12.07.2013.
Sono
nel mio letto qui a Los
Angeles.
Sono
le ore 02.37 e ancora
non riesco a prendere sonno.
Continuo
a girarmi e
rigirarmi tra le coperte,che sembrano avvolgermi come se avessi una
seconda
pelle.
Chiudo
gli occhi,in attesa
che il sonno finalmente mi prenda.
No.
Neanche lui sembra
volermi accontentare.
Basta.
Scosto le coperte,mi
alzo e mi dirigo verso il piccolo frigobar che custodisco gelosamente
in camera
mia.
Lo
apro,prendo una bottiglia
di vodka,un bicchiere e bevo quel contenuto così cristallino
che ci posso quasi
specchiare i miei occhi azzurri spenti e vuoti.
Bevo
tutto di un fiato.
Strano a dirsi,ma mi sembra quasi di stare meglio.
La
gola brucia,ma il dolore
che provo non è niente,paragonato a quello che mi sta
facendo lei.
No,non
ci devo pensare.
Uno,due,tre
sorsi.
Sembra
che un incendio si sia
scatenato dentro di me,e allo stesso tempo la vodka lo calma per poi
riaccendere e alimentare le fiamme.
Basta.
Voglio dimenticare,dimenticare
tutto.
La
prima bottiglia ormai è
andata,e così prendo la seconda.
Vado
verso il letto. Non ce
la faccio già più a stare in piedi.
Un
passo dopo l’altro,mi
dirigo traballante verso il letto,ma per la troppa foga,travolgo un
piccolo
tavolinetto in legno,su cui,prima della mia caduta,faceva mostra di
sé un’unica
foto.
La
prendo in mano,ma i miei
occhi non vogliono guardare.
Non
vogliono guardare quei
capelli biondi,quegli occhi azzurri quasi come i miei,ma
soprattutto,quel sorriso
così luminoso,che le ho visto dedicare solo a me in vita mia.
Quello
era il mio sorriso.
Quelli
erano i miei occhi.
Lei,semplicemente,era
mia.
Mia,mia e di
nessun altro.
Con
tutta la rabbia che ho in
corpo,butto a terra la fotografia,frantumandone in mille pezzi il vetro.
E,con
esso,va in mille pezzi
anche il mio cuore.
Guardo
fuori dalla finestra.
Tutto
è rigorosamente
immobile,buio,spento,come la mia anima.
E
in questo assurdo silenzio,nella
mia mente si forma una domanda,infliggendomi l’ennesima
coltellata al petto.
Quando
il tuo unico e vero
amore è perso per sempre,per cosa vivi davvero?
Non
so,o forse,non riesco a
trovare la risposta adatta.
No,forse
la risposta c’è.
Niente.
Semplicemente,il
nulla,perché senza amore,non c’è
vita.
Ed
è in un attimo,che la mia stessa
mente non troppo lucida di qualche istante fa,trova incredibilmente un
appiglio,una roccia a cui aggrapparsi,una speranza.
Prendo
velocemente il mio
giubbotto,un pezzo di carta,una penna,ed esco fuori di casa con la mia
macchina.
Destinazione,
Point
Fermin Park(http://losangeles.diarystar.com/images/point-fermin-park1.jpg).
Le
strade mi passano
davanti,ma il paesaggio mi sembra così uguale e vuoto.
Una
volta arrivato,spengo il
motore della mia auto e decido.
Lei ha tutto il diritto di sapere
chiaro e tondo,una
volta per tutte,tutto quello che provo per lei.
Prendo
carta e penna,e con
una grafia traballante dovuta all’alcool,incomincio a
percorrere la strada
verso il suo cuore.
“Sarebbe
stupido bussare alla
finestra di camera tua,magari lanciando dei sassolini contro il
vetro,solo per
attirare la tua attenzione?
Sarebbe
stupido invitarti ad
uscire,solo per vedere quanto le stelle siano lucenti in questo periodo
dell’anno,e
vedere che tanta bellezza non è neanche minimamente
paragonabile a quella
racchiusa nei tuoi occhi?
Sarebbe
stupido mandarti un
mazzo senza biglietto di fiori d’arancio,i tuoi
preferiti,solo per vedere il
rossore dell’imbarazzo dipingersi sulle tue gote meravigliose?
Sai,ho
visto le foto del
matrimonio questa mattina.
Naturalmente,eri
splendida
nel tuo abito nero.
Ho
visto come vi prendevate
mano nella mano,guardandovi negli occhi e sorridendo per la
felicità dell’altro
mentre ballavate.
Sono
felice per te.
Hai
quasi ventinove anni,infondo,è
giusto così,no?
Come
voleva tua madre.
Come
voleva tuo padre.
Come
volevi tu?
Sono
felice per te.
L’altro
giorno ho pianto.
Strano,vero?
Io,l’imperturbabile
e duro
Evan Taubenfeld,ha pianto.
Non
so neanche come sia
successo.
Mi
ricordo soltanto che ho
visto una famiglia attraversare la strada.
Un
marito,una moglie,tre
figli.
Ho
visto il tuo futuro,il
futuro che con me non hai mai voluto avere.
Sono
felice per te.
Sai,ho
appena bevuto,e adesso
sono in macchina,ubriaco e con in mano questo foglietto che spero
leggerai solo
tu.
Rideresti,anche
nel vedere lo
stato in cui mi sono ridotto,e per me sarebbe un beneficio,solo sentire
il
suono dolce e cristallino della tua risata.
Sono
felice per te.
Lo
so,continuo a ripeterlo e
mi sento uno stupido,perché più lo ripeto e
più cerco di convincermi che devo
esserlo,per la tua felicità e per non farti del male.
Ti
devo confessare un’ultima
cosa.
Odio
il modo in cui mi
parli,cercando un mio abbraccio.
Odio
il modo in cui mi
guardi,come fossi la cosa più importante che tu abbia al
mondo.
Odio
quando menti a me ma
soprattutto a te stessa.
Odio
quando mi fai ridere con
le tue battutine stupide.
E,ancora
peggio,quando mi fai
piangere.
Odio
quando non ci sei.
E
il fatto che tu non abbia
mai capito cosa io provi realmente,per te.
Ma
soprattutto,la cosa che
odio di più,è il fatto che non riesca ad
odiarti,perché ti amo…con tutto me
stesso.”
Lascio
il biglietto sul
sedile,apro lo sportello e mi dirigo verso la scogliera.
Vedo
le onde del mare
infrangersi sugli scogli ripetutamente,senza mai tregua.
Nonostante
tutto,mi sento
bene.
Ho
avuto finalmente il
coraggio di dirglielo,di esternare tutti miei sentimenti.
Ed
è solo questo l’importante.
Chiudo
gli occhi,in attesa
che il sonno,questa volta quello eterno,mi prenda.
“Ti
amo” penso,e,con un
ultimo balzo,salto nel vuoto.
Beh,che
dire,è difficile parlare dopo una
fine del genere.
Questa è
la mia prima one-shot,e spero
che sia andata bene.
Questa idea mi
vorticava già da tempo,ma
non ho mai avuto il coraggio di scriverla.
Poi,questa
mattina,ho preso il pc,e…è
venuto fuori questo.
L’ultima
parte è una citazione,modificata
appositamente da me,del film “Dieci
cose
che odio di te”.
Bene,se vi ha
emozionato,anche solo la
metà di quanto ha emozionato me,recensite.
Mi farebbe molto
piacere.
P.S. Se volete,fate
un salto alla mia ff
su Avril.
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