Just for love

di ChiaraLuna21
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Biechi ricatti

Semir rientrò nell’ufficio ancora con gli occhi assonnati, ma con due tazze di caffè tra le mani.
Ben, invece, dormiva con la testa poggiata sulla propria scrivania.
La parte sinistra del volto era sfracellata sul tavolo e dalla bocca socchiusa usciva un lento e ritmico russare.
Semir si fermò qualche secondo a fissarlo divertito.
Poi, rendendosi conto che era ora di iniziare a lavorare, decise di svegliarlo.
Poggiò la tazza vicino al viso e si allontanò leggermente.
Ben, improvvisamente, chiuse la bocca con un grugnito, iniziando ad annusare l’aria.
Poi con uno scatto si sollevò a sedere, spalancando gli occhi e guardando quello che lo circondava. «Dov’è?!» urlò, passando rapidamente lo sguardo dalla tazza a Semir.
Guardò di nuovo la tazza e, dopo averla osservata per qualche secondo, passò lo sguardo su Semir.
Infine lanciò un ultimo sguardo al recipiente, questa volta deluso e rammaricato.
«Oh… è solo il caffè…» mormorò, lasciando trapelare che quella cosa gli lasciava un po’ d’amaro in bocca.
Semir rise. «Beh, se questa deve essere la tua reazione, la prossima volta ti sveglierò con una secchiata d’acqua!» scherzò.
Anche Ben rise, prendendo la tazza in una mano e avvicinandola alla bocca. «Ah, bene! Dai, pensiamo a lavorare, che è meglio…»
 
Tom si svegliò dolorante, seduto a terra, con la schiena poggiata ad un muro.
“Non ho più l’età per certe cose…”  pensò, ironico, spostando la schiena dalla parete con una smorfia di dolore.
Provò ad aprire gli occhi, ma si accorse di essere bendato.
Allora, istintivamente, tentò di portare le mani alla benda, provando a liberarsene, ma questo gli fu impedito, perché i polsi erano uniti tra loro, circondando una specie di tubo.
“Perfetto… hanno pensato proprio a tutto!” pensò sarcastico.
Fece andare un po’ le mani a tentoni davanti a sé, rendendosi conto che quello che credeva fosse un tubo in realtà doveva essere una specie di termosifone di vecchio modello.
Diede un paio di strattoni alla legatura per testarne la resistenza, ma prima che riuscisse a fare qualsiasi cosa, sentì un rumore simile ad un cigolio di una porta vecchia.
Istintivamente, si voltò nella direzione da cui proveniva il rumore.
Ci furono una serie di scricchiolii lenti e ritmici, quasi ripetitivi a sentirli bene, che sembravano farsi sempre più vicini: qualcuno gli si stava accostando.
 
Ben bevve un sorso di caffè e fece una smorfia. «Ma è caldo!»
Semir spostò la sedia e squadrò il collega con uno sguardo seccato. «No, guarda, te lo portavo freddo!» gli rispose, per poi sedersi e iniziare a scartabellare le varie cartelline sulla scrivania.
Ben restò a fissarlo qualche secondo. «... Sai che sei acido a prima mattina!?» mormorò infine senza distogliere lo sguardo.
«Si, come uno yogurt scaduto! Ci concentriamo sul lavoro, adesso, e non su quale gusto io abbia?!» rispose, cercando di liquidarlo e spostando la ricerca ai fogli sparsi per il tavolo.
Ben alzò lo sguardo verso il soffitto con aria trasognante. «Io potrei avere un retrogusto fruttato... »
«Se, di frutti di bosco! Pensa a lavorare!» concluse Semir alzando lo sguardo sull'amico e lanciandogli un fascicolo contro.
Il file gli sbatté contro il petto e lui, si piegò in avanti e strinse le mani al torace per non farlo cadere.
I due ispettori si guardarono negli occhi e si sorrisero.
 
I passi continuarono ad avvicinarsi e poi, improvvisamente, si fermarono.
Era ad un soffio dal suo naso... Tom lo sapeva! Poteva sentire il suo fiato lì, a pochi centimetri dalla sua faccia… i piedi fermi sul pavimento di legno… il suo cuore battere in modo calmo e regolare.
Era armato… Tom ne era certo! Era armato e avrebbe potuto ucciderlo in qualsiasi momento…
… ma stranamente non lo aveva ancora fatto!
Infatti il criminale era proprio lì, dove Tom lo stava immaginando, e continuava a fissare l’ispettore, soddisfatto che fosse lì.
L’uomo resto ancora un po’ a osservare il poliziotto: guardarlo lo faceva sentire potente… forte!
Ma aveva un lavoro da fare, non poteva perdere tutto quel tempo.
Prese  il cellulare dalla tasca e digitò il numero.
Poi, semplicemente, aspettò che la donna rispondesse…
 
«Allora? Che dobbiamo fare oggi?» chiese Ben aprendo il fascicolo.
«Dobbiamo trovare un modo per far parlare la sorella di Tom, no!? Quella ragazza è cocciuta come te…» scherzò Semir, prendendo un altro fascicolo e aprendolo.
«Ah, bene! Allora la vedo quasi impos…» ma la frase gli morì in bocca quando sentì un cellulare squillare.
I due ispettori si guardarono.
«Non è il mio…» mormorò Semir.
«E neanche il mio!» aggiunse Ben.
Non ci fu bisogno di altro.
Ben si buttò a capofitto tra le scartoffie, buttando all’aria tutto quello che c’era sulla scrivania per trovare quello che stava cercando, mentre Semir iniziò a cercare nel cassetto della scrivania.
Finalmente, Ben trovò la tanto agognata scatola contenente gli effetti personali di Laura, compreso il cellulare che stava squillando, chiuso in un’apposita busta di plastica.
Ben lesse il nome del mittente:…
“Lui”
Nello stesso momento Semir spuntò fuori dal cassetto con in mano un vecchio registratore a cassetta, rimasto lì forse dai tempi del suo primo o secondo caso al comando.
Ben preferì risparmiarsi una battutina sull’oggetto risalente all’età della pietra o giù di lì e guardò il collega.
Poi, in simultanea, Ben aprì la conversazione con il vivavoce e Semir premette il tasto per avviare la registrazione.
Da quel momento i due ispettori tacquero.
«Signorina Kranich, finalmente! Iniziavo a temere non mi volesse parlare!» disse una voce bassa e roca dall’altra parte della cornetta.
Ben e Semir si scambiarono uno sguardo, cercando di non respirare nemmeno.
Fortunatamente, sembrava che l’interlocutore non fosse per niente interessato ad avere una risposta da Laura.
«Ha presente il nostro accordo?! Beh, la chiamavo solo per annunciarle che mi sono preso la briga di cambiare un po’ le carte in tavola…»
Ci fu qualche attimo di silenzio, ma prima che i due ispettori potessero anche solo provare a capire cosa stava succedendo, una voce completamente diversa uscì dalla cornetta.
«Ehi… ehi, Laura! Stai… stai tranquilla, okay? Si… si risolverà tutto, vedrai…» disse quasi in un sussurro una voce che i due ispettori conoscevano fin troppo bene.
“Tom!” pensarono all’unisono.
«Beh, signorina Kranich, a questo punto credo cambino anche i nostri accordi, lei non trova?!»
Ben per un secondo fu tentato dal rispondere a quell’uomo, magari dicendogliene quattro per provare a spaventarlo, ma, fortunatamente, Semir lesse le sue intenzioni nello sguardo e, a gesti, gli intimò di stare zitto.
«Quindi, se lei è d’accordo, io avrei fissato l’incontro per uno scambio equo… diciamo il resto del pacchettoper la vita di suo fratello, le va?!»
Ben strinse i denti, provando ad ascoltare il consiglio del collega.
«Bene… allora direi tra tre ore ai capannoni abbandonati che fiancheggiano la E2… la aspetto, mi raccomando!» disse semplicemente.
Poi, chiuse la conversazione.
Ben e Semir restarono in silenzio per ancora qualche secondo.
Poi il più giovane, senza che l’altro potesse anche solo immaginarlo, lasciò cadere il telefono sulla scrivania e si precipitò fuori dall’ufficio.
Il turco sobbalzò e lo seguì a ruota. «Ben! Ben, dove vai?!»
«A fare un po’ di luce su questa storia!» rispose il ragazzo a denti stretti, afferrando le chiavi delle celle passando accanto alla scrivania di Otto.
Semir prese un profondo respiro: quella storia non gli piaceva per niente!
Poi si rimise a seguire a passo svelto il collega.
 

 
Ed eccomi qui! Finalmente ad aggiornare di nuovo!!
Chiedo scusa per avervi fatto aspettare, ma ho scritto pochissimo in questo periodo!
Beh, non c’è molto da dire… diciamo che non è uno dei capitoli più utili della storia, in effetti…
Vorrei ringraziare tutti quelli che continuano a seguirmi e in particolare Sophie, Debby, Giulia e Iuccy_97 per le loro recensioni! ^^
Spero di aggiornare presto! ^^
Ciao!
Chiara ^-^




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