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Stamattina il sole ha deciso di non fare capolino su Belleville. Scosto
l'adorabile tendina a fiori della nonna e guardo la pioggia che
scroscia giù per strada. Un sospiro sfugge dalle mie labbra.
“Se tra cinque minuti non ha smesso io non mi muovo di
casa.” Borbotto, soffiando sulla tazza di caffé che
stringo tra le mani.
“Neanche io.” Mi fa eco mio fratello, sbriciolandosi un biscotto della colazione addosso.
“Avete già saltato la prima ora, non vi permetto di
restare a casa tutto il giorno!” Ecco mia nonna a rovinare i
nostri piani.
“Ma nonna, se ne sta venendo giù il cielo!”
Lei scuote il capo.
“Un pò di pioggia non ha mai ucciso nessuno. Ora filate a scuola!”
Mi alzo da tavola di malavoglia, ingollando gli ultimi sorsi di caffé in fretta e furia.
Io odio quando piove, odio uscire quando la città è
allagata e rischi di inzupparti i vestiti, odio che tutto debba essere
interrotto e che tutto collassi a causa della pioggia. Frena la mia
già compromessa voglia di vivere, rendendomi apatico e
facilmente irritabile.
“Oggi devo dartelo per forza il passaggio a scuola, eh Mikey? A
meno che tu non voglia farti una salutare passeggiata sotto la pioggia
battente...”
Mio fratello mi fa una linguaccia ma entra in auto senza opporre resistenza.
“Posso accendere la radio?”
“No”
“Perchè?”
“Perchè non mi và”
“A me sì, invece.”
“Ti ricordo che la macchina è mia.”
“Sei stato tu a insistere a darmi un passaggio...!”
Freno di botto, senza preavviso, e mi volto verso mio fratello.
“Preferisci prenderti una bronchite? Perchè se è
così basta che tu lo dica e ti scarico qui in mezzo la
strada.”
“Io....io, no.” Bofonchia.
Quando arriviamo a scuola la pioggia ha finalmente smesso di cadere.
Posteggio la mia auto nel parcheggio e mi dirigo verso l’entrata,
con mio fratello alle calcagna.
"Dove credete di andare voi due?" Ci ammonisce il bidello, una sentinella all'ingresso, scopa alla mano.
"In classe...?"
"Non se ne parla!" Scuote la testa, gesto che mi fa saltare i nervi.
"Ma è impazzito o cosa?!"
"Avete le scarpe fradice. Ho appena finito di lavare via le impronte
dei vostri compagni e se voi entraste mi toccherebbe ricominciare."
"Ma il preside dov'è l'ha pescato lei? Al manicomio? Devo andare in classe!"
"Signor Way, porti rispetto agli inservienti. E lei, signor Cooke, li
faccia entrare per favore." Sia benedetto il preside, che ha messo
termine a questa farsa.
Corro verso la mia classe, salutando frettolosamente mio fratello e
sperando di non scivolare sul pavimento. Entro in aula e come previsto
anche la professoressa si mette d'impegno di prima mattina a
scartavetrare i cosiddetti.
"Way, sei in ritardo."
"Me ne ero accorto." Scorgo Matt in fondo all'aula e faccio per raggiungerlo, ma lei fa saltare il mio progetto.
"Way, siediti il più lontano possibile da Pellissier."
Fanculo, mi tocca sedermi affianco a quel coglione di Jess. Comincia bene la giornata. Davvero bene.
"Ma tu te ne rendi conto, Matt? La stronza mi ha messo una E nel tema
di letteratura!" Io e Matt siamo appena saliti sul tetto della
scuola, a passare la ricreazione lontano dall'orda di studenti che
frequentano l'istituto. " Fai voli pindarici, mi ha detto, esci fuori dal seminato"
"In effetti..." Bofonchia il mio amico, sedendosi per terra.
"In effetti cosa?!" Lo aggredisco. Oggi il mio nervosismo è alle
stelle. Colpa di questo tempo del cazzo. Nonostante alcuni raggi di
sole penetrino attraverso le nuvole, riscaldandoci debolmente, l'aria
è ancora tersa e satura di pioggia, tanto che se ne avverte
ancora l'odore. L'odore è l'unica cosa della pioggia che mi
piace. Lo inalo a pieni polmoni.
"Se il tema era - 1984- di Orwell e tu hai sproloquiato, è ovvio che ti rimprovera di non aver rispettato la traccia!"
"Ma ho parlato di come gli altri ci impongano di fare cose che non
vogliamo fare, di come la società pretenda da noi cose che non
corrispondono alla nostra volontà, di come ci faccia violenza e
ci uniformi al suo volere. Dove ho sbagliato?" Protesto, agitato anche
perchè non riesco a trovare l'accendino.
"Evidentemente quello che hai scritto non era pertinente. Tieni." Mi
offre quello che stavo cercando."Devi imparare ad essere meno polemico,
Gee."
"Ma se sono fatto così? Il problema è che lei è una bigotta, una stronza bigotta."
"Ma se il tuo tema era sbagliato-"
"Oh, ma da che parte stai?" Non sopporto quando deve fare il saccente.
Non è un fatto obiettivo che la professoressa ce l'abbia con me
e le mie idee? "Con questi voti rischio di non poter fare domanda alle
Università che vorrei, e non per mia mancanza, ma a causa di
un'incompetente imparziale!"
“Ok, come vuoi. “ Scaraventa la sigaretta giù dal
terrazzo. “Ce l’hai?” Mi chiede poi, con fare
cospiratorio.
“Sì.” Infilo una mano nella tasca ed estraggo una
boccetta con della polverina. “Cos’ hai a portata di mano
per...?”
“Ho un coltellino. Dà qua.” Mette la coca sulla lama e poi tira. “Fai tu, ora.”
Tiro anch’io, ma mi becco un mezzo infarto quando la porta del terrazzo si apre d’improvviso.
“Matt! Gee! Sapevo di trovarvi qui!”
“Mikey, cazzo vuoi?!”
“Parlarti.” Si siede a gambe incrociate di fronte a me. “Cos’ hai sul naso?” Merda. Lo strofino con violenza.
“Nulla. Che vuoi?”
Ridacchia. “Ho parlato con Alicia-”
“Santi Numi, Mikey! Vieni fin qua su per dirmi questo?!”
“No, idiota d’un fratello. Se non mi fai finire! Dicevo, ho
parlato con Alicia e abbiamo concordato che lei mi vende il suo vecchio
basso a metà prezzo, amplificatore compreso. Non è
magnifico?” Batte le mani.
“Piantala, sembri un a foca!”
“Gee, non mi dici nulla?” Piagnucola.
Matt tossicchia. Mi giro a guardarlo. Ha la fronte imperlata di sudore.
“Mio fratello si è messo in testa di suonare il basso per noi.” Lo informo.
“Ah, perfetto.”
“Come perfetto?”
“Tanto facciamo già schifo.” Si alza e scompigliandomi i capelli se ne va.
“Per caso è incazzato per ieri?” Domanda mio fratello.
Scrollo le spalle. “Può darsi.”
"Gerard, vado a studiare da Andrew. Dillo tu alla nonna, ok?"
"Certo, il lavoro sporco devo farlo io!"
"Grazie, Gee. Sei un tesoro!" Mio fratello mi soffia un bacio prima di
salire in macchina col suo amico. Mi dirigo alla mia di auto, mentre
qualche goccia bastarda di pioggia mi sferza il viso. Di nuovo!
Accendo il motore e cerco di fare retromarcia evitando di mettere sotto qualcuno. Non che mi dispiacerebbe, attenzione.
Quando sono riuscito finalmente a uscire dal parcheggio, noto un
ragazzo che litiga col proprio ombrello. Lo fiancheggio con l'auto e
abbasso il finestrino.
"Vuoi una mano, Frank?" Alza la testa. Ha le guance arrossate e le labbra imbronciate per il fastidio.
"Sì. No. Al diavolo." Schiaccia l'ombrello, ormai
irreparabilmente inutilizzabile, sotto i piedi. Non ero preparato a
questo attacco d'ira.
"Ora sono a posto." Mi sorride.
"Oh, bene. Sali in macchina dai, che senza ombrello non vai da nessuna parte."
"No, io non voglio crearti alcun disturbo. Prendo l'autobus e arrivo a casa asciutto."
"Non fare l'idiota, sali!" Gli apro lo sportello proprio quando il
proprietario della macchina dietro di me suona il clacson, esortandomi
a muovere il culo.
Frank si decide a prendere posto in auto.
"Uhm, grazie."
"Figurati. Dove ti accompagno?"
"L'hai presente il ristorante italiano?" Annuisco, osservando con la
coda dell'occhio quanto gesticoli mentre parla. "Abito lì,
è dei miei."
"Davvero? Non ci ho mai mangiato."
"Spero tu ci venga presto allora."
"Senz'altro."
Piove più forte, maledetto cielo che non smette di pisciarci
addosso. Il traffico è in tilt, ma il lato positivo è che
sono bloccato in macchina con Frank.
"Che dice il tatuaggio che hai sul polso?" Mi aveva incuriosito
già la prima volta che lo avevo visto. Impazzisco per le scritte
sul corpo.
"Qui? I wish I were a ghost." Risponde.
"Interessante. Da fantasma avresti il privilegio di non essere visto, giusto?"
"O quello di essere morto." Chissà che storia c'è dietro
quel tatuaggio, storia che comunque non voglio sentire. O magari dietro
non c'è proprio niente se non la voglia di un ragazzino di
scomparire. Ce l'abbiamo tutti, no?
"Tu non hai nessun tattoo?"
"Chi io? No!"
"Come mai?"
Scuoto la testa.
"Io, io....sono completamente terrorizzato dagli aghi. Ecco."
All'ultimo vaccino che ho fatto prima ho tentato di scappare dalla
finestra poi mi hanno dovuto afferrare per le braccia due
infermieri.
"Che strana fobia." Mormora, giocherellando con l'orlo del maglione.
"Dai, dillo che è una fobia stupida."
"No, no." Si precipita a scusarsi. "Non è stupida, nessuna fobia
lo è. Mi sembra solo strano che qualcuno abbia paura degli aghi,
piuttosto dei, che ne so, lupi mannari, per esempio. Quelli ti sbranano."
Scoppio a ridere incontrollabilmente. Lui arrossisce subito. Dio, dimenticavo questo suo problema.
"E perchè no dei vampiri?”
“Eh? No, i vampiri sono dei tipi gentili.”
“Forse un pò freddi.”
Stavolta ridiamo tutti e due, anche se lui cerca di contenersi.
“Secondo me dovresti superare questa paura degli aghi.”
“Dici? A me va bene così.”
Finalmente il cordone di macchine si smuove, anche se le auto procedono a tentoni.
“Tu di cosa hai paura, Frank?”
“Io? Dei cimiteri, credo. Li evito come la peste. Mi fanno stare male.”
Io in un cimitero ci vivrei, tanto spazio e tanto silenzio. Nessuno
verrebbe a rompermi le palle. Nessuna nonna che strilla, nessun
fratello zecca.
“Frank, apri quello sportellino per favore? Ci sono le sigarette.”
Fa come gli ho chiesto, poi mi porge il pacchetto. Nel passarmelo le
nostre dita si sfiorano, io rimango un attimo incantato a guardarlo
negli occhi per leggervi cosa gli passa e per poco non tampono la
macchina davanti.
“Vu-vuoi una sigaretta?” Lui annuisce. Abbasso il
finestrino, la pioggia adesso cade lieve e tra poco smetterà del
tutto. Spero.
“Gira a sinistra.”
Imbocco la strada che mi ha indicato e percorsi pochi metri freno.
“Stai qui?”
“Sì.” Getta la sigaretta dal finestrino e si volta
verso di me. “Non so come ringraziarti, Gerard.”
“Non ti preoccupare, Frank.”
“Ci vediamo, no?”
“Uh? Sì, certo.”
Quando la sua mano è sulla maniglia lo richiamo.
“Frank?”
Ho fatto poche cose avventate nella mia vita, ho colto poche occasioni
che mai più si ripeteranno. Ho collezionato rimpianti, per
così dire. Quindi, o la va o la spacca. La fortuna aiuta gli audaci, vero caro Virgilio?
“Un modo per ringraziarmi ci sarebbe. Che hai da fare domani?”
Ci pensa un attimo su, mentre io me la faccio nei pantaloni.
“Niente, presumo.”
“Niente catechismo, allenamenti, o che ne so, volontariato?”
“Io? No, perchè?”
“Usreticnme?”
“Cosa? Mi sono perso qualche vocale.”
Cazzo. Training autogeno.
“Usciresti con me?” Chiudo gli occhi per un attimo. Dio, quanto sembrerò ridicolo. La risposta non arriva. You lose.
“Senti, lascia perdere, era una caz-”
“Sì”
“-zata, non avrei dovuto chieder-”
“Sì, Gerard.”
“-telo, sono stato un’idiota, e colp-”
“Ho detto sì, ci senti?”
“-a mia. Cosa?!” Ho il magone allo stomaco come una ragazzina. Sono un maschio, io, diamine!
“Per me va bene. A che ora?”
“Alle 7, no alle 5. Alle 6, alle sei va bene?”
“Sì” Sta sorridendo. Come faccio a resistere fino a domani?
“Ma non è un appuntamento, tranquillo. Ok?”
“Ok? Ci vediamo domani per il nostro non-appuntamento. Passi tu?”
“Sì, certo. A domani.” Scende dall’auto e lo
seguo con gli occhi fino a quando non arriva alla porta di casa. Faccio
marcia indietro con la speranza di non abbattere nessun cassetta delle
lettere o nessun nano da giardino.
Accendo la radio e guido alla volta di casa, canticchiando, fuori tempo rispetto a Billie, I’m just paranoid I’m just stoned.
Nessuna giornata uggiosa mi ha mai portato tanta fortuna.
Che orario balordo per pubblicare. Le 2 e 30 AM (passate). Se questo
capitolo fa schifo è colpa dell’ora(sese), l’ho
finito adesso.
Non me ne voglia nessuno se non ringrazio singolarmente, ma dovrei andare a dormire. Domani(?) ricomincia la scuola (Bleuh..!).
Grazie a chi ha recensito, a chi ha messo la mia storia tra i preferiti, a chi ha letto. Vi amo tutti, uno per uno.
(La prossima volta ringrazio per bene, mi sento in colpa...!)
Alla prossima,
Idra.
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