Scaffale sedici, ripiano cinque.

di sedicisettembre
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Erano ormai minuti che Maya scriveva, cancellava, scriveva, cancellava...

Stava pensando alle parole giuste per il saggio, ma non riusciva a concentrarsi e a distinguere le parole scritte sul foglio davanti a sé. Non sapeva cosa scrivere, fare o pensare, lui era costantemente al centro dei suoi pensieri.
Eppure lui era, o almeno sembrava, tranquillo; seduto dietro alla sua cattedra, a riempire documenti.

Maya lo guardava, mentre gli occhi di lui, come fuoco, le lanciavano soltanto occhiate di rimprovero e rabbia.

Maya sospirò, per poi lasciar andare la penna sul banco, con un tonfo. Si alzò e senza chiedere il permesso uscì dall’aula,  dirigendosi velocemente verso il corridoio C. Lo desiderava e l’impossibilità di averlo la mandava in tilt. Non poteva fare altro che pensare alle sue mani che vagavano sul suo esile corpo, al tono della sua voce mentre facevano l'amore, mentre la chiamava o le sussurrava di amarla. 

E, come d’altronde ho sempre detto, il mio nome non è affatto importante, vi basta sapere soltanto che sono qui per raccontarvi una storia. 
Una storia suppergiù complicata, fatta di litigi e incomprensioni, di promesse fatte e mai mantenute. Una storia che ho accennato spesso, senza mai concludere del tutto; una storia che forse ho visto coi miei occhi, non lo so, non ricordo. So per certo, però, che se ne parlò per tanto, forse fin troppo, tempo.





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