Life
Bites
-La strana coppia-
Break 1.
«La
proposta perfetta»
...o quasi.
Se
c'è una cosa che detesto, questa è fare le
pulizie. Chiariamoci, le ho sempre fatte e adoro l'ordine e la pulizia;
ma un conto è mettersi di buona lena a pulire un
appartamento grande quanto una stanza (che chiamare monolocale
è un'offesa ai monolocali), tutto un altro è
doverlo fare con una villetta di trecento metri quadri, su due piani,
più giardino.
Sia chiaro, adoro quella che da più di due anni
è diventata la nostra casa. E' un sogno poter vivere
affacciati alle verdi colline inglesi, potendo sentire l'odore
salmastro del mare che si infrange sulle scogliere. Ma dover mettermi a
fare la brava donnina di casa, scusatemi tanto, mi indispone.
Soprattutto quando il mio pseudo
ragazzo è bellamente sbracato sul divano del
salotto a giocare alla psp, tranquillo e beato. Eccerto. Tanto mica
deve pulire lui.
«...voglio una donna delle pulizie»
Il capo rosso che sporge oltre il bracciolo di pelle nera ha
un rapido scatto, segno che mi ha sentito.
«Eh?»
Ma che, evidentemente, non ha compreso le mie parole. O sta
facendo il finto tonto.
Un sorrisetto irritato mi piega le labbra, mentre valuto
tutti i modi possibili per poter usare la scopa che stringo nella
mancina. Niente di molto piacevole per lui, in ogni caso.
«Una donna delle pulizie, Matt. Una fottuta
domestica. Quello che, si dà il caso, non sono io»
Quasi ci spero che colga la frecciatina. Ma quello che
ottengo è solo un laconico 'humhum' e la musichetta di
SuperMario che mi informa di un passaggio di livello.
Decido saggiamente di appoggiare la scopa contro la parete,
prima di spezzarne il bastone - ovviamente in testa al mio convivente.
Chissà se non si aggiusti, ritrovando una sanità
che è andata fottendosi insieme all'aumentare dei level up
dell'idraulico baffuto. Eppure questo coso qui dovrebbe essere un
fisico. Un fisico!, ci credete? Io no. Cioè, non quando me
l'ha detto. Ho dovuto prima vedere la laurea - presa con il massimo dei
voti, tra l'altro - ed assicurarmi che non fosse un falso, prima di
rassegnarmi all'evidenza: i geni arrivati ad un certo punto
rincoglioniscono. Io sono fortunatamente esente a questa regola
generale, ovviamente.
«Avresti almeno la decenza di far finta di
ascoltarmi?»
Mi informo, incrociando le braccia al petto e tamburellando
nervosamente con il piede destro sul pavimento. Ah, dannazione! certi
tic non riesco proprio a togliermeli.
Finalmente vengo degnato di uno sguardo fin troppo verde che
sbuca oltre il bracciolo, segno che l'altro si è teso per
poter guardarmi. Mi fissa per qualche secondo, corrucciando le
sopracciglia, prima di sbattere le palpebre.
«Vuoi per caso una mano a pulire, Mello?»
Alleluja,
il criceto in prognosi riservata ha ripreso conoscenza!
«No, tesoro...
continua pure a farti i cazzi tuoi, posso tranquillamente spaccarmi il
culo da solo»
«Ah, ok»
No, rettifico. Calma piatta. Non dà alcun segno
di vita. Lo abbiamo perso.
Il sorriso sul mio viso si apre su un sogghigno
mefistotelico... o forse è meglio dire da pazzo psicopatico?
Niente che possa piacere al mio adorabile ragazzo, in ogni caso. Ancor
meno dopo che mi avvicino al divano bradendo la scopa.
«...Mel-? AHIA!»
*****
Inizio a pensare che abbiamo un po' troppe cianfrusaglie.
Senza contare ovviamente le innumerevoli custodie degli altrettanto
innumerevoli videogiochi del rosso, disseminate un po' per tutta la
casa. Il mio ragazzo è tutto meno che ordinato, non lo era
nella nostra vecchia casa, figurarsi se lo sarebbe stato in una nuova.
Può cambiare stato, possono passare gli anni, ma Matt rimane
Matt. In un certo senso è una cosa consolante, per altri
versi mi porta di sovente ad avere crisi isteriche da casalinga
disperata.
In ogni caso, devo ancora capire cosa dovremmo farci con un
giradischi quando abbiamo un impianto stereo degno del miglior dj ed
altrettanto rumoroso. Non fa che accumulare polvere e costringere me ad
armarmi di straccio per pulire l'ennesima superficie. Arriccio il naso,
trattenendo uno starnuto. Porca puttana, ci manca solo che sviluppi
un'allergia tardiva a questa minchia di polvere.
«Mello»
La voce del mio convivente mi fa alzare il viso,
scoccandogli un'occhiataccia che sembra farlo trasalire ed
indietreggiare appena, oltre il cornicione della porta, come se stesse
ripensando alla semplice idea di entrare in stanza. Ha un buffo cerotto
sulla fronte, dove il manico della scopa l'ha colpito un po' troppo
forte - o è stato il posacenere?
«Che vuoi?»
Non riesco a modulare la voce in modo che appaia meno
scazzata e ringhiante di quanto sia, mi dispiace. Ma sono ancora
parecchio incazzato con lui.
Questo non sembra aiutarlo a decidersi ad avvicinarsi,
comunque, poiché saetta lo sguardo verde ovunque, nella
stanza, impedendo che esso si soffermi troppo su di me.
E' fastidioso, lo ammetto. Odio questo suo atteggiamento.
Voglio che le persone mi guardino negli occhi, quando mi parlano. E
Matt anche quando non mi sta parlando.
Si gratta piano con l'indice della mancina la guancia,
muovendo poi coraggiosamente un paio di passi verso di me, anche se
l'espressione sul suo viso rimane esitante.
Che voglia chiedermi scusa e far la pace? So bene che non
gli piace proprio per nulla quando gli tengo il broncio, come lo chiama
lui - quindi circa diciotto ore su ventiquattro - e smania sempre per
poter tornare alla tranquillità della nostra vita.
Qualcosa mi ha fatto più volte pensare, nel
nostro periodo insieme, che covi la morbosa paura di essere
abbandonato. Credo che sia tipica degli orfani, in ogni caso. La provo
anch'io, malgrado non la ostenti tanto quanto lui.
Anche Matt ha perso i genitori da piccolo, ma a differenza
mia dopo qualche tempo in orfanotrofio è stato raccattato da
non so che zio che l'ha fatto crescere insieme alla moglie e i suoi
innumerevoli figli come se fosse anche lui suo. Pur essendo
stato per molti versi più fortunato di me, il suo terrore
rimane comunque molto più grande, sull'argomento.
Inarco un sopracciglio, trovandomelo davanti ed aspettando
che parli. Certo che è diventato più alto, anche
se io sono seduto su una poltrona, in questo momento. Troneggia sopra
di me, alto ed allampanato, sembra quasi non sappia che farsene di
tutti quei centimetri e ha costantemente una posa disordinata che ormai
ho imparato a conoscere. Ed è una delle tante piccole cose
che amo di lui, anche se non lo ammetterò mai ad alta voce.
Piuttosto preferisco l'allergia.
«Allora?»
Anche se posso sembrare insofferente, smanio anch'io per
sentire quelle paroline e poter finalmente smetterla di fare l'offeso
con lui. E' divertente, ma fino ad un certo punto.
Matt si morde il labbro inferiore, stringendolo piano fra i
denti come fa sempre quand'è nervoso, giocherellando con il
laccio degli assurdi occhialoni da pilota che sembra indossare sempre.
Poi prende un bel respiro e la sua espressione stranamente seria mi fa
per un attimo temere il peggio.
Che voglia lasciarmi, alla fine? Altrimenti non capisco
proprio perchè debba guardarmi in quel modo. Non sono
affatto abituato a vederlo così serio.
Mi agito sul divano, smaniando per alzarmi e sapere cosa
c'è ed, al contempo, reprimendo la voglia di attaccarlo per
primo, per non essere ferito, probabilmente.
«Matt t-»
«Mello, per piacere, stai zitto e mi fai parlare
una volta tanto?»
Mi zittisce con un'occhiata che mi fa rabbrividire,
accasciandomi contro la poltrona, torturando nervosamente il vecchio
straccio che ho fra le mani.
Mi limito ad annuire, rendendomi conto d'aver
improvvisamente perso l'uso della parola, deglutendo lentamente.
Lui annuisce, incrociando le braccia al petto e guardando di
lato, salvo poi tornare velocemente su di me, ricordandosi quanto mi
irriti non avere un contatto visivo.
«Ecco, pensavo...»
Lo scattare del mio sopracciglio in una palese espressione
scettica gli fa sbattere un paio di volte le palpebre, guardandomi
male.
Ok, niente battute.
«Dicevo, pensavo. Sono ormai tre anni che stiamo
insieme. E... e stiamo bene, giusto? Voglio dire, ci siamo trasferiti
in Inghilterra, abitiamo in questa casa... siamo felici, no?»
Mi sta confondendo.
«Certo... credo. Tu non lo sei?»
Sa bene quanto per me sia difficile parlare di certe cose,
soprattutto esprimere i miei sentimenti. Ma non riesco proprio a
comprendere dove voglia andare a parare.
Il rosso trasale, il verde dei suoi occhi che sembra farsi
appena più chiaro.
«Certo! Certo che lo sono, che domande. E' tutto
quello che, beh, che ho sempre desiderato»
«E allora?»
No, non capisco dove stia il problema. Sempre se, a questo
punto, ci sia un problema.
«Quello che voglio dire... è
che... insomma, noi due... vorrei... mi piacerebbe, sì,
insomma...»
«Matt, ti vuoi decidere a dirmi che vuoi o devo
tirarti un altro posacenere?»
La minaccia sembra sortire il suo effetto, perchè
si china su di me, appoggiando una mano sul bordo della spalliera.
Posso sentire il suo alito sulle mia labbra, con il leggero sentore di
nicotina che lo contraddistingue.
«Mihael Keehl... vorresti sposarmi?»
Apnea. Avete presente? Credo di essere andato in apnea. E
credo anche che la mia mano si sia mossa da sola, afferrando una sorta
di strana statuina della dea Kalì che stava vicino al
grammofono - orrendo regalo di Evangeline - e scagliandolo senza
nemmeno riflettere su quello che sto facendo contro il mio ragazzo. La
mano si è mossa da sola, d'istinto, scollegata dal cervello.
«AHIA!»
So di essere arrossito, in ogni caso.
«Tu... tu... SEI UN IDIOTA!»
E lo lascio a terra, a massaggiarsi la fronte dall'ennesimo
bernoccolo subìto, scappando letteralmente via dalla stanza.
*****
So di non avergli risposto. Ma in realtà non ho
nessunissima intenzione di farlo, ecco.
Lo sguardo si perde oltre il panorama che posso vedere da
lì, accucciato contro lo stipite della portafinestra che
dà sul balconcino della nostra camera da letto.
Insomma... è una cazzata colossale! Sposarlo? E
perchè mai?! Siamo due uomini, cazzo, e io non sono una
ragazzina che sogna il principe azzurro e l'abito bianco!
In ogni caso no. E' troppo, persino per lui. Forse l'ho
colpito troppo forte. Sì, deve essere assolutamente questo
il motivo, non c'è altra spiegazione. Matt deve aver
subìto un trauma cranico che lo ha portato a straparlare,
ecco il perché di quella, quella-
...non riesco nemmeno a pensarne il nome. Provo a
pronunciarlo, ma mi esce un verso strozzato dalle labbra. Dio, ho
voglia di sbattere la testa a muro.
«Proposta di matrimonio, Mello»
E quasi non la sbatto davvero, scattando come se fossi stato
colto con le mani in fallo, guardando il ragazzo seduto sul materasso.
Quando cazzo è entrato? E come ho fatto a non accorgermene?
E poi ero convinto di aver chiuso la porta a chiave, e...e...e...
«Cielo... non credevo avresti reagito
così. Non lo trovi esagerato?»
Esagerato?!
«Di un po', ti sei fumato il cervello?»
Credo sia l'unica opzione plausibile, arrivati a questo
punto.
Il meccanico mi guarda con quella che sembra velata
tristezza, nello sguardo. E rassegnazione.
«Cosa c'è di sbagliato nel volerti
sposare? Ti amo, tu mi ami. Viviamo già insieme. Siamo
felici - più o meno. Sarebbe... sarebbe soltanto un modo per
ufficializzare»
«Siamo due
uomini!»
La voce mi esce strozzata e torno a rannicchiarmi nel mio
angolino. Ok, sono gay. Ok, non ho alcun problema ad esserlo,
altrimenti non mi sarei innamorato di quell'idiota e non avrei fatto
tante cose che hanno portato alla situazione in cui siamo adesso.
Ma sono anche un fervente cattolico, e reputo l'unione fra
due uomini... Mettiamo le cose in chiaro. Per quanto ci possiamo amare
non siamo e non saremo mai una famiglia. Non una famiglia
convenzionale, almeno. Perché sposarci, dunque?
Proprio non capisco.
Però le mie parole devono averlo ferito. Oltre il
suo sguardo, lo suggerisce la piega delle sue labbra.
«Non t'è mai importato prima, no?
Quando facciamo sesso-»
«Amore»
Borbotto, e lo vedo sollevare le sopracciglia. Dio, vorrei
scomparire.
«Non... non è sesso. Noi due facciamo
l'amore, cretino»
Non riesco a sostenere quel sorriso vittorioso e felice, per
quanto mi piaccia vederlo splendere sul suo viso. E' stato troppo per
me ammettere una cosa del genere. Ma credevo che lo sapesse
già, diamine!
Sono tentato di indietreggiare nel vederlo scivolare al mio
fianco, inginocchiandosi per terra e prendendomi le mani fra le sue,
guardandomi fiducioso.
«Allora se è amore, perchè
non possiamo dimostrarlo al mondo intero? Non me ne fotte niente della
cerimonia, o dell'anello. Mi interessa il significato, Mello. Mi
interessa che tutti sappiano che ci apparteniamo e che... se mai
succedesse qualcosa...»
Non lo sopporto quando parte con le probabilità
catastrofiche. Socchiudo gli occhi, sforzandomi di non sottrarmi alla
stretta delle sue mani.
Sono ancora confuso, ma lui è troppo vicino.
«Lo... vuoi. Lo vuoi davvero così
tanto?»
E' un mormorio, ma il suo viso ormai è ad un
soffio dal mio e lo ha sentito perfettamente. Schiudo le labbra sotto
il tocco delle sue, sentendolo lasciarmi i polsi e posare le sue mani
grandi e rovinate dal lavoro sul viso. Non posso farci niente, quando
mi tocca o mi bacia vado in tilt.
«Sì, più di ogni altra
cosa»
E non posso resistere nemmeno a quella voce, chiudendo gli
occhi ed inarcandomi leggermente contro di lui, aggrappato alle sue
spalle ampie.
«Va bene»
Mi arrendo in un soffio. E spero per lui che il sussurro
basti e che non aggiunga altro, o mi ritroverò vedovo prima
ancora di averlo realmente sposato.
Ma il suo sorriso basta a farmi credere che, forse... non
c'è davvero niente di sbagliato, in tutto quello.
«Sia chiara una cosa,
io non mi farò mai chiamare signor
Jeevas»
«EEEh? Ma
Mello!»
«Fottiti, ci ho
ripensato, non ti sposo...»
«Sei... sei
crudele»
«Stupido»
«Non mi sposi
davvero?»
«...hm,
dipende. Rimani con me, non andare a lavoro oggi e vediamo se ne possiamo
riparlare...»
_______________________________________________________
Angolino Rosso
Alla fine
non ce l'ho fatta, ho dovuto scrivere, capite?!
Questi due mi chiamano e non posso fare a meno di scrivere su di loro,
sgrunt. Quindi, ecco qui quello che può essere considerato
il seguito di "Roomates - La strana coppia", per chi approdasse per la
prima volta su questa raccolta e non abbia letto la storia principale,
consiglio di farlo giusto per capire qualche cosetta.
Questa sarà dunque una raccolta, parlerà dei vari
momenti in Inghilterra, magari anche in ordine sparso,
chissà. Non conto di aggiornare regolarmente (ah-ah, che
battuta, quando mai l'ho fatt- coff) ma ci rivedremo presto, spero.
Che altro dire? Ringrazio chi leggerà, chi ha seguito
Roomates e chi pur facendolo vuole seguire anche questo spin off (che più che altro, appunto, è un sequel anche se a capitoli slegati) che
dedico a Uni,
che m'ha seguita e m'ha sopport-supportata, con la precedente
fanfiction. Spero che nemmeno questo ti deluda.
See ya!
|