Il sole nero
Altar
Rimasi ad
ascoltare le parole di quell’uomo, nella mia mente, per molti anni, ogni
giorno, alla luce o al buio, ma il senso mi sfuggiva sempre: ”e anche se
nessuno ti rivedrà mai più, rimane il pensiero di vederli, di accarezzarli, di
salutarli per quell’ultima volta, prima che il sole nero scenda a
prenderti, prima che la tua anima si
trasformi in vita, prima che il mondo sia lontano e solo il ghiaccio sia
raggiungibile. E sopraggiunge la morte”.
L’inafferrabile crudeltà di quelle parole, in quella notte,
riecheggiava nella mia mente, nei miei più cupi pensieri. E la maschera che
portavo s’infrangeva non appena ero solo, non appena solo gli dei potevano
vedere il mio tormento, la mia pena, il sapore aspro di quelle parole che
ancora opprimevano il mio cuore.
Qualcuno bussò alla porta, qualcuno aprì la porta ed entrò.
La sua figura non riuscivo a delineare, era tutta una nebbia confusa. Si mosse,
e subito dopo morii, gridando il mio nome.
“ALTAR”
Lucrezia
Non aveva
più importanza quello che pensava la gente, non più, da quando l’estate scorsa,
l’uomo mi sussurrò quelle parole all’orecchio: “e anche se nessuno ti
rivedrà mai più, rimane il pensiero di vederli, di accarezzarli, di salutarli
per quell’ultima volta, prima che il sole nero scenda a prenderti, prima che la tua anima si trasformi in vita,
prima che il mondo sia lontano e solo il ghiaccio sia raggiungibile. E
sopraggiunge la morte”.
Inizialmente non prestai
attenzione alle parole dello sconosciuto, ma quella stessa notte, i più
orrendi spettri si presentarono nei miei sogni, ripetendo come un canto di
morte quelle parole.
E ora che sono qui, in cima a questa torre, so già che non
avrò il coraggio di lanciarmi, perché soltanto la paura può vincere il dolore e
la follia, e la mia paura ha vinto anche questa volta.
Sento dei passi dietro di me, mi volto e vedo un uomo, una specie di nebbia con le sembianze di
uomo. Mi spinge giù, cado inesorabilmente, solo il suolo sotto di me. Gridai il
mio nome, in un moto di paura, che non ho mai provato prima.
“LUCREZIA”
Daemon
È solo
confusione, è solo un dolore, la mia testa sta per scoppiare. Ancora una volta
i combattimenti sono finiti con la mia sconfitta, la sconfitta di un
mercenario, costretto a combattere per vivere, il corpo lacerato dalle ferite,
nessuno si prende cura di me.
In questo
delirio, mi ritornano in mente, più forti le parole di chissà quanti anni
prima: ”e anche se nessuno ti rivedrà mai più, rimane il pensiero di
vederli, di accarezzarli, di salutarli per quell’ultima volta, prima che il
sole nero scenda a prenderti, prima che
la tua anima si trasformi in vita, prima che il mondo sia lontano e solo il
ghiaccio sia raggiungibile. E sopraggiunge la morte”.
Ora disteso sul campo di battaglia, perdo sangue da chissà
quanti punti, i fumi della battaglia m’impediscono il respiro, o forse ho un
polmone perforato.
Qualcosa, dal cielo, si avvicina a me, è sempre più vicina,
è un uomo che precipita, mi entra dentro, sento il cuore che si lacera. Grido
il mio nome.
“DAEMON”