morto

di Automa
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Scorpius si sentiva morire.
Era morto, perché ogni suo singolo pensiero si riferiva a Rose, la sua Rose con quei ricci capelli rossi che non avrebbe più potuto toccare, con quelle numerose lentiggini che non avrebbe più potuto contare, con quelle morbide guance che non avrebbe più potuto accarezzare,  con quelle carnose labbra che non avrebbe più potuto baciare e con quegli  occhi, i suo occhi, così grandi, così blu e così profondi dove Scorpius  non avrebbe mai più potuto perdersi in ogni loro conversazione.
Tutto gli sembrava ancora impossibile, ma non perché non sapesse che Rose fosse malata o non perché non sapesse che Rose sarebbe morta, solo che quel giorno gli era sempre sembrato così lontano e lontana era come ora sentiva Rose: lontana da lui.
Allora  l’unico modo per risentirla viva, per ritoccare i suoi capelli, per contare le sue lentiggini, per accarezzarle quelle guance, per baciarla ancora, per perdersi un ultima volta nelle profondità dei suoi occhi  Scorpius rincorreva seppur dolorosi i ricordi, ma quando essi finivano egli si risentiva morire e ogni volta faceva più male fino all’arrivo di un vecchio ricordo.
Rose era morta, eppure era ancora viva nella mente di Scorpius perché la sua anima se ne era andata con lei.




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