Au revoir, ma pucelle. di Lothiriel_Indil (/viewuser.php?uid=54990)
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Fiamme.
“Al rogo la strega!”
“Uccidetela!”
“Venera il demonio!”
Le grida della popolazione risuonavano come echi alle orecchie del
francese
che, cercando di mantenere la calma, teneva gli occhi color turchese
puntati su
quella scena disumana.
Non poteva muoversi, le aveva promesso che non avrebbe interferito, che
l’avrebbe
lasciata morire senza lottare ulteriormente.
“E’ il volere di Dio.”, così
gli aveva detto la sera precedente, quando, chiusa
in quella fredda e sporca cella, aveva cercato di farlo ragionare e di
tranquillizzarlo.
Ora lei lo guardava, rivolgeva verso di lui quegli occhi che gli
ricordavano
tanto il vasto mare azzurro. Gli sorrideva, voleva mostrarsi forte e
ribelle,
quella che aveva sempre cercato di essere.
Ma cosa poteva fare una semplice ragazza in quella situazione?
Come aveva potuto Dio affidarle un compito tanto grande?
Un grido.
La “strega” si stava lasciando andare. La sua
pelle, ustionata dalle fiamme
incandescenti che la accarezzavano ininterrottamente, era ormai
diventata rossa
e aveva abbandonato quella piacevole sfumatura candida che tanto la
rappresentava.
Lei, l’angelo mandato da Dio. Cos’altro poteva
essere?
La prima volta che l’aveva incontrata, Francis, aveva
addirittura creduto di
aver visto due candide ali sulla sua schiena, cosa che inizialmente
aveva
attribuito a uno scherzo causato dalla luce del sole.
Ma dove erano ora?
Perché non fuggiva?
Si ritrovò a sperare che quelle grida dicessero il vero, che
la sua Jeanne
fosse veramente una strega. In quel modo non avrebbe dovuto dirle
addio.
Avrebbe potuto stringerla tra le proprie braccia e le avrebbe impedito
di
compiere altre azioni in nome di quel Dio misericordioso che ora la
stava
facendo morire.
Ma esisteva veramente un Dio? Lui, il rappresentante della Francia, per
la
prima volta si trovava a dubitarne. Come poteva credere in lui in un
momento
simile? Era disperato e sconvolto, la ragazza che tanto amava stava
bruciando
sul rogo in suo nome.
Jeanne… La sua piccola e fragile Jeanne, l’unica
ragazza che aveva saputo
condurre degli uomini in battaglia.
Silenzio.
L’anima doveva aver abbandonato il corpo della
Pulzella d’Orléans che ora
restava immobile senza cercare di fuggire da quelle ultime fiamme che
la
stavano divorando.
Dal cielo, ormai grigio, iniziarono a cadere delle piccole gocce di
pioggia che
spinsero la folla a disperdersi.
Soldati, nobili, contadini… Nessuno rimase su quel piazzale
nel quale aleggiava
l’odore di morte.
Rimanevano solo lui e la sua Jeanne.
Avvicinandosi, Francis, non distolse per un solo attimo lo sguardo da
colei che
era riuscita a conquistare il suo cuore. Mai si era ritrovato a
soffrire tanto
per la perdita di qualcuno.
“Jeanne…”, mormorò mentre gli
occhi iniziarono a riempirsi di lacrime che
fortunatamente nessuno vide. Cosa avrebbero potuto pensare? Lui, il
rappresentante
francese, che piangeva per la morte di una strega?
No, lui stava piangendo perché non era stato in grado di
difendere la persona
amata e il suo dolce sorriso capace di riempire il cuore di chiunque,
anche di
uno come lui.
“Au revoir, Jeanne…”
Non voleva dirle addio, non ne era in grado. In qualche modo sperava in
un suo
ritorno, una sua futura rincarnazione… Ma
l’avrebbe riconosciuto? Quella dolce
fanciulla si sarebbe ricordata di lui?
Piangere, non poteva fare altrimenti in quella situazione. Lui,
l’uomo osannato
dalla sua popolazione, era stato del tutto inutile in una situazione
del
genere.
Mai si sarebbe perdonato per quanto accaduto.
Era lui il colpevole.
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