Another Hunger
Games
Cari
e care, dopo la visione del film Hunger games, e la corsa
sfrenata per comprare il libro (i tre libri) e darmi alla lettura, non
ho
potuto non pensare ad una storiella idiota e demenziale dove al posto
della
nostra meravigliosa Katniss Everdeen, e del ragazzo innamorato, Peeta
Mellark,
vediamo il nostro amatissimo Sasuke Everdeen aahaha e il nostro Naruto
Mellark…buona idiozia a tutti!
Non ci credo ho anche trovato l'immagine ahahahah
Sasuke si
legò ben stretto al robusto tronco dell’albero,
stava scendendo la notte sull’Arena, il primo giorno era
quasi giunto al
termine e lui era ancora vivo, il volto più pallido del
solito, i muscoli
indolenziti, le mani sporche di terra. Sospirò, quando nel
silenzio della
foresta risuonò l’inno di Akatsuki-city, qualche
secondo e avrebbe saputo se il
suo compagno di distretto era ancora vivo. Vennero proiettati dieci
volti, ma
nessuno di questi corrispondeva ai tratti volpini del biondo.
“Tsk,
è ancora vivo, l’idiota…”
Sorrise Sasuke, per poi
rabbuiarsi subito all’idea – se pur remota- che se
fossero sopravvissuti
entrambi avrebbero dovuto uccidersi a vicenda, dopotutto il vincitore
era uno
soltanto.
“Dannato!
Ucciderti sarà un piacere!” Farfugliò,
mentendo a
se stesso, la mano stretta forte a pugno, le parole che gli risuonavano
in
testa erano ben altre “Dannato! Mi
hai
fatto prendere un colpo, per fortuna sei ancora vivo!”
Ma mai, mai
l’avrebbe ammesso, neppure a se stesso.
Lasciò
che il vento tra le fronde del salice su cui si era
rifugiato lo cullasse, fino a quando il sonno non vinse anche sulla
paura e
sulla tensione, regalandogli i ricordi più dolci del suo
distretto.
C’era
il viso di Naruto nella sua mente assopita, c’erano le
sue braccia tornite e atletiche, i capelli biondo grano, e quel
ricordo, il
giorno di pioggia in cui gli lanciò una pagnotta di pane,
salvandolo dalla
morte, salvandolo da una fame che non aveva mai conosciuto prima.
Immagini
più veloci corsero nell’incoscienza, quelle degli
allenamenti, il loro mentore Kakashi, unico vincitore del loro
distretto,
Konoha, e poi di nuovo Naruto, la sua ammissione
all’intervista.
“Hai
una persona speciale, nel tuo distretto?” Aveva chiesto
l’intervistatore.
Naruto era
rimasto in silenzio, poi aveva risposto.
“Sì,
ma...se mi ha notato è stato solo per merito della
mietitura”
“E
allora sai cosa? Trionfa e quando tornerai vincitore degli
Hunger Games non potrà non uscire con te!” Aveva
esclamato l’uomo di
Akatsuki-city con un sorriso smagliante sulle labbra colorate.
“Non
credo...perchè questa persona è qui, agli Hunger
games
con me!”
Finzione, o
realtà? Quel biondo idiota era davvero innamorato
di lui, oppure era
stata solo una
trovata per ricevere più sponsor? Quella domanda tormentava
Sasuke, il ragazzo
Katon, il ragazzo in fiamme. Lo faceva ardere, di rabbia, eppure lo
riscaldava,
nel profondo, di una sensazione sconosciuta.
Fu
l’odore di bruciato, lo scoppiettare ripetitivo della
legna a svegliarlo.
“Che
cosa?” Si voltò, la foresta stava andando a fuoco.
Si
slegò velocemente e scese dall’albero, prese a
correre in
direzione contraria all’incendio.
Sapeva il
perché di quell’improvviso cambio di scenario, era
troppo lontano, troppo, dagli altri tributi, e gli strateghi non
volevano tutta
quella staticità, volevano lo scontro.
Corse come un
pazzo, inciampò, più volte venne sfiorato da
dei proiettili infuocati, fino a quando non venne colpito alla gamba.
Capitolò,
dolorante, fino allo stagno più vicino.
L’acqua
lenì il dolore lancinante dell’ustione,
sospirò, poi
un vociare indistinto lo sorprese, costringendolo a cercare tra gli
alberi.
Erano gli altri,
cercavano...cercavano lui.
Scatto in piedi,
ma era troppo tardi, l’avevano visto.
“Catturiamolo!”
Sentì gridare da una ragazza.
“Non
andrà lontano! E’ ferito!” Aggiunse il
suo compagno.
E poi una voce
che lo sorprese, che lo inchiodò là, alla
mercé degli altri, che lo rese vulnerabile, immobile.
Era la voce di
Naruto, il suo inconfondibile e pacifico tono,
il modo in cui indugiava sulle parole, la cadenza, la
musicalità di quella,
unica voce che lo irritava, e che allo stesso tempo gli scaldava il
cuore, le
orecchie.
“Si
dirige nella foresta” Aveva detto.
E
così era stato, Sasuke aveva preso a correre, zoppicante,
dolorante, deluso...verso gli alberi, dove si era arrampicato, sui rami
più
alti, certo era esile, molto più degli altri tributi, ma
questo, per una volta
gli avrebbe dato un vantaggio, l’avrebbe portato dove nessuno
di loro poteva
raggiungerlo.
Naruto
l’aveva tradito...proprio tradito non lo poteva dire,
perché dopotutto, anche se provenivano dallo stesso
distretto, lì, nell’arena,
erano nemici, nemici fino alla morte. Eppure, dopo quella pubblica
dichiarazione, dopo che aveva ammesso di amarlo, davvero era solo
finzione? Lo
sapeva, certo, lo aveva sempre saputo che fidarsi era sbagliato, e si
era
ripromesso di non farlo, mai, verso nessuno...eppure, gli era stato
inevitabile, non credere a quegli occhi azzurri. Meglio! Quando sarebbe
arrivato il momento avrebbe avuto meno sensi di colpa per averlo ucciso.
“Dovrà
scendere, prima o poi...lo aspetteremo qui e lo
uccideremo” Sentenziò puntandolo con lo sguardo,
dopo l’ennesimo fallimento di
uno dei primi distretti a raggiungerlo sull’albero.
Era vero, doveva
scendere, prima o poi, e loro erano in tanti
e armati. Non aveva speranze, era ferito, e solo.
Si
assopì, calò la notte, e un rumore indistinto lo
svegliò
da quel torpore doloroso. Un dono, uno sponsor, aprì il
piccolo pacco, qualcuno
lo voleva vivo. Si spalmò la crema medicinale sulla ferita,
sarebbe guarito, ma
rimaneva il problema della mancanza di armi e del numero dei suoi
nemici.
Un alveare, il
ronzio sconnesso di api, salvezza.
Doveva solo
tagliare quel ramo, far precipitare quella bomba
ronzante, sarebbero fuggiti, e lui avrebbe potuto filarsela.
Aspettò
che dormissero e cominciò a segare lo spesso ramo.
L’alveare si schiantò a terra in un tonfo sordo.
Grida,
imprecazioni di ogni sorta uscirono dalle labbra degli
altri tributi. Attese qualche minuto e scese, traballante per le
punture di
quelle strane api.
Erano degli
ibridi, le api Tsukuyomi, il cui veleno dava
allucinazioni.
Tra gli
sbandamenti e le strane visioni contorte riudì la
voce di Naruto, ora così vicino, voleva ucciderlo?
Gli corse
incontro, gli occhi azzurri sbarrati dal terrore.
“Scappa!
Corri, Sas’ke, corri!” Gli urlò.
E lui
fuggì, lo stupore nel cuore, lo spavento, il dolore.
Perché non l’aveva ucciso, ora che era
così vulnerabile?
Corse
più che poté, fino a quando il buio non gli
riempì gli
occhi con il suo nero più scuro.
Si
risvegliò tre giorni dopo, affaticato, affamato, stanco,
ma vivo.
Si chiese in
quanti fossero rimasti, se Naruto fosse ancora
lì, il cuore pieno di sangue, pronto a pompare in quel petto
forte, pronto a
spingere il suo sangue caldo fino ad ogni sua cellula più
lontana.
Prese un bel
respiro e si alzò. Tutto divenne sfocato,
instabile. Poi li vide luccicare, gli shuriken, vicino al mucchio di
foglie
dove aveva riposato per chissà quante ore, giorni.
Ricordava di
averli afferrati poco dopo esser sceso
dall’albero, da uno dei tributi periti a causa delle punture
di api. Ora poteva
cacciare, ora poteva difendersi, armato avrebbe avuto una
possibilità, rimaneva
quel problema, enorme.
Se anche ce
l’avesse fatta si sarebbe ritrovato a doverlo
uccidere, a dover uccidere quel ragazzo che per la seconda volta lo
aveva
salvato dalla morte.
Un annuncio
inaspettato colpì le sue orecchie, forse un
sogno?
Avrebbero potuto
vincere due tributi, a patto che il
distretto di provenienza fosse lo stesso...
Naruto.
Camminò
per qualche ora, fino a quando i suoi stivali non
affondarono nel terreno fangoso, era vicino ad un ruscello, riusciva a
sentirne
il rumore, lo scroscio rilassante, l’odore di muschio
nell’aria, il verde
brillante delle foglie, e il rosso...il rosso del sangue.
Era sulle rocce
viscide, sui ciottoli colorati, sulle piante
vicino alla riva.
Seguì
le tracce, poi lo trovò, steso a terra, mimetizzato tra
il verde e il grigio.
“Naruto!”
Esclamò.
Il ragazzo
aprì gli occhi.
Sasuke si era
scordato di quanto fossero azzurri.
“Ciao...”Mormorò
il moro aiutandolo ad alzarsi, era ferito
alla gamba.
“Un
Kunai molto affilato” Gli disse il biondo sorridendo.
“Oh”
Seppe dire il giovane.
Naruto sorrideva
ancora, e quel sorriso gli arrivo dritto
come una freccia al cuore. Aveva pensato più volte ad
ucciderlo, per la sua
salvezza, per quel tradimento, ma anche quella volta doveva ammetterlo,
quel
ragazzo era riuscito a sorprenderlo ancora, l’aveva aiutato a
fuggire.
“Andiamo”
Mormorò afferrandolo per la schiena e cercando un
posto sicuro.
“Grazie...”
Sentì dire sottovoce.
Sasuke storse la
bocca e lo trascinò nella macchia.
Si rintanarono
in una caverna, la notte era scesa
velocemente, e il freddo li aveva trovati ancora con i vestiti umidi e
con le
membra stanche.
“Te la
caverai, devi rimetterti...” Gli disse il moro,
deciso.
Naruto
ghignò.
“Sarai
tu a vincere, Sas’kè” Gli disse poi nel
silenzio.
“’Sta
zitto...” Brontolò il moro.
“Piuttosto...è
vero?” Chiese senza guardarlo in volto.
“Cosa?”
“Perché
non mi hai ucciso?” La voce di Sasuke si fece debole,
poteva sentire il suo cuore orgoglioso risuonargli nelle orecchie.
“Perché
tu non mi hai abbandonato lì a morire?” Naruto
rispose con un'altra domanda.
“Non
lo farò, non ti lascerò qui, dopotutto anche
tu...molto
tempo fa...” Lo disse, convinto che l’altro non
ricordasse quel giorno di
pioggia, i suoi capelli corvini impregnarsi d’acqua, le
costole premere contro
la pelle, sotto i vestiti consumati, e poi quel pane, le sue dita
bronzee
lanciarglielo.
“Ci
ripenso, sempre...sarei dovuto venire lì, da te, porgerti
quel pane...e invece, te l’ho lanciato” La voce di
Naruto si fece triste, i
suoi occhi azzurri si rabbuiarono. Ricordava.
Sasuke
alzò lo sguardo, sorpreso, i suoi occhi neri cercarono
quelli del biondo.
“Tu...”
“Io ti
guardavo sempre, da quel giorno...all’accademia,
durante gli allenamenti, all’esame per Genin...”
Ammise imbarazzato.
“Se io
dovessi...”
“No...non
morirai” Disse deciso il moro, per poi avvicinarsi
e baciarlo sulle labbra, con dolcezza, un attimo, uno soltanto.
Naruto lo
guardò basito, poi sorrise.
“Ti
riporterò vivo a Konoha, Sas’ke...”
Sasuke scosse la
testa, esasperato, come poteva affermare una
cosa del genere quando era lui quello ferito, a terra.
“Torneremo
insieme, a casa...” Gli rispose poi, sperandoci
veramente.
AHAHAH scusate
questa imbecillata, ma ce li vedevo troppo
ahahahaha
Allyn <3
Non tiratemi
niente ahaha, e non buttatemi nell’arena di
Hunger games, please :P
Bacini
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