The Dinner
Rehearsal
12
Luglio, 1979
Villa
Potter
9:30
pm
«Scusate.»
Lily si girò al suono della voce profonda che aveva
interrotto
la loro conversazione. Il padre di James sorrise ai due anziani signori
che
solo pochi minuti prima stavano intrattenendo una conversazione con la
futura
sposa.
«Rose,
Michael che piacere avervi qui questa sera.»
«Il
piacere è tutto nostro, caro. Lily ci stava dicendo che
è quasi tutto
pronto per il grande giorno! Che ragazza meravigliosa avrai la fortuna
di avere
come nuora, Alexander. » disse la donna poggiando una mano
sul braccio della
ragazza, le quali guancie avevano assunto una leggera sfumatura rosata.
Sorrise, grata, alla donna che ricambiò sincera.
«Lily
è meravigliosa, vero? Mi dispiace soltanto che tu abbia
dovuto
ascoltare le storie di questo vecchio cialtrone, mia cara. Ricorda:
più della
metà delle parole che hai sentito sono menzogne!»
e qui fece una pausa perché
tutti risero -anche se Lily lo fece un po’ forzatamente- per
poi riprendere:
«ovviamente, scherzo, Mike. Avrei bisogno di mia nuora per un
minuto, vi
dispiace?»
Merlino, ti ringrazio! Pensò
Lily tra se e se.
La
verità era che aveva passato quell’ultimo quarto
d’ora fingendo di
essere interessata alle storie del signor O’Donnell, fingendo
risatine e
inserendo vari ah e oh
ogni tanto. Non che i due non fossero
simpatici, anzi, solo che la rossa stava cercando di non pensare al
dolore
lancinante che sentiva ai piedi. L’incantesimo anestetico che
Alice le aveva
fatto prima della festa stava esaurendo il suo effetto e Lily
cominciava a sentire
tutto il male che non aveva sentito nelle ore precedenti trenta volte
più
forte. Fu quindi un sollievo per lei quando i signori
O’Donnell dissero che non
c’era problema e che avrebbero potuto parlare di nuovo
più tardi, permettendole
di seguire il signor Potter sperando che l’avrebbe condotta
in un posto con
tante, tante sedie. Salutò,quindi, i due simpatici anziani e
seguì il padre del
suo fidanzato.
Con
grande sollievo di Lily, Alexander la condusse nella biblioteca che
faceva da anticamera alla sala da ballo e che si poteva facilmente
raggiungere
da una porta a soli pochi metri da dove stava prima. Il signor Potter
aprì la
porta e la fece accomodare poi entrò anche lui e se la
richiuse alle spalle.
Lily
adorava quella stanza immensa – anche se quella era in
realtà la
biblioteca piccola- con tutte e
quattro le pareti coperte da imponenti scaffali straripanti di libri.
Ogni
volta che ci entrava, si fermava un momento ad ammirarla e poi
inspirava il
profumo di pagine antiche che aleggiava nell’aria. Quella sera però, appena si
richiuse la porta, si
appoggiò a uno degli scaffali e si tolse le scarpe.
Tirò
un sospiro di sollievo: il contatto con il freddo pavimento di
pietra fece meraviglie ai suoi piedi distrutti.
«Lei neanche immagina quanto le sia grata in
questo momento» esclamò,
rivolgendosi al suo salvatore.
«Non
dirlo neanche» rispose, intenerito, l’uomo.
Lily gli
sorrise e poggiò le scarpe sul pavimento;
tirò fuori dalla sua pochette –
magicamente
resa più spaziosa- la bacchetta e, puntandola contro i suoi
piedi, mormorò una
formula in Latino. Il dolore sparì immediatamente;
guardò soddisfatta le sue
scarpe e se le rimise: se non si fosse vista nell’atto di
rinfilarle, avrebbe
creduto davvero di non indossare nulla ai piedi.
«Allora»
chiese, riponendo la sua bacchetta con cura nella pochette,
rivolta al signor Potter «non penso che l’unico
motivo per cui mi ha portata
qui sia il piccolo inconveniente con le scarpe, o sbaglio?«
«Giusto.»
rispose. Lily lo vedeva titubante e nervoso; corrugò la
fronte.
«C’è
qualcosa che non va, signor Potter?» chiese, preoccupata.
Lui si
ricompose; il viso una maschera impassibile, paziente... una
perfetta faccia da poker. «No, va tutto magnificamente, mia
cara. Ho soltanto
bisogno di scambiare due parole con te.»
«Certo.
Di cosa ha bisogno?»
«Io volevo
parlarti, Lily.
Parlarti, ma prima di tutto chiederti una cosa molto
importante» si fermò,
accertandosi che la ragazza lo stesse ascoltando attentamente. Lei
annuì ,
incoraggiandolo a continuare, poi bevve ciò che restava del
suo Whiskey e continuò.
«Siete
sicuri di quello che fate?»
Ci fu
una breve pausa.
«Come
prego?» chiese la rossa, decisamente confusa; non capiva dove
l’uomo volesse andare a parare.
«Siete
sicuri di quello che state per fare di qui a quattro giorni?»
ripeté allora lui.
«C-certo
che lo siamo! Signor Potter, io amo suo figlio e non vorrei
passare il resto della mia vita con nessun’altro
e...»
«Ah,
di questo non ne dubito, mia cara. Ho visto il modo in cui vi
guardate, ma non è questo che intendevo.»
Lily
stava cominciando ad inquietarsi. Per quale motivo le stava facendo
quella domanda? Qual’era il suo scopo? Si disse che non
c’era niente di cui
preoccuparsi, che forse voleva solo essere sicuro del fatto che amasse
veramente suo figlio. È quello che avrebbe fatto ogni bravo
genitore... e
allora perché non si sentiva affatto tranquilla?
«Allora,
non capisco proprio perché me lo abbia chiesto, signor
Potter.»
Lily diede voce ai suoi dubbi, provando –e fallendo
miseramente- a nascondere
il nervosismo dalla sua voce.
«Vedi,
cara, purtroppo le circostanze in cui viviamo non sono le
migliori, al momento. Questa guerra, questi ideali... finiranno per
distruggere
il Mondo Magico. Ti dirò, personalmente credo che ci
sarebbero già riusciti se
Silente non avesse avuto la grande idea di mettere insieme
l’Ordine.»
«Sono
al corrente della situazione, signore, considerando che io stessa
faccio parte dell’Ordine e so che questa guerra non
farà certo del bene a
nessuno. Tuttavia, ancora non riesco a capire cosa sta cercando di
dirmi. La
prego, quindi, di arrivare subito al punto.» La ragazza stava
lentamente
perdendo la pazienza; faceva sempre così quando si
innervosiva. Sapeva che lui
stava facendo immensi giri di parole per prendere tempo e questo la
faceva
infuriare.
«Voglio
solo che voi siate pronti.»
«Pronti
a cosa?»
«A
tutto quello che vi diranno. A quello che dovrete passare una volta
pronunciato quel ‘si’: saranno cattivi, vi
scherniranno più e più volte perché
sono tutti dei grandi ipocriti! Dicono
di non essere d’accordo con le idee di
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ma
non vogliono che l’unico erede dei Potter sposi una Nata
Babbana perché siamo
una delle famiglie più antiche e importanti del mondo
magico.»
«Dovrete
essere forti perché non sarà affatto semplice.
James stesso
perderà molti agganci nel Ministero, se vuole diventare un
Auror . Ti conosco,
Lily, e so che non riusciresti a vivere col senso di colpa per averlo
danneggiato così. Certo, sarete entrambi danneggiati, ma sai
meglio di me che
lui è quello che ne risentirà maggiormente.
Voglio solo che tu sia sicura di
riuscire a farcela perché, se per qualche ragione dovessi
pentirtene dopo, non so se James
riuscirebbe a
riprendersi .»
Lily
deglutì il grosso groppo che le si era formato in gola. Era
sconvolta; molte volte quella sera si era detta che niente avrebbe
potuto
rovinarle l’umore perché,
si, ce
l’avevano fatta e si era sentita felice e amata come non si
sentiva da anni.
Ma, evidentemente, si era sbagliata di grosso. A niente serviva
ripetersi che
tutto quello che le aveva appena detto il signor Potter non importava;
quelle
parole avevano, suo malgrado, smosso qualcosa e ora in lei infuriava
una
battaglia tra ragione e cuore senza precedenti. Solo che, questa volta,
il
primo stava per essere velocemente messo ko.
Il
signor Potter osservò il volto delicato della sua futura
nuora
impallidire man mano che il suo cervello registrava ed elaborava le
ultime
parole da lui pronunciate. Poteva quasi vedere il ripensamento prendere
forma
sul suo viso e si sentì in colpa; pensava davvero di far del
bene col suo
discorso e di prepararla a qualsiasi evenienza, ma ovviamente
non aveva sortito l’effetto sperato e ovviamente
la ragazza aveva mal
interpretato le sue parole. Non aveva tenuto conto della già
scarsa autostima
della giovane a causa del suo Stato di Sangue e dalla sua posizione
sociale.
Grace lo aveva avvertito: dirle
quelle parole
durante la cena di prova, quattro giorni prima del matrimonio, avrebbe
portato
solo guai.
SI
affrettò, quindi, ad aggiungere:
«Lily,
cara, credo che tu abbia frainteso i miei propositi. Io non ho
niente in contrario al vostro matrimonio, anzi, sono davvero grato che
quello
scapestrato di mio figlio abbia trovato una donna capace di tenergli
testa»
s’interruppe, sperando che l’ultima frase le
avrebbe strappato un sorriso, ma
niente da fare: Lily teneva lo sguardo fisso davanti a se, pallida e
sembrava
sul punto di crollare. Dopo averla osservata per alcuni istanti,
tirò un
sospiro profondo e continuò: « Ascoltami, Lily, ti
prego. James ti ama e ho
ragione di credere che tu ricambi lo stesso, profondo sentimento
…»
«Ma
questo non sarà mai abbastanza, vero?»
sussurrò lei. Guardò il padre
del suo fidanzato stare di fronte a lei con un’espressione
angosciata; si
diresse verso il pianoforte e poggiò una mano sul legno nero
e lucido della
coda, cercando un qualche tipo di sostegno. Inspirò
profondamente.
«Lily,
hai…» cominciò Alexander.
«No,
per favore, non dica niente. Non parli più, la prego. Ho
bisogno di
stare sola. Adesso.» lo interruppe bruscamente lei. Sentiva
gli angoli degli
occhi pizzicarle fastidiosamente e una morsa alla bocca dello stomaco che le rendeva difficile
respirare; dava
ancora le spalle al padre del suo fidanzato e alla porta.
All’improvviso ,
questa si aprì e James entrò, sbuffando e
ravvivandosi i capelli – i quali si
erano ribellati al gel ed ora erano totalmente fuori controllo.
«Era
ora! Ti ho cercata dappertutto! Senti, Evans, tu non puoi lasciarmi
solo, di la con… Che succede?» il tono di James
era subito passato da
fintamente esasperato a estremamente preoccupato nell’istante
in cui aveva
avvertito la tensione che alleggiava nell’aria. Il suo
sguardo si posò prima su
suo padre, poi velocemente voltò la testa verso la ragazza;
all’improvviso
capì.
«Cosa
le hai detto?» sibilò. L’allegria che lo
aveva accompagnato per
tutta la sera era scomparsa; chiuse la porta alle sue spalle e si fece
più
vicino a Lily. Tentò di avvicinarla, ma lei lo respinse
subito: l’ultima cosa
che le serviva in quel momento erano le sue mani su di lei. Sarebbe
scoppiata
in lacrime da un momento all’altro e, anche se ne aveva un
disperato bisogno,
l’abbraccio di James avrebbe
solo
accelerato il processo.
Non
sta succedendo, non sta succedendo, non
sta succedendo... Lily continuava a ripeterselo come un
mantra e chiuse gli
occhi sperando che, una volta riaperti, lei si sarebbe ritrovata di
nuovo nella
sala da ballo, accanto a James, circondata da tutti quei maghi e quelle streghe
facoltose che
sarebbero intervenuti anche il giorno delle nozze- più della
metà erano
sconosciuti ai due sposi- senza ricordare nulla di quello che era le
era appena
stato detto.
Era come
se fosse in trance; se
ne
stava appoggiata con entrambe le braccia al pianoforte e il
chiacchiericcio
aristocratico delle centinaia di persone presenti nella sala accanto
era per
lei solo un lontano eco ovattato. Non si accorse neanche che James e
suo padre
avevano cominciato a litigare furiosamente; fu solo quando si decise a
voltarsi
che li vide: il figlio ventenne che inveiva furiosamente contro il
padre, il
quale manteneva un tono pacato nonostante la tensione che cominciava a
montargli dentro.
Urlava,
James, urlava e puntava il dito minacciosamente contro l’uomo
che
gli stava di fronte. Il
signor
Potter stava per
ribattere approfittando
di una pausa del ragazzo, quando notò Lily. Aveva lo sguardo
vacuo mentre li
osservava; la vide prendersi il viso tra le mani e tirare un respiro
tremolante. Intanto, anche James si era girato verso di lei. Era
pallida e
tremava e lui si sentì così impotente nel vederla
in quelle condizioni: era sul
punto di rottura, lui lo sapeva bene. Adesso, però, temeva
il peggio.
«Basta»
fu un sussurro così debole che se i due uomini a cui si
stava
rivolgendo non si fossero avvicinati non l’avrebbero sentito.
«Basta, vi prego.
Signor Potter, ho bisogno di stare sola con James.»
«Lily,
non fare stupidaggini, te ne prego.» le disse
l’uomo dirigendosi
verso la porta. L’aprì e, rivolgendo un ultimo
sguardo significativo ai due
ragazzi, se ne andò chiudendosela alla spalle. Lily
riuscì a cogliere per un
momento Marlene e
il suo vestito rosso
fuoco chiacchierare allegramente con Remus, Mary e Frank qualche metro
più in
la.
«Lils?» domandò James, ansioso
di sapere cosa avesse da dirgli.
«Che stiamo facendo, James?»
«Che intendi dire?»
«Che
stiamo facendo? Cosa ci è saltato in mente? Stiamo
sbagliando tutto.
Tu non puoi sposare me, James, non
puoi. Ho visto come l’espressione di quelle persone cambiava
quando venivano
menzionate le mie origini e credimi, non era curiosità
quella che vedevo sui
loro volti. Tu sei James Alexander Potter,
figlio di Grace e Alexander Potter...
la- la tua è una delle famiglie Purosangue
più antica e rispettata del
Mondo Magico non- non puoi sposare una- una...»
«Se
osi» la
interruppe lui,
gelido, impenetrabile come una spessa lastra di ghiaccio. «Se
soltanto ti azzardi a dire quella parola giuro
che non ti rivolgo
più la parola.»
«BENE!
Renderebbe tutto più semplice! E poi, è quello
che sono, James.
Sono una Mezzosangue e per quanto abbiamo provato a far finta che non
importasse,
in tutti questi anni... »
«PERCHÈ
NON IMPORTA!» l’urlo di James la fece trasalire;
mai lo aveva
visto così arrabbiato in vita sua. «Non
è mai importato e mai importerà.»
«James,
tutte quelle persone...»
«Se
tutte quelle persone hanno qualcosa da dire su questa faccenda
possono andare cordialmente a farsi fottere. Ricordi quando cercavi di
consolare Remus? Quando ruppe con Claire Shadows perché
credeva che se fosse
venuta a conoscenza del suo piccolo problema peloso non gli avrebbe
più rivolto
la parola, ricordi cosa gli hai detto? Che
non importava. Che, e cito testualmente, alle persone
importanti, a tutti
quelli che gli vogliono bene... a loro
non sarebbe mai importato. Allora perché diavolo non riesci
a seguire la stessa
filosofia? A Marlene non importa, a Alice non importa, a Frank non
importa... a
me non importa! Tutti gli altri
possono anche andare a fanculo, per quel che mi riguarda.»
Lily
scoppiò in una fragorosa, sarcastica risata. Niente a che
vedere con
quella vera;di quel suono cristallino che James adorava non
c’era più traccia.
«Non ci arrivi proprio, vero?» chiese lei.
«A
cosa non riesco proprio ad
arrivare? Avanti, Lily, dimmelo.» Il suo tono era talmente
frustrato che Lily
ebbe l’impulso di piombarsi li, tra le sue braccia e affogare
la faccia nel suo
collo. James si allentò la cravatta, si tolse la giacca e
andò a sedersi sul
divanetto; sbuffando, si passò una mano
tra i capelli e poggiò i gomiti sulle ginocchia prendendosi
la testa fra le
mani. Il viso di Lily si addolcì; attraversò la
stanza e si andò a sedere
accanto al ragazzo che amava. Si abbandonò contro lo
schienale e sospirò. Poi
si fece coraggio e, guardando dritto davanti a se, disse:
«Non sono preoccupata
di quello che pensano di me; me ne infischio dell’opinione di
aristocratici
sconosciuti che probabilmente non rivedrò mai più
in vita mia... Il problema
sei tu». James la guardò confuso e lei si
affrettò a spiegare.
«È
questo il punto, quello di cui abbiamo discusso io e tuo padre. E
prima che ti scaldi» il ragazzo, che era stato sul punto di
replicare, richiuse
la bocca «stammi bene a sentire:
non
prendertela con lui. Prima di tutto, so che le sue intenzioni erano le
migliori
del mondo; stava solo cercando di fare quello che riteneva
più giusto. Non ha
mai avuto intenzione di farmi sentire in questo modo, ma ha ragione. Il nostro matrimonio ti
precluderà un sacco di
opportunità, opportunità di carriera e di vita
e...»
«Lily,
questo è assurdo! Non ho mai aspirato a essere chissà chi!
Tutto quello che voglio fare
nella mia vita è combattere e vincere
questa
dannata guerra, cosicché nessun’altro
sia costretto ad avere questa conversazione mai più. Voglio
combattere perché i
miei figli vivano in un mondo dove regna la giustizia e la
parità tra gli
uomini, voglio insegnare ai miei
figli che esiste la giustizia e la parità tra gli uomini...
voglio fare tutto questo
con te al mio fianco.» Pronunciando quest’ultima
frase, James le si inginocchiò
di fronte, così da poterla guardare dritto in quei
meravigliosi occhi verdi di
cui si era follemente innamorato, e prese le sue piccole e delicate
mani nelle
sue. Continuava ad
accarezzarle le
nocche della mano sinistra dolcemente, sfiorando gentilmente il
diamante dell’anello
che le aveva regalato solo qualche mese prima.
Lily
abbassò lo sguardo su quella mano; scene di quella fredda
mattina di
gennaio le inondavano la mente come flash che ogni volta le procuravano
una
fitta dolorosa al cuore. Per un momento- un brevissimo, meraviglioso
momento-
fu sul punto di lasciar perdere e dire a James che le era passato tutto
e che
potevano tornare alla festa. Ma fu solo un momento perché le
parole del signor
Potter riecheggiavano nella sua mente come un’insistente promemoria.
James dovrà rinunciare ad un sacco
di cose...
Dovete essere forti perché non
sarà
facile..
Lui ne risentirà maggiormente...
Ah,
sapeva che tutta quella felicità non poteva durare a lungo;
era
semplicemente troppo bello per essere vero. Avrebbe dovuto
aspettarselo. Con un
forte strattone si liberò della stretta di James e si
alzò in piedi, facendo
indietreggiare di scatto il ragazzo.
«I
- io c-credo di aver bisogno di... di tempo, James» fu un
misero
bisbiglio, ma basto a fargli crollare il mondo addosso. Non poteva dire
sul
serio. No, no, no...
«No!
Lily, che stai dicendo?»
«Sto
dicendo che siamo stati troppo avventati e non abbiamo pensato alle
conseguenze. Io ti amo,James, e lo sai. Dannazione! Dio solo sa quanto
ti amo,
ma ho bisogno di riflettere e di... stare s-sola!» alcune
lacrime sfuggirono al
suo controllo; le bagnarono le guancie e il collo ma lei si
affrettò ad
asciugarle con il dorso della mano.
«E
quindi che hai intenzione di fare? Annullare tutto?» chiese
lui,
frustrato.
«No...
cioè... forse... non lo so, va bene? So solo che in questo
momento
sono molto confusa e che ho bisogno di spazio. Non voglio farti del
male,
giuro, ho- ho solo bisogno di tempo. Ti prego» era una
supplica fatta con voce
tremante e lui non poté far altro che continuare a guardarla
disperato.
Fece per
avvicinarsi a lui, con una mano intenta a sfilare l’anello
dall’anulare sinistro, quando le disse: «Non te lo
togliere, ti prego, non
ancora. Hai detto che hai solo bisogno di tempo per riflettere, bene,
ma
rifletti con quell’anello addosso così
sarò sicuro che tu stia valutando
tutte le opzioni. Lily, ti amo, lo sai.
TI prego, qualunque cosa lui ti abbia detto non è vera e non
è importante. Non fare in modo che
importi.» mormorò
quell’ultima parte. Sembrava sul punto di scoppiare a
piangere anche lui.
«D’accordo.»
fu tutto quello che riuscì a dire lei.
All’improvviso,
lui percorse la distanza che li separava a grandi
falcate, le prese il viso tra le mani e premette forte le sue labbra su
quelle
morbide di lei. Non sapevano quanto fosse durato o chi dei due lo
avesse
interrotto per primo fatto sta che, quando finalmente si separarono,
lui le
disse in un sussurro: «Siamo io e te contro il resto del
mondo. Sempre.»
Quella
fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lily si staccò da
James,
prese la borsetta e corse fuori. Cercò Marlene tra la folla
di persone e, una
volta individuata, si affrettò a raggiungerla
–cercando di farsi notare il meno
possibile per evitare domande. La sua migliore amica stava parlando con
un
ragazzo che non conosceva, ma questo non fermò la rossa dal
trascinarla via.
«Ehi,
ma che... Lily, tesoro, che è successo?» le chiese
quando, una
volta girata nella sua direzione, notò
l’espressione di Lily. Aveva gli occhi
rossi e sembrava sul punto di scoppiare in singhiozzi incontrollati
– anche se
due umide scie su entrambe le guancie le suggerivano che non era
riuscita ad
arginare le lacrime del tutto.
«Non
c’è tempo per spiegare. Ho bisogno che mi porti
via di qui. Ora.
Subito. Adesso.»
«Lily,
mi stai facendo preoccupare... vuoi che chiami James?»
Ma
quella sembrò la cosa più sbagliata da dire: la
ragazza scoppiò in
lacrime e si diresse di corsa verso lo spazioso ingresso della casa,
prontamente
seguita dalla bionda, molto turbata dalla situazione.
«Lils...»
cominciò, ma fu immediatamente interrotta
dall’amica.
«Portami
a casa, Lene. Ho bisogno di uscire di qui. Ti spiego tutto una
volta arrivate, ma ti prego...»
Marlene
la guardò; sapeva che insistere avrebbe solo peggiorato la
situazione e quindi decise che riaccompagnarla a casa fosse la
soluzione
migliore. «Ce la fai a Smaterializzarti?» chiese,
quindi.
La rossa
scosse forte la testa, allora Marlene le si avvicinò e la
prese
sottobraccio. Un bel respiro e poi puff! scomparvero
per riapparire, qualche
istante dopo, nel salotto del loro appartamento.
A quel
punto, Lily non vide più motivo di trattenersi e
crollò. Si
appoggiò al muro e prese a singhiozzare violentemente; le
lacrime scorrevano
veloce sulle sue guancie delicate e lei sembrava non avere
più forze in corpo e
si lasciò scivolare giù, fino a sedersi sul
pavimento. Marlene le fu subito
accanto: la strinse forte, accarezzandole i capelli e cercando di farla
tranquillizzare. Pensò che non era saggio farle domande in
quel momento e
quindi non parlò e attese che quella
figurina
cessasse di tremare tra le sue braccia.
***
Un paio
d’ore dopo, Lily Evans stava rannicchiata con la terza tazza
di
tè verde in grembo. Si era tolta il vestito per indossare un
pantalone largo,
una canotta e una giacca molto larga che era appartenuta a James in
origine.
Soffiò sull’intruglio verde all’interno
della tazza – anche se lo aveva tenuto
in mano così a lungo che ormai era diventato un
tè freddo- e guardò il comodino
alla sua destra. Diede un veloce sguardo all’orologio: le
11:33. Non era
eccessivamente tardi, e aveva promesso a sua mamma che le avrebbe
telefona tose
la festa fosse finita prima della mezzanotte quindi...
Non ci
pensò due volte; prese il ricevitore e compose il numero. Ci
furono cinque squilli e poi:
«Pronto?»
La voce dolce e tranquilla di sua madre le vece venire voglia
di piangere di nuovo. Si era proprio rammollita: la Lily Evans che
conosceva
non avrebbe singhiozzato ininterrottamente per due ore, rannicchiata
sul divano
ne si sarebbe rifiutata di rispondere ai vari Patronus inviati dagli
amici
preoccupati. Se ne era occupata Marlene. Ma, soprattutto, la Lily Evans
che
conosceva non avrebbe voluto stringere forte sua madre e piangere fino
ad
addormentarsi... non lo faceva da quando aveva cinque anni!
Tirò
su col naso: «Ciao, mamma. Scusami per
l’ora.»
«Tesoro!»
esclamò Elaine dall’altro capo del telefono
« non scusarti!
Sono rimasta vicino al telefono per ore, aspettando una tua
telefonata!Allora?
Racconta!»
Non
riuscì più a trattenersi e lasciò
cadere le lacrime; strinse il
ricevitore talmente forte che le si sbiancarono le nocche.
«Mamma...»
la voce s’incrinò.
«Bambina
mia, che succede?»
«So
che tu, nonno e nonna arriverete tutti insieme domani sera, ma... non
c’è proprio verso che tu riesca ad essere qui nel
primo pomeriggio?»
«Lily?»
poteva sentire l’ansia nella voce della donna «
tesoro, mi stai
spaventando... Mi dici che succede?»
La
ragazza si strofinò la fronte con la mano destra; le lacrime continuavano a
sgorgare dagli
occhi: grossi lucciconi cadevano giù, sulle guancie fino al
collo scoperto e
sembravano fare a gara a chi arriva prima.
Inspirando
profondamente: « N-non posso... non posso spiegarti tutto al
telefono. Solo... ho bisogno della mia mamma.» fu un sussurro
flebile, ma la
signora Evans lo udì ugualmente.
«Oh,
tesoro! Credo che ci sia un treno che parte domattina alle dieci, ma
non ne sono sicura. Prometto di essere lì il prima
possibile.» la sentì
armeggiare con qualcosa. Probabilmente stava cercando
l’elenco telefonico per tentare
di trovare il numero della stazione ferroviaria.
«Grazie...Mamma?»
«Si,
tesoro?» domandò dolce Elaine.
«Non
dire niente al nonno e alla nonna, sai...» lasciò
la frase in
sospeso, pregando che sua madre capisse.
«Ma
certo, piccola mia» e Lily riuscì a sentire il
sorriso nella sua
voce.
«Ok,
grazie. Ciao, mamma.»
«Ciao,
tesoro...Oh, e Lily?»
«Si?»
«Non
preoccuparti, cara. Qualunque cosa sia successa, sono sicura che tu
e James ne uscirete; ne avete passate tante, ma siete sempre tornati
più forti
di prima... ricorda che lui è sempre
il
presuntuoso, arrogante, idiota di un Potter!» la
scimmiottò e rise. Anche
Lily rise un poco, tra le lacrime.
«Ti
voglio bene»
«Anch’io
te ne voglio, tesoro»
Riagganciò
e annusò il colletto
della giacca che indossava: l’odore di James era ancora
impregnato nel leggero
cotone dell’indumento e fu impossibile per Lily non scoppiare
a piangere... di nuovo. Si sentiva sola e
malinconica e, in quel
momento, non poteva far altro che sperare che sua mamma avesse ragione
come
sempre.
Ti prego, fa che abbia ragione come sempre.
Angolo
Autrice:
Devo
dire che questa storia mi ha creato non pochi complessi. Basta dire
che è rimasta sul mio computer per oltre un mese e mezzo.
L’idea
originale era quella di creare una raccolta con diversi momenti
che precedono il giorno delle nozze: La Proposta, La Scelta
dell’Abito, La Cena
di Prova e il Grande Giorno. Inutile dire che mi è venuta
l’ispirazione solo
per la penultima di questa e mi sono detta “perché
non pubblichiamo per vedere
cosa ne pensano loro?”
Detto
ciò, sappiate che il vostro parere per me conta molto e ho
bisogno
che voi mi diciate se devo continuare oppure lasciarla così.
Penso di
aver detto tutto...
Un
bacione e aspetto le vostre recensioni J
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