YGO:
tales on
holidays –
Di quando il rettile turbò la
quiete estiva
Tratto
da una storia vera...
no,
non è un film dell’orrore. Semplicemente
è quello
che ha partorito la mia mente contorta, su istigazione di mio fratello,
dopo un
simpatico pomeriggio a tu per tu con un serpente di un metro e venti!
Esattamente quello che ti aspetteresti di trovare sotto il portone di
casa una
volta tornata dalla spiaggia no?
Nessuna
notte buia e tempestosa,
alle spalle o all’orizzonte, assolutamente, anzi, era
mattina, o meglio: primo
pomeriggio e quella torrida giornata di fine Luglio non avrebbe potuto
essere
più luminosa e serena. Molto, molto serena. Già.
O almeno, così sembrava. Ma
partiamo dal principio com’è d’ uopo e
ben giusto.
I
nostri baldi giovani, a suo tempo,
avevano deciso di scampare alla calura estiva affittando un villino a
30 metri
dal mare in un’amena località balneare. Nessun
pazzo che volesse conquistare il
mondo giocando a carte, nessuno spirito vecchio di millenni desideroso
di
vendetta- per quanto millenario infatti, anche il nostro faraone aveva
ormai
acquisito un’indole... che dire: pacifica, da perfetto
vacanziero- e si
godevano una volta tanto in santissima pace le loro vacanze. Tuttavia,
una
minaccia gravava sulle loro teste dalle bizzarre e improbabili
capigliature,
una spada di Damocle di cui erano vagamente a conoscenza: secondo
un’antica
legenda, uno spirito, un mostro, un drago (no, non di Ra), un essere,
anche un
puffo insomma, risiedeva nel lussureggiante giardino di
quell’ameno villino e
si manifestava occasionalmente con sibili, tracce del proprio passaggio
ed
eventuali avvistamenti.
Secondo
le più emerite fonti, il
misterioso essere avrebbe popolato quei luoghi sin dall’anno
precedente,
accontentandosi inizialmente del terreno
brughiera-deserto-sterpaglia-dove-accidenti-è-il-tosaerba-quando-serve
antistante la villa. E di più: il piccolo Mokuba un giorno
lo aveva scorto
strisciare nel prato alla ricerca di una preda! secondo la descrizione
del
frugoletto, il misterioso essere sarebbe stato nientemeno che... un
serpente.
Sì,
nessun ectoplasma, nessun
goblin, nessuna divinità egizia, per quanto Osiris potrebbe
anche avvicinarsi
per somiglianza al detto rettile... solo uno stupido, banalissimo,
innocuo (e a
detta di tutti deludente) serpente. Poco importava che il bambino
avesse
giurato che non era un serpente qualunque, che era enorme, perfido e
carognoso,
viscido e letale, che voleva pietrificarlo con il suo sguardo come fece
a suo
tempo la Gorgone Medusa con i poveracci che le capitarono a tiro prima
che
Perseo si
improvvisasse nel contempo
boia e parrucchiere –e da quando Mokuba era un esperto di
mitologia classica?
Il ragazzino era una sorpresa continua... – no: ormai amici e
familiari più o meno
lontani erano disinteressati:
«Un...serpente»
ripeté scettico e
visibilmente irritato (tipicamente tipico) il nii-sama, alias Seto
Kaiba.
«Sì»
gli occhioni del fratellino
luccicavano speranzosi. E già si immaginava il fratellone in
groppa al suo baldo
destriero, un mirabile cavallo
bianco di purissima razza, vestito in armatura e cotta di maglia mentre
brandiva il suo spadone lucente, il cui riflesso dovuto al sole
annientava i
nemici prima ancora che gli si avventasse contro, mentre si scagliava
contro
l’orrenda bestia immonda che aveva osato attentare, ok forse
non proprio
attentare, “turbare” la vita di suo fratello, del
suo Mokuba. Ahhhhhh...
«Ahhhhhh...»
mormorò estatico il
piccoletto, ormai definitivamente perso nel mondo dei sogni.
Il
maggiore, evidentemente uso a
siffatti comportamenti (aka pippe mentali) si limitò ad
afferrarlo con la
grazia di un elefante obeso per le spalle e scrollarlo violentemente
finché non
ritornò nella terra dei viventi.
«Mokuba?
Mokuba sei fra noi?».
«Ahhh-...eh?
Ah, fratellone,
allora: ucciderai l’orrendo rettile immondo per me? Mi
salverai dalla nuova
minaccia che pende sul mio timido, fragile capo?» Disse il
piccolo, le mani
giunte, lo sguardo da donzella implorante, le lunghe ciglia che
sbattevano
facendo flip-flip.
«Non
se ne parla, ho altro da
fare che pensare a uno stupidissimo rettile. Sbrigatela da solo e se
proprio
vuoi stare tranquillo evita di giocare in giardino».
Ripresosi
in qualche modo da un
trauma di terzo tipo della categoria
mio-fratello-mi-ha-abbandonato-al-mio-triste-destino, il povero Mokuba
aveva
chiesto aiuto al più prode dei prodi. Proprio lui, sua
magnificenza in
pantaloni di pelle, il sommo ex faraone d’Egitto. Ma sembrava
che neppure
l’Egitto gli fosse amico.
«Hai
detto serpente?».
Mokuba
annuì con la testa. Atem
gli mise protettivamente una mano sulla spalla per poi mettersi a
guardare
fisso davanti a sé, lo sguardo perso nel vuoto. Il
più –per poco- basso lo
fissò speranzoso.
«Allora
ucciderai tu il serpente
per me, vero? Certo, l’armatura di Seto ti starà
un po’ grandina...».
«Quale
armatura?».
«Oh,
ecco, l’armatura...naah,
niente. Allora lo ucciderai per me?» occhi speranzosi,
sguardo alla donzella
indifesa...
«No».
«No?».
«No.».
«Perché
no? È forse un piano di
te e nii-sama per liberarvi di me facendomi divorare da un biscione
famelico??»
disse Mokuba al limite dell’esasperazione.
«Sì,
cioè no, no... assolutamente
no». La risata un po’ troppo isterica la diceva
lunga sulle vere intenzioni dei
due ex cugini nei confronti del piccoletto...
«Allora?».
Atem
si schiarì la voce e assunse
un atteggiamento serio e solenne, sguardo fiero e forte, alla faraone
insomma.
«Non
posso».
«Come
sarebbe a dire??» a Mokuba
cominciava a balenare un’ideuzza di chi avrebbe voluto che
fosse davvero
inghiottito dal biscione.
«Vedi
Mokuba, essere un faraone
non è affatto facile: ci sono regole da seguire, dei da
adorare, donzelle da
salvare, regole da seguire, Zork da annientare, regole da seguire... ho
già
menzionato le regole da seguire?»
«Quattro
volte in ventisette
parole per una media di una volta ogni 6,75 paro-» si
fermò dandosi una sonora
manata sulla testa mentre il suo piede percosse il suolo con una
violenza tale
da scandalizzare le povere formichine sottostanti, Atem le
guardò pieno di pena
nel vederle scappare via in fretta e furia.
«Maledetto
nii-sama e la sua
matematica contagiosa! Tornando a noi: ma cosa accidenti
c’entra l’essere
faraone e le regole da seguire con uno stupido serpente? Oltretutto tu
non sei
più faraone da oltre tremila anni!!» ok, ora
Mokuba era davvero un filino irritato...un
bel po’ più di un filino: era maledettamente
seccato!
«Mokuba,
Mokuba, giovane, piccolo
Mokuba...» suddetto piccolo Mokuba fissava in modo truce il
faraone, un tic
all’occhio destro quasi a dire: pronuncia un’altra
volta il mio nome e vedrai
dove il piccolo Mokuba te lo ficca il puzzle del millennio.
Atem
sembrò non notarlo.
«La
carica di faraone è onerosa e
onorevole al contempo e non cade in prescrizione, diversamentedaiprocessidelXXIsecolo,
a prescindere dal numero di millenni passati, secolo più,
secolo meno... e in
quanto tale essa mi impone ancor oggi
di
rispettare le regole e il volere degli dei e dei miei illustri
antenati...».
Per quanto stesse palesemente parlando a vanvera, Mokuba dovette
convenire che
la posa del ragazzo era quanto mai solenne e statuaria: pugno levato
perso
l’alto, voce baritonale e potente, sguardo colmo di
abnegazione... quand’è che
avrebbe capito che non stava arringando all’immensa folla dei
suoi sudditi ma
uno, un solo, povero ragazzino allo stremo della sopportazione? E
intanto Atem
continuava.
«Mai
e poi mai calpesterò una
vita innocente –a meno che osi toccare il dolce Aibo- mai e
poi mai potrei
togliere la vita al nobile rettile incarnazione della dea
Wadjet..».
Evitando
di rammentargli, a
proposito delle anime innocenti, degli Yami no game e della serie zero,
Mokuba
ribattè.
«E se invece fosse
l’incarnazione di
Apophis?».
«Allora
non potremmo vincere e
sarebbe inutile combattere» frase pronunciata con voce molto
meno baritonale e
con la rapidità del
famoso neutrino più
veloce della luce.
«Ma
tanto non lo faresti lo
stesso! Cavolo Atem, non è un cobra, siamo in Giappone non
in Egitto! Sarà al
massimo... una vipera».
«Dobbiamo
sincerarcene...» gli
occhi dell’ex faraone erano ora ridotti a fessure, una mano
sul mento in
atteggiamento pensoso, poi fissò Mokuba spalancando gli
occhi.
«TU!».
«Io?»
sussultò quello.
«Ti
nomino sentinella di questa
verdeggiante, bucolica contrada: avvertirai il tuo faraone al minimo
movimento
di foglie sospetto, farai snake-watching finché non
appurerai che il serpente
in questione non è un cobra e solo allora
deciderò il da farsi. È tutto. Così
sia scritto e così sia fatto!» E se ne
andò lieto di averla scampata,
ringraziando qualche ignoto maestro di retorica dei suoi tempi per
avergli insegnato
l’eloquenza.
Mokuba
non poté esimersi dal
face-palmare: era da capo a dodici, anzi peggio.
In
sunto, nonostante tentativi,
preghiere e suppliche lacrimevoli più o meno a tutti, il
piccolo Mokuba non
trovò nessun altro disposto a cacciare il serpente dal
giardino e quindi si
attenne al saggio consiglio del nii-sama: non giocare in giardino.
Passarono
le settimane, i mesi,
le stagio- no, proprio no, passarono DUE giorni e la vita
nell’allegro villino
sembrò ricominciare a scorrere con la consueta armonia e
placidità, per quanto
possibile ricordando con CHI abbiamo a che fare.
Sennonché
detta sovra citata
mattina-primo-pomeriggio-che-sia rovente e serena di fine luglio, si
rivelò non
essere proprio serena.
Quella
mattina i nostri si erano
recati in spiaggia come al solito e dopo le consuete sessioni di lotta
per
l’ombra sotto l’ombrellone, salvataggi agli Aibo
che correvano il rischio di
ustionarsi, bagni e ammolli vari in acqua, salvataggi agli Aibo che
rischiavano
di affogare, partite di pallavolo, salvataggi agli Aibo che rischiavano
di
essere uccisi dalle pallonate, e numerosi altri salvataggi di vari ed
eventuali
Aibo (ogniriferimentoafattiopersoneèpuramentecasuale)
l’allegra combriccola
decise di rincasare per darsi alle gioie del desco o, in parole povere:
andare
a mangiare perché all’una e tredici non ci
vedevano più dalla fame! (no, le
Fiesta le aveva finite tutte Jono, con un certo disappunto della
comitiva,
subito esternato da un simpatico gancio destro dall’amico
Honda).
Tuttavia
Anzu e Yugi preferirono
rimanere ancora un po’. La prima infatti era a dieta e non
voleva farsi tentare
dal cibo, il secondo beh, un po’ per fare compagnia ad Anzu,
un po’ perché i
pericoli più grandi sembravano passati e forse poteva
godersi qualche minuto di
mare senza correre il rischio di rimetterci le penne. Il Mou Hitori no
Boku del
suddetto Aibo non era proprio entusiasta all’idea di
lasciarlo lì, fra mille
pericoli, e alla fine decise che il suo posto era accanto al suo Yugi,
anche
nell’insopportabile afa che tira all’ora di pranzo
in spiaggia: era pronto a
tutto pur di proteggerlo! E così i due si appoliparono
amorevolmente
sull’asciugamano, davanti all’ultimo gioco dei
Pokemon per l’ultimissimo
modello di 3DSxl, ignorando
il commento
cinico-sadico di Kaiba, qualcosa come: “Ma vivono in
simbiosi?”
Il
resto della truppa
semplicemente tornò al villino e dopo la doccia, animata
dalle classiche risse
del c’ero-prima-io-fatti-da-parte o del
chi-è-il-figlio-di-kuriboh-che-ha-finito-lo-sciampoo/acqua-calda,
e dopo un
lauto pasto, si dedicò all’ inattività
e al relax più totali.
Dopo
un paio d’ore Anzu, Yugi e
Atem decisero di prendere la via del ritorno: del resto il sole ormai
era così
forte che perfino
l’ex faraone,
nonostante il bronzeo colorito, rischiava di diventare rosso pomodoro o
rosso
Yuya. Anzu dal canto suo era ormai già irrimediabilmente
scottata. Oltretutto i
due gemelli diversi-ma-non-troppo avevano finito il loro videogame e
l’espansione era in camera loro, dovevano tornare per forza:
Yugi rischiava una
crisi da astinenza da giochi e il suo Mou Hitori no Boku non poteva
permetterlo!
Raccolte
asciugamani, borse e
borsoni, i tre, gambe in spalla, tornarono a casa alla cappuccetto
rosso, rosso
come le spalle di Anzu che aveva finito la crema solare parecchie ore
prima. La
ragazza guidava il gruppetto, seguivano qualche metro dietro Yugi e, a
brevissima distanza da quest’ultimo, Atem, che lo teneva per
mano e si guardava
intorno circospetto, pronto a balzare sull’attenti al minimo
segnale di
pericolo. A Yugi, per la prima volta nella giornata, sembrò
finalmente che il
suo Mou Hitori no Boku prendesse un po’ troppo seriamente il
suo compito di
eroe a guardia della donzella indifesa. Così si
fermò un attimo per rivolgergli
due parole...
«Aibo
che c’è, perché ti sei
fermato? Qualcosa non va?».
«No,
no, assolutamente» si
affrettò a rispondere.
Atem
lo fissava preoccupato,
quasi angosciato e Yugi non poté fare a meno di trovarlo
adorabile con quella
sua aria sempre sull’attenti...com’era bello che
qualcuno si prendesse cura di
lui in quel modo, pazienza se perquisiva la sua stanza ogni sera prima
che
andasse a dormire, alla ricerca di eventuali mostri negli armadi o
sotto il
letto, pazienza che gli impedisse di prendere i mezzi per paura di
dirottamenti
(sì, succede anche con gli autobus: attenti!) o che non lo
lasciasse solo
praticamente mai, neppure quando si lavava i denti. No, era
così adorabile,
così bello...
«Yugi?»
La mano abbronzata
dell’ex faraone faceva su e giù davanti al viso
del piccolo dalla testa a
porcospino (anzi a riccio di mare visto che siamo in tema) i suoi occhi
erano
persi in quelli di Atem, sognanti e definitivamente partiti per Mou
Hitori no
Boku-land.
«Eh?
Che stavamo facendo?» Yugi
sembrò risvegliarsi. Cos’è che stava
per dire...? C’entrava con la profonda
dedizione che il faraone metteva nel proteggerlo dalle insidie della
vita di
tutti i giorni... era in bene o in male però?
No,
non poteva essere che in
bene.
Sorrise
dolcemente, come solo un
Aibo di un metro e cinquanta sa fare, mentre erano ormai a pochi metri
da casa:
«Grazie per starmi sempre vicino».
Prima
che il ragazzo potesse
rispondere qualcosa di troppo smielato da poter essere scritto senza
che alle
fan girl di puzzle e blindshipping venga un collasso emotivo, un urlo
lacerante
squarciò l’aria. Un suono stridulo, permeato di
panico e terrore infranse la
pace e il silenzio di quegli ameni luoghi. Il vento cessò di
soffiare, le
cicale di cantare, Jono di fischiare e Seto di urlargli di smetterla.
Poi una
figura dai capelli marroni tagliati fino alle spalle, gli occhi blu
oceano e le
spalle violacee saettò a una velocità da far
invidia a Bolt lungo il vialetto,
accucciandosi dietro le spalle di Atem (peraltro già
occupate da Yugi che
all’udire lo strillo si era nascosto tremante come il
fuscello che era).
Anzu
cercava disperatamente di
bofonchiare qualcosa ma tutto ciò che i due ragazzi dai
capelli a stella furono
in grado di capire fu: “lì,
lì”.
Ora,
Anzu non parlava cinese
quindi stava cercando di attirare la loro attenzione verso un punto
preciso,
fortunatamente aiutandosi con il dito indice, altrimenti la
localizzazione
sarebbe risultata ben più ostica.
Il
“lì, lì” si rivelò
essere il
cancello del villino dove la ragazza aveva aperto appena appena la
porta con
l’intenzione di entrare, prima che qualcosa le facesse
cambiare idea e correre
via. Atem fissò il punto con attenzione, braccia incrociate
e occhi a fessura:
cosa aveva visto Anzu di così terribile? Forse Honda uscire
dalla doccia? Ma
no, la doccia era dall’altra parte del giardino, impossibile
vederla dalla
strada. Vediamo, era un normale cancello di metallo: campanello,
maniglia,
vernice scrostata, buca per le lettere, spire di serpente che
strisciava nello
spazio fra il cancello e il terreno... Mmmh, com’è
che quest’ultima cosa non
gli suonava proprio bene?
«ATEM,
C’È UN SERPENTE IN
CASAAA!!!!» Urlò isterico l’Aibo prima
di correre via insieme ad Anzu, con
tutta l’intenzione di tornare in spiaggia o meglio ancora
partire per la
Patagonia.
Ah,
ecco dov’era il problema, eh,
come avrebbe fatto senza Yugi...meno male che era sempre pronto ad
aiutarlo.
L’ex faraone afferrò per la collottola Anzu e Aibo
prima che se la dessero
definitivamente a gambe e li mise a sedere davanti a lui. Si
chinò e
gesticolando con l’indice parlò loro come a due
bambini spauriti, non che ci
fosse poi tutta questa differenza...
«Ora
state calmi» I due annuirono
con la testa.
«Smettete
di tremare» Altro sì
con la testa.
«E
Yugi, smettila di mangiarti le
unghie».
«Devo
proprio Mou Hitori no Boku?
Sai che mi fa stare meglio». Atem alzò gli occhi
al cielo per un istante.
«Ok,
ok. Ora tranquilli: ho un
piano per rapportarci con il rettile».
«Lo
spedisci nel regno delle
ombre?» chiese Anzu speranzosa.
«Lo
Mind-crushi?» fece Yugi
trepidante.
«Eh?
No, no, risolveremo questa
cosa pacificamente: io e Mokuba abbiamo ideato un piano
l’altro ieri. Consta di
due fasi. La prima è: accertarsi che il serpente in
questione non sia un cobra.
Non voglio che abbiamo sulla coscienza la dea Wadjet».
Yugi
e Anzu finsero di capire,
quasi del tutto a digiuno di mitologia egizia com’erano,
tanto il rettile non
era sicuramente un cobra: erano in Giappone, per l’amor di Ra!
«Va
bene, e la seconda parte del
piano?» chiesero all’unisono i due.
«La
seconda parte può essere
riassunta in una frase semplice e concisa:
«CI
SERVE UN PIANO!»
E
si accucciò con loro chiedendo
a Yugi di prestargli qualche unghia da smangiucchiare.
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Anzu
sembrò riacquistare il lume
dell’intelletto per un attimo. Con un colpo preciso e rapido
scansò la mano
unghiuta che Yugi stava porgendo al faraone e sbottò.
«Come
sarebbe “ci serve un
piano”?? Dov’è finito il
prode re senza macchia e senza paura che ha sconfitto i mostri di mezzo
mondo?
Non mi dirai mica che hai paura di un serpente??».
Atem
sembrò punto nell’ (enorme)
orgoglio e anche nel vivo, la ragazza aveva frainteso.
«Come
sarebbe a dire che ho paura
di un serpente?? Ma lo sai con chi hai a che fare?»
scansò anche lui la mano
che Yugi gli stava generosamente porgendo per fargli rosicchiare
qualche unghia
(povero Yugi) e scattò in piedi.
«La
mia non è paura bensì
prudenza. E
poi mi piacciono le unghie di Yugi... comunque, prima
dobbiamo sincerarci
della specie del suddetto retti-».
Un
altro urlo, stavolta
proveniente dal villino e un po’ meno stridulo,
lacerò il semi-silenzio.
«UNA
BISCIA, C’È UNA BISCIA IN
CASAA!!
«QUALCUNO
PRENDA I FORCONI, LE
TORCE, GLI ESTINTORI, LE BOMBE H, I DECK, I...» poi la voce
impazzita tacque,
così come il suo proprietario, il biondo Jono-Uchi, ridotto
al silenzio
(temporaneo eh) da un colpo ben assestato sul capo da Seto Kaiba.
«Piantala
Bonkotsu, è solo uno
stupido rettile».
Mentre
la tragedia si consumava
all’interno delle quattro mura del villino (e soprattutto del
verdeggiante
giardino) e un tale frugoletto dai lunghi e cespugliosi capelli neri
improvvisava la prossima hit dell’estate (la celebre
“te l’avevo detto, etto,
etto e tu non mi hai creduto, uto, uto”), al di là
del cancello stava per
cominciare l’azione.
«Una
biscia!» Esclamò il faraone.
«Sì,
una biscia» Fece eco Yugi.
«Proprio...
cos’è una biscia?»
domandò Anzu, le occhiate gelide che le rivolsero subito
dopo i due compagni le
fecero buttare la frase in uno “scherzavo,
scherzavo”. Appurato così che il
rettile in questione non era un nobile cobra e dunque
l’incarnazione di nessun
dio passato, presente o futuro -e l’anima del faraone ne era
mooolto sollevata-
ma un’innocuo serpentello di palude neanche capace di sputare
veleno, detto
faraone riprese la parola e le redini della situazione.
«Uomini...
soldati... no, ok:
tappetto e ragazzina» Sì, appellativi
senz’altro più calzanti. Tappetto e
Ragazzina lo fissavano sull’attenti, sentendosi dei perfetti
marines.
«Ora
faremo irruzione, anzi, farò irruzione,
voi statemi dietro.
Yugi: tu alla mia destra, Anzu, tu alla mia sinistra. Mantenete le
righe
qualunque cosa accada o farete rapporto! Non avvicinatevi troppo al
rettile,
aspettate un mio ordine preciso prima di agire in modo spericolato e
stupido.
Aibo, non ti preoccupare: io ti proteggerò!»
l’Aibo aveva di nuovo lo sguardo
sognante, perso in Mou Hitori no Boku-land. Anzu era ancora troppo
emotivamente
scossa per assumere una bella faccia da triglia con gli occhi luccicosi
e persi
in quelli dell’ex faraone, il risultato fu una faccia da
sogliola, comunque
abbastanza per far alzare gli occhi al cielo al diretto interessato: ma
perché
ogni volta che assumeva il tono imperioso e protettivo andava a finire
così?
Schioccò le dita sotto il naso di entrambi, i due si
ridestarono ed esclamarono
all’unisono scattando sull’attenti:
«Sissignore
signor belloccio!» .
«Eh?».
«Cioè...sissignore
signor
capitano... generale... faraone...quello che è!»
Di nuovo in coro.
Atem
scosse la testa rassegnato.
«Seguitemi».
I
tre si disposero nella
formazione sovra citata e si avvicinarono con passo marziale al
cancello
incriminato. Nessuna traccia delle spire della biscia sotto la porta,
beh, dopo
tutto quel baccano sicuramente era scappata via. Visibilmente deluso da
tutto
quel marziale eroismo e belle parole andate in fumo, Atem
aprì ed entrò nel
giardino, Anzu e Aibo seguivano a ruota. Lo spettacolo che si
parò dinanzi ai
loro occhi fu assolutamente da caduta di mascella.
In
primo piano, il piccolo Mokuba
si esibiva in una discendente della danza della pioggia, saltellando in
circolo
intorno al gruppetto dei ragazzi già in casa, con un ghigno
nevrotico sulle
labbra e la bava alla bocca -che avesse contratto l’isteria?-
e mentre
zompettava agitando freneticamente le mani cantava incessantemente la
sovra
citata hit: “te l’avevo detto, etto, etto e tu non
mi hai creduto, uto, uto”.
Al
centro del cortile, circondati
dalla danza folle del pargolo, stavano quasi tutti gli altri.
Jono-Uchi
aveva in pugno una sedia e la brandiva come un’arma, ma in
realtà gli serviva più che altro per salirci
sopra in caso il rettile si fosse
avvicinato troppo. Honda aveva afferrato un tubo per innaffiare e
tentava di
annientare la biscia a colpi di H2O, ignorando
completamente i
commenti taglienti di un Seto Kaiba a braccia conserte che continuava a
ripetere che “quell’idiota di Honda” non
stava colpendo l’animale con
dell’acido muriatico ma con della stupidissima, inutilissima
acqua, che ai
serpenti non gli faceva un baffo! Yami Bakura sembrava piuttosto
divertito
dalla scena e scuotendo la testa bofonchiava qualcosa come
“Diabound se lo
sarebbe mangiato a colazione questo vermiciattolo ” .
Al
centro dei quattro la biscia.
Circondata dalla folla dei nostri eroi, che avevano la situazione
perfettamente
sotto controllo, essa continuava ad attorcigliarsi e divincolarsi come
solo un
serpente professionista sa fare, tentando disperatamente di non
diventare più
sorda di quanto già fosse a causa delle urla. Probabilmente
non aveva neanche
intenzione di scappare: la vista di quei quattro poveracci in crisi
isterica
doveva essere davvero esilarante.
Lontano
dal fulcro della lotta
stavano il nonno Sugorouku e Ryou Bakura, l’uno adagiato sul
divano più morto
che vivo, in preda certamente a un attacco cardiaco, e
l’altro che provava a
rianimarlo con sonori ceffoni: del resto il povero Ryou sembrava con un
piede e
mezzo dall’altra parte e vantava un colorito opalescente,
neanche fosse stato
lavato con la candeggina. Fortuna per lui che con tutte le spedizioni
in Egitto
il signor Mutou ci aveva fatto il callo con aracnidi e rettili vari (e
lì sì
che le incarnazioni della dea Wadjet abbondavano).
Infine
per completare il
triangolo in modo simmetrico e preciso (perché ehi, anche
l’occhio vuole la sua
parte) il gruppetto di egiziani composto dai fratelli Ishtar, Isis e
Malik, e
dalla controparte diabolica di quest’ultimo. La fissa di tale
controparte
(quasi un disturbo ossessivo–compulsivo) per i draghi alati,
in particolar modo
di Ra, era ben nota a tutti, ma un simile atteggiamento
riuscì comunque ad
allibire Atem, Anzu e Yugi.
Yami
Malik infatti aveva le
braccia levate verso il cielo, così alte da superare perfino
i suoi capelli –
con tutta probabilità dotati di vita propria-
e ghignando da perfetto maniaco, pazzoide, scimunito che
era, stava
pronunciando l’antica formula in ieratico per risvegliare il
drago alato di
detto dio sole Ra, cosa alquanto difficile visto che ogni tre parole la
risata
isterico-malvagia si impossessava di lui bloccandolo sul più
bello. Il giovane
Malik era intento a dargli ripetutamente e con violenza la barra del
millennio
sul capo, nella vana speranza di farlo smettere, e Isis si limitava a
scuotere
la testa ripetendo al povero esaltato che si affannava inutilmente,
perché non
era “destino” che le divinità
risorgessero ancora.
Ma
torniamo ai nostri tre prodi
che avevano appena varcato la soglia di casa.
Anzu
era visibilmente scioccata,
gli occhi quasi fuori dalle orbite, ma bastò che scorgesse
la biscia in mezzo a
tutto quel marasma perché tornasse fra i vivi e scappasse a
gambe levate prima
di collassare vicino a Ryou. Il nonno dovette darsi da fare per
rianimare anche
lei.
Atem
avrebbe voluto gridarle
qualcosa come “è così che rispetti i
miei ordini soldato? Dovrai fare rapporto
per questo” ma per il momento la sua priorità era
il piccolo Aibo. Fulmineo il
nostro faraone, non appena ebbe aperto il cancello e visto cosa stava
succedendo, aveva infatti coperto gli occhi di Yugi con le sue mani
perché non
fosse emotivamente e psicologicamente turbato dalla scena, e
prendendolo per
mano si era diretto a grandi falcate verso il trio di egiziani,
visibilmente
irritato.
Giunto
sul posto, mentre Isis si
prodigava in saluti e salamelecchi, l’ex faraone si
limitò semplicemente ad
afferrare la barra del millennio che Malik brandiva a mo’ di
mazza ferrata e
mostrando al ragazzo il suo corretto utilizzo la scaraventò
sulla testa di Yami
Malik con un sonoro STONCK! facendo appello a tutta la forza dello
spirito
dell’ antico faraone notevolmente incazzato e terribilmente
potente che era.
Poi con voce stentorea e se possibile ancora più inc-
arrabbiata tuonò:
«CHE
ACCIDENTI STAI FACENDO IDIOTA??»
Lo
psicopatico smise finalmente
la sua nenia e si massaggiò il cranio dolorante. Poi
fissò il faraone.
«Cos’è,
hai bisogno che ti faccia
un disegno per caso? Sto risvegliando il grande Drago Alato di
Ra!»
«Questo
l’ho capito babbeo, mi
chiedo come cavolo ti sia venuto in mente? Che c’entra con il
rettile che
abbiamo in casa??» Ribatté Atem indicando con il
dito la biscia alle sue
spalle, a pochi metri dal gruppetto.
«Piano
con gli insulti, io cerco
solo di rendermi utile.
«Si
tratta di una mia geniale
intuizione...» Sogghignò lo psicopatico,
fregandosi le mani con sguardo alla
complotto perfido. Atem si limitò a roteare gli occhi.
«E
sentiamo, quale sarebbe questa
geniale intuizione?» Chiese scettico e visibilmente seccato.
«Il
nostro nemico è un serpente
no? E il drago alato è un uccello no?» Yugi, Isis,
Atem e Malik annuirono con
la testa, chissà dove voleva andare a parare quello
svalvolato...
«Beh,
è risaputo che i grandi
volatili si nutrono anche di rettili, se noi-» Ma non
finì la frase perché la
barra del millennio, ancora saldamente in mano all’ex
faraone, gli rovinò
nuovamente e violentemente sul cranio.
«Materia
grigia minore di zero!
Che cavolo stai dicendo? Tu avresti scomodato l’incarnazione
del dio Ra perché
si mangiasse uno stupido serpentello?? Ma sai quanto gliene frega alle
divinità
egizie delle bisce che abbiamo in casa?» Fortunatamente il
faraone la finì qui
perché Yugi afferrò il braccio del suo Mou Hitori
no Boku in tempo,
impedendogli di avventarsi su Yami Malik e strangolarlo.
«Mou
Hitori no Boku, ora basta
per favore. Non mi piace quando diventi così
violento» lo ammonì pacatamente.
Alla vista degli occhioni viola da cucciolo di Yugi tutta
l’aggressività e la
rabbia di Atem scivolarono via.
«Scusami
Aibo, ho trasceso» disse
rivolto a Yugi a capo chino, per quanto l’oggetto delle sue
scuse non fosse il
tappetto, e restituì la barra al legittimo proprietario. Poi
si girò verso il
resto della comitiva e si accorse che i suoi amici avevano abbandonato
la
piazza d’armi, evidentemente impotenti di fronte a cotanta
biscia, e adesso il
cortile era deserto. Durante il suo scatto d’ira non se
n’era reso conto, così
come non si era reso conto che il rettile, ormai non più
ostacolato da tutta
quella gente che smaniava non avendo la più pallida idea di
cosa fare, si era
pericolosamente avvicinato a loro cinque, e dunque anche al suo
prezioso Aibo.
Ancora
con i postumi da marine,
il faraone esclamò:
«Tutti al riparo
soldati!» e diede il buon esempio
trascinandosi verso casa con il suo Mou Hitori no Ore, seguito a ruota
dagli
Ishtar, Yami Malik compreso.
Tuttavia
la porta era stata
barricata con triplo catenaccio e filo spinato dagli altri nostri eroi,
quelli
che dopo un po’ se l’erano data a gambe
rintanandosi nel villino. Atem si
accanì contro l’uscio che tuttavia non accennava a
scardinarsi neanche a suon
di pugni.
«Fateci
entrare! Fateci entrare
o...»
«O
cosa, faraone dei poveri?»
fece una voce roca da dietro la porta.
Il
faraone sentiva che stava per
trascendere di nuovo, tutta la sua filosofia da pacifico vacanziero
era, come
dire, andata in vacanza anche lei.
«O
ti prometto che dovranno
inventare una nuova parola per descrivere
quello che ti farò passare nel più
brutto quarto d’ora delle tue due
inutili vite Bakura! Aprite questa maledettissima porta, è
pericoloso per Aibo
stare qua fuori!».
Se
avesse potuto guardare al di
là dello spioncino, Atem avrebbe visto Bakura alzare gli
occhi al cielo e
mormorare insulti e imprecazioni come
“sbruffone”,” violento come
sempre”, “e
chi glielo tocca il suo Aibo...” e via dicendo. Grazie al
cielo la vista a
raggi X non era nei poteri dell’antico sovrano, non ancora
perlomeno... ma ci
stava lavorando. Jono-Uchi spintonò via l’antico
spirito.
«Fatti
in là Bianchino, non vorrai mica lasciarli lì
fuori?» e aprì
l’uscio quel tanto che bastava a far entrare i cinque alla
velocità della luce
mentre Bakura pensava a qualcosa di sufficientemente malvagio e crudele
da fare
a Jono per aver osato chiamarlo Bianchino: non era mica Ryou lui!
Stravaccati
sul pavimento
dell’ingresso intanto, i ragazzi appena entrati riprendevano
fiato. Con (poco)
piacere Bakura notò che c’erano tutti, ancora vivi
e vegeti e in perfetta
salute, attacchi di cuore a parte.
Undici
minuti più tardi, nello
scantinato del villino, il generale Atem teneva consiglio di guerra
alla luce
delle candele (dopo aver soppresso Yami Malik che con
un’altra geniale
intuizione aveva proposto di farle accendere al Drago Alato). I nostri
sedevano
a un tavolo rettangolare, il faraone in piedi a una delle
estremità con una
bacchetta (o era un frustino? era buio, non si capiva bene) in mano e
il fedele
Aibo alle sue spalle, che brandiva un Uniposca, pronto ad annotare
qualunque
cosa sulla lavagnetta appesa al muro. Ai lati del tavolo in
qualità di
ufficiali stavano Seto, Jono, Honda, Malik, Bakura e Isis. Relegati in
infermeria invece il nonno, in qualità di dottore, Anzu,
Ryou, Mokuba e Yami
Malik in qualità di pazienti: il bilancio finale era due
arresti cardiaci, un
esaurimento nervoso e un caso di fratture multiple, contusioni e coma
profondo.
L’ex
faraone prese la parola.
«Soldati...».
Malik
borbottò alzando gli occhi
al cielo.
«Ma
allora è una fissazione»
Subito una bacchettata sulla mano lo azzittì.
«Silenzio,
non tollero repliche nel
mio reggimento». Tutti si
astennero
da altri commenti, non era giornata per Atem, meglio non provocarlo
ulteriormente.
«Aibo,
prendi nota. Punto uno: ci
serve un piano».
Yugi
avrebbe voluto fargli notare
che l’aveva già detto poc’anzi, ma si
astenne.
«Sissignore»
e cominciò a
scribacchiare: “punto...1..”
«Allora,
qualcuno ha delle idee?»
chiese il comandante. Dall’infermeria si udì una
voce:
«Io,
io».
Il
faraone ruggì alzando la voce.
«Qualcuno
che non sia uno
psicopatico babbeo e che farebbe meglio a restarsene in coma!»
Divertito,
Bakura rivolse
sadicamente la parola ad Atem.
«Brutta giornata
eh? Dormito male stanotte?».
«Ah,
non me ne parlare...
figurati che-».
Seto
li interruppe seccato.
«Ma
prego, non è che gradireste
anche del tè, due biscotti ... fate pure
se volete fare
salotto... ma fuori di qui! Cavolo,
bel generale vi siete scelti...».
«Ahem».
Tossicchiò il generale in
questione tornando sull’attenti.
«Come
stavo dicendo: qualcuno ha
un piano, un pensierino, uno straccio di idea ?» E Yugi che
continuava a
scrivere esclamò.
«Potreste
parlare più lentamente?
Sono ancora a “due biscotti”! Seto
cos’è che hai detto dopo?» Il maggiore
dei
fratelli Kaiba non poté che face-palmare per lo sconforto:
“ma dove sono
capitato?” si chiedeva scuotendo la testa.
Dopo
una serie di ore passate a
discutere e ponderare le varie... ok, poche proposte avanzate dal
gruppo, i
nostri si ritrovarono a dover decidere fra i seguenti piani da adottare
contro
la biscia:
a)
Affogare
la bestiaccia a colpi di tubo per innaffiare (Honda ci aveva preso
gusto ormai)
b)
Usare
enormi coltelli, affilati e pericolosi, per sviscerarla, farla a pezzi,
sventrarla, scannarla, insomma farle fare una brutta e sanguinosa fine
“divertendosi un po’ ” (inutile dire di
che era l’idea...sì, il pazzo con i
capelli bianchi e la cicatrice sotto l’occhio, e Yami Malik
laggiù in
infermeria appoggiava in pieno, ma pretendeva si utilizzasse anche la
sua barra
millenaria)
c)
Prendere
l’immane tomo delle pagine gialle, cercare uno specialista in
disinfestazione da
rettili, chiamarlo e scaricargli la patata bollente, o in alternativa
sbattere
il tomo sulla testa dell’animale (il piano perfettamente
logico e sensato di
Seto però ebbe poco successo, insomma, loro erano gli eroi
di Yu Gi Oh: ci
voleva più azione!)
d)
Attirare
il serpente in una trappola, una buca, un qualcosa qualsiasi e inumarlo
senza
tante pretese, facendogli fare la fine del topo nonostante non fosse un
mammifero (si sa che gli Ishtar hanno una sorta di deformazione
professionale
per il macabro e le tombe)
Quest’ultimo
piano sembrava il
migliore anche ad Atem, che già si immaginava un bel
sepolcro
piramido-faraonico da consacrare alla dea Wadjet, e poi sanno tutti che
gli
egiziani hanno un debole per le tombe. Yugi era visibilmente turbato da
tutto
ciò: parlare della morte del rettile, di coltelli, di tubi
da affogamento,
pesanti e noiosissime pagine gialle e di questo interesse morboso del
suo Mou
Hitori no Boku per l’aldilà... forse avrebbe
dovuto fare un salto anche lui in
infermeria più tardi, sì, aveva
senz’altro bisogno di tranquillanti, lui e
soprattutto il faraone.
Le
proposte vennero messe ai voti
e i punti assegnati secondo il seguente criterio:
il
voto di Atem valeva per tre,
perché era il faraone, il generale e il re dei giochi, e
ringraziate che si era
fermato a tre.
Il
voto di Seto valeva due,
perché era il presidente della Kaiba Co. e
l’eterno secondo, e a parere del
faraone “il due gli si addiceva”.
Il
voto di Bakura, sia re dei
ladri che predatore di tombe, valeva due ugualmente.
Isis
e Malik ottennero un voto da
un punto ciascuno, perché era già tanto se non
avevano fatto la fine di Yami
Malik.
Jono
e Honda, bistrattati da
Seto, Bakura e gli Ishtar ottennero anche loro un voto da uno, ma
diviso in
due, ossia 0,5 ciascuno.
Yugi
preferì astenersi sebbene
Atem avrebbe voluto dargli il privilegio del diritto di veto.
Al
termine della votazione i
risultati furono:
piano
a: un punto
piano
b: due punti
piano
c: due punti
piano
d: cinque punti
Dopo
i consueti borbottamenti di
Seto, imprecazioni di Bakura, congratulazioni fra Aibo e Mou Hitori no
Boku
vari, senza dimenticare le difficoltà nel contare i voti che
avevano dovuto
affrontare i poveri Jono e Honda, gli Ishtar vincitori presero la
parola.
«E
adesso come ci organizziamo?»
chiesero all’unisono.
Gli
occhi di tutti, che fossero
scettici, colmi di odio o meno, non importa, si rivolsero al generale.
Atem,
abituato a stare sempre al centro dell’attenzione non si
scompose più di tanto
e ancora appolipato ad Aibo rispose fra gli sguardi scioccati di tutti.
«Ci
servono delle tute
mimetiche!»
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Le
abilità grafiche di Yugi
permisero al generale Atem di illustrare il suo piano alle truppe,
infermeria
compresa. Sulla lavagnetta, fra qualche appunto in geroglifico e
giapponese e
parecchi omini dell’impiccato, era disegnato il serpente, con
tanto di freccia
a indicarlo (se qualcuno avesse avuto dei dubbi) e in basso
c’erano altri omini
con capigliature assurde che tenevano in mano delle lance: il tutto
ricordava
molto i dipinti rupestri di Altamura.
Atem
si dava da fare con la
bacchetta indicando freneticamente prima uno poi l’altro
omino, che ovviamente
rappresentavano i nostri eroi, accanendosi in particolar modo sulla
figurina di
Yami Malik, quasi volesse colpire la sua persona semplicemente
percuotendo il
disegno che lo rappresentava (forse il faraone avrebbe dovuto erudirsi
un po’
di più sulle pratiche vudù) e intanto parlava.
«Per
chi era assente, riassumerò
brevemente il piano. Lo scopo è far fare alla biscia la fine
del topo!»
«Ma
non è un rettile?» Intervenne
incautamente Ryou. Sguardi gelidi lo rimisero a tacere.
«Per
fare questo però ci
divideremo in tre squadre, la accerchieremo e la spingeremo in un
angolino in
cui avremo già predisposto una trappola: una buca, un fosso,
un sacco, insomma
qualcosa per chiudercela dentro. Dopodiché costruiremo una
magnifica tomba
piramidale, rivestita di ossidiana nera e bordata d’oro,
circondata da
monumentali e solenni colonne di pietra piene di geroglifici alte due
metri e
la lasceremo lì, senza neanche mummificarla
perché non c’è tempo, fino a che
Apophis non la richiamerà a sé». Fece
una breve pausa mentre la platea rimaneva
in silenzio, qualcuno, in prevalenza coloro che erano già a
corrente del
piano, annuiva,
altri erano scossi dal
gusto macabro con cui l’ex faraone aveva descritto
l’inumazione forzata del
rettile.
Anzu
aprì bocca.
«Ma
Atemu-chan, non avevi detto
di voler risolvere questa cosa pacificamente?»
«Infatti»
annuì candidamente il
faraone, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Ma..»
ribbattè lei.
«Non
ho forse detto che ci
limiteremo a inumarla? Noi non saremo la causa della sua morte, essa
avverrà
indirettamente, nessuno spargimento di sangue, nessuna violenza, nessun
Mind
Crush, anzi la biscia dovrebbe esserci grata per la magnifica dimora
eterna che
le erigeremo e alla cui costruzione presiederò
personalmente» fece lui pieno di
orgoglio per quanto stavano per fare. Poi come se nulla fosse
continuò a
esporre il piano.
«E
ora viene il difficile: non
dobbiamo assolutamente permettere che il rettile si accorga della
nostra
presenza finché non sarà con le spalle al muro,
altrimenti i nostri sforzi
saranno vani. Per questo motivo..» e si chinò
verso un vecchio baule polveroso,
misteriosamente apparso dal nulla dietro il tavolo. Lo scantinato
riservava
continue sorprese... Atem riemerse dal baule dopo un minutino portando
con sé
un tornado di acari e polvere (che causarono una crisi di starnuti
all’intera
banda) e un sacco di tela presumibilmente più vecchio
persino di lui. Aprì il
sacco e ne tirò fuori una decina di consunte, sudice, logore
tute mimetiche,
risalenti perlomeno alla Grande Guerra. Gli altri spalancarono gli
occhi,
pregando tutte le divinità egiziane e giapponesi che il
faraone non dicesse
quello che temevano stesse per dire.
«...indosseremo
tutti quanti queste tute
mimetiche, ci tingeremo il volto con il fango e ci metteremo delle
frasche fra
i capelli così da mimetizzarci alla perfezione con la natura
e cogliere
l’essere strisciante di sorpresa!» No, gli dei non
li avevano ascoltati.
Perché, Ra, perché ci hai abbandonato?
mormoravano fra sé e sé.
Ci
pensò Seto a riportare sulla
Terra quel re esaltato.
«Nessuno
ha mai nominato tute
mimetiche, fango o frasche! Torna tra noi: stiamo parlando di una
banalissima
biscia non di un gruppo di Vietcong». Forti
dell’obiezione del moro, a uno a
uno quasi tutti cominciarono a protestare, rifiutandosi di indossare
una tuta
vecchia di un secolo e soprattutto di tingersi la faccia col fango.
Quando
anche Aibo non parve proprio elettrizzato all’idea,
l’entusiasmo di Atem
cominciò a scemare. Yugi lo pat-pattò
amorevolmente sulla schiena.
«Ascolta
Mou Hitori no Boku,
forse stai prendendo la questione un po’ troppo seriamente,
in fondo è solo un
serpentello, magari non abbiamo bisogno di tutti questi accorgimenti
per
catturarlo...».
«Neanche
tu mi sostieni Aibo?».
L’ex faraone sembrava ferito nel profondo del suo cuore.
«No,
no, assolutamente» gli
sorrise il piccoletto, e continuò.
«Tutta
questa tua dedizione, le
tue grandi capacità militari e di comando...»
«Ti
piacciono? Le ho imparate a
Menphi qualche millennio fa».
«Oh
sì, sono davvero encomiabili,
certo. Quello che volevo dire è che.. ecco...sarebbero
sprecate per un
animaletto così piccolo e insignificante».
Atem
guardò negli occhi con
sguardo impassibile il suo Mou Hitori no Ore, Yugi lo fissò
di rimando,
cercando di non distogliere lo sguardo, ma dovette subito chiudere gli
occhi
sopraffatto da una risatina isterica uscita all’improvviso
dalla sua bocca.
«Hmmm»
mormorò Atem con fare
indagatore e sospetto, gli occhi ridotti a fessure. L’Aibo
sembrava parecchio
nervoso e sotto pressione.
«Dici
sul serio?» alzò un
sopracciglio mentre attendeva una risposta.
«Ma
certo» Si
affrettò a rispondere Yugi, e intanto si
ripeteva “carino e coccoloso, sono carino e coccoloso, non
sto dicendo una
bugia, Yugi sei sincerissimo, stai calmo...”
L’ex
faraone sembrò berla per
questa volta. Con un “come non detto”
ritirò le sue idee su fango e frasche e
si limitò a seguire il vecchio piano d) alla lettera. Tutti,
Aibo compreso,
tirarono un sospiro di sollievo. “Peccato solo per quelle
tute, era da un pezzo
che volevo provarle” si lamentò. Comunque esse non
andarono proprio sprecate,
il sacco che le conteneva fu reputato perfettamente idoneo a contenere
la
biscia e dunque divenne parte essenziale del piano, per la gioia del
faraone.
Mokuba,
colui che, a detta di
tutti, aveva più dimestichezza col rettile perché
lo conosceva da più tempo, fu
mandato in avanscoperta con binocolo e walkie talkie perché
scrutasse l’animale
e li informasse minuto per minuto sui suoi spostamenti e posizione. Il
piccoletto non era proprio al settimo cielo e si pentì di
aver avuto ragione
sull’esistenza della biscia, ma ormai la frittata era fatta,
fortunatamente il
nii-sama si impietosì e decise di accompagnarlo in quella
pericolosa missione.
«Slyfer
Rosso a fratelli Kaiba,
mi sentite? Passo» gracchiò il faraone nel walkie
talkie.
«Evitiamo
gli spoiler sulla serie
GX grazie» ribattè seccato Seto.
«Ah,
già è vero. È il primo nome
che mi è venuto in mente scusa, non saprei che
altro-».
«Che
ne dici di Faraone
Psicopatico? Io lo trovo calzante» ridacchiò il
moro.
«Ma
davvero... Furetto Occhi
Blu?» fece di rimando l’egiziano.
«Questa
non la dovevi dire»
«Nii-sama,
nii-sama, e io invece
chi sono?» gli chiese Mokuba saltellando e appendendosi al
suo braccio.
«Non
so, qualcosa come Cespuglio
di Capelli Petulante?». Gli occhi di Mokuba divennero lucidi,
dall’altra parte
del walkie talkie il faraone esclamò.
«Mica
male, bravo Kaiba devo
concedertelo».
«Grazie,
faccio del mio meglio»
rispose questi con falsa modestia.
Bakura,
nello scantinato insieme
ad Atem e al resto della banda, esclusi ovviamente i Kaiba, era ormai
seccato.
«Allora
la piantiamo di giocare e
passiamo all’azione? Più spiare e meno
spettegolare voi tre».
«Uh,
come sei serio... Bianchino»
ridacchiò l’antico sovrano.
«Come
mi hai chiamato scusa??» La
collera negli occhi di Bakura era tangibile, avrebbe potuto uccidere
qualcuno
con il solo sguardo, ma il faraone sembrò non farci caso.
«Bianchino?»
ripeté incredulo il
maggiore dei fratelli Kaiba nel walkie talkie.
«Sì,
ho sentito Jono che lo
chiamava così prima e mi è sembrato
perfetto» spiegò Atem.
«Mmpfh,
non male» sogghignò Seto.
«LA
PIANTIAMO??» tuonò Bakura.
L’aspetto pericoloso che aveva assunto fece saggiamente
arguire agli stanti che
era prudente esimersi dal classico commento “piantare?
Piantare cosa?” .
«Ok,
ok, come non detto. Faraone
Atem a Kaiba Senior, com’è la situazione
laggiù? passo-».
«Kaiba
Senior a Faraone Psic-
Atem, qui la situazione è stazionaria. Mokuba nessuna
traccia del rettile?».
«Negativo
signore» rispose il
bimbo mentre scrutava il cortile col suo binocolo.
«Nessun
movimento sospetto».
«Bene,
cioè, male. Qui Faraone
Atem, informate la base al minimo segnale, passo e chiudo».
«Sissignore»
bofonchiò Seto,
“sarà una luuunga giornata”
mormorò.
Mentre
Kaiba Senior e Kaiba
Junior tenevano d’occhio gli spostamenti della biscia nel
cortile, alla casa
base Atem preparava le truppe all’assalto. Armati di
rastrelli, bastoni, pale,
tubi per innaffiare (Honda non li abbandonerebbe mai), barre del
millennio e
roba varia, i nostri intrepidi eroi furono istruiti sul comportamento
da
seguire non appena avessero avvistato il rettile.
«Anzitutto
chi di voi non si
sente emotivamente pronto ad affrontare il serpente?».
Anzu,
Isis e Ryou alzarono la
mano. Il faraone guardò Yugi.
«Aibo,
alza la mano».
«Ma
Mou Hitori no Boku, io voglio
venire con te».
«Ma
Yugi, è pericoloso»
«Ma
io non ho paura con te
vicino».
«Ma
io non ne posso più di queste
scenette smielate alla puzzleshipping: allora la piantiamo e andiamo
avanti?»
li interruppe Bakura, ancora seccato per il
“Bianchino”. I due ragazzi dai
capelli a stella lo ignorarono ancora.
«Ma..
cioè, d’accordo Aibo, ma
stammi vicino e non ti esporre troppo». Yugi
annuì, Bakura roteò gli occhi, gli
altri si limitarono ad attendere nuovi ordini, ordini che arrivarono
presto.
«Non
dobbiamo fare del male alla
biscia, ho detto che avremmo risolto la questione pacificamente, gli
utensili
più o meno di fortuna che abbiamo distribuito servono a
spingerla verso il
sacco di tela qui presente, che apposteremo a suo tempo in
giardino» disse
indicando il sacco vecchio di millenni. Yami Malik e Bakura erano molto
delusi
per tutta questa mancanza di violenza, e anche Malik aveva qualcosa da
ridire,
ma preferì tacere. Spiegato a ognuno il suo ruolo, non
rimaneva che aspettare pazientemente il
segnale dei Kaiba.
Dopo
qualche ora finalmente il
walkie talkie riprese a parlare.
«Qui
Kaiba, Mokuba si è
addormentato cinque minuti dopo che hai attaccato, e non so cosa
accidenti mi è
preso a restare qui tutto questo tempo a spiare una dannata biscia!
Faraone
com’è la situazione laggiù?»
Ma
l’unico suono udibile era un
fastidioso rumore di sottofondo simile a un
“Zzzzzz” o a un “Ronf” che Seto
non
ebbe difficoltà a identificare con un sonoro russare.
«MA
STATE TUTTI DORMENDO LÀ
SOTTO??» sbottò.
Il
bronzeo addormentato si
ridestò all’improvviso e svegliò
l’Aibo che dormiva accanto a lui, la testa
stravaccata sulla sua spalla.
«Mmm,
oggi non c’è scuola mamma,
posa il mestolo» mormorò il piccolo.
«No
Aibo, non sono la mamma,
Kaiba è lievemente irritato con noi per esserci
addormentati. Ricordi? Stiamo
cercando di inumare una biscia...» gli fece gentilmente
notare l’ex faraone.
Yugi annuì debolmente e si svegliò (quasi) del
tutto e si alzò per andare a
rompere i sogni nel paniere agli altri “soldati”, che stavano anche loro
beatamente ronfando.
«Lievemente
irritato? Aspetta che
vi metta le mani addosso, branco di ghiri-» Ma Atem lo
interruppe.
«Allora
Kaiba Senior, qui Faraone
Atem, niente di nuovo sul fronte orientale?» Seto
roteò gli occhi, quella
battuta sarà stata più vecchia dello stesso
Atem..:
«Volevo
solo sincerarmi che foste
vivi, non vi sento da ore. Ma da quant’è che non
vi fate una dormita decente?»
«Beh,
io prima ve l’ho detto che
stanotte è stata una nottataccia...» rispose
l’egiziano.
«Lasciamo
perdere, non voglio
sapere. Dovreste vergognarvi a lasciarmi così, solo come un
baccalà mentre- non
ora Mokuba, nii-sama è occupato a insultare il faraone
ciarlatano non vedi?»
disse Seto mentre il fratellino lo strattonava e provava ad attirare la
sua
attenzione.
«Dov’ero?
Ah, sì: siete un branco
di ghiri senza spina dorsale, degli incapaci provinciali dei- un
momento.
Mokuba, sei sveglio! Cosa c’è?».
«Nii-sama,
nii-sama è lì. La
biscia è laggiù!».
«Faraone Atem a
Kaiba Junior: dov’è
il rettile?» si affrettò a
interromperli Atem tutto fomentato.
«Vicino
alle biciclette, a poca
distanza dal muro» rispose il ragazzino.
«Ah,
si è messo in trappola da
solo. Resistete, arriviamo con i rinforzi, passo e chiudo» e
mentre i due
fratelli tenevano d’occhio il serpente, l’ex
faraone si fregava le mani tutto
contento al pensiero della splendida tomba che avrebbero innalzato di
lì a
poco.
Le
truppe erano state ridestate
dal mondo di Morfeo e ora stavano (più o meno)
sull’attenti, in fretta e furia
Atem le condusse fuori dallo scantinato e tutti insieme i nostri eroi
si
accalcarono sotto l’ampio portico del villino, vicino ai
fratelli Kaiba. La
rosea luce del tramonto, sì, ormai era sera inoltrata,
creava un’atmosfera
romantica e suggestiva permeando l’aria di un calore e di un
fascino
crepuscolari e assolutamente inadatti. Il faraone, con appresso
l’inseparabile
Aibo, era a pochi micrometri dal viso di Mokuba e con la destra, la
sinistra
era stretta nella mano del suo Mou Hitori no Ore, scrollava le spalle
del
malcapitato.
«Allora?
Lei dov’è??» Il suo
sguardo allucinato rivaleggiava solo con quello di Yami Malik quando
parlava
del Drago Alato di Ra. Mokuba era sconvolto. Grazie al cielo Seto
intervenne e
sottrasse lo sventurato fratellino dalle grinfie dell’ex
sovrano.
«Datti
una calmata faraone, o
dovremo inumare te, e per la terza volta più o meno, cominci
a farmi paura. La
biscia è laggiù, vicino alle biciclette,
esattamente come ha detto prima
Mokuba».
A
quel punto però, alla vista del
rettile, tutti i piani di battaglia accuratamente e amorevolmente
preparati da
Atem andarono letteralmente gettati nel gabinetto. Dimentichi di ogni
raccomandazione e disposizione precedente, i baldi amici cominciarono a
correre
freneticamente uno da una parte, uno dall’altra, in un coro
di urla alla “dagli
al rettile” ,“addosso” e ovviamente
l’immancabile “si salvi chi
può” di coloro
che si erano sottratti allo scontro.
La
colluttazione si fece sempre
più aspra e senza esclusione di colpi da ambo le parti.
Mentre Jono, Honda e
Malik cercavano di stendere il rettile a colpi di pala e ovviamente
tubo per
innaffiare, la biscia si divincolava e schivava abilmente i colpi.
Subito il
nonno, Bakura e Yami Malik vennero a dare man forte, gli ultimi due
armati di
tutto punto con coltelli, asce e mazze ferrate e in modo assai
più violento e
sanguinoso, cercavano anch’essi di stendere la biscia. Furono
momenti di
intensa lotta ed eroismo, animati da sonore imprecazioni in almeno tre
o
quattro lingue diverse, ma per quanto i sei si sforzassero e corressero
come
pazzi, il serpente, ratto come un ...ratto, appunto (e ti credo che
doveva fare
la fine del topo) seguitava a schivare colpo su colpo e farsi beffe dei
propri
avversari.
In
un angolo un po’ più
appartato, al riparo di una trincea costruita con quel che restava
delle povere
biciclette in seguito alle prime fasi dello scontro, i fratelli Kaiba e
i due
ragazzi dai capelli a riccio di mare. Mokuba avrebbe voluto partecipare
o
perlomeno fare il tifo ma nii-sama gli aveva coperto gli occhi e
proibito
assolutamente di prendere parte allo scontro, Atem dopo aver provato i
primi
cinque minuti a impartire ordini e a rimettere in riga i soldati, aveva
rinunciato e scrutava con apprensione la battaglia, scuotendo la testa,
sbraitando e urlando consigli, anche
se
ancora una volta non se lo filava nessuno:“No, non
così, per l’amor di Ra. Non
stai giocando ad acchiapparella con tua sorella, Jono!”,
“Occhio con quei
coltelli, vacci piano con la mazza!”,
“Più a destra, dietro di te!”, e ogni
tanto dava un’occhiata sconsolata all’Aibo.
«Eh,
Yugi. Se solo avessero
seguito il mio piano... sarebbe stato così semplice: bastava
metterla in questo
sac-» ma Yugi non era più lì, con il
sacco di tela fra le mani correva come un
ossesso per il cortile calando l’involto in terra a
intervalli regolari
sperando di riuscire a intrappolare il rettile.
«-co»
balbettò sconvolto il
faraone. Poi di colpo realizzò cosa stava succedendo.
«Aibo,
aspettami: è pericoloso!»
e con un salto olimpionico scavalcò la trincea per andare a
dare man forte al
tenero Yugi.
«Perfetto,
e ora sono otto
scimuniti contro una biscia, mi sa che mi toccherà risolvere
la questione alla
vecchia maniera» mormorò sconsolato Kaiba Senior.
Con
fare circospetto e risoluto,
lui e Mokuba si diressero nel retro, dove il prudente e previdente Seto
aveva
preparato la sua arma di riserva nel (probabilissimo) caso che il piano
geniale
della “banda di idioti” non funzionasse a dovere.
Lì, coperta da un telone
ricamato a Draghi Bianchi Occhi Blu rampanti, stava
un’immensa betoniera, una
Kaiba-betoniera dotata di un gigantesco tubo (per la gioia di Honda)
spara
cemento lungo almeno cinque metri. Dopo aver impastato una segreta
miscela di
Kaiba- cemento a presa ultra rapida, il moro si avviò con
passo trionfale verso
il campo di battaglia, il fido Mokuba dietro di lui, che spingeva la
betoniera,
dal probabile peso di quaranta tonnellate, a passo un po’
meno trionfale e un
bel po’ più stremato.
Quando
giunsero sul posto la
situazione era ancor più critica.
Jono
e Honda erano fradici dalla
punta dei capelli a quella dei piedi e si trascinavano per il cortile
ansimanti
e logori come due zombie plurimillenari borbottando
“Da-dagli...a- puf- alla...
bi-biscia... anf” e si sorreggevano l’un
l’altro per non collassare al suolo
allo stremo com’erano.
Malik
e la sua psicopatica
controparte avevano ingaggiato una nuova disputa, ignorando il rettile.
Litigavano sul possesso della barra del millennio: il pazzoide infatti
la
reclamava (molto probabilmente per fare un secondo tentativo di
invocare il
Drago Alato, fortuna che il faraone aveva altro a cui pensare
adesso...) e il
primo ovviamente non aveva la minima intenzione di lasciargliela,
così i due
per il momento se le davano di santa ragione.
Il
signor Mutou invece era una
persona anziana dopotutto, e dopo una buona mezz’ora di
caccia alla biscia si
era afflosciato sul primo sgabello che aveva trovato e aveva
abbandonato il
campo ansimando.
Gli
unici che correvano ancora
come pazzi furiosi erano Bakura, Yugi e Atem. Il primo inseguiva
l’animale
menando fendenti a destra e a manca con una sciabola a doppio taglio
(chissà
dove se l’era procurata...) con un ghigno omicida sulle
labbra, il secondo lo
seguiva come un docile cagnolino sempre con il sacco appresso, pronto a
ficcarci dentro il serpente non appena avesse smesso di divincolarsi e
sgusciare via da bravo rettile e il terzo inseguiva il suo Aibo, manco
fosse la
sua ombra, urlandogli disperatamente di lasciar stare, fare attenzione
– ora ai
fendenti di Bakura, ora al serpente- e soprattutto di fermarsi
perché non ne
poteva più di trottare come un ossesso.
Dopo
aver scosso la testa
ridacchiando con aria di superiorità per buoni cinque
minuti, il magnanimo e
“magnifico” Seto Kaiba si decise a intervenire.
Raggiunse il centro del cortile
e dando ordine a Mokuba di azionare la rumorosa Kaiba-betoniera,
cominciò a richiamare
l’attenzione di tutti con quel garbo che da sempre lo
contraddistingueva.
«Tsk,
siete un branco di
dilettanti!» I suddetti dilettanti si fermarono come in preda
a un incantesimo
e si disposero intorno a Kaiba Senior, molto probabilmente fargli la
festa
rientrava tra i loro pensieri più intensi in quel momento.
«Che
vuoi?» gli chiesero in coro non proprio
amichevolmente. Seto si limitò a sogghignare ancora un
po’, quando il faraone
minacciò di fracassargli il puzzle del millennio in testa se
non la piantava e
Malik si disse pronto a dargli manforte con la sua barra alias mazza
ferrata,
Kaiba la piantò, un fulmineo lampo di terrore aveva
attraversato quegli occhi
blu... Si schiarì la voce e cominciò la sua
arringa.
«Ahem.
Dicevo, dal momento che
siete un branco di incapaci, e questa non è una
novità purtroppo, fareste
meglio a lasciare spazio ai professionisti, come il sottoscritto ad
esempio.
Grazie alla mia geniale intuizione-».
«Non
sarà geniale come quella del
Malik psicopatico vero?» domandò stizzito Atem,
ancora memore della mancata
evocazione del drago di Ra.
«Fingerò
di non aver colto questa
tua provocazione. La mia intuizione è geniale sul serio,
come me del resto».
Gli stanti rotearono gli occhi: l’ego di Kaiba era
così grande che si
domandavano spesso come potesse appartenere a una persona sola...
«Ho
infatti intuito anzitempo che
il ridicolo e patetico piano che avevate ideato non poteva funzionare,
così ho
ben pensato di idearne uno di riserva. Vi presento la Kaiba-
betoniera!»
Mokuba
tolse teatralmente il
telone a Draghi Bianchi Occhi Blu rampanti e davanti agli occhi di
tutti si
presentò la Kaiba- betoniera in tutta la sua mole di
tonnellate e in tutto il
suo fashonissimo design.
Non
che Seto si aspettasse
un’ovazione... ok, magari sì egocentrico
com’era, ma quel silenzio scettico e
glaciale non lo apprezzò minimamente. Quasi tutti avevano
alzato un
sopracciglio e guardavano perplessi la betoniera, numerose domande e
pensieri
affollavano le loro menti :“E...che ci facciamo?”,
“Ma perché quel megalomane
mette la parola Kaiba- davanti a tutto...”,
“Piacere Kaiba-betoniera”, “Carino
quel telo con i draghi” e via dicendo...
«E
allora?» ruppe il silenzio
Atem.
«Co-come
sarebbe “e allora?”. La
Kaiba- betoniera è la nostra arma finale contro la biscia:
la ricopriremo di
colate di Kaiba-cemento con il tubo annesso e in un minuto ce ne
libereremo per
sempre» fece Seto visibilmente ferito nell’orgoglio.
«E
perché non l’hai detto
subito?» E pronunciate queste parole, Bakura
spintonò via sia lui che Mokuba e
si mise ai comandi della betoniera. Honda avrebbe voluto essere
l’addetto al
tubo ma gli fecero notare che non era proprio il caso. Degno compare
del pazzo
sanguinario dai capelli bianchi, il pazzo sanguinario dai capelli
biondi,
altrimenti conosciuto come Yami Malik, gli si accostò e
afferrò il tubo
ghignando follemente risultando ancora più psicopatico del
normale. Gli altri
alla vista degli egiziani armati di betoniera e Kaiba-cemento a presa
rapida,
si fecero cautamente da parte.
Il
duo cominciò la battaglia
finale e decisiva con il rettile. Mai tanta epicità si era
vista sulla faccia
della terra da quando Atem aveva sconfitto Zork per la seconda volta.
Il vento
scompigliava i capelli dei nostri eroi e ululava come se volesse
parlare ai
loro cuori, portando le voci dei paladini del passato, la luce
sanguigna,
tipica degli ultimi minuti del tramonto, avvolgeva l’aere con
le sue calde
braccia, il sole ormai ridotto a lumicino, brillava ancora di un
profondo rosso
aranciato, incastonato fra i monti, e in tutto questo idilliaco
paesaggio,
sordi alle lusinghe di cotanta splendida e splendente natura che
sembrava solo
chiedere di essere ammirata, i due prodi avanzavano con sommo spirito
di
abnegazione per il cortile come Achille e Patroclo
sul suolo troiano, alla ricerca della loro
preda perduta.
Correvano
guardinghi, ora
lentamente, ora a perdifiato, pronti a cogliere ogni movimento sospetto
e ogni
traccia del rettile. Ogni sette secondi Yami Malik sentiva il bisogno
di
lanciare uno spruzzo di cemento, ogni sette secondi Bakura sentiva il
bisogno
di premere a caso i pulsanti della gigantesca betoniera -nessuno
infatti si era
premunito di istruirlo sul funzionamento della medesima- e ogni sette
secondi,
visto che tra i pulsanti pigiati c’era sempre quello che
faceva partire lo
spruzzo, un nuovo montarozzo di pregiato Kaiba-cemento andava ad
aggiungersi a
quelli che già affollavano il giardino.
Gli
altri eroi che avevano
abbandonato il campo di battaglia si prodigavano in grida di
incitamento,
suggerimenti e indicazioni: “Morte al serpente!”,
“Dietro di voi!”, “Più a
sinistra”, “No, più a
destra!”, “Lì,
sull’albero!”. Se non fosse già stato
psicopatico di suo, il duo sarebbe sicuramente impazzito.
Finalmente,
ormai al crepuscolo,
la biscia venne allo scoperto, a capo chino.
«Ah-a,
ti arrendi dunque» mormorò
Bakura pronto a premere il pulsante e far partire la colata.
«Dì
le tue preghiere, rettile!»
ridacchiò Yami Malik impugnando il tubo e prendendo la mira.
«E
non dimenticare quella per
raccomandarti l’anima alla dea Wadjet» le
rammentò il faraone. Seto non riuscì
a esimersi dal mollargli uno schiaffo sulla testa: “lui e la
sua stupida dea
del cavolo”.
Ma
proprio mentre stava per
scoccare l’ora X, proprio mentre il dito di Bakura era a
pochi nanometri dal fatidico
pulsante, una voce e una figura, che irruppe sul campo, interruppero la
scena.
«FERMI
TUTTI!!!!».
Poi
una seconda voce e una
seconda figura, piuttosto simile alla prima, le si affiancò
trafelata.
«AIBOOOOO!!».
Yugi
si era messo in mezzo fra la
biscia e il tubo, in una posa alla ‘Los
fucilamientos’ di Goya, e continuava a
ripetere.
«Prima
di uccidere la biscia
dovrete passare sul mio corpo» E Atem che si era frapposto
fra Yugi e il tubo:
«E
se volete passare sul corpo di
Aibo dovrete prima passare sul mio» sebbene ignorasse
completamente il motivo
per cui suddetto Aibo stesse rischiando la vita.
Nonostante
la tentazione di
liberarsi per sempre del faraone fosse molto forte, Bakura si astenne
dal
premere il pulsante –tanto anche ricoperto di cemento quel
maledetto sovrano
avrebbe trovato il modo di ritornare- e avvicinatosi ai due, in
particolar modo
a Yugi, a braccia conserte pose al diretto interessato la domanda che
lampeggiava in testa più o meno a tutti in quel momento.
«Allora
tappetto: dov’è il
problema?».
«Già,
dov’è il problema?» fecero
in coro gli altri.
«Sì,
è vero Yugi: dov’è il
problema?» chiese Atem alquanto perplesso mentre lo prendeva
per mano e cercava
di porre una certa distanza di sicurezza fra il buon, piccolo Aibo e la
grande
e cattiva betoniera.
«Ma
non li vedi Mou Hitori no
Boku? Dietro alla biscia...» e indicò accigliato
il suddetto rettile. Gli occhi
del Mou Hitori no Boku e di tutti gli altri uscirono dalle orbite:
dietro al
serpente stava un gruppetto di piccoli, adorabili biscette, tutte
tremanti e
spaventate.
«La-
la sua famiglia...?» chiese
tremante l’antico sovrano. Yugi annuì.
«Non
possiamo uccidere mamma
biscia, chi si prenderebbe cura di questi piccolini dopo? Non possiamo
abbandonare questi esserini al loro triste destino...»
continuò con gli
occhioni viola luccicanti, cercando di commuovere gli stanti.
«Dov’è
il problema?» chiese di
nuovo Bakura.
«Giusto,
uccidiamoli tutti!» gli
diede ragione Yami Malik. Fortunatamente i due vennero stesi
l’uno da puzzle
del millennio e dal suo bronzeo possessore e l’altro dalla
barra -ormai
definitivamente da ribattezzare mazza ferrata- abilmente manovrata dal
sosia
dell’egiziano psicopatico.
«Siete
senza cuore ragazzi,
vergogna!» rimproverò i due spiriti Anzu.
Fortunatamente a parte i due ex
spiriti, gli occhioni di Yugi avevano sortito il loro effetto e
commosso la
platea.
«Ok,
le lucertole senza arti non
le uccideremo. Ma che ne facciamo di loro allora?» chiese
scettico come sempre
Seto Kaiba, un po’ amareggiato per lo spreco inutile di tutto
quel buon
Kaiba-cemento. Aveva ragione però: ucciderle, non le
potevano uccidere,
lasciarle in libertà non le potevano lasciare in
libertà, “o loro o noi” ci
aveva tenuto a chiarire Ryou. Tutti quindi si rivolsero a Yugi,
fissandolo
colmi di aspettativa, fortunatamente il ragazzo stella-capelluto non
era
rimasto sprovvisto di inventiva.
«Non
vi preoccupate: ho un piano»
rispose fregandosi le mani l’innocente (?) Yugi con uno
sguardo a metà fra
quello alla complotto perfido di Yami Malik e quello da generale del
suo Mou
Hitori no Boku.
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Undici
minuti più tardi, nello
scantinato del villino, il generale Yugi teneva consiglio di pace alla
luce
delle candele (sì, Yami Malik era stato soppresso di nuovo,
sì: aveva riprovato
a evocare Ra per accenderle. Certa gente non cambia mai...). Atem era
nell’angolino della lavagnetta, Uniposca in mano, abbastanza
intimidito da
Yugi.
«Aibo,
potresti smetterla di
srotolare enormi mappe e ghignare sadicamente: cominci a farmi
paura...».
«Ih,
ih, ih: ho avuto una geniale
intuizione Mou Hitori no Boku» sogghignò questi.
«Ne-ne
sono lieto, però ti prego
smettila di sogghignare». Yugi alzò lo sguardo
dall’ennesima mappa e fissò
Atem: l’ex faraone sorrideva timidamente, cercando di
riportare Yugi dal lato
non oscuro facendogli gli occhi dolci. All’improvviso il
piccoletto scosse la
testa e ritornò sul pianeta degli Aibo gentili e pucciosi,
forse aveva
esagerato un po’...
«Oops,
mi sono lasciato trasportare...
tutta quella violenza contro la povera biscetta e i suoi biscini mi ha
contagiato.. mi perdoni Atem? » e sbattè
amorevolmente le ciglia. Sollevato,
estasiato che il tappetto fosse tornato il solito dolce, adorabile Yugi
di
sempre, il faraone tirò un sospiro di sollievo e si
avvicinò paurosamente
all’Aibo con tutta l’intenzione di stritolarlo in
un mega abbraccio e dirgli
quanto gli era mancato (per undici minuti di
pseudo-malavgità?). Grazie al
cielo fu immobilizzato dalle robuste mani di Honda e Jono.
«Cavolo
amico, trattieniti...»
gli disse il biondino.
«Lasciatemi,
lasciatemi:
Aiboooo!!» si divincolava l’antico sovrano, lo so,
è un uomo così
melodrammatico...
Seto
roteò gli occhi dopodiché,
facendo finta di niente, chiese scettico come al solito.
«Allora
Yugi, qual è la geniale
intuizione di questa volta che ci permetterà di salvare capra e cavoli?» -il gruppetto
era pieno di gente che aveva geniali
intuizioni a quanto pare, ovviamente Kaiba Senior non aveva dubbi su
quale
fosse stata la più geniale finora... sì, la sua-
«Ma
non si tratta di serpenti?»
ribattè candidamente Ryou, venne messo a tacere dalla neo
ribattezzata mazza
ferrata del millennio.
«Beh,
vedete queste mappe? Sono
tutti progetti. Se noi-» . Yugi non riuscì a
continuare la frase, Mou Hitori no
Boku smaniava e continuava a dimenarsi e a minacciare Mind Crush a
destra e a
manca, neanche stessero per scannargli l’Aibo, e in mezzo a
quel baccano era
difficile continuare...
«Ehm,
potete lasciarlo andare
ragazzi... non farà del male a una mosca, ve lo
prometto» disse timidamente
Yugi a Honda e Jono-Uchi. I due erano piuttosto sollevati: non ne
potevano più
di ricevere puzzle-ate in testa dall’ex faraone
nonché minacce e terribili
insulti in quello che aveva tutta l’aria di essere
l’egiziano di uno
scaricatore di porto analfabeta. In meno di un nanosecondo il faraone
raggiunse
l’Aibo e gli si appolipò amorevolmente, ringhiando
a chiunque provava ad
avvicinarsi. Dopo un minutino buono si calmò, riprese
l’Uniposca e tornò alla
sua postazione alla lavagna.
«Ahem,
ok: dov’eravamo rimasti?»
domandò Yugi dopo essersi risistemato un pochino.
«Stavi
per illustrarci la tua
geniale intuizione quando il faraone psicopatico ti si è
incollato addosso»
disse senza troppi problemi Bakura. Il faraone ebbe un attimo una
ricaduta e
ringhiò all’egiziano.
«A
cuccia porcospino!» rispose
questi.
Yugi,
ormai assuefatto a certe
situazione, si limitò a trattenere Atem per la maglietta
perché non si
avventasse contro Bakura e continuò come se niente fosse a
illustrare
trasognato il suo piano.
«Dunque,
le mappe. Sono terreni.
Ho in mente un grande progetto che ci permetterà di vivere
in perfetta armonia
uomini e rettili, side by side on our
piano...» e di punto in bianco cominciò
a canticchiare con aria sognante, sebbene qualcuno volesse
fargli notare
che nessuno di loro aveva mai avuto un pianoforte. In pochi secondi
Yugi era
già bello che inoltrato nella sua esibizione di karaoke ed
era saltato sul
tavolo afferrando l’Uniposca, con tutto Atem ancora attaccato
appresso, per
usarlo come microfono: il faraone era perplesso.
Ancora
una volta Kaiba Senior
prese le redini della situazione e con una poco cortese ma efficace
manata,
buttò giù dal tavolo Aibo,
‘microfono’ e persona cui il microfono era
attaccato
–leggasi faraone Atem- e mentre il piccoletto continuava a
cantare (ora era
passato ai Beatles) diede un’occhiata alle mappe: ormai era
chiaro che entrambi
i ragazzi coi capelli a riccio di mare erano definitivamente partiti,
doveva
fare sempre tutto da solo...
Si
rivelarono essere delle
planimetrie del terreno antistante la villa, quello
deserto-sterpaglia-dove-accidenti-è-il-tosaerba-quando-serve
ma neppure
dall’alto del suo Kaiba-genio riuscì a indovinare
a quale grandioso progetto
servissero. Gli altri non erano di grande aiuto.
«Vuole
che ci trasferiamo lì per
far posto alla biscia?».
«Vuole
portarci serpente e
serpentelli?».
«Vuole
costruirci un campo da
pallavolo?».
«Vuole
inumarsi lì col suo Mou
Hitori no Boku?» sfortunatamente per Bakura gli stanti non
colsero l’ilarità
della battuta. Era dura ammetterlo ma sarebbero proprio riusciti a
venirne a
capo se Yugi non li avesse illuminati. Il ragazzo sembrava aver passato
la fase
peggiore della sua sessione canterina, così Anzu gli si
avvicinò cautamente e
gli domandò un qualche suggerimento, al momento
però Yugi era troppo occupato a
a spiegare al suo Mou Hitori no Boku perché
all’improvviso agiva come un
cantante rock.
«Ahem,
Yugi? Yugi scusa puoi
aiutarci?» provò a interromperlo la ragazza.
«All
my
life I’ve been good but now… howowhoooow... what
the hell!!» .Al terzo
tentativo, Anzu sbottò.
«WHAT THE HELL!
YUGI: dammi retta un attimo!!» Il
piccolo si interruppe e sbattè gli occhi, come ridestato da
un sogno, poi
abbassò lo sguardo al microfono-Uniposca che teneva in mano
e ancora più in
basso a un Atem un po’ emaciato aggrappato al pennarello.
«Oops»
mormorò.
«Ma
che ti è preso? Siamo sicuri
che quella là fuori è una biscia e non una vipera
e non ti ha morso?».
«Morso?»
fece Atem
preoccupatissimo mentre si rimetteva in piedi.
«No,
no, tranquillo: sto
benissimo» si affrettò a calmarlo l’Aibo.
«La
soluzione a cui ho pensato
farà felici tutti: noi perché ci libereremo dei
rettili, i rettili perché si
libereranno di noi e Mou Hitori no Boku perché voleva tanto
una bella piramide»
continuò.
«Davvero
costruirai una piramide
per me?» fece Atem tutto contento.
«Ma
certo...più o meno. In realtà
costruiremo un grande mausoleo nel terreno qui di fronte per ospitare
mamma
biscia e i suoi piccoli, tu poi potrai decorarlo come
preferisci» sorrise Yugi,
improvvisamente tornato alla normalità.
«Fantastico!
Sarà una cosa
grandiosa, imponente, faraonica...» e già
l’Atem immaginava una perfetta
replica della sua reggia di tremila anni fa, novanta stanze, marmi,
geroglifici, geroglifici ovunque, colonne e ovviamente
l’immancabile santuario,
con tutta probabilità destinato alla dea Wadjet.
La
proposta di Yugi, salvo i
soliti scettici e criticoni, venne accolta positivamente e fin da
subito,
armati di pale, assi, cemento e quant’altro si diressero alla
sterpaglia
antistante il villino e cominciarono a costruire. I due Mou Hitori
dirigevano i
lavori al ritmo della canzone dei sette nani ‘con
pale e con picconi noi ogni dì veniamo qua...’ ect.
Dopo un
paio d’ore di disastrosi tentativi di posa della prima
pietra, Seto si degnò di
chiamare i suoi tutto fare della Kaiba Co. che in poco tempo arrivarono
trionfalmente in Kaibacottero, portando con loro un prefabbricato o, a
detta di
tutti, una casa per le bambole. Molto meno faraonico certo, ma molto
più
rapido.
Le
bisce, da animali intelligenti
quali erano e per non dover più vedere quei pazzi con cui
avevano condiviso il
tetto per quei lunghi giorni, non se lo fecero ripetere due volte e si
fiondarono nella loro nuova dimora chiudendo la porta a doppia mandata:
mamma
biscia raccomandò ai suoi piccoli di non uscire
assolutamente mai finché gli
squilibrati erano ancora nei paraggi.
E
così una volta tanto andò tutto
secondo i piani, più o meno, perché Atem non
aveva rinunciato all’idea della
replica del palazzo di Tebe e ogni giorno in spiaggia riprovava a
costruirlo
con l’aiuto di sabbia e secchielli e ovviamente del fido
Aibo, e puntualmente
ogni giorno in spiaggia, Bakura e Yami Malik si appostavano dietro gli
scogli e
non appena la reggia –il faraone si rifiutava di chiamarla
castello- di sabbia
sembrava sufficientemente vicina alla conclusione, con un balzo da far
invidia
ai canguri più atletici, ci si avventavano sopra riducendola
in macerie, anzi,
granelli. E puntualmente ogni giorno in spiaggia il faraone prendeva in
prestito la mazza ferrata del millennio e brandendola e roteandola in
aria come
uno spadone inseguiva i due egiziani per chilometri e chilometri di
costa
mentre Yugi e gli altri scuotevano la testa.
Normale
amministrazione per i
nostro eroi!
Owari Recensioni? Non fatevi intimidire dal fatto che l'ho pubblicata tanto tempo fa, apprezzo sempre ;)
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