Due anni sono passati da quando
ho pubblicato la mia ultima ff su Colin e Jared ("I promise you"); al
tempo ero ancora Mione14, adesso sono Edenya. Tante cose sono cambiate
in questi due anni ma loro due sono sempre rimasti in fondo al mio
cuore, perché è da loro che tutto è
cominciato ed è a loro che tutto sempre porterà.
Ci voleva Jared e la sua amara rassegnazione che fuoriesce da questo
ultimo cd, ci volevano "Up in the air", "Do or die", "End of all days"
per ricordarmelo.
Questo è il Jared che
io ho visto nei testi delle sue ultime canzoni, in cui gli anni
hanno portato ad una pacata e dolorosa accettazione di un
amore che, se c'è stato, non è destinato a
tornare.
Enjoy!
Con affetto, Edenya
Take no more
-
Sa
di sangue e sale quel respiro che gli sfugge
dalla bocca, arrotolandosi stanco sulla patina di rughe che gli
incorniciano
gli occhi. Come se una sfilza di pugni avesse mescolato i due umori sul
suo
viso, come se non ce ne fosse più e quello fosse
l’ultimo residuo d’un dolore
sbriciolato e morto.
Il mento alto e l’orgoglio in punta di naso a
testimonianza della forza che ancora si cela, dopo dieci anni di
menzogne, tra
le costole e sotto la pelle marchiata di simboli. Orgoglio
perché, mentre
il tempio di un amore
masochisticamente mistificato si
disfa
al suolo sporcandogli di polvere i capelli, lui è riuscito a
rialzarsi ancora
una volta, camminando sulle macerie brillanti che lo invitano, come
sempre, a
rimetterle insieme. Ma oggi non è il giorno per i nuovi
tentativi e Jared lo
sa, lo ha giurato a un cd con la rassegnazione a imburrargli le corde
vocali.
- Non sono
qui per quello che pensi.
Lo
sguardo fugge ai granelli di pulviscolo che
ondeggiano su uno squarcio di luce.
- Neanche
io.
Risponde
e a Jared viene quasi da crederci, ma poi
ricorda che Colin non ha mai perso un attimo del loro tempo senza un
qualche
contatto e indietreggia, mettendo tra i loro corpi un muro
d’aria così spesso e
palese che l’altro si sente stringere alla gola.
Perché dopo due anni di
silenzio ancora desidera il suo corpo come la prima volta, eppure
c’è troppo
marcio in quella ferita che non hanno mai voluto richiudere.
Colin osserva le ossa sporgenti disegnare una mappa
di rabbia e rassegnazione sotto la maglia sottile e si chiede quando
hanno
iniziato a farsi del male, quando hanno permesso che il retrogusto
dell’insoddisfazione si sostituisse all’odore
pungente delle loro pelli.
- Ho
ascoltato il tuo nuovo cd, presumo sia superfluo farti i complimenti.
Jared
si accosta alla finestra, poggiando il fianco
a una vecchia libreria, e lo osserva lasciarsi cadere sul divano con
quella
pesantezza così maledettamente sua da scaldargli il petto.
- Dieci
mesi.
La voce di
Colin si spezza non appena Jared si posiziona sulle sue cosce, guidando
il suo
membro dentro di sé e inarcando
contemporaneamente
la schiena per liberare quanta più aria possibile. Lo
avverte respirare
affannosamente e piega le ginocchia afferrandogli i fianchi alla
ricerca di una
sincronizzazione dei movimenti che la passione del momento rende
pressoché
impossibile.
- Dieci.
Fottutissimi. Mesi.
Ogni parola
una spinta e un soffio umido sul collo bianco scoperto
di fronte ai suoi occhi in una piega
tanto innaturale quanto meravigliosa.
- Sono stato…
molto impegnato.
Jared libera
un gemito in risposta a un morso più deciso
all’altezza della giugulare e il
pugno di Colin che si chiude sul suo desiderio è
l’ultima cosa che avverte
prima di gettarsi su quella bocca che ha sognato ogni notte e che
adesso sembra
l’effimera soddisfazione di un bicchier d’acqua
dopo giorni di sete.
-
Due anni.
Il
sibilo è tanto basso che si chiede se non gli
sia uscito direttamente dai polmoni, perforando la pleura con minuzia
chirurgica e liberando in un soffio tutte le lacrime mai piante che gli
gorgogliano tra le coste.
-
Due anni di silenzio e adesso questa telefonata.
Presumo sia superfluo ricordarti che non mi bevo la storia dei
complimenti.
Colin
si sfrega gli occhi, soffocando un sospiro. È
sempre stato tremendamente difficile parlare con Jared, soprattutto
quando si
nasconde dietro una trincea di sospetti; ricorda ancora le mille e
più
discussioni che avevano costellato l’anno successivo alla
fine delle riprese di
“Alexander”, prima che entrambi decidessero che per
le loro carriere sarebbe
stato meglio porre la parola “fine” a quella storia
che sembrava avere solo il
dolore come epilogo possibile.
- Tu hai
deciso da solo, a me non hai chiesto niente. Non si tratta solo della
tua vita,
Colin.
- Io non sono
capace di vivere una bugia come fai tu. Ci ho provato, per te, non
addossarmi
tutte le responsabilità di questo fallimento.
C’era
stato un tempo in cui Jared era stato la sua
luce e il suo tutto, l’essenza stessa di quella sua vita
sgangherata e
irresponsabile. Lo aveva salvato da se stesso, dalla droga e dalla
consapevolezza di non essere capace di amare. Tuttavia quella pallida e
perfetta utopia in cui si erano immersi durante le riprese aveva
cominciato a
svanire la sera della premiére e Colin si era accorto, in un
istante che lo
aveva ucciso, che la luce di Jared si era inevitabilmente spenta.
- Hai fatto
un sacco di foto con Angelina, stasera.
La mano di
Colin si era fermata sulla sua schiena nuda, interrompendo quel lascivo
sfiorare di pelli, il pollice che accarezzava la settima vertebra con
movimenti
circolari. Lo aveva trovato
così,
quando era entrato furtivamente nella sua stanza, con solo i pantaloni
addosso
e i palmi delle mani poggiati al davanzale; lo sguardo immerso nel
caotico
viavai notturno della città. Lo aveva trovato
così e aveva pensato che fosse
bellissimo. Come la prima volta che una scena li aveva portati
abbastanza
vicini da distinguere la fine del vortice ipnotizzante dei suoi occhi;
quella
volta in cui la prima crepa aveva scalfito la sua convinta
eterosessualità.
- Che c’è
Jared? Non sarai mica geloso?
Ma il sorriso
sornione si era spento sul lobo del suo orecchio quando
l’americano,
divincolandosi con un “ho sonno”, lo aveva mollato
in mezzo alla stanza ad
oscillare tra un’erezione e la spiacevole sensazione di
cambiamento.
Il
resto era stata solo una lenta scivolata verso
una routine di gelosia, possesso, insicurezza e sensi di colpa. Si
erano
infilati in una spirale da cui uscire sarebbe stato tanto semplice
quando
crogiolarsi nell’autocommiserazione. Colin sa che se avessero
scelto di avere
coraggio adesso non si troverebbero a fingere di non avere delle ferite
profonde a marcire ogni respiro, tuttavia dare la colpa a Jared per la
sua
soffocante gelosia era parsa la scelta più giusta al tempo e
ignorare la
sofferenza che la sua mancanza di certezze provocava
nell’altro, invece,
semplicemente quella più vigliacca.
Il sesso occasionale aveva poi
sfilacciato i brandelli di quella relazione per gli anni a venire,
ricordandogli ogni volta quanto fossero patetici a fingere di farsi
bastare
qualche grido soffocato tra i cuscini di un hotel, nascondendosi invece
la
palese realtà di un amore viscerale e maledettamente
indistruttibile. Non si
era neppure stupito quando due anni prima, dopo un orgasmo che aveva
strappato
via ogni forza, Jared lo aveva stretto tra le braccia e gli aveva
pianto tra i
capelli.
-
Io non la
sopporto più questa vita di insicurezze, Colin. Ho bisogno
di un obiettivo per
cui lottare.
Il silenzio
che era seguito lo avrebbero ricordato per tutta la vita.
-
Avevo bisogno di vederti – una mano si solleva a
zittire la replica che ha già visto affiorare sulle labbra
dell’americano – e
non per ciò che pensi. Non sono così bastardo, lo
dovresti sapere.
Jared
abbassa le palpebre impercettibilmente sotto
al peso amaro di un sorriso che non vuole far nascere e lo lascia
continuare
perché sa che non ha finito. Perché la sua voce
massaggia le cicatrici con la
delicatezza d’un infermiere inesperto e la
ruvidità di un amante crudele.
-
Sono io?
Ma
la domanda inaspettata lo costringe a sollevare
di nuovo il volto verso di lui. Colin si è raddrizzato
contro la spalliera e si
sta torcendo le mani in grembo, sul volto un’espressione che
un tempo lo
avrebbe costretto a capitolare di fronte a ogni sua richiesta ma che
adesso
risveglia solo un lieve senso di dolorosa nausea alla base dello
stomaco.
-
Che cosa?
- Nella tua canzone, sono io?
You were the
love of my life.
La
domanda che ha assillato le sue notti da quando
ha sentito per la prima volta il cd esce dalle sue labbra con una
delicatezza
tale che, se gli occhi sgranati di Jared non lo smentissero, crederebbe
di non
aver neppure parlato.
-
Che importanza ha?
La
maschera di freddezza che l’altro ha appena
indossato è talmente palese che è praticamente
inutile da mantenere; ma Colin
sa che Jared ne ha bisogno perché sta camminando in mezzo al
suo incubo più
grande ed è stato lui a gettarcelo senza alcuna
pietà. Gli deve almeno il
beneficio della finzione.
Si alza dal divano e gli si avvicina.
-
Per me ne ha. Devo sapere se ti ho ferito fino a
tal punto. Devo sapere se posso rimediare.
Jared
sente una morsa schiacciargli il petto e il
peso degli anni farsi immensamente rovente in fondo ai polmoni, tutti
gli
sforzi di lasciarsi quel sentimento alle spalle implodono
simultaneamente
portando al collasso i suoi alveoli, uno dopo
l’altro.
Sa di sangue e sale quel
respiro che gli sfugge dalla bocca, mentre si sforza di guardare Colin
per
l’ultima volta. Come se una sfilza di pugni avesse mescolato
i due umori sul
suo viso, come se non ce ne fosse più e quello fosse
l’ultimo residuo d’un
dolore sbriciolato e morto. Un
sibilo
che a malapena sillaba una risposta ma che riesce comunque a
dissanguare il
silenzio.
-
No.
E
mentre gli volta le spalle Jared li sente
aprirsi, quei pugni, e scendere inesorabili a stringergli la gola.
Sangue e
sale giù nei polmoni.
I’ll wrap my
hands around your neck so tight with…
...
love?
Come al solito, i pareri sono
sempre graditissimi.
Per seguirmi anche su Fb vi
rimando qui
|