Parigi
Prefazione
Le ruote della carrozza sussultarono leggermente
sulle strade di Parigi. Producevano un cigolio continuo che sarebbe
risultato insopportabile, non fosse stato che il viaggio era stato
tanto lungo che l’occupante della carrozza si era ormai
abituata.
Era una carrozza elegante ma sobria. Le
finestrelle di entrambi i lati erano coperte da tendaggi di stoffa blu
pesante.
Ester avrebbe voluto scostarli un po’
per poter ammirare quella città che suo fratello aveva tanto
decantato nelle lettere che le aveva mandato, ma era già
abbastanza agitata senza vedere la grandiosità della
città in cui si trovava. Era la prima volta che lasciava la
sua Spagna e, per di più, era la prima volta che viaggiava
sola.
La vettura si fermò
all’improvviso e il conducente andò ad aprirle la
porta. L’aveva accompagnata per tutto il viaggio e, vedendo
il piccolo paesino di campagna in cui la ragazza aveva vissuto fino a
quel momento, aveva l’esatto presentimento che non fosse
tranquilla in quel momento.
Ester scese dalla carrozza e ammirò la
casa di suo fratello: era una palazzina su due piani, di pietra rossa,
molto diversa da quella semplice casetta in cui aveva vissuto in
Andalusia.
Mai, nei suoi sogni, aveva immaginato di
raggiungere, un giorno, mete tanto distanti, luoghi così
ignoti per lei. Mai prima di quel giorno…
Era
Natale. Lei aveva sempre cantato nel coro della chiesetta del paese e
molti le avevano fatto i complimenti per la sua bella voce. Tuttavia,
era solo un divertimento per lei.
Poi
quel mattino, dopo la messa natalizia, un uomo le si era avvicinato.
Era un uomo distinto, di mezz’età, e
l’aveva salutata in spagnolo ma con un evidente accento
straniero, per poi domandarle –Come ti chiami?-
Il
padre e la madre di Ester l’avevano raggiunta immediatamente,
vedendo che parlava con uno sconosciuto.
-Desiderate qualcosa da mia figlia?- aveva domandato suo padre con tono
quasi minaccioso.
-Oh, non fraintendete le mie intenzioni, signor…-
-Aleandro Sancez.- aveva risposto l’altro in tono ancora
incerto –E posso sapere con chi sto parlando? Avete un
accento straniero.-
-Oui, in effetti sono qui di passaggio. Je m’appelle Richard.
Farmin Richard. Tra pochi mesi, sapete, tornerò a
Parigi, la mia città, e diverrò directeur
dell’Opera di Parigi… certamente ne avrete sentito
parlare.-
-Certo. Congraturazioni a voi. Ora però…-
-Suvvia, signor Sancez, lassè-moi terminer…-
aveva riso allora il signor Richard –Sapete, stamattina ho
écouté questo coro con molto interesse. Il motivo
è, devo dirlo, la voce di vostra figlia.- si era voltato
verso Ester e le aveva sorriso garbatamente –Un contralto
assolutamente charmant.-
Ester, arrossendo bruscamente, aveva abbassato lo sguardo.
-Avrò la direzione dell’Opera tra tre mesi. La
voce di sua figlia… come ti chiami, ma chère?-
-Ester, signore.-
-Ebbene, Ester, per quanto tempo hai studiato canto?-
-Mi
spiace, signor Richard, non ho mai preso lezioni.- ammise lei.
-No? Eppure leggevate uno spartito.-
-Mia madre mi ha insegnato a leggere le note, signore, nulla di
più.-
-Oh… bene, motivo in più per farvi la mia
proposta, signori.- di nuovo, il signor Richard si era rivolto ai
signori Sancez –Tra quattro mesi mandate Ester a Parigi.
Provvederò a trovarle una camera in affitto, in una casa
rispettabile, si capisce… con qualche lezione, ne sono
certo, potrà arrivare in breve a una piccola parte da
solista e, nel frattempo, potrebbe cantare come corista, o qualche
duetto, addirittura.-
La
proposta del signor Richard era rimasta in sospeso per i quattro mesi
seguenti: nessuno in casa ne aveva più parlato e Ester non
aveva mai nutrito la speranza che i suoi genitori acconsentissero a
mandarla così lontano.
Ma
allo scoccare del quarto mese suo madre l’aveva aiutata a
fare i bagagli e suo padre aveva mandato una lettera al fratello di
Ester, Diego, che si era trasferito a Parigi qualche mese dopo aver
sposato una bella ereditiera parigina, madmoiselle Gabrielle Buten.
Ovviamente Diego aveva accettato di ospitarla e Ester si era trovata su
una carrozza, alla volta di Parigi.
Ester entrò in casa e fu accolta da
tutta la famiglia di suo fratello. Diego era piuttosto alto ma
altrettanto robusto, al contrario di lei che era di costituzione
abbastanza magra. Avevano però gli stessi capelli castani e
gli stessi occhi nocciola che caratterizzavano la famiglia, e la loro
carnagione era un poco più scura rispetto a quella di
Gabrielle, che era una donna sottile e con un lieve sorriso perenne sul
volto. Con loro c’era Antoine, il figlioletto di due anni.
Dopo cena, quando la cameriera aveva finito di
sistemare gli effetti personali di Ester, suo fratello le
mostrò la sua stanza e manifestò la sua poca
convinzione riguardo alla scelta presa dalla sorella –Ah,
Ester, l’Opera… il mondo
dell’Arte… Ne sei davvero certa? È
ciò che desideri?-
-Si.- rispose Ester con un sorriso –O,
almeno, credo di desiderarlo. E visto che ho questa
possibilità, odierei non provare, almeno.-
In realtà, tutto era accaduto tanto in
fretta che neanche aveva avuto il tempo di domandarsi se quel
cambiamento le sarebbe piaciuto. Ma ora era lì, a Parigi, e
certo non aveva nessuna intenzione di tornare indietro.
-D’accordo. Allora domattina ti
accompagnerò all’Opera…-
sospirò Diego –Anche se con…- si
interruppe, abbassando lo sguardo –Niente.-
-Niente?- domandò Ester stupita
–Come, “niente”?-
-Niente, davvero. Solo, le sciocche paure di un
fratello maggiore.- sorrise Diego, e l’abbracciò
–Sono felice che tu sia qui.-
La mattina seguente Ester indossò un
abito celeste e un cappellino, poi Diego
l’accompagnò all’Opera. Già
da fuori, Ester rimase impressionata
dall’immensità del monumento. Quando entrarono,
emise uno strano rantolo e temette di aver perso la voce per la
sorpresa di trovarsi in un luogo tanto imponente ed elegante.
-Perdonatemi!- Diego fermò una donna
dall’aria severa, il volto spigoloso e i capelli raccolti in
una crocchia –Dobbiamo incontrare il signor Richard. Potete
portarci da lui?-
-Certamente, signore.- annuì la donna,
e si presentò come la maschera Giry.
La donna li guidò con sicurezza lungo i
corridoi immensi ed elegantissimi fino ad un ufficio al secondo piano,
dove madame Giry bussò alla porta di un ufficio.
Una voce (Ester riconobbe in essa il signor
Richard) disse di entrare. Madame Giry, dopo aver fatto una riverenza
al signor Richard, seduto dietro la scrivania, e ad un altro uomo
seduto su una poltrona, uscì chiudendo la porta.
-B… bonjoure.- salutò Ester
con voce un po’ stentata.
-Oh, salve, salve!- salutò il signor
Richard –Se non erro, voi siete… Ester, Ester
Sancez, nevvero?-
L’altro uomo intanto, dopo essersi
presentato come il signor Moncharmin, co-direttore
dell’Opera, li invitò a sedersi e Ester e Diego
presero posto davanti alla scrivania.
Sara prese a torturarsi nervosamente le mani: il
signor Richard si era detto soddisfatto della sua voce, ma non aveva
accennato al fatto di non essere l’unico direttore: dunque
non spettava solo a lui la scelta. Se al signor Moncharmin non fosse
piaciuta, cosa sarebbe successo? Sarebbe dovuta tornare in Spagna? Ora,
la prospettiva di tornare a casa le sembrava terrorizzante.
-Ti avevo raccontato, Moncharmin, della giovane
contralto andalusa?-
Il signor Moncharmin annuì studiando la
ragazza –Certo, certo…immagino dovremmo sentirla
cantare… certo non mi intendo granché di musica,
ma gradisco sentire la voce di una cantante, prima di stipendiarla.
Capite la mia posizione spero, madmoiselle.-
-I…io… certo, signore.-
annuì Ester, che tuttavia era un fascio di nervi.
-Bene.- sorrise il signor Richard, e le porse uno
spartito adatto alla sua tonalità. Le furono concessi pochi
minuti per studiare le note e i passaggi, poi fu fatta alzare in piedi.
Trasse un respiro profondo e chiuse gli occhi.
Immaginò di trovarsi non in un’elegante ufficio
dell’Opera ma in chiesa, nel suo paese. La nota iniziale fu
un tantino tremula, ma poi la sua voce si fece chiara e
cantò con naturalezza, come aveva sempre fatto.
I due direttori ne furono soddisfatti. Dopo aver
scambiato qualche parola le dissero che avrebbe dovuto presentarsi
all’Opera la mattina seguente alle nove.
A casa, dopo aver scritto una lettera entusiasta
alla madre e al padre, Ester andò a letto.
___________Nota di Herm90
Questa è la prima volta che mi arrischio a scrivere sul
Fantasma dell'Opera... la mia ficcy è basata più
sul film che sul libro. Non so quanto sarà lunga... io
andrò avanti comunque, ma qualche recensione fa sempre
piacere!
(mi scuso in anticipo per il francese... so che è pessimo,
non sono mai andata bene anche se mi affascina molto come lingua!)
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