Saturday
July 13th: Two
Extremes: Angst or Fluff
There are
two types of people. Those who like angst and those who like fluff. (Or those
who love both). So whether the tears come from Blaine or their Newborn, there
is something to make everyone happy. Pick an extreme and run with it.
Titolo: I’ll fight for you
Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel,
Klaine
week – giorno 6
Riassunto: Kurt e Blaine si incontrano per la prima
volta sulle scale della Dalton, come tutti sappiamo. Ma se quello fosse il
primo incontro solo per Kurt? Se Blaine avesse già posato gli occhi su quel
ragazzo che gli ricorda un angelo caduto?
Avvertimento: Probabilmente i due avvenimenti che ho
usato nel flashback non coincidono a livello temporale, nella serie tv. Ma
tanto l’età di Blaine è come le scale di Hogwarts, gli piace cambiare: quindi
se può essere al terzo anno nella seconda serie ed essere di nuovo magicamente
al terzo anno nella serie successiva, chi sono io per farmi scrupoli?
-Scusa, posso farti una domanda?
Sono nuovo di qui.-
Blaine si voltò d’istinto. Non
era sicuro che quella voce cristallina si fosse rivolta a lui, ma qualcosa lo
spinse a fermarsi e fu allora che lo vide.
Vide quegli occhi chiari e se li
ricordò arrossati e lucidi.
Vide quei capelli morbidi e se li
ricordò scomposti e sfatti.
Vide quel volto dai tratti
leggeri e lo ricordò rigato di lacrime.
***
Blaine aprì gli occhi e con un
mugolio attese che si abituassero alle luci fredde della stanza. Rimase
immobile fissando il soffitto bianco, poi si arrischiò a voltarsi ignorando il
dolore al collo. Le sedie scure accanto al letto erano vuote e non riuscì a
trattenere un esile verso di protesta.
Non che si fosse aspettato nulla
di diverso, certo. Cooper era passato il primo giorno di ricovero, suo padre a
quell’ora doveva essere a una qualche colazione di lavoro e sua madre… forse
lei sarebbe passata in serata, se proprio non fosse riuscita a trovare una
scusa per stare lontano da quel figlio vergognoso che era riuscito a farsi
mandare in ospedale perché non abbastanza uomo
da portare una ragazza al ballo.
Sentì le lacrime bruciare negli
occhi e decise che non avrebbe passato tutta la mattina chiuso in quella stanza
a fissare il soffitto. Era il terzo giorno che passava in ospedale e, ora che
il dolore del braccio rotto e delle altre contusioni si era affievolito, non
pensare iniziava a diventare troppo difficile. Non voleva pensare alla sera del
ballo, agli insulti che gli avevano gridato. Non voleva soffermarsi sui
genitori di Mark, che l’avrebbero fatto trasferire a Los Angeles dalla zia
perché stesse lontano dalle compagnie
pericolose. Non voleva affrontare il fatto che avesse paura, paura da
morire, perché una volta guarito sarebbe dovuto tornare a scuola e non riusciva
nemmeno a immaginare di avvicinarsi di nuovo a quel posto.
Alzarsi fu meno doloroso del
previsto. Aveva imparato a usare solo il braccio illeso e riuscì a non
appoggiare il peso sulla gamba destra, più dolorante, ma a bilanciarsi sulla
sinistra. Prese la stampella poggiata sul letto e uscì nel corridoio.
Nella stanza di fronte un ragazzo
era allungato su un letto identico al suo. Due colorati mazzi di fiori e un
peluche a forma di orso ornavano il comodino e accanto a lui un uomo gli stava
leggendo qualcosa da un quotidiano mentre una donna gli sistemava le coperte.
Il paziente aveva una gamba ingessata, ma sul viso aleggiava un sorriso che
Blaine non poté evitare di invidiare.
Se fosse successo solo un mese
prima anche i suoi genitori sarebbero stati in ospedale, lo sapeva. La madre
non aveva lasciato un secondo il suo capezzale quando l’anno precedente gli
avevano tolto l’appendice e suo padre era andato a trovarlo due volte al giorno
per tutta la degenza.
Un anno prima era ancora il loro
dotato figlio di cui tessevano le lodi a chiunque volesse ascoltarli. Ora non
era più così, adesso era il figlio che aveva deciso di metterli in imbarazzo
con “quella sciocchezza dell’essere gay”.
Strinse la mano sana attorno alla
stampella e si allontanò il più veloce possibile, ignorando il troppo peso che
stava appoggiando alla gamba dolorante. Voleva solo allontanarsi da quella
visione perfetta di cui, in quel momento, non poteva non dubitare. Cosa c’era
nascosto dietro il sorriso del ragazzo con la gamba rotta? Aveva dei segreti
che si teneva dentro per non deludere i suoi genitori, per far sì che
continuassero ad amarlo?
Continuò a camminare finché un
rumore violento non attirò la sua attenzione. Si affacciò su un corridoio
secondario con cautela, attento a non farsi notare, e subito individuò la fonte
di quei suoni: il corridoio era completamente vuoto tranne che per un ragazzo
che se la stava prendendo con il distributore di bibite, colpendolo con il
palmo aperto. Incerto, Blaine strinse a sé la stampella. Avrebbe dovuto
chiamare qualcuno? Quel ragazzo avrebbe potuto fare qualche danno ma,
soprattutto, avrebbe potuto farsi davvero male.
Ebbe a malapena il tempo di
pensare alle possibilità che aveva che lo sconosciuto interrompe la sua
aggressione alla macchinetta e si voltò, appoggiandovi la schiena con il fiato
corto.
La prima cosa che attirò lo
sguardo di Blaine furono gli occhi, quegli occhi azzurri o forse grigi,
inondati di lacrime che inevitabilmente riempivano quelle pozze dal colore
indefinito per poi sfuggire lungo gli zigomi, inumidendo quel viso contratto
dal dolore eppure bellissimo.
Lo sconosciuto, scosso da sonori
singhiozzi, si lasciò scivolare contro il distributore fino a sedersi sul
pavimento freddo. Davanti a quella visione che gli spezzava il cuore Blaine
sentì distintamente un altro brandello della sua fiducia nel mondo che si
staccava, sgretolandosi. Come poteva pensare che il mondo fosse un buon posto
per vivere se ad una creatura che sembrava così dolce era permesso di soffrire
in quel modo?
Avrebbe voluto avvicinarsi,
l’impulso di farlo era tanto forte che le sue gambe si erano già mosse dentro
di lui quando una pulsazione della pelle del suo viso lo fermò. La mano si sollevò
automaticamente, andando a sfiorare il suo occhio gonfio e livido, e fece un
passo indietro tornando ad osservarlo da lontano.
Non poteva avvicinarsi a
quell’angelo caduto, non così, non spezzato
come si sentiva in quel momento. Avrebbe voluto abbracciarlo e fargli capire
che le cose sarebbero andate per il verso giusto in qualche modo, ma non
poteva, non con il corpo cosparso di ferite che gridavano a gran voce che il
mondo faceva schifo, che le persone facevano schifo.
Così rimase lì finché, qualche
istante o qualche ora dopo, una ragazza di colore non comparve avvicinandosi
all’angelo e attirandolo in un abbraccio. Blaine la osservò con gratitudine e
con una punta di gelosia mentre la ragazza accarezzava i capelli dell’angelo,
che si era messo a singhiozzare sulla sua spalle.
-Ehi, tranquillo ok? Ora torniamo
di là. Andrà tutto bene Kurt, tuo padre starà bene.- disse la ragazza mentre i
due si alzavano. Blaine fece uno scatto indietro dopo aver lanciato un ultimo
sguardo ai due sconosciuti, dopodiché si allontanò senza riuscire a smettere di
pensare a quell’angelo di cui ora conosceva il nome.
***
Blaine sentì una morsa crudele
avvolgergli il cuore quando vide il viso di Kurt adombrarsi e i suoi occhi
riempirsi di lacrime a stento trattenute.
-Ragazzi, potreste lasciarci un
attimo da soli?- domandò, notando che il ragazzo stava cercando di nascondere
il suo cedimento mordendosi il labbro. I due Usignoli si alzarono e, dopo aver
salutato Kurt, si avviarono verso l’uscita della caffetteria –Kurt? C’è qualcosa
che non va nella tua scuola, vero?-
Di nuovo, come quel giorno
all’ospedale, l’impulso di abbracciare Kurt quasi lo sopraffece mentre il
ragazzo gli raccontava ciò che gli stava succedendo a scuola. Ma, di nuovo, si
trattenne. Non voleva spaventarlo ma aiutarlo, rivedere il sorriso che aveva
ammirato mentre cantava Teenage Dream. Kurt si era
illuminato mentre lo guardava e avrebbe dato di tutto per provocare di nuovo
quel sorriso.
-Kurt, posso… proporti una cosa?-
domandò d’istinto. Il ragazzo, che ormai sembrava riuscire a stento a
trattenere le lacrime, si limitò ad annuire –Potrei lasciarti il mio numero. E
tu il tuo. Vorrei solo che tu non fossi… solo, contro tutto questo. Vorrei
starti vicino.- spiegò Blaine senza prendere fiato tra una parola e l’altra,
impedendosi di cambiare idea.
Il sorriso che nacque sul viso di
Kurt gli scaldò il cuore come non accadeva da quando, un anno prima, si era
risvegliato da solo in ospedale.
__________________L’angolino di
Jane
Eeeeeed eccoci qui, al (mio) ultimo giorno di Klaine
week. Perché? Perché sono folle e nonostante abbia cercato di trattenermi in
tutti i modi la mia shot per l’ultimo giorno è
diventata una long. Quindi arriverà solo quando l’avrò finita!
Beeeeh, che dire d’altro? Direi nulla, spero che la storia vi sia piaciuta!
Jane