Prompt:
Riflesso, Mulan
Note: Era da un po' che rimuginavo su
questa fic e ho approfittato della Challenge Multifandom per buttarla
giù. Non sono sicura di essere riuscita a gestire bene il
prompt, purtroppo, ma spero di sì. Spero che il messaggio
arrivi dritto al vostro cuore ^_-
Ah, giusto: se non avete finito di guardare la serie e odiate gli
spoiler... fuggite o.o Fuggite!!
Non potevo voltarti le spalle
Guardami,
quella
che tu vedi non sono io,
tu non mi conosci...
E’
così, la
mia parte è questa qua.
(Riflesso,
Syria)
C’era qualcosa, quella notte, che turbava il suo sonno.
Pigramente si rigirò fra le lenzuola, mormorando frasi
sconnesse, non totalmente sveglia.
Questo qualcosa però perdurava.
Akari non capiva cos’era, ancora avvolta fra le nebbie
ovattate del sonno. Aprì piano gli occhi, per scoprire la
propria camera pervasa da una tenue luce rosa. Incuriosita e
preoccupata al contempo, la ragazza cercò con lo sguardo di
capire da dove provenisse.
Sulla sua scrivania c’era un piccolo specchio e,
così pareva, la luce rosa scaturiva da esso, dal suo
interno. Akari si strinse nelle spalle, impaurita, memore di quella
volta nella Lake Zone in cui il nemico l’aveva ipnotizzata e
usata sfruttando l’illusione di sua madre e la sua angosciosa
nostalgia.
-Aiutami.- supplicò dall’altra parte una voce,
accompagnata da una straziante melodia.
La ragazza indietreggiò, turbata.
Quella melodia riecheggiò per attimi infiniti nella sua
testa. Disperata, sì, ma al tempo stesso raffinata,
misteriosa. Familiare. Anche la voce, pur essendo appena percettibile e
distinguibile dalla Digimelody, era proprio quella.
-Aiutami, ti prego!- esclamò una sagoma eterea composta
ormai solo di crepitante luce rosata.
-Lilithmon… - sussurrò a voce appena
percettibile, la digiprescelta, come se pronunciare quel nome a voce
alta potesse in qualche modo ferirla.
La piccola luce divampò per qualche secondo.
-Sei tu?- domandò, stupita, la voce. Se avesse potuto
spalancare la bocca per lo stupore, probabilmente Lilithmon
l’avrebbe fatto.
Ma era solo luce.
Impalpabile e debole luce. Una candela sola
nell’oscurità, senz’aria a tenerla viva.
Un mero e vago riflesso di ciò che era stata nei tempi
d’oro. Sapeva che sarebbe stata solo questione di tempo.
Aveva atteso a lungo quel giorno, sperando di spegnersi. Aveva lottato
contro Beelzebumon, era arrivata così vicino a schiacciarlo!
A cancellarlo dalla faccia di Digiworld! E poi, invece…
eccola lì, come si era ridotta: un umile, disperato
baluginio di dati disperso per il Mondo Digitale.
Esso era tornato il mondo che era prima che Bagramon scatenasse la sua
sete di conquista, molti digimon deceduti erano rinati a nuova vita.
Lei no, perché non se n’era mai andata.
Quando sentiva la vita scorrerle via, la furia cieca le donava nuova
forza, impedendole di sparire.
“Maledetto Beelzebumon!” urlava il suo cuore
furioso. E covando rancore per il nemico caduto insieme a lei, si
condannava a un supplizio eterno: vagare sottoforma di dati, dispersa
nell’oscurità.
Sola.
Era un circolo vizioso.
Le mancavano quei gentili “Lilichan” di cui si
faceva beffe. Le voci irritanti degli Evilmon, suoi forzati compagni.
In breve tempo tutto il suo mondo di dominio si era sfaldato. Era
caduta, Lilithmon, e per lei fu terribile, insopportabile: sconfitta in
continuazione, tradita dal suo signore e declassata, usata e gettata
via come uno qualsiasi dei digimon che lei stessa aveva usato a sua
volta per contrastare i Generali umani.
Aveva toccato con mano quella sofferenza e nei momenti in cui la fine
sembrava ormai prossima, aveva finalmente intuito ciò che
davvero importava.
“Così
mi uccidi, Lilichan.” il cuore di Blastmon
piangeva nel vederla piangere a sua volta, non era più in
sé già da quel fatidico momento. E lei ne era
dolorosamente conscia.
Li aveva derisi, aveva desiderato la loro sconfitta e aveva cospirato
in segreto, ma Tactimon e Blastmon erano i suoi compagni, nella
vittoria e nella sconfitta i loro obbiettivi comuni erano il loro
legame.
Con Blastmon poi, nonostante l’avesse usato per sfogare la
sua rabbia neppure tanto repressa lanciandolo e sbattacchiandolo qua e
là, aveva allacciato un legame speciale.
Quando combattevano contro Beelzebumon, erano insieme. Lui colpiva il
nemico per lei, lui lo feriva, lui godeva del male che arrecava in suo
nome e lei poteva sentirlo.
La Digixros era qualcosa di davvero grandioso.
Non l’aveva mai considerata da quel punto di vista.Era sempre
stato un continuo assemblarsi e smontarsi per sottomettere i nemici,
un’assimilazione di potere, non c’era
un’unione dell’anima, non c’era uno
scambio equivalente.
C’era sempre e solo lei: Lilithmon.
Ed era rimasta sola.
Blastmon se n’era andato, forse era rinato.
Anche gli Evilmon probabilmente volavano liberi e felici in un nuovo
mondo.
Lei no. Lei era condannata a quell’esistenza sospesa.
Vivere senza poter vivere, fino alla fine.
E quando quella fine era giunta, ne aveva avuto paura e aveva invocato
aiuto.
Non immaginava certo che quella richiesta giungesse a qualcuno.
Tantomeno a quella ragazzina, Akari. Probabilmente l’unica
che avrebbe avuto tutte le ragioni per rifiutarle il soccorso.
-Tu… - ripeté Lilithmon -Ti prego,
aiutami… - pronunciò quelle parole piena di
vergogna, come se le costassero sangue. Vide, oltre lo specchio, la
ragazza fissarla, impaurita. La vide riflettere per qualche secondo,
poi il buio.
Akari aveva rovesciato lo specchio.
Lilithmon soffocò a stento un lamento.
“Che cosa mi aspettavo?” si chiese.
A quanto pare il suo destino era così miserevole. Doveva
morire in quel modo terribile, dimenticata da tutti, sporca del fango
della sconfitta, senza nessuno a offrirle consolazione.
“In fondo, mi sono meritata tutto questo.” si
disse. Se l’era detto tante volte. Ormai neppure il pensiero
dell’odiato Beelzebumon che si godeva la sua nuova vita con
quella smorfiosa donna serpente riusciva a fornirle potere. Ormai non
le importava più che quello rinascesse come
l’araba fenice e sgusciasse via dalle fauci
dell’oblio ogni santa volta.
Ormai Lilithmon non provava più odio, solo terrore.
Avrebbe pianto.
Ma non le restavano neppure le lacrime, di lei rimaneva solo una figura
appena distinguibile dall’oscuro spazio digitale in cui era
sospesa.
“Kudo Taiki… “ pensò
“Spero che ci sia un posto anche per me nel mondo che
desideri.”
La digimon si abbandonò all’oblio, sorprendendosi
di quanto facile fosse morire piuttosto che rifuggire la morte.
Rimpianse, per un attimo, l’essersi comportata in maniera
così indegna, lei, fiero generale dell’Impero
Bagra.
Mentre la sua coscienza scemava definitivamente, si sentì
risucchiare.
“Questo significa scomparire?” si chiese.
Ma non scomparve.
Si guardò intorno perplessa.
Non solo non si era scomposta in dati, ma guardandosi le mani, poteva
scorgerle quasi chiaramente, benché i suoi dati fossero
compressi in quel luogo familiare. Non più un cupo angolo di
nulla, ma un luogo più circoscritto, più
luminoso, rassicurante.
-Lilithmon, Reload!-
Come poc’anzi, si sentì risucchiare e ricomporre.
Ormai aveva capito, eppure non poteva smettere di guardarsi le mani. Le
sue mani! Poteva vederle chiaramente.
Il suo corpo non era più solo luce crepitante, era solido,
era integro.
-Sono… sono viva?- si chiese, poi abbassò lo
sguardo.
Akari Hinomoto la fissava intimidita. Accanto a lei Dorulumon e
Cutemon, la scrutavano ammonendola con lo sguardo. Se avesse alzato un
dito sulla ragazza, gliel’avrebbero fatta pagare.
Ammesso che ci riuscissero, fu il suo primo pensiero.
Il secondo fu che probabilmente ce l’avrebbero fatta, erano
avversari che conosceva molto bene, dopotutto. Sapeva che erano capaci
di compiere miracoli per il bene di un amico e questo bastò
a stroncare sul nascere qualsiasi intento bellicoso.
Rimase a fissare la prescelta per qualche secondo e, poiché
nessuno si azzardava a rompere quel silenzio, fu Akari a parlare per
prima.
-Stai bene?- le domandò.
Lilithmon mise su un broncio altezzoso.
-Perché mi hai aiutato?- le domandò.
-Perché hai chiesto aiuto.- rispose la ragazza, impacciata.
-Io… Io non ero sicura di volerlo fare.- ammise mentre il
suo tono acquisiva sicurezza parola dopo parola e i suoi occhi si
fissarono su quelli della digimon.
-Però Taiki mi ha insegnato a non voltare le spalle al mio
prossimo. Non potevo farlo.-
Lilithmon annuì con uno sbuffo, sorridendo. Non per scherno
come poteva sembrare, ma in segno di rassegnazione. C’era da
immaginarselo: i Xros Heart la pensavano tutti allo stesso modo.
Con uno scatto improvviso, la digimon afferrò la ragazza per
le braccia e la sollevò a mezz’aria.
-Lasciala andare!- ordinò Dorulumon scattando,
immediatamente e minacciandola con la sua trivella, ma l’ex
generale di Bagra non lo degnò che di un’occhiata
di sfida.
-Credi di avermi fatto un favore?!- domandò astiosa verso la
ragazza che tremò, impaurita.
-Sì.- rispose però -Tu mi hai chiesto aiuto.-
-E tu sei stata così sciocca da concedermelo…
cosa ti fa pensare che adesso io non ti faccia a pezzi e poi faccia lo
stesso con i tuoi amichetti?-
-Non lo penso.- rispose -Però… non potevo
voltarti le spalle lo stesso!- esclamò.
Lilithmon sentì il suo corpo bruciare, come infiammato, come
se quelle parole, quell’ardore, avessero fatto scaturire in
lei una prepotente energia. E quel calore si trasmetteva anche alle sue
membra. Inebriata da esso, depose la ragazza e rimase in
silenzio a fissare prima lei, poi nuovamente il proprio corpo.
Si sentiva davvero bene.
Si sentiva viva e ancora non capiva, non riusciva a capire
perché quello schifoso altruismo fosse un potere
così temibile. Non riusciva ad accettare che il costante
sacrificio di se stessi per il bene altrui potesse donare benessere
anche a se stessi.
Eppure ne aveva avuto le prove, in continuazione.
-Tsk.- la digimon schioccò la lingua contro il palato e con
un gesto di stizza incrociò le braccia al petto. -Voi umani
non vi capirò mai.- disse, prima di mutare in un fascio
luminoso ed entrare nuovamente nel Digivice della ragazza, lasciando la
stessa e i suoi compagni digimon basiti.
Akari fissò lo schermo del suo Xros Loader, sul quale
compariva il volto imbarazzato e rissoso dell’ex generale.
-Credo che resterò qui finché non mi
rimetterò completamente.- borbottava quella -In fondo sembra
piuttosto accogliente.-
-Eh? Aspetta, ma questo significa che dovremo convivere con lei?-
domandò Cutemon, visibilmente preoccupato, mentre Dorulumon,
contrariato, scuoteva la testa.
-Mi sa che non abbiamo altra scelta.- ribatté.
Akari, intanto, si era seduta sul letto e continuava a guardare il suo
dispositivo con un debole sorriso stampato in volto.
-E un’altra cosa!- continuò Lilithmon -Quello che
è successo non devi raccontarlo a nessuno, hai capito?-
-Certo, tranquilla.- rispose la ragazza.
-E’ stato un momento di debolezza io- -Tutti abbiamo paura,
lo so.- la interruppe la ragazza -Resterà un segreto, tra me
e te.-
Lilithmon valutò la risposta in silenzio per qualche
secondo, per poi chiudere la questione con un -Meglio per te.-
Tacque ancora, come a raccogliere il coraggio per pronunciare quelle
sei lettere -Grazie.- disse, infine. Dopodiché la sua
immagine scomparve dallo schermo e Akari poté tirare un
sospiro di sollievo. Si rimise a letto e stava per congedare i suoi
digimon quando qualcuno bussò alla porta della stanza.
-Akari, tesoro, tutto bene?-
-Sì, mamma. Credo di aver fatto uno strano sogno, non
preoccuparti.- rispose in tensione. Se la madre fosse entrata e si
fosse trovata davanti un buffo coniglietto rosa in groppa a un lupo
bianco e arancione dotato di trivelle, probabilmente le sarebbe venuto
un colpo.
Fortunatamente sua madre accettò quella versione e si
congedò augurando alla figlia di passare una buona nottata.
Akari sospirò nuovamente accasciandosi sul letto, esausta.
-Forza, ragazzi, tornate nel Xros Loader.- disse rivolgendosi agli
amici.
I due parvero titubanti, ma lei li rassicurò.
-Tranquilli. Sono sicura che Lilithmon non farà nulla di
male. Domani parleremo con Taiki. Ovviamente ometterò un
po’ di cose.- disse, rassicurando la nuova ospite del suo
Digivice. -Buonanotte, ragazzi.-
Dorulumon e Cutemon si scambiarono un’occhiata perplessa, poi
decisero di fare come la loro partner diceva. Se Lilithmon avesse
deciso di tradire la fiducia di Akari, loro non sarebbero rimasti a
guardare.
L’ex generale aveva sentito e visto tutto, ma era rimasta in
silenzio, in un angolo.
Non poteva concepire l’idea di essersi mostrata debole a quel
modo.
Lei non era così! Lei era forte, fiera, valorosa!
Si strinse nelle spalle.
“E incredibilmente stupida, incapace di ammettere la mia
debolezza.”
Chiuse gli occhi, per concedersi qualche minuto di riposo, senza
però riuscire ad addormentarsi. Temeva di chiudere gli occhi
per non riaprirli mai più e questo la terrorizzava. Rimase
però immobile, a crogiolarsi del calore che ancora pervadeva
il suo corpo.
“Forse capirò… ”
pensò sorridendo debolmente “Akari
Hinomoto… forse capirò cos’è
questa forza di cui siete dotati… ”
Un giorno avrebbe compreso, sperava. Fino a quel momento era decisa a
restare a fianco del nemico vincitore, come osservatrice neutrale.
Sì. Si convinse che potesse essere una scelta ragionevole.
Ma c’era un altro dubbio, che si sarebbe presto affacciato
nella sua mente.
Perché la sua disperata richiesta d’aiuto era
giunta proprio alle orecchie di Akari? Perché il suo ultimo
incantesimo aveva incantato proprio quello specchio?
Una semplice scorciatoia scelta dal suo corpo esausto? Con lei aveva
già instaurato un legame, in fondo.
Non aveva idea, come del resto neppure la digiprescelta, che in tutta
la faccenda ci fosse lo zampino di un certo vecchio, apparentemente
anche lui l’ombra del se stesso glorioso di un tempo. Un
semplice uomo anziano, compiaciuto della piega data agli eventi.
Un ex sovrano soddisfatto di aver riparato ai propri errori.
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