Think angst (challenge)
Autore:
Achernar
Fandom:
Yu Gi Oh (manga)
Personaggio/Pairing:
Yuugi Mouto
Set
mix: prompt vento
Warnigs:
character’s death; AU (e forse lievemente
OOC)
Piccola introduzione: La
prima OS della sfida è venuta lunghetta e molto, molto,
molto triste, siete avvisati, lo
scenario e le dinamiche non sono ben precisate ma io l’ho
immaginato intorno
alla prima Guerra mondiale, in Europa però, ma poi vedete un
po’ voi, si presta
bene a qualunque scenario vogliate immaginare. Beh questo è
quanto, buona
lettura
<<
Prima un piede..poi.. l’altro
Prima..un
piede, poi.. l’altro >>
Un
singhiozzo troncò i suoi pensieri, lasciando sospese nel
nulla quelle frasi che
si stava ostinando a non giudicare inutili, non doveva distrarsi, continua a pensare di camminare, continua a
camminare, la sua già esile volontà
stava vacillando. No, continua, devi andare
avanti, si
ripeteva. Non poteva fermarsi. Mai
fermarsi. Lui non avrebbe voluto
<<
Sì. Così. Pr-prima uno, poi l’altro..
>>
Bravo,
si diceva, non fermarti, continua a
camminare, vai avanti.
Avanti.
Ma
come avrebbe fatto ad andare avanti adesso. Senza di Lui era
impossibile. Chi
voleva prendere in giro.
Dovette fermarsi quasi subito, la testa rivolta verso
il cielo: il viso non era più quello di un tempo, i
lineamenti morbidi e quasi
infantili erano scomparsi, divorati e cancellati dalla fame e dalla
fatica. Gli
occhi erano rimasti a lungo identici invece, quelle iridi viola acceso,
sempre
gentili e allegre, forse era quel briciolo di speranza che ancora
abitava il
suo cuore a mantenerle vive. Abitava. Ora se ne era andato, e temeva
per
sempre. Chi avesse guardato nei suoi occhi adesso li avrebbe trovati
sbiaditi,
consumati dal dolore e dal pianto, vuoti.
Il
cielo era cupo, incolore, un manto, una cappa densa e pesante che
sembrava
voler precipitare su di lui e soffocarlo. Sarebbe stato meglio? Non
avrebbe più
sofferto?
Aprì
bocca, nella sua mente apparve l’immagine di sé
stesso, si vedeva quando da lì
a poco avrebbe teatralmente urlato tutto il suo dolore al cielo, per
poi
infuriarsi, maledire il mondo, gridare una vendetta che ben sapeva non
avrebbe
mai avuto il coraggio di attuare, e poi sfinito dal parlare si vedeva
già
crollare a terra in ginocchio, la testa questa volta bassa, il mento
sul petto,
mentre fiumi di lacrime e singhiozzi gli impedivano di pronunciare
qualunque
altra inutile parola. Sarebbe stato tutto
inutile, prendersela col cielo, inveire, augurarsi la morte...ma almeno
si
sarebbe liberato, almeno un po’...
Eccolo
allora aprire di nuovo bocca, per rendere concreto ciò che
aveva appena immaginato,
ma non lo fece.
Freddo.
Cos’era?
Cos’era quella sensazione improvvisa? Qualcosa stava
interrompendo il suo sfogo
di dolore, già mentalmente pianificato e per quanto inutile,
ancora in
programma. Era freddo, veloce, fischiava e ululava, lo colpiva, ora una
carezza, ora uno schiaffo.
Vento.
Non
poteva più parlare ormai, il vento gli aveva portato via le
parole e quel poco
di volontà rimasta per pronunciarle. Si era levato
all’improvviso, così come
all’improvviso Lui se n’era andato. Per sempre.
Ora sì
che era solo, gli avevano portato via tutto, tutti i suoi affetti e ora
chi per
lui era quanto di più importante al mondo. E con Lui anche
metà di sé stesso,
della sua anima, era morta, andata via per sempre. Perché
Lui era l’altro sé
stesso, l’altra metà della sua anima. Del resto lo
dicevano tutti che due come
loro si completavano a vicenda, non funziona forse così con
i fratelli, con i
gemelli? Forse era per questo che si sentiva così nudo in
questo momento, così
inutile e solo, di fronte agli orrori di un mondo assassino e perfido,
così
insensibile da avergli portato via tutto ciò che era
rimasto nella sua vita.
A che
serviva gridare adesso? Il vento aveva portato via quelle poche parole
e non
sarebbero tornate neanche loro, non così presto, sulle sue
labbra. Si fermò
semplicemente, immobile, occhi chiusi, respiro lento, in ascolto.
Perché il
vento aveva una sua voce e cosa avrebbe mai potuto dire di
così terribile da
smuoverlo dopo ciò che gli era appena successo, qualunque
cosa avesse detto
sarebbe stata positiva.
Un
sussurro, flebile ma solenne, sembrava un lamento: il vento piangeva
con lui?
Voleva confortarlo? No, si concentrò di più,
forse sperava di distrarsi per un
po’.., erano voci, riusciva a distinguere delle voci, voci di
anime disperse,
disperate, chiamavano aiuto, dicevano vendetta, piangevano.
La
voce del vento lo portò indietro, al suo fratello di tanti
anni prima, Lui, il
coraggioso dei due, che lo sfidava sempre a vincere le sue paure.
Organizzava
dei giochi speciali, solo per lui, lo metteva alla prova, ed era
così fiero quando
vedeva che diventava poco a poco più sicuro di sé
e spavaldo; una notte lo
aveva portato addirittura in un cimitero e avevano passato il tempo a
raccontarsi leggende e storie terribili. Era stato così
contento di non averlo
deluso quella volta, non si era spaventato mai, neanche quando il vento
gelido
aveva spento il fuoco lasciandoli completamente al buio, la sinistra
sagoma
delle lapidi appena illuminata dalla sottile falce di luna e gli
ululati del
vento stesso che sembrava chiamare a sé le anime che
riposavano in quel luogo.
No, vicino a Lui non aveva paura.
Era
lo stesso vento, gelido messaggero, che ora gli parlava e gli sferzava
il volto.
Un flebile, timido sorriso, si fece spazio sul suo viso. Doveva molto a
suo
fratello. Era merito suo quello che era diventato, certo anche lui
aveva fatto
la sua parte, soprattutto nel placare quel temperamento così
focoso che non
ammetteva mai repliche. E ora... era successo tutto così
presto, non si sentiva
pronto, non poteva essere lasciato solo adesso, aveva così
tanto da imparare
ancora, Lui gli aveva promesso che avrebbero fatto qualunque cosa
insieme, non
lo avrebbe lasciato mai, che sarebbe sempre stato al suo fianco per
aiutarlo e
proteggerlo e la stessa cosa aveva giurato lui.
Perché?
Perchè
doveva andare così? Perché
Lui e non me?Perchè non
tutti e due, non poteva
vivere, andare avanti senza l’altro sé stesso.
“Ritorna,
ti prego”
sussurrò
mentre una lacrima calda trovava la sua strada verso le labbra, lungo
la
guancia impolverata.
Ma non arrivò mai alla bocca, il vento la portò
con
sé, insieme ad altre voci e alle parole appena
bisbigliate
da Yugi.
Vi avevo avvertito,
è triste.
Piccola
nota: credo sia abbastanza chiaro, ma il
fratello gemello sarebbe Atem (o Yami, è la stessa cosa);
quando scrivo “Lui”
mi riferisco ad Atem, “lui” invece è in
genere Yugi, ho preferito non dare loro
un nome fino alla fine. Non doveva proprio finire così,
volevo continuarla un po', ma poi rileggendola mi
sembrava che la fine col nome Yugi e il vento che asciuga la lacrima
cadesse a
pennello, speriamo..
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