[Capitolo I – Windy City]
**Chicago, 22 Giugno 1860**
< Perché è un bravo ragazzo,
perché è un bravo ragazzo, perché
è un bravo ragazzo…. > Tacciono, sorrido e
li osservo aspettando che finisca la tortura. < E nessuno lo
può negar!> Applausi, altri sorrisi, qualche pacca
sulla spalla e poi è il turno della torta. Rose, mia moglie,
ci tiene a far ricordare al quartiere che il vecchio e stronzo
Blackwolf è ancora vivo e vegeto.
La amo, come si può amare una sorgente d’acqua nel
mezzo del deserto Texano, come il soffio leggero del vento nelle calde
giornate d’agosto. Non qui a Chicago. Qui non esiste
l’estate.
La città del vento è come costantemente
ombreggiata da un velo fitto e imprescrutabile di nebbia che permette a
malapena di vedere a pochi passi di distanza, soprattutto in inverno.
Sembra quasi che quella nebbia respiri di vita propria, ti abbracci e
ti protegga come una sorella quando la sera torni a casa dopo una
sbronza e ti avvolge e risucchia nel suo oblio come una spietata
assassina quando ritiene giunta la tua ora.
Amo Rose. La amo e la bacio con dolcezza mentre gli invitati iniziano a
lasciare la nostra casa a due piani, spartana quanto curata negli
arredi, di certo non grazie a me, e la stringo con forza per sentirne
il calore.
Gli invitati spariscono e Rose torna in cucina per sistemare la casa
dopo la festa, io devo lavorare. Finalmente sono libero.
< Ciao tesoro… buonanotte.> Parole dolci ma
non ragionate, quasi meccaniche fermandomi sul ciglio della porta.
< Ciao tesoro, torna presto.> Lei mi risponde.
E” un nostro rito ripetere sempre questa formula prima di
separarci.
** Notte fonda, South Side di Chicago – Michael Blackwolf**
Cammino per le strade sporche e disastrate del South, Dio
s’è dimenticato di quel buco di merda e il
Governatore dell’Illinois pare altrettanto. Ormai i
tempi degli Inglesi sono lontani, solo mio padre ne continua a
blaterare quando racconta della volta in cui ha conosciuto il Generale
Washington.
Ormai siamo abituati ad essere una Nazione ma pare che non sia cambiato
molto. La carta costituzionale può essere usata come
contenitore per la pizza qui nel South Side, avrebbe la stessa
utilità.
< Ciao Joe…chi è il ciccione che vedo
sbucare dal vicolo?> Joe Harris è il mio vice, lavora con me
nella omicidi di Chicago sin da quando ne sono diventato il
responsabile qui nel South Side. E” un giovane di venticinque
anni, moro, occhi verdi brillanti e dalla mente altrettanto fine.
< Ehi Blackwolf. Auguri.> Gli lancio una occhiataccia e
non serve che aggiunga altro. < Il ciccione del vicolo
è Jason Thorne, ebreo della South Loomer che rivende
gioielli. Gli porti i tuoi brillocchi, lui te li paga e poi li rivende
al doppio.> Mi riassume mentre ci avviciniamo alla scena.
< Non sembra una rapina…colpo in testa,
pulito… Secondo te quello è tutto sangue e
cervella o c’è anche del cazzo di grasso li in
mezzo? > Non rispondo ai suoi sproloqui, sa che non lo faccio
mai, e prima che si accorga che sta parlando da solo con il cadavere io
sono già sparito nel vicolo.
**Chicago Police Department, Ufficio – Michael Blackwolf**
Entro nel bagno e lo sguardo mi cade sullo specchio. Di rado mi capita
di ritrovarmi da solo con la mia immagine. Io e lei non siamo mai
andati molto d'accordo. A differenza di mio padre, biondo con gli occhi
azzurri e di stirpe europea, io ho preso tutto da mia madre. Di New
York City.
Una ampia cicatrice diagonale mi dipinge il volto in una espressione
costantemente burbera, gli occhi verdi scuri mi guardano con insistenza
mentre la mia mano sinistra indaga il mento saggiando una barba fatta
da appena un giorno che inizia a diventare ispida. Alto, fisico
allenato e dalla muscolatura agile, se non fosse per la faccia che urla
una certa età, una vita d’esperienza probabilmente
superiore rispetto la realtà dei fatti, potrebbe
rassomigliare ad un quarantenne in forma. Ma “Michael
Blackwolf” è il vecchio stronzo che maltratta le
reclute e gira con due pistole, questa è
l’immagine che il mondo ha di me e quell’uomo nello
specchio può dire e credere di essere un po’ chi
gli pare.
< Caldo del cazzo…> Bestemmio mentre mi lavo
la faccia e infine mi passo la mano bagnata fra i capelli castano
chiari tornando nell’ufficio.
< Il tizio del negozio di fianco alla West Loomer, due isolati
di distanza dalla gioielleria del ciccione, è in sala
interrogatori.> Joe sbuca fuori dal nulla irrompendo nel mio
ufficio e gli faccio solo un cenno. < Vai tu.. scopri se i tanti
soldi che abbiamo visto gli faceva perdere il ciccione di concorrenza
spietata erano un motivo sufficiente per farlo fuori.>
** Joe – Sala Interrogatori – CPD**
< Frankie frankie frankie…> Scuoto il capo con
una espressione che vuole forzatamente apparire seria mentre mi
avvicino alla scrivania dietro la quale è già
seduto Frank Newman, anche lui gioielliere in una via parallela al
negozio della nostra vittima. Suo concorrente ed eterno rivale in
affari, primo sospettato nonché visto nella zona dove
è stato ucciso il ciccione poche ore prima della sua morte.
< 3500 dollari. Ecco quanto hai perso solo negli ultimi tre mesi
grazie al buon, vecchio e grasso, signor Jason Thorne. Una
bella sommetta se si tiene presente che tu sei noto per essere uno fra
i migliori artigiani della città. Hai anche un diploma in
gemmoqualcosologia, ahn? > Sorrido beffardo mentre lo vedo
montare la rabbia. < Poi arriva Thorne…con la sua
panza gonfia, i suoi prezzi imbattibili… E ti ritrovi
inculato.>
< Non l’ho ucciso sbirro… era un cane di
merda Jason…ma non c’entro un cazzo.> Mi
risponde con una innaturale calma per essere Frank Newman e per essere
accusato di omicidio. Soprattutto per l’omicidio di Jason
Thorne.
< Sai come l’hanno ucciso? > Mi viene
naturale…a domanda retorica corrisponde sopracciglio arcuato
all’inverosimile. < Una pistolettata in mezzo agli
occhi.> Sorrido. < Il calibro del proiettile sono sicuro
coinciderebbe con la tua pistola ma te ne sarai già
liberato…sei furbo, no? > Non faccio pause, non deve
rispondermi, deve cagarsi sotto al momento giusto. < Ma ti sei
dimenticato qualcosa… Il ciccione aveva una puzza
strana.> Gli poggio la mano sulla spalla e lo sento saltare
sulla sedia mentre inizio a sussurrargli in un orecchio. <
Zolfo. Sai per cosa si usa anche lo zolfo? > Non riesco a
trattenere nemmeno un sorriso a trentadue denti quando sto per
affondare il colpo finale. < Per la polvere da sparo. In questo
momento i nostri uomini stanno probabilmente mangiando un po’
del tuo buon “pesce” e staranno bevendo il tuo
vino…una volta finito di aver abusato del mandato che il
Giudice dell’U.S District Court gli ha concesso, troveranno
la tua polvere da sparo e scommetto che troveranno la stessa identica
puzza…zolfo.> Alzo le spalle. < Troppo
zolfo… o te la sei preparata da solo o dovresti denunciare
chi te l’ha preparata…ti sta spedendo dritto in
carcere caro Frankie.>
Attimi di gelo, il silenzio cade nella sala e il mio sorriso spavaldo
cede all’aria cupa e dura che di solito spetta a Michael.
< Se lo meritava quel vecchio coglione…>
Ringhia tirando un cazzotto sul tavolo incrinandone il legno. <
Sapevo che non lavorava pulito…credeva forse che poteva
arrivare con la sua faccia da cazzo nel mio territorio e fottermi tutto
il lavoro? > Sospira. < Sono felice che sia
crepato…spero solo che i diavoli dell’inferno non
si limitino a punzecchiarlo con la forca…tanto si sa che gli
piacevano i cetrioli.> Sguardo eloquente di chi odia con tutto
se stesso. Si può odiare qualcuno, qualcosa…lui
odiava non essere unico. Non essere più il gioiello del
South ma essere invece relegato a “Quello tirchio del West
Side”. Già perché oltre a vendere a
meno, soprattutto, Thorne comprava anche a prezzo migliore.
**Casa Blackwolf, North Side – Michael Blackwolf**
Il pivello aveva fatto un buon lavoro. Nonostante la faccia da cazzo e
acerba come una fragola di inizio ottobre aveva imparato con
incredibile velocità a stare in una sala interrogatori.
Frankie ha confessato, il caso è stato chiuso oggi, dopo una
settimana dall’omicidio, e mi posso prendere la settimana di
ferie che mi spetta da quindici anni. Voglio andarmene con Rose in
montagna, in Colorado, a pisciare nei fiumi e dare da mangiare alle
capre. Voglio andarmene in Colorado per avere un po’ di
intimità con mia moglie, averla tutta per me e soprattutto
concedermi tutto per lei, cosa che accade estremamente di rado visto il
mio lavoro. So che lo detesta. Odia aspettarmi con il terrore che
qualche coglione mi ficchi la testa in un tritacarni, odia vedermi
correre via ogni volta che qualcuno decide di prendersi un proiettile
in mezzo al petto o un coltello da 12 nel collo. Odia il mio lavoro
almeno quanto mi ama e nasconde tutte le sue preoccupazioni per non
farmelo pesare.
< Michael hanno bussato alla porta….vai tu che
c’è di nuovo Blacky…il pipistrello di
due sere fa..Stavolta gli sparo dritto in mezzo agli occhi.>
Già. Mia moglie sa sparare. Anche se viviamo nel North Side
è la prima cosa che le ho insegnato. Probabilmente
l’unica.
< Joe…che ci fai qui? Se è un altro caso
devi sentire Ramirez… Io sono in ferie.> Fisso Joe e
vedo nei suoi occhi la stessa inquietudine e paura del primo giorno di
lavoro quando mi venne affidato come recluta fresca
d’accademia. < Non è un nuovo
caso…ho ricevuto il rapporto dei ragazzi che hanno
perquisito la casa di Newman.> No. Cazzo no. < Non
c’è traccia della polvere da sparo con lo zolfo,
utilizza della normale polvere da sparo. Inoltre non ci sono
più nemmeno la moglie e la figlia, pare abbiano comprato una
carrozza di lusso, dei cavalli da tiro da quasi 3000 dollari
l’uno, e siano fuggiti chissà
dove…Hanno portato via tutti i loro vestiti ed effetti
personali.>
Non gli do a vedere lo stupore, continuo a fissarlo con la stessa aria
scocciata di prima mentre lo stomaco mi si chiude. < Dove cazzo
ha preso tutti questi soldi Frank? > Joe mi fissa e dopo qualche
secondo aggiunge:
< Ma soprattutto… Se non è stato Frank che
ha confessato sotto i nostri occhi nemmeno quattro ore fa…
Chi cazzo ha ucciso il ciccione?>
[End Cap. I]
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