasi cinque anni.
Potevo postare già ieri, ma ho preferito aspettare oggi
perché senza farlo apposta, è di nuovo il 7
Luglio, lo stesso giorno in cui lo Sclero ha visto la luce e quindi
eccomi x3 In principio, doveva esserci un riassunto dello Sclero, ma
purtroppo non sono riuscita a continuarlo e sono certa che se fossi
rimasta a lavorarci, non avrei più postato questo capitolo.
Non so cos'altro dire,
quindi vi lascio. Buona lettura :3
Disclaimer: i
personaggi originali di questa fic mi appartengono, mentre gli altri e
le loro ambientazioni sono dei rispettivi proprietari. La fic non
è stata scritta a scopo di lucro.
Le Fiamme
del Tramonto
Capitolo I: Ricomincia da un
risveglio
Quella mattina, la pioggia cadeva senza pietà da un soffitto
di nuvole talmente scure da dare l’impressione di trovarsi in
una notte perenne.
In piedi sulla soglia del loro rifugio di fortuna, Sora fissava il
cielo coperto con occhi stanchi e pensierosi. Dall’ultimo
scontro con Marluxia e l’Emissario era passata
un’intera settimana, eppure non tutte le ferite erano
guarite. Con un sospiro si voltò verso l’interno
della baracca e posò le iridi celesti sul suo migliore amico
chino sulla custode del Tramonto, che da quella battaglia non aveva
ancora ripreso conoscenza.
Riku era al limite delle forze, a causa delle poche ore di sonno che si
concedeva per vegliare sulla castana e dell’esigua
quantità di cibo che mangiava, e la voce ancora non gli era
tornata del tutto, purtroppo le sue corde vocali avevano subito un
danno più grave di quello che avevano creduto. Jessie,
invece, distrutta fisicamente e priva di energie per colpa del veleno
che le era stato iniettato, nonché per l’uso del
suo ultimo attacco, per i primi due giorni aveva avuto la febbre alta e
aveva dormito un sonno agitato. Tuttavia, quando il terzo giorno
riuscirono finalmente a debellare anche l’ultima traccia
della sostanza nociva, era iniziato l’incubo.
Era cominciato con un movimento della testa, che li aveva portati a
pensare che si stesse svegliando, ma poi erano venute le frasi
sconnesse: mormorii, parole spezzate, suppliche senza senso rivolte a
chissà chi, che poi erano diventate grida di sofferenza, di
paura, richieste d’aiuto a cui non sapevano come rispondere.
Non riuscivano a darle sollievo con la magia e nemmeno Riku era in
grado di fare qualcosa di concreto con la sua vicinanza, con i poteri
di Omi, la sua fenice d’acqua, non aveva tentato
perché la creatura non era ancora in condizioni di
manifestarsi, quindi restavano lì, limitandosi a tenerla
ferma per evitare che si facesse del male e aspettavano, impotenti, che
l’attacco cessasse. La prescelta si agitava sul suo
giaciglio, stringendo i pugni e liberando lacrime di disperazione, che
ogni volta inzuppavano la candida benda che le avevano messo sugli
occhi, i quali secondo il monaco Miroku, rischiavano di restare ciechi.
Finché non si fosse svegliata, però, non
avrebbero potuto dire nulla di certo.
Dietro i due prescelti, stavano Kairi e Paperino. La prima impegnata a
sistemare la fasciatura sull’ala del mago, che stufo delle
sue condizioni, borbottava continuamente di volersi dare da fare in
qualche modo. All’ennesimo sbuffo, la principessa della Luce
ridacchiò concedendosi un momento di leggerezza emotiva che
in quella situazione non poteva far altro che bene. Avevano temuto per
il mago di corte vista la quantità di sangue che gli
inzuppava gli abiti e le bianche piume, ma fortunatamente, le ferite si
erano rivelate poco profonde e grazie all’aiuto di Kagome e
Sango erano riusciti a rimetterlo in sesto in poco tempo, fatta
eccezione per l’ala destra rotta e per la perdita, forse
irrimediabile, dello scettro magico.
Con una premura degna delle migliori amicizie, all’alba del
secondo giorno il cavaliere armato di scudo aveva preso con
sé Shippo, il demone volpe, per avere una guida ed era
tornato sul campo di battaglia per cercare tutti i pezzi
dell’arma del mago, pronunciando una semplice frase:
“Paperino ne ha bisogno, anche se dirà il
contrario, e si arrabbierà molto se non lo
troverà al suo risveglio”. Quindi era partito,
facendo ritorno nel primo pomeriggio con lo scudo tra le braccia, in
cui aveva raccolto tutti i frammenti del bastone e il cappotto della
custode del Tramonto. Alla fine, quando il loro pilota ne aveva visto
il pessimo stato, aveva mantenuto una gelida calma, che su di lui era
tutto fuorché rassicurante, e aveva annunciato di non
poterlo riparare, ma aveva aggiunto che avrebbe pensato a una soluzione.
Ora, Pippo era seduto all’angolo opposto della casupola, in
compagnia del re, Inuyasha e il suo gruppo di compagni, fermi per via
della pioggia, o almeno era quello che il mezzodemone voleva far
credere. In realtà, il prescelto del Giorno sapeva che erano
rimasti lì per loro, per aiutarli in quel momento di
difficoltà e difenderli da eventuali attacchi dei demoni che
si aggiravano in quelle zone. Xigbar, invece, aveva raccolto il corpo
senza vita dello Sfidante del Destino e se n’era andato
all’alba che aveva seguito la battaglia, dicendo che sarebbe
tornato presto. Tuttavia, il Tiratore Libero non aveva ancora fatto
ritorno. Fortunatamente, Sora era positivo ed era convinto che il
numero II sarebbe ricomparso prima o poi, magari con delle buone
notizie.
Si girò del tutto e rientrò nella baracca,
andando a sedersi accanto all’amico che più di
tutti aveva un evidente bisogno di dormire.
-Come sta?- domandò, osservandolo mentre con movimenti quasi
meccanici bagnava un pezzo di stoffa nel catino di legno per poi
posarlo di nuovo sulla fronte della ragazza, che nonostante il lieve
affanno e il pallore ormai perenne pareva dormire tranquilla.
-Sembra stabile…- mormorò l’argenteo a
fatica, schiarendosi appena la voce roca. -Dopo quello di stamane
all’alba non ha più avuto crisi…-
-È un buon segno, forse tra un po’ si
sveglierà.- replicò il castano con un sorriso
leggero. -Perché non ti riposi un paio d’ore?-
propose, riprendendo poi il discorso. -Puoi metterti qui vicino a lei,
così se capita qualcosa, puoi intervenire. E comunque, ci
siamo noi, non devi preoccuparti.-
Il custode dell’Alba non rispose subito, ma infine
annuì con un cenno del capo. Si alzò in piedi,
sotto lo sguardo vigile di Sora, e aggirò il corpo della
ragazza per andare a stendersi sul pagliericcio accanto, che confinava
con la parete della baracca. Si sdraiò sul fianco e prese
una mano della compagna, intrecciando le dita con le proprie,
dopodiché chiuse gli occhi e cercò di recuperare
un po’ del sonno perso. Tuttavia, non passarono che pochi
minuti e il ragazzo si addormentò profondamente, rilassando
le membra tese da troppi giorni.
-Finalmente si è convinto.- esordì Kagome,
avvicinatasi con passo leggero, mentre s’inginocchiava
accanto a lui.
-Già, solo il pensiero di un miglioramento nelle condizioni
di Jessie l’ha convinto, altrimenti sarebbe ancora qui.-
replicò Sora, incrociandone gli occhi scuri. -Grazie di
tutto. Senza di voi, saremmo stati persi.-
-Ci avete già ringraziati abbastanza, e non preoccupartene,
lo abbiamo fatto più che volentieri.- disse la sacerdotessa
con un sorriso incoraggiante.
-Umph.- sputò, invece, il mezzodemone, guardando fuori dalla
finestrella che aveva vicino. -Parla per te.-
-Ignoralo.- ridacchiò la mora, mentre spostava il panno
dalla fronte della prescelta per sentirne la temperatura. -Mh, la
febbre è scesa ancora, bene.- valutò, rimettendo
il pezzo di stoffa al suo posto.
-Questa è un’altra buona notizia.- convenne il
keyblader del Giorno. -Speriamo che si svegli presto.-
-A volte il riposo è la cura migliore per ogni male.-
s’intromise Miroku, sedendosi a terra e posando la schiena
vicino alla porta della casetta.
-Sono d’accordo, però…-
-Non sono troppi giorni che dorme?- domandò Kairi
concludendo la frase del compagno, e riponendo le bende sporche in un
secchio. -Non ha mangiato nulla e ha bevuto pochissima acqua. La nostra
magia non può compensare queste cose, non in misura
così grande almeno, giusto?- chiese infine, rivolgendosi al
papero, che annuì con aria grave.
-Esattamente. La magia di cura può curare le ferite e
restituire le energie perdute, ma parliamo di mancanze più
piccole, di un giorno al massimo. Non di un’intera
settimana.- spiegò Paperino. -È probabile che
esistano incantesimi che lo consentono, ma io non li conosco.-
aggiunse, alzandosi in piedi per sgranchirsi un po’. -Forse
Merlino o il Maestro Yen Sid li conoscono, ma ora non possiamo
contattarli in nessun modo.-
-Siamo isolati, è vero.- tradusse re Topolino, attirando
ogni sguardo su di sé. -Ma non per questo dobbiamo
abbatterci e poi, credo sia inutile arrovellarci il cervello su cose
come questa. Quando si sveglierà, Jessie potrà
rimettersi più in fretta, ma per ora, dobbiamo solo
pazientare.-
Dopo quella frase, l’unico suono rimasto fu quello della
pioggia che imperterrita batteva sul tetto di legno e paglia, come
tanti piedi che sbattono sul terreno con una violenza e una forza tali
da farlo tremare. Non avendo nulla da fare o da dire, cercarono tutti
di riposare e risparmiare le forze, perché potevano essere
attaccati in qualsiasi momento. Soprattutto, se pensavano al fatto che
da quella notte, non erano più comparsi Heartless o Nessuno,
e questo più che un sollievo, lo vedevano come un segnale
d’allarme. Inoltre, la serratura di quel mondo non era ancora
stata chiusa, non nel passato almeno, perché nella Terra del
presente era stata Jessie stessa a sigillarla. Anche questa era una
voce sull’elenco mentale del custode del Giorno, che da
quella battaglia, aveva impugnato le redini della situazione,
prendendosi cura dei compagni feriti e ragionando sulle mosse future
insieme al sovrano del Castello Disney.
Fu un candido bagliore seguito da una colorita imprecazione a
risvegliare tutti i presenti all’interno della casetta, che
si alzarono immediatamente pronti a reagire a qualsiasi minaccia. Si
rilassarono, però, quando al loro udito giunse una nuova
frase scocciata e colorita e riconobbero la voce del Tiratore Libero,
che pochi secondi dopo varcò la soglia del loro rifugio,
bagnato da capo a piedi come un pulcino e furente di esserlo.
-Che diavolo succede?- chiese seccato, chiudendosi l’uscio
alle spalle. -Credevo che ve ne sareste andati in un paio di giorni da
questo posto, che ci fate ancora qui?-
Il prescelto della chiave gemella gli andò incontro,
zittendo la replica furente del mago di corte. -Come puoi vedere tu
stesso, non siamo in grado di metterci in viaggio. Jessie non
s’è ancora ripresa e non possiamo muoverla
finché non si sarà svegliata.- spiegò
con calma. -La gummiship dista due giorni di cammino, troppo lontano
per le sue condizioni.-
-Ricevuto.- rispose semplicemente l’uomo. -Quindi aspettavate
il mio ritorno, scusate se ci ho messo tanto a tornare, ma sono uscite
delle novità, purtroppo non buone.-
Sora grugnì. -Speravo nel contrario. Cosa
c’è di nuovo?-
Il Ritornante si sedette con un sospiro pesante al centro della
baracca, accanto al quadrato privo di pavimentazione in cui prendeva
posto un piccolo falò appena scoppiettante. -Abbiamo
appurato che Malefica è stata eliminata
dall’Emissario.- esordì in tono grave. -Speravamo
si fosse miracolosamente salvata, rifugiandosi da qualche parte come ha
fatto praticamente ogni volta, ma no. Non ne abbiamo trovata traccia,
è una settimana che la cerchiamo in lungo e in largo.
Nemmeno il vecchio Yen Sid è riuscito a localizzarla, anzi,
ha detto che non esiste più.-
-In che senso?- indagò Topolino. -È diventata un
Nessuno o qualcosa del genere, oppure…?-
-Cancellata completamente dalla faccia dell’universo.-
rispose il numero II. -Non sentiremo mai più parlare di
Malefica. Letteralmente.-
Un freddo silenzio accompagnò le parole di Xigbar e si fece
quasi tangibile, perché Kagome e Sango rabbrividirono al
pensiero della presenza di una simile entità, capace di fare
quel che voleva della vita altrui al pari di un malevolo Dio
capriccioso che schiacciava i mortali come moscerini.
-Immagino che questa fosse la notizia meno brutta.- intervenne
Paperino, spezzando quella macabra tensione. -Il resto?-
-Bè, grazie al frammento di radice rimasto attaccato al
cuore di Luxord, siamo riusciti a capire meglio come sono morti lui e
Xaldin, e questo è il secondo motivo per cui nessuno di noi
s’è fatto vivo prima di oggi.- riprese il Tiratore
Libero.
-Cioè?- chiese Sora, temendo un peggio ignoto ma intuendo
che fosse pericoloso.
-Quando abbiamo trovato Xaldin, la sua pelle era grigiastra e Vexen ne
aveva dedotto che quell’affare aveva prosciugato ogni goccia
di luce presente nel suo corpo. Il fatto preoccupante, però,
è un altro.- espose, fermandosi un istante. -Dobbiamo
sperare che Marluxia non dia vita ad altre diavolerie simili,
perché quelle cose si nutrono di luce, qualsiasi sia la
forma. Xemnas, Vexen e Zexion hanno passato gli ultimi giorni a mettere
in sicurezza il Castello e i suoi abitanti, perché per
quanto quelle care bestiole siano creature
dell’Oscurità, potrebbero non resistere alla
tentazione di assaggiare qualcosa dal buffet di Luce più
grande che si trovi nell’universo, vi pare?-
A quelle parole, i tre abitanti di quel mondo sussultarono, mostrando
espressioni spaventate e preoccupate, specialmente il re, che strinse i
pugni e tese le braccia all’inverosimile per non far vedere
che tremavano di rabbia e sconcerto.
-State tranquilli.- asserì il Ritornante, intuendo
facilmente i loro pensieri. -Merlino è lì da
quattro giorni, cioè da quando abbiamo realizzato il
problema, e si è occupato personalmente di schermare il
cuore del Castello e gli abitanti sono pronti
all’evacuazione. Fortunatamente, i tuoi sudditi si sono
rivelati efficienti e composti e hanno aiutato come potevano,
specialmente la regina.- riferì con un sorriso, che fece
rilassare i tre.
-Sono sollevato.- disse Topolino con un sospiro. -Ero pronto a correre
al Castello, ma ora so che è in buone mani.-
-Ne siete sicuro?- chiese Pippo, affiancandolo.
L’altro annuì. -Sì, Xemnas e gli altri
sapranno cavarsela, e poi c’è Merlino con loro,
quindi un’ottima copertura magica.- spiegò. -In
caso contrario, sai bene che non avrei esitato ad andare io stesso.-
-E noi vi avremmo seguito!- esclamò il papero. -Vi avremmo
seguito e avremmo difeso la nostra casa!-
-Sarebbe stato un bel gesto, ma sarebbe stato intelligente?-
s’intromise Inuyasha, attirando l’attenzione di
tutti. -Se voi foste andati via, Sora e gli altri sarebbero rimasti
soli, ci avete pensato? Avreste lasciato i vostri amici, nelle
condizioni in cui sono?-
-Bè…- cominciò il cavaliere, guardando
i due compagni.
-Saremmo stati noi a dirgli di andare.- rispose Kairi, mostrando uno
sguardo deciso. -Noi ce la saremmo cavata lo stesso e saremmo
ripartiti, poi loro ci avrebbero raggiunti.
-No, Kairi.- borbottò Paperino, appoggiando il capo sul
pugno chiuso. -Mi dispiace ammetterlo, ma ha ragione. La nostra
missione è importante e non possiamo permetterci di
lasciarci andare alle emozioni, non in questo modo snaturato.-
Inuyasha annuì soddisfatto di quella risposta,
poiché voleva una conferma della loro determinazione che lo
convincesse a non aver buttato via il suo tempo nel fermarsi
così a lungo in quella baracca per poterli aiutare. Tutto
questo, ovviamente, non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto
tortura.
-Ogni tanto se ne esce con queste frasi sagge e
intelligenti… mi chiedo perché non lo sia
sempre…- sussurrò Shippo al monaco, ottenendo una
scettica alzata di spalle.
-Ehi Shippo, cosa vuoi insinuare?- chiese l’interessato,
acchiappandolo dopo un breve balzo e portandoselo sotto il braccio.
-Ma nulla!- assicurò il bambino, dimenandosi per sfuggire
alla presa dell’altro. -Lasciami!-
-Siamo alle solite…- sospirò Sango, chiudendo gli
occhi, mentre Kirara le sedeva in braccio, guardando la scena con
curiosità.
Il custode del Giorno sorrise, alla vista di quella piccola scaramuccia
e notandone con sollievo l’effetto rilassante che aveva avuto
su tutti i presenti. Tuttavia, un gemito lo risvegliò,
facendolo voltare verso la keyblader che aveva cominciato a mostrare
segni d’agitazione.
-Maledizione.- imprecò, frenando ogni respiro
all’interno della casetta. -Era andata bene fino a
ora…- proseguì, chinandosi su di lei per essere
pronto a tenerla ferma se avesse iniziato a muoversi di più.
-Che sta succedendo?- chiese Xigbar, non capendo il perché
di tanta ansia.
-Crediamo che siano gli effetti di ciò che le ha fatto quel
Marluxia.- spiegò Miroku. -Debellata ogni traccia del veleno
di Naraku, la signorina Jessie ha cominciato ad avere altri problemi.
Probabilmente ha degli incubi che la portano ad agitarsi nel sonno e
spesso abbiamo dovuto trattenerla.-
-Tsk.- sputò il numero II. -Chissà che diavolo le
ha fatto quel bastardo…-
Non ottenne mai una replica a quella frase, perché
l’esplosione di un pianto disperato accompagnato da un grido
rabbioso aveva spento ogni voce e ogni pensiero. Con il respiro rapido
e affannoso, Jessie liberò un singhiozzo,
dopodiché prese a mormorare parole spezzate e suppliche poco
chiare. Ben presto, le lacrime sfuggirono da sotto la benda,
bagnandola, e scivolarono ai lati del suo viso ancora caldo a causa
della febbre rimasta.
-Quanto dura di solito?- indagò il Tiratore Libero,
deglutendo.
-Minuti.- disse solamente Kairi, osservando il risveglio del custode
dell’Alba e il suo sguardo deciso a non abbandonare la
compagna a se stessa, nonostante la stanchezza. -Minuti interi.
Speriamo sempre che duri poco, ma ogni volta sembra che duri fin
troppo.-
-Aspetta, c’è qualcosa di diverso.-
affermò Riku, guardando con attenzione il viso della
prescelta, che si era fatto duro sotto le lacrime. -Forse-
-Fammi… uscire…- ringhiò a denti
stretti, insieme a un forte singulto. -Non… non voglio!
Vattene… fammi uscire…- proseguì,
serrando i pugni, che furono immediatamente presi tra le mani dei due
ragazzi al suo fianco. -Maledetta! Fammi uscire! Fammi uscire!-
urlò, inarcando la schiena e gettando un piccolo seme di
speranza nei compagni, che iniziarono a pensare seriamente che forse
era giunto il momento del suo risveglio.
***
Night of fate - Kingdom Hearts
Piano Collections: Field and Battle
Tutt’attorno
non c’era altro che ricordi.
Tanti quadri colorati,
pieni d’immagini e suoni, profumi e olezzi persino, che le
mostravano i momenti più tristi e orribili della sua
infanzia. Gli scherzi, le prese in giro, le cattiverie, erano stati
presi uno per uno e le erano stati presentati fotogramma per
fotogramma, in un ciclo continuo e inarrestabile a cui non poteva
fuggire. Dopotutto, come si poteva fuggire dalla propria mente?
Jessie aveva provato a
scappare, a cercare un fondo in quell’abisso nero in cui era
stata rinchiusa, ma aveva sempre fallito. Aveva tentato più
volte, così tante che aveva smesso di contarle e, alla fine,
dopo quelle che per lei erano sembrate settimane, ma che in
realtà avrebbero potuto essere anche solo dieci secondi,
esausta com’era, si era arresa e si era accasciata a terra. E
lì, aveva avuto inizio il suo calvario.
Quelle finestre piene di
orrori avevano cominciato ad assillarla e lei per risposta aveva
serrato gli occhi e tappato le orecchie, ma non era servito,
perché tutto le arrivava direttamente nella testa e non
poteva evitarlo. Pianse e urlò, per sfogarsi ed evitare di
impazzire. Perché sapeva, che se si fosse tenuta tutto
dentro sarebbe caduta completamente e avrebbe perso il controllo di
sé. Gridò e maledisse l’Emissario,
perché era certa che ci fosse lei dietro quelle visioni
terribili e perché a un tratto, le era parso di sentire la
sua risata schernitrice, insieme a quella dei crudeli bambini che la
additavano dal suo passato. Infine, supplicò che tutto
avesse fine, poiché non aveva altre frecce da poter scoccare.
Dopo un tempo che non
avrebbe mai saputo calcolare, si sdraiò a terra, a braccia
spalancate, a subire quella cascata di memorie che chiunque avrebbe
voluto dimenticare. A fatica si ritagliò un cantuccio per i
suoi pensieri, in cui riprese a ragionare su un modo per scappare, per
uscire da quella scatola senza pareti che era diventata la sua mente.
Fu in quel momento che realizzò di essere posata su una
superficie solida. Aveva sempre avuto a portata di mano quel fondo che
aveva tanto cercato, eppure non ci aveva mai fatto caso.
Si sollevò e
si mise in ginocchio, scrutando con occhi larghi quel pavimento nero su
cui non era proiettato alcunché, neppure la sua ombra. Quel
piano era illeso, immacolato nel suo colore scuro, e pronto per essere
fatto a pezzi.
La sua mente,
però, le fu nuovamente nemica, perché
l’eco di quelle voci arroganti e derisorie si fece
più alta e le immagini parvero farsi più vicine,
come se volessero schiacciarla. Allora aveva urlato e dato libero sfogo
alla sua disperata frustrazione e poi, furente, aveva iniziato a
prendere a pugni il pavimento.
-Bastarda! Fammi uscire
da qui!- gridò. -Non voglio stare qui dentro un secondo di
più! O se proprio devo rimanerci, vattene tu! Esci dalla mia
testa!- proseguì dando fuoco alle sue mani, che continuarono
ad abbattersi sulla parete. -Ho detto fammi uscire! Fammi uscire!-
ordinò, impugnando la sua chiave nella dritta e
infiammandola più che poté. -Maledetta! Fammi
uscire! Fammi uscire!-
Infine, mossa solo dalla
rabbia e dall’odio, Jessie si alzò e
piantò il keyblade nel pavimento, che si crepò,
coprendosi di una ragnatela di ferite, e finalmente i suoi occhi
incontrarono la luce rossa e calda del Tramonto, che la avvolse e la
portò via con sé.
-Se speri di salvarti
con questo banale stratagemma, ti sbagli di grosso custode del
Tramonto. Eccome se ti sbagli.- ridacchiò la voce gelida
dell’Emissario, parlando tramite i bambini di quei ricordi
dolorosi, che prima di svanire, spegnendosi come uno schermo,
modificarono i loro tratti, rendendoli grotteschi e donando a ognuno di
loro un ghigno malvagio e distorto, che di umano non aveva nulla.
***
Con un ultimo urlo pieno di dolore e odio, la ragazza scattò
a sedere, cercando di liberare i pugni dalla presa che avvertiva su di
essi, ma crollò l’attimo dopo a causa della
debolezza, accasciandosi sul petto del prescelto del Giorno, che la
strinse a sé per impedirle di muoversi ancora.
-Jessie! Mi senti?- chiamò a voce alta. -Sono Sora, mi
riconosci?- domandò rapidamente.
-Sora…?- ripeté lei, tra un respiro e
l’altro.
-Sei sveglia!- esclamò il castano, sinceramente contento.
-Finalmente sei sveglia!-
-…dove siamo?- chiese impaurita, voltando il capo come in
cerca di un punto di riferimento, per poi portarsi una mano agli occhi,
che fu però intercettata da quella dell’altro.
-Perché…?-
-Siamo ancora sulla Terra, nel passato, con Kagome, Inuyasha e i loro
amici.- iniziò. -Hai gli occhi coperti e non possiamo
togliere la benda.- le spiegò con calma, sentendola tremare
subito dopo.
-È… è per quello che mi ha fatto
Marluxia?-
-Non lo sappiamo.- rispose sincero. -L’abbiamo pensato, ma
non sapendo di preciso cosa ti è successo, non potevamo
andare oltre le semplici ipotesi…-
-Lui…- esordì la ragazza, ricordando con paura
l’ultima cosa che aveva visto.
-Per adesso non pensiamoci, ok?- la frenò Sora.
-L’importante è che ti sei svegliata. Sei stata
incosciente per una settimana e stavamo iniziando a temere il peggio.
Ora, però, devi pensare solo a rimetterti in forze e quando
sarai in grado di viaggiare, andremo dal Maestro Yen Sid a chiedere
consiglio per i tuoi occhi, d’accordo?- proseguì
senza accennare ai danni che rischiava la sua vista, ottenendo un
piccolo assenso a cui rispose con un sospiro di sollievo. -Adesso ti
lascio tra le braccia di qualcuno che più di tutti attendeva
il tuo risveglio, poi continueremo a chiacchierare.- sorrise,
sporgendosi verso l’altro lato del giaciglio, dove il custode
dell’Alba accolse il corpo della compagna, portandoselo al
petto e ricevendo una debole stretta dalle sue mani.
-Riku…- pronunciò lei, godendosi ogni sentimento
legato al nome dell’altro, perché solo in quel
momento si rese conto che le era mancato tutto di lui.
-Sono così felice che tu sia sveglia…-
asserì, baciandole la fronte per poi posarvi la propria.
-Anch’io… non immagini davvero quanto…-
replicò, deglutendo. -Cos’è successo
alla tua voce?- indagò, avendola sentita roca, quasi
gracchiante, e ridotta a poco più di un sussurro.
-Nulla d’irreparabile. Mi passerà.- le
assicurò con gentilezza. -Non preoccuparti, come ha detto
Sora, devi pensare a ristabilirti.-
-A questo proposito…- s’intromise Kagome con voce
allegra. -Che ne dite di pranzare? Preparo al volo un po’ di
zuppa!- esclamò, battendo i palmi e donando un largo sorriso
a tutti, che approvarono l’idea
all’unanimità.
-Ti do una mano!- si offrirono Kairi e Sango, seguendola accanto al
fuoco su cui avrebbero messo la pentola con l’acqua.
A sentire quelle voci, quei rumori e odori che avevano il sapore della
quotidianità, la keyblader del Tramonto finalmente si
rilassò, abbandonandosi totalmente nell’abbraccio
dell’argenteo e sentendo sulla pelle una consistenza morbida.
-Cos’ho addosso?- domandò incuriosita, rompendo il
breve silenzio che si era creato.
-Una maglia di Kagome.- rispose Inuyasha, sedendosi lì
vicino a gambe e braccia incrociate, con la spada tra di esse,
appoggiata alla spalla. -La tua era a brandelli e sporca di sangue.-
-Tu non sai proprio cosa sia la delicatezza…-
commentò Shippo, scuotendo il capo, per poi fuggire dalle
grinfie del mezzodemone rifugiandosi dalle ragazze impegnate con il
pranzo.
-Piccolo marmocchio impiccione.- borbottò il ragazzo,
generando una breve ilarità in quelli che stavano assistendo
alla scena. -Comunque…- riprese, portando nuovamente le mani
nelle ampie maniche del kimono rosso. -Devo scusarmi con te.-
-Con me?- chiese Jessie, non capendo il perché di quelle
parole.
-Sì. Ero lì vicino, quando quella cosa ti ha
portata via. Potevo impedirlo, ma non sono stato abbastanza veloce,
scusami.- disse Inuyasha con tono basso e profondo, chiudendo gli occhi.
-Noi siamo colpevoli allo stesso modo.- intervenne Sora, abbassando lo
sguardo sul pavimento. -Se fossimo stati più rapidi
nell’usare la magia-
-Non dite scemenze.- lo interruppe la castana con voce stanca. -Non
è colpa di nessuno, al massimo mia… che non ho
saputo tirar fuori un piano migliore…-
-Ma noi…- tentò Riku, guadagnandosi un pugno
privo di forza sulla spalla.
-Se anche fosse veramente colpa vostra, vi avrei già
perdonati…- affermò, scorrendo il braccio del
compagno per cercarne la mano e stringerla nella sua. -Piuttosto, come
state voi?-
-A parte Riku e Paperino che sono ancora convalescenti, stiamo tutti
alla grande!- esclamò il custode della Catena Regale. -Riku
ti è rimasto accanto ogni momento, spero che ora riesca a
dedicarsi anche a se stesso.- aggiunse, ricevendo
un’occhiataccia dalle iridi acquamarina dell’amico.
-Non guardarmi così, sei cocciuto e te lo meriti.-
-Non ti ho sentito.- rivelò la ragazza in un soffio. -Non
sentivo nulla nel posto in cui ero chiusa.-
Gli astanti tacquero, nonostante le mille domande che avrebbero voluto
porle, prima fra tutte, cosa avesse visto, sentito e vissuto mentre era
priva di sensi. Tuttavia, sapevano che era meglio non domandare e
attendere che fosse Jessie a parlarne di sua iniziativa. Solo Riku e
Inuyasha, essendo a conoscenza del passato della castana, potevano
immaginare a grandi linee cosa avesse dovuto sopportare.
-Forse, se ti avessi sentito… se avessi sentito qualsiasi
cosa, sarei riuscita a fuggire prima…-
-Dove ti trovavi?- chiese Pippo, spinto da semplice
curiosità.
-Nella mia mente, l’Emissario mi ci ha chiusa dentro.- disse,
gettando inconsapevolmente un’ondata di gelo sui presenti,
che sgranarono gli occhi, ricordando e finalmente comprendendo, con un
brivido le parole con cui il nemico si era congedato.
L’Emissario avrebbe sfinito la ragazza
dall’interno, dove loro non potevano arrivare con
facilità, oppure non sarebbero mai potuti giungere,
perché vi si era già annidata quella notte. Le
avrebbe dato il tormento finché non sarebbe crollata sotto
il peso della disperazione, per cui avrebbe accettato anche il
più spietato e ingannevole dei patti pur di porvi fine.
-Non credevo di esserci rimasta per tanto tempo… a me sono
sembrate poche ore…- proseguì, ignorando la
reazione degli amici.
-Bè, ora ne sei uscita, quindi non pensarci.- fece Xigbar,
attirando il capo della castana. -Grazie, per aver eliminato quella
cosa.- aggiunse rapidamente, riferendosi a Sophia, la donna-fiore che
aveva distrutto con il suo ultimo attacco, per poi puntare
l’iride dorata sul suo viso e sul sorriso che vi nacque.
-Non c’è di che…- asserì
lei, prima di liberare un lungo sospiro pieno di stanchezza, tuttavia
si riebbe nel momento in cui Kairi annunciò a gran voce che
il pranzo era finalmente pronto.
Bastò quella notizia per ridare la carica ai membri del
gruppo, che corsero a recuperare ognuno la propria scodella per
gettarsi sul cibo con rinnovata fame. E di fronte a quello scenario,
Sora si disse che nonostante le notizie portate dal Ritornante o la
pioggia che picchiava ininterrottamente sulle loro teste, quella era
buona giornata.
Rieccoci in fondo.
Non ho molto da dire, tranne che questo capitolo è venuto da
sé, proprio come fu per il primo della fic precedente, solo
la frase conclusiva non mi soddisfa granché, ma pace.
Il titolo è stato un dilemma d'amletica natura, alla fine
grazie a un lettore affezionato sono riuscita a sbrogliarmi e a tenere
un titolo che è una sorta di tributo a KH: BBS. Ma ora la
smetto di rompere e mi eclisso xD Spero che il capitolo vi sia piaciuto
e che mi seguirete in tanti come per lo Sclero.
Alla prossima!
See ya!
Ps: quasi dimenticavo, da qui pensavo di rispondere alle recensioni
tramite il comodissimo sistema di EFP, così non dovrete
aspettare il mio aggiornamento per avere una risposta xD Ora fuggo,
ciau!
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