Il latte ti salva la vita
Il latte ti salva la vita
"Linda, tesoro, vai a comprare il latte?" chiese una madre alla figlia. La
ragazza, che aveva dodici anni, di solito andava a fare la commissione un
giorno sì e uno no. Giacché ci era andata il giorno precedente, non
capiva il perché di questa novità. "Il gatto l'ha rovesciato." spiegò la madre, rispondendo alla sua muta domanda. Linda
allora prese i soldi che la madre le porgeva: le diede una carezza e le
fece un sorriso strano prima di lasciarla andare. Sentì un calore
espandersi dentro di lei poi uscì, maledicendo Tommy, il gatto di casa. Era arrivata davanti al negozio quando ebbe una pessima sensazione. "Sta
succedendo qualcosa di brutto, me lo sento." Sentì qualcosa di freddo
che le toccava una guancia ed ebbe la sensazione che qualcuno le
parlasse, ma non capiva quello che stava succedendo. "Piccola, stai male?" le chiese qualcuno scuotendola. La
ragazza, che per qualche strano motivo si era imbambolata davanti al
negozio generi di alimentari, si riscosse ed entrò. Andò diretta dove
vendevano il latte e persino i proprietari pensarono che fosse strano che si
trovasse lì oggi. Linda, di solito molto attenta alle date di
scadenza, quel giorno era molto indaffarata con lo studio e prese la
prima bottiglia che le capitò sotto mano. Uscì dal negozio e appena fuori fu travolta da un ragazzo, che la fece volare a terra. Ricevette una marea di scuse. Linda,
che in realtà non si era fatta nulla, solo presa un bello spavento,
si alzò e scosse la gonna. Stava per recuperare il latte, quando il
ragazzo, che si sentiva in colpa, lo fece per lei. "Ehi ma questo
latte è scaduto!" esclamò il ragazzo "Fossi in te, entrerei nel negozio
e mi lamenterei." le disse, prima di restituirle la bottiglia e corse
via.
Linda osservò stranita la bottiglia: quasi non ci
credeva! Latte scaduto in quel negozietto! Era la prima volta che le
capitava, e lei era una che solitamente controllava. L'unica volta che
non l'aveva fatto era rimasta fregata. Rientrò dentro e mostrò
scontrino e bottiglia alla cassa. La ragazza era davvero mortificata,
non era mai capitato qualcosa del genere. Chiamò il proprietario che
ricontrollò, poi si scusò e andò a prendere una bottiglia non scaduta. Linda
intanto era pronta a una breve attesa, quando ebbe una specie di
visione: vide un coltello, tanto sangue e sentì delle urla. Ebbe la
sensazione di conoscere la voce di chi gridava, ma gli sfuggiva il nome.
Poi un volto ghignante, offuscato dagli occhiali e dal sangue schizzato e poche, chiare parole:
vendetta, figlia, attesa. Fu scossa nuovamente. Questa volta fu il proprietario, che tornava con il latte buono, a scuoterla e a guardarla preoccupato. "Linda, tesoro, ma che hai?" mi chiese. "Ho avuto una visione." disse, cercando di essere convincente. Per fortuna c'era qualcuno che la conosceva bene. "Come tua madre?" chiese una signora "Non pensavo che anche tu avessi i suoi poteri?" "Non
mi era mai accaduto finora." spiegò la ragazza che iniziava a
preoccuparsi. "Non così almeno." Attraverso la porta d'entrata vide passare un poliziotto
con cui la madre aveva collaborato spesso. Prese al volo il latte non
scaduto, quello che le porgeva il proprietario, poi corse dietro
all'uomo. "Ispettore Bertotti," chiamò Linda "Ispettore, aspetti." L'agente, che al momento era fuori servizio, si fermò e vide la ragazzina. "Tu sei la figlia della medium, Linda se non sbaglio." disse con un sorriso "Qual buon vento?" Vide poi l'espressione scossa della ragazzina e capì che doveva essere successo qualcosa di serio. Linda
gli raccontò quello che era accaduto partendo dal fatto anomalo che la
madre l'avesse mandata a prendere il latte quando a casa ci sarebbe
dovuto essere, passando per il latte scaduto, che le aveva fatto
perdere tempo e finendo poi per parlare della visione, la prima che
avesse avuto in vita sua. "Temo che sia successo qualcosa di grave,
Ispettore." disse la ragazzina, che non respirava neppure per l'ansia
che l'attanagliava. "Mia madre deve aver avuto sentore che qualcosa di
brutto stava per accadere e mi ha spedita qua, forse pensando che fosse
l'unica maniera per salvarmi la vita." Bertotti, che conosceva bene
la donna e aveva imparato ad apprezzare le sue qualità, dopo averla
presa per pazza o approfittatrice per un po', temette che la cosa fosse
grave. Chiamò il suo collega in ufficio, gli spiegò la situazione e gli
chiese se era possibile far arrivare un'autopattuglia davanti a casa
della medium, una villetta a schiera, giusto per sicurezza. Nel frattempo avrebbe fatto un
controllo incrociato. Bertotti e Linda s'avviarono a piedi verso
casa della ragazzina, che come già detto era vicina. Davanti alla porta
s'accorse di non avere la chiave, altra cosa strana, e decise di
suonare il campanello. L'uomo si mise accanto per non farsi vedere da
eventuali aggressori. Intanto pensava a quante persone erano in galera
a causa di quella donna ed era certo che ci potesse essere qualcuno che
cercasse vendetta. Mentre erano attaccati al campanello s'avvicinò una
pattuglia. Un agente scese e chiese se aveva chiesto il loro aiuto.
Bertotti confermò e anche il collega scese. Il cellulare squillò:
rispose subito e il collega, dopo aver fatto le ricerche, aveva
scoperto che un omicida seriale, catturato proprio grazie
all'intervento della medium, era fuggito qualche giorno prima. La sua
ossessione era proprio la donna e la vendetta contro di lei. Suonarono
di nuovo il campanello: nessuna risposta di nuovo. Una macchina sgommò
e i due poliziotti vi andarono dietro, mentre Bertotti si convinceva
che doveva sfondare la porta. Pensò
alle conseguenze, poi guardò
la bambina: lei non meritava forse che qualcuno combattesse per lei? Si
decise a sfondare la porta della casa. Fra spallate, calci e spari alla
fine cedette. Lo spettacolo che si parò davanti ai due non era certo
magnifico. C'era sangue dappertutto, pavimento, pareti, mobili, e si
udiva una voce rantolante. Linda corse e vide la madre con gli occhi che brillavano. "Sei... viva... Ce... l'ho... fatta." mormorò prima di perdere i sensi. Bertotti aveva chiamato l'ambulanza, che però era arrivata troppo tardi: la donna nel frattempo era morta.
"Mi dispiace per quello che è accaduto." le stava dicendo Bertotti. Linda
fissava il vuoto, seduta su di una fredda sedia al commissariato di
zona. Era parecchio tempo che stava così, senza mangiare, né bere, né
parlare. Non voleva guardare le foto segnaletiche e non sapevano come
trattarla. L'uomo poteva ben immaginare quali fossero i suoi pensieri e
cercava di consolarla come poteva. Avevano richiesto anche l'ausilio di
uno psicologo, ma non era così facile come sembrava. La donna,
dottoressa Fantini, arrivò dopo due giorni. Nel frattempo un'agente si
era presa la briga di portarsi a casa Linda, piuttosto che tenerla in
una casa famiglia. Il padre, un rappresentante di una ditta
internazionale, divorziato dalla madre da quasi otto anni, era
irreperibile al momento, impegnato in un viaggio di lavoro: era più il
tempo che passava all'estero che in Italia. I nonni tutti morti, di
altri parenti stretti non ne aveva. L'unica persona cui la medium
lasciava la figlia era una vicina, ma avevano preferito non portarla da
chi non fosse parente. "Dottoressa, finalmente." esclamò Bertotti,
respirando sollevato "Non sappiamo più che fare. L'agente che l'ha
presa in custodia mi ha detto che ha continuato a comportarsi come una
mummia, a fatica si è appisolata." Le spiegarono bene la situazione. "Sapete se ha avuto altri episodi di visioni, prima di questo?" chiese la donna, algida e professionale. L'uomo scosse la testa. "Non ha più pronunciato parola." disse alzando le spalle "Io non la conoscevo bene. Lavoravo con la madre, tutto qui." La
donna entrò nella stanza degli interrogatori, dove Linda era in attesa,
decisa ad aprire un varco nella corazza che si era costruita: non
poteva essere difficile, non era un blocco di anni, ma solo di qualche
giorno. Era certa che sarebbe stata sufficiente qualche parola giusta
per distruggere la diga che arginava il fiume. Poi sarebbe stato un
torrente in piena.
La donna si mise davanti alla ragazzina. "Ciao, Linda, mi chiamo Lucia Fantini e sono qui per sentire quello che hai da dirmi." esordì la donna. La
psicologa fece le stesse domande una miriade di volte, ma sempre in
maniera diversa, cercando di trovare il tasto giusto per farla parlare.
Dopo quasi un'ora di conversazione aveva notato che Linda sembrava
essere distratta da qualcosa alla sua destra e ci parlava pure. Diceva
no, scuoteva la testa, si copriva le orecchie, sembrava impazzita. "Linda,
che succede, hai forse qualche visione?" chiese la donna, cercando di
nascondere lo scetticismo. Non credeva davvero che fosse una sensitiva. Linda scosse la testa ma questa volta la guardava e capì che era la risposta alla sua domanda. "Quindi no?" suggerì. "Non
mi va di risponderle." disse per la prima volta da quando si erano
sedute. "Lei non crede che io abbia dei poteri, o che li abbia mai
avuti mia madre, non voglio darle la soddisfazione di prendermi per
pazza." "Raccontami
cosa vedi, poi giudicherò" la sfidò Lucia, contenta di essere riuscita
a farla aprire. Era vero che non credeva in quelle cose ma da qualche
parte bisognava pur cominciare per farla parlare e non importava dove
avrebbe portato. Linda abbassò le braccia che usava per proteggersi le orecchie e la guardò in faccia stordita e con aria di sfida. "Noi due non ci conosciamo, ma io so molte cose di lei." esordì Linda, con sguardo quasi spiritato. Lucia
non si fece spaventare, nella sua vita aveva conosciuto pazzi di ogni
genere, non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da una ragazzina,
per quanto addolorata e disperata. "Su, dai spiegami." la incitò ancora. Dall'altra
parte dello specchio, ad ascoltare la discussione, registrando ogni
cosa sia voce che video, Bertotti si chiese dove volevano andare a
parare. Lui conosceva bena la storia di Lucia, avendo lavorato con lei
spesso e avendo avuto occasione di leggere una sua scheda su un
incidente accaduto alla figlia anni addietro e si ricordava quando
diceva che la sentiva sempre accanto a sé... e sei Linda la vedesse? -Lucia, Lucia, adesso vedremo se sei pazza, o no.- pensò.
"Lucia,
tu hai una persona accanto a te che vorrebbe dirti qualcosa." cominciò
Linda, ricordando quello faceva la madre in quei casi "Dice che ti
vuole bene, nonostante non le parli più." Lucia sentì una stretta
allo stomaco e istintivamente si voltò verso lo specchio, chiedendosi
se Bertotti le avesse detto qualcosa del suo passato. "Non essere vaga." disse, cercando di mantenere la calma "Potrebbe essere chiunque." "Si chiama Lizzie." aggiunse la ragazzina. La fronte di Lucia s'imperlò di sudore. La sua bambina, no, non poteva essere vero! Vide
Linda fare un gesto con la mano, rilassarsi il più possibile, poi fare
un movimento e un grido strozzato come se fosse stata accoltellata alla
schiena. Stava per alzarsi e raggiungerla quando cominciò a parlare con
una voce infantile e conosciuta. "Ciao, mamma." Lucia era sul punto di
svenire "Perdonami se ti sto facendo paura, ma tu non mi canti più la
ninnananna e io mi sento così triste." Lucia ricordò i primi periodi
dopo la sua morte, che si metteva accanto al suo lettino e, come quando
era viva, le cantava le canzoncine e le raccontava le favole. All'epoca
era certa che le fosse accanto e anche lei aveva dovuto rivolgersi a
uno strizzacervelli. La vocina continuò a parlare anzi, no, a cantare, con voce tremolante. "Stella, stellina, la notte s'avvicina la fiamma traballa, la mucca è nella stalla. La mucca e il vitello, la pecora e l'agnello la chioccia col pulcino, la mamma col bambino, ognuno ha la sua mamma e tutti fan la nanna, ognuno ha la sua mamma e tutti fan la nanna." Alla
fine anche Lucia, fra un singhiozzo e l'altro, aveva cominciato a
cantare e non sapeva come asciugarsi le lacrime. Prese dal mezzo del
tavolo le salviette destinate alla ragazza e pianse come non faceva da
molto tempo. "Oddio, Lizzie, perdonami." diceva Lucia "Ho cercato di dimenticarti per non soffrire." "Io
sono felice lo stesso perché sono vicina alla mia mammina." continuò la
piccolina "Mi prometti che mi canterai ancora le canzoncine e che
ricomincerai a pregare Dio? Lo sai che si arrabbia e tu è tanto che non
lo fai. Io le ripeterò con te." Lucia promise con tutta l'anima. "Solo
una cosa prima di lasciarti. Chiedi scusa a papà, devo essere stata
davvero cattiva se quel giorno lui e la strega rossa mi hanno buttato
nel burrone." da quel momento non parlò più e Linda si accasciò sul
tavolo, semisvenuta. Lucia, dal canto suo, aveva smesso di piangere:
Riccardo aveva raccontato mille volte che era stato un incidente e che
era solo al momento. Chi era la strega rossa? Ripensò con orrore alla
vistosa nuova compagna dell'ex marito. Era una rossa naturale e una
vera stronza. Si alzò come un automa, mentre veniva soccorsa da un
agente. Lo stesso per Linda, che rinveniva e stava molto male. "Oddio,
mi sento come se fosse passato addosso un camion." commentò "Ora
capisco perché mia madre odiava far entrare gli spiriti nel suo corpo,
è devastante."
Lucia chiese a Bertotti una copia della registrazione. "Lizzie
era solo una bambina, potrebbe aver frainteso, ma di certo lui mi ha
sempre mentito." si giustificò "Quella puttana che si è sposato era
presente e lui mi ha sempre detto di averla conosciuta dopo. Già avevo
il sentore che fosse un bastardo, ora ne ho la conferma. Voglio che
senta la voce di sua figlia che lo accusa e vedere che faccia fa." "Potrebbe essere pericoloso." Bertotti voleva farla desistere ma Lucia non sentiva ragioni. "Non
me la sento di far riaprire un caso solo per una sensitiva, ma non
posso lasciare correre." Lucia insisteva e alla fine Bertotti cedette. "Stai
attenta però." si raccomandò "Prima di fargli vedere il video, assicurati
sappia che, nel caso di tua scomparsa, la polizia sa tutto e sarebbe il
primo ad essere interrogato." Lucia sorrise e annuì. Si rivolse poi alla ragazzina. "Linda,
io credo che tua madre sarebbe fiera di te. E, mi raccomando, prosegui
con l'identificazione. Sono certa che lei lo vorrebbe." disse
rivolgendosi a Linda prima di andarsene. Linda accettò. "Prima però ho fame." disse e le ordinarono una bella pizza gigante.
"Allora,
preparati." disse Bertotti "In questo libro ci sono circa un migliaio
di foto segnaletiche, solo uomini. In mezzo ci abbiamo messo anche la
foto di quell'uomo. Tu dovrai indicare quella giusta." Linda annuì, non
riuscendo a dire nulla: era piena d'ansia, temeva di fare brutta
figura nonostante l'avesse chiara in testa. "Purtroppo non abbiamo
altro. Quello aveva già l'ergastolo, non si farà trovare tanto
facilmente." Linda cominciò a sfogliare lentamente e a osservare
bene ogni foto. Pensava che non l'avrebbe visto mai, quando
all'improvviso si trovò davanti alla sua faccia. "Cazzo, è lui!"
esclamò, mentre l'uomo sbarrava gli occhi per l'espressione poco fine.
Stava per chiederle se sua madre lo sapeva che diceva certe cose, poi
si ricordò che era stata appena uccisa e pensò che poteva evitare. Bertotti guardò il volto che Linda indicava, fece un segno d'assenso e si rivolse all'agente che trascriveva l'interrogatorio. "La ragazza ha indicato l'uomo giusto." Linda abbassò lo sguardo sulle proprie mani. "Quindi è proprio lui?" chiese la ragazza, tristemente. "Sì, ti ringrazio di aver collaborato." fece l'uomo, con un sorriso che voleva essere rassicurante. "Perché aveva l'ergastolo?" chiese, tenendo sempre lo sguardo basso. "Ha violentato e ucciso almeno tre ragazze della tua età." spiegò "È stato per merito di tua madre che l'abbiamo trovato." Linda alzò lo sguardo. "Ora
capisco le parole e perché la mamma era ancora viva." disse come se
parlasse di un incubo dal quale non riusciva a vegliarsi "Voleva
vendicarsi facendolo davanti a lei. Mamma però l'ha capito, l'ha visto
arrivare e mi ha spedito a comprare il latte. Mi ha salvato la vita." "Una
madre fa questo e altro." cercò di consolarla "A proposito, siamo
riusciti a contattare tuo padre. Spero ti piacerà la Scozia. Lui vive lì da qualche anno assieme alla sua nuova compagna." Linda alzò le spalle: "Non ci ha neppure degnate di dirci che aveva trovato una." disse "Non credo che gli importi molto di me." "Lui ha detto che verrà a prenderti prima possibile." ribatté Bertotti con un sorriso. Lei
non era molto convinta, ma accettò. Sapeva che suo padre aveva in noia
la sensibilità della madre e che l'aveva lasciata per quello: come
avrebbe reagito se avesse saputo che sua figlia l'aveva ereditata?
All'aeroporto
di Fiumicino, dopo una settimana, atterrarono due persone. Suo padre Renato
era venuto a prenderla assieme a Maria Cristina Dolesa, un'italiana che
aveva incontrato in Scozia. La donna, piuttosto bella, insistette
perché la chiamasse Cri, poi l'abbracciò. Una marea di sensazioni
negative la travolse: quella donna l'odiava visceralmente. -Non può
avere figli, e crede che gli porterò via l'affetto di papà.- pensò
Linda. Non aveva nessuno con cui discutere di quelle cose, se non
Bertotti. Le aveva lasciato i suoi numeri e l'aveva pregata di
chiamarlo se ne avesse avuto bisogno. Al momento aveva detto di non
volerlo disturbare troppo, anche se aveva accettato volentieri. Le
aveva dato anche il suo cellulare, con un contratto idoneo per le
chiamate all'estero, pagato per un anno, perché non trovasse da
discutere con la nuova famiglia per le bollette. Linda gli era davvero
grata, si sentiva più sicura così. Per sua sfortuna, i problemi con la nuova famiglia volevano cominciare subito. Ebbe
una visione chiara, che non si era neppure avvicinata all'aereo.
Sarebbe caduto poco dopo l'atterraggio e sarebbe stato un disastro. Usò
subito il cellulare e chiamò Bertotti. L'uomo, sapeva che nessuno
avrebbe fermato un aereo per le visioni di una dodicenne, quindi decise
di usare uno stratagemma diverso. Fece una chiamata anonima e disse che
nell'aereo c'era una bomba.
"Se scopro chi è quel
delinquente che ha fatto uno scherzo del genere, lo strozzo con le mie mani."
borbottò irritata, Cri. "Sono certa che non c'è nessuna bomba." Dopo
un'ora d'attesa, durante la quale gli artificieri avevano perquisito in
lungo e in largo tutto l'aereo, furono contattati. Sarebbero stati
dirottati, in senso buono, in altri apparecchi, essendo quello
inutilizzabile. "Oddio, allora c'era veramente una bomba?" chiese Cri, impallidendo per il rischio passato. "No,
in realtà di bombe non ne hanno trovate." disse Renato, ripetendo ciò
che gli era stato detto "Si era, però, aperta una piccola falla in un
carburatore, ma che si sarebbe potuta allargare in volo. Abbiamo corso
il rischio di cadere a terra." La donna sospirò per il mancato
pericolo. Bertotti intanto aveva invitato Linda a richiamarlo se avesse
avuto una delle sue visioni, anche se non sapeva come fare con la
distanza che li separava.
Linda passò un anno relativamente
tranquillo. Per fortuna masticava già un po' d'inglese e non si stava
così male. Il luogo dove era stato trasferito il padre era piuttosto
isolato. Gestiva un'azienda piccola ma che aveva assunto i
disoccupati del luogo, diventando molto importante per la cittadina. Chiamava
Bertotti una volta al giorno alla stessa ora e stavano al telefono
dieci minuti. Lui si sarebbe preoccupato se non avesse ricevuto quella
chiamata. In quel periodo non aveva avuto altre visioni. Doveva
ammettere che un luogo tranquillo come quello era una manna per chi
aveva 'problemi' come il suo. Era un luogo quasi rurale, fabbrica a parte, e nel quale non accadeva mai nulla. Fu
così che si preoccupò quando ebbe la prima visione, dopo quella della
strage aerea. Vedeva Cri, che si era mostrata meglio del previsto,
anche se con un astio interiore che non riusciva a dominare, minacciata
da 'quell'uomo' e metterla davanti alla scelta: consegnarla o morire.
La visione era chiarissima, anche se inconcludente. Non vedeva la
risposta della donna e Linda pensò che fosse meglio così. Non voleva
sapere se la donna che aveva cominciato ad apprezzare fosse disposta a
vederla morire. La scena era ambientata accanto al frigorifero, dove
c'erano il calendario e l'orologio. Sarebbe accaduto tutto quella sera
stessa alle 18.45. Suo padre di solito rimaneva al lavoro fino a tardi,
quindi non era un problema, doveva solo liberarsi di Cri. Aveva però
già un'idea: com'era successo a lei, il latte le avrebbe salvato la
vita. Era solo un caso ma Cri e il latte vivevano in simbiosi, come
due facce della stessa medaglia. La donna lo beveva per colazione, alle
dieci per merenda e alle diciassette al posto del the. Per non parlare
della tazzona che faceva fuori prima di coricarsi: non riusciva a
prendere sonno senza. Erano quasi due litri il giorno e lo comprava
tutte le mattine visto che preferiva quello fresco. Era certa che sarebbe
passata sul cadavere della madre per andarlo a comprare se fosse venuto
a mancare. Prima di tutto Linda aveva rinunciato a un appuntamento
con un ragazzo molto carino: solo per questo motivo 'quello' meritava
di bruciare all'inferno per l'eternità. Rischiava di morire senza
neppure ricevere il suo primo bacio. In secondo luogo, pochi minuti
prima del rientro di Cri dal lavoro, aveva rovesciato il latte rimasto
sul pavimento. Aveva poi guardato in colpa Tommy: un bel calcio non
glielo avrebbe risparmiato nessuno. Terzo si mise carponi ad asciugarlo ed era ancora lì al rientro della donna. "Cosa... è... successo?" la voce stridula di Cri l'avrebbe spaventata se non fosse stato tutto fatto apposta. "Mi
dispiace, avevo aperto il frigo, stavo preparando la cena e... Tommy mi
si è avventato addosso e ha rovesciato la bottiglia." disse come scusa. Cri,
come lei si aspettava, dette un calcione a Tommy che, ignaro di tutto,
stava pasteggiando con quell'improvvisato laghetto di latte. Fece un verso stupito e pieno di dolore e fuggì. "Ti giuro che non è stato fatto apposta." l'implorò Linda "Vado a ricomprartelo io." propose. Cri scosse la testa. "No,
tuo padre non mi perdonerà mai se ti faccio uscire da sola per il mio
latte." disse alla ragazzina, poi sorrise "Sai, pensa che sia una
specie di drogata." poi uscì per andare dal suo spacciatore, il
negoziante dell'alimentari da cui si forniva, che per fortuna era
sempre aperto, soprattutto per le emergenze. "Avverto la vicina che mi
allontano ancora." "Lo faccio io. Tanto tu vai, altrimenti farai troppo tardi." propose Linda. Cri, più rilassata, uscì. Mentre
era in auto, chiamò prima il negozio per assicurarsi che ne avessero,
poi il marito per avvertirlo che sarebbe stata fuori un paio d'ore per
prendere il latte e tutto ciò che era successo. "Sei fuori, disintossicati." disse fra l'arrabbiato e il divertito, poi tornò al suo lavoro. Linda
aveva pensato a tutto e sperò che 'quello' non volesse aspettare anche
il padre e la moglie per vendicarsi. Logicamente non aveva avvertito la
vicina, perché non voleva che le succedesse qualcosa. Ringraziò che lo
spacciatore di Cri abitasse molto lontano, crica dove lavorava e che
lei fosse un'abitudinaria: era certa che sarebbe andata direttamente
lì. Non voleva coinvolgere nessuno. Solo una cosa aveva dimenticato:
era passata da un pezzo l'ora in cui di solito chiamava Bertotti, il
quale invece ci aveva fatto caso ed era preoccupato.
Aveva
richiamato lui Linda, più di una volta, e non aveva ricevuto risposta
nonostante il telefonino segnasse che era acceso. Decise allora di
chiamare il signor Martini che gli aveva lasciato i numeri di
del lavoro e personali, per essere rintracciabile in caso di aiuto. Gli spiegò la situazione. "Quindi voi due vi sentite di nascosto?" chiese Renato, non troppo contento. Bertotti s'accorse del tono che l'uomo aveva usato e cercò di giustificarsi. "Cercavo
solo d'aiutarla. Non volevo che si sentisse sola. In realtà mi ha
sempre detto di stare bene e di non avere problemi con..."
s'interruppe, stava per rivelare dei suoi poteri. "Con cosa?" chiese Renato. "Beh, lei temeva di non trovarsi bene con la sua nuova compagna, invece mi ha confessato che non è male." si riprese Bertotti. Renato rimuginò: in fondo era contento che Linda stesse bene e Bertotti sospirò: era riuscito a cavarsela. Poi
Renato ridendo raccontò la storia del latte versato dal gatto e di Cri
mandato a prenderlo: Bertotti ebbe un senso di déjà-vu e sentì un brivido
lungo la schiena. Su richiesta di Linda, non erano stati detti
i dettagli sulla morte della madre e sulle visioni ora, però, temeva che
tutto si stesse per ripetere. Quell'assassino era ancora in libertà e
si chiese quante possibilità c'erano che fosse riuscito a raggiungere
la Scozia e a trovare la ragazza. Dopo quello stupendo recupero sul
filo del fuorigioco, Bertotti si rese conto che doveva raccontare tutto
al padre: in ansia, e con poche parole, cercò di fargli capire che era
questione di vita o di morte. Con stupore, e dolore, Renato venne
a sapere che Linda aveva gli stessi poteri della madre: a fatica si
mantenne lucido. "Ora chiamerò Scotland Yard, sperando di essere in
tempo e che mi credano soprattutto." Bertotti buttò giù il telefono e
cercò di mettersi subito in comunicazione con la polizia del luogo. Renato
chiamò invece Cri e le spiegò la situazione. La donna che non era
ancora arrivata al negozio, anche se mancava poco, fece immediatamente
dietrofront, e cominciò a correre come una pazza per tentare di
raggiungere quella pazza di Linda. Non sapeva se era vero che aveva dei
poteri, ma l'angosciava che la ragazzina volesse affrontare tutto da
sola. Non aveva neppure fatto mezzo miglio che fu fermata da una
pattuglia. Mentre l'agente le chiedeva i documenti, che lei prese
con mano tremante, l'uomo fu chiamato alla radio per andare a fare un
controllo di sicurezza. La donna sentì chiaramente quello che diceva. "Quello è il mio indirizzo!" esclamò Cri, mostrando la patente "Stavo appunto correndo per vedere se Linda stava bene." L'agente
disse tutto al suo collega: le cose si stavano complicando e le
coincidenze stavano cominciando a diventare troppe. Oltretutto la madre
medium di Linda, Teresa Croce, aveva collaborato anche con loro, perciò
era ben conosciuta. Il telefonista s'allontanò per chiedere
informazioni: ritornò dopo nemmeno un minuto. La collega, che se ne era
stata dentro l'auto a compilare dei documenti, uscì dall'auto con i
nuovi ordini: raggiungere assieme la donna l'indirizzo. Presto
avrebbero mandato una pattuglia e un elicottero come supporto. I due
fecero salire Cri dietro, mentre l'agente donna saliva sulla sua auto.
Si misero di buona lena per raggiungere la casa prima possibile ma, per
fortuna, a quell'ora c'era poco traffico nella zona. Era già passata da
un pezzo l'ora del rientro dal lavoro.
Nel frattempo... Linda
aveva finito di pulire il pavimento che fu presa da un attimo
d'angoscia. Tommy, aveva pensato a tutti tranne che a lui. E se, non
trovando altro per divertirsi, le avesse ucciso il gatto davanti agli
occhi? Tremò all'idea. Prese Tommy, gli diede un po' del latte che
aveva asciugato da terra mischiato con del sonnifero di Cri e glielo
diede, sperando di non aver esagerato con le dosi, poi lo nascose in un
angolo, dove nessuno avrebbe guardato, e attese. Buttò
l'occhio all'orologio: mancava poco all'ora X. Chiamò la polizia e
denunciò un estraneo in casa: nel giro di una mezz'ora sarebbe arrivato
qualcuno. Appena sentì un rumore, sussultò dallo spavento, eppure sapeva che sarebbe arrivato qualcuno. Una voce alle spalle le parlò. "Sei
da sola piccola?" chiese qualcuno la cui intonazione era
disgustosamente eccitata. "Peccato, avevo calcolato che almeno la donna
assistesse allo spettacolo, per poi aspettare tutti insieme il
paparino. Sono davvero molto sfortunato con te." Linda si voltò e
per la prima volta ebbe un faccia a faccia con colui che aveva visto
solo nelle sue visioni. Era tremendo alla pari, forse meno onirico. "Non sei spaventata?" chiese lui, stupito e scocciato. "No, ti stavo aspettando." rispose lei: si sentiva tranquilla come non lo era mai stata in vita sua. "Anche tu... come lei." la rabbia che provava era tangibile. "Questo ti ha fatto guadagnare una seduta di dolore in più." "Non
esagerare però, non hai più di mezz'ora." disse la ragazzina con un
sorrisino furbetto "Ho avvertito della presenza di uno sconosciuto in
casa e qui in Scozia sono molto severi, sai?" Lui, fremette dalla
rabbia: quella ragazzina lo aveva messo nel sacco, come aveva fatto la
madre. Beh, si sarebbe accontentato per il momento, aveva pazienza da
vendere. S'avvicinò con un sorriso crudele, Linda era seria ma
decisa e non arretrò quando prese il pugnale dal ceppo. Resistergli
sarebbe stato inutile e doloroso: almeno aveva salvato la vita di Cri e
suo padre. Lui le aveva avvicinato il coltello alla gola, quando
udirono un elicottero avvicinarsi. Era una cosa davvero strana per la
zona. L'aeroporto distava parecchie miglia da lì e non era una zona
solitamente sorvolata. "Attilio Passerini, esci con le mani alzate." diceva l'interfono del mezzo "Ripeto: Attilio..." Lui guardò in alto e fu preso dal panico. "Come
fanno a sapere il mio nome?" chiese, facendo ballare il coltello
davanti alla faccia di Linda "TU... tu mi hai mentito!" l'accusò. "Non
sono stata io a fare il tuo nome, neppure me lo ricordavo." sbottò la
fanciulla, che intanto pensava come poteva essere successo. Poi vide il
cellulare illuminato e con tremila messaggi di chiamata e
SMS e finalmente capì. "Bertotti!" esclamò "Mi sono dimenticata di chiamarlo, come
faccio ogni sera, e si deve essere preoccupato. Ha chiamato papà e Cri
e, dopo aver sentito la storia del latte, ha capito tutto." I suoi
occhi cominciarono a inumidirsi. "Che c'entra il latte?" chiese Lui impazzito. "Ho
mandato Cri a prendere il latte per salvarle vita." disse, mentre le
lacrime scendevano sul suo viso "La stessa cosa che aveva fatto la
mamma con me." "Ti aveva mandato a prendere il latte, la puttana."
Lui fremeva di rabbia "Beh, ti uccido lo stesso. Tanto più
dell'ergastolo non mi possono dare e quello già ce l'ho." Si stava avventando su Linda, quando qualcosa gli saltò agli occhi. "Tommy,
tesoro, sta attento." gridò Linda, che, con uno sforzo immane, lo prese
in braccio e corse fuori mentre Lui si strofinava gli occhi doloranti. "Ora lo scotenno, lo giuro." e si fiondò dietro di lei, completamente dimentico di essere sotto tiro. Appena
fuori, Linda fu accolta dalle alte luci delle macchine della polizia.
Si bloccò accecata, tanto che un agente fu costretto ad afferrarla per un
braccio e trascinarla con sé. "Ha delle armi con sé?" le chiesero. "Non ne ho viste ma non posso dire di no." ammise la ragazza "Di certo ha preso un coltello dalla cucina." Un
attimo dopo anche Lui uscì, e pure Lui si ritrovò accecato. Non venne
accolto da un solo agente, però, ma da una decina, che gli puntavano
addosso fucili di precisone. Gettò a terra il coltello che aveva in
mano e una pistola che teneva nascosto. Poi si lasciò arrestare. Linda fu raggiunta dal padre e dalla matrigna, che piangendo la strinsero a loro. "Avresti dovuto dirmi la verità." la rimproverò l'uomo, amorevolmente. "Temevo che mi odiassi, come odiavi la mamma." confessò Linda fra le lacrime. "Tesoro,
io non la odiavo, solo non l'amavo abbastanza." disse l'uomo stupito
"Di certo non l'odiavo per i suoi poteri, come non odierò mai te. Ma
avrò sempre paura per la tua vita e, dopo la fine che ha fatto la
mamma, significa che avevo ragione." Linda si strinse ancora di più a suo padre e a Cri: il pensiero però volò in Italia, da Bertotti. -Ispettore, grazie.- |