marcel
Chi
segue le altre mie storie probabilmente si sarà domandato che fine
abbia fatto. Eccovi la risposta: sto scrivendo un'altra storia! Vi
informo già da adesso che questa fanfic avrà pochissimi capitoli e
che ho quasi finito di scriverla, ergo non ci saranno mesi di attesa
tra un capitolo e l'altro e soprattutto è sicuro che non la lascerò
incompleta. Ok, sicuro è una parola grossa, ma giuro che l'ho quasi finita (così potrò finalmente dedicarmi ad altro).
Mi
sto divertendo un sacco a scrivere di Harry in versione Marcel perché
finalmente posso scrivere anche un po' di me stessa (e non per
gli occhiali il gel i gilet, nel caso ve lo stiate
domandando). (E neanche per il suo cervello super sviluppato).
Spero
che questa storia vi piaccia, che non sia scontata, che non somigli
alle altre mie storie, che mi lasciate qualche recensione etc etc.
PS: il titolo è tratto dalla canzone "Falling In" dei Lifehouse. Li sto ascoltando ininterrottamente.
PPS: se tutto va bene aggiornerò Flowers alla fine della prossima
settimana.
A
presto!
“When
you were here before
Couldn't
look you in the eye
You're
just like an angel
Your
skin makes me cry
Your
float like a feather
In
a beautiful world
And
I wish I was special
You're
so fucking special
(Creep
- Radiohead)
“Marcel!”.
Harry
incede a passo svelto lungo il corridoio della scuola diretto alla
lezione di Chimica, la testa bassa e le spalle leggermente incurvate
più per il fatto che è troppo alto per la sua età che per
l'effettivo peso dello zaino.
“Marcel!”.
La
campana è suonata da tre minuti buoni e lui ha perso tempo a cercare
il manuale di Chimica nell'armadietto - sepolto sotto libri di
Biologia, Matematica, quaderni con appunti, schizzi, abbozzi di
poesie - perciò copre correndo la distanza che lo separa dall'aula.
“Marcel,
che diamine!”.
Sulla
soglia della porta, Harry si sente afferrare per un braccio e si
morde la lingua per non imprecare. I suoi gli hanno insegnato che non
è educato e sono sempre stati molto severi a riguardo.
“Li
hai fatti i compiti di matematica?”, domanda colui che lo ha poco
gentilmente strattonato, impedendogli di entrare in classe e
rubandogli tempo prezioso.
Harry
si aggiusta gli occhiali che gli sono scivolati sul naso.
Improvvisamente ha le mani sudate e deve fare uno sforzo affinché la
voce non gli esca sotto forma di un miagolio indistinto.
“Certo
che li ho fatti”.
Il
ragazzo di fronte a lui sbatte le sue lunghe ciglia da bravo
affabulatore quale è.
“Me
li passi?”.
Harry
deglutisce il groppo che ha in gola. Perché Louis Tomlinson,
capitano della squadra di calcio, studente modello, ragazzo più
desiderato della scuola e – questo probabilmente dovrebbe stare in
cima alla lista – combinaguai di prima categoria, che gli ha
rivolto la parola sì e no tre volte in sette anni, vuole i suoi
compiti?
“Non
li hai fatti?”.
Louis
incrocia le braccia sul petto.
“Mi
pare ovvio di no se li sto chiedendo a te”.
Harry
non è abituato a essere scortese e neanche a negare un favore a
chicchessia, però tentenna.
“Coraggio,
Marcel, non lo scoprirà nessuno”, insiste Louis con un sussurro,
come se stessero complottando chissà quale crimine.
“Ok”,
cede Harry, togliendosi lo zaino dalle spalle e cominciando a cercare
il quaderno di matematica. Lui e Louis non sono amici, l'altro
ragazzo non sa neanche quale sia il suo vero nome, però Harry non ha
altra scelta. Passa spesso i compiti ai suoi compagni di classe e non
ha una scusa plausibile per rifiutarli proprio a lui, adesso.
“Perfetto”,
replica Louis quando Harry gli passa il quaderno. “Ci vediamo a
Matematica!”.
Harry
rimane imbambolato a fissare la schiena dell'altro ragazzo, che si
allontana sicuro di sé verso la parte opposta del corridoio.
Louis
non si è quasi mai fatto trovare impreparato in questi anni, Harry
lo sa perché lo ha osservato, sa che è uno degli studenti migliori
della scuola, tutti gli insegnanti lo amano nonostante la sua lingua
lunga e la sua faccia tosta e sono pronti a perdonargli qualsiasi
cosa, perché lui è Louis Tomlinson, uno che conquista tutti con un
sorriso e una battuta sarcastica. Per questo qualcosa non torna, ma
lui non ha tempo di scervellarsi sulla questione. Infatti, scrolla le
spalle ed entra in classe, mormorando una scusa per il ritardo al
professore – non sarà Louis ma si è guadagnato un occhio di
riguardo da parte degli insegnanti per il suo stacanovismo e il suo
quasi maniacale rispetto delle regole – e si siede accanto al suo
migliore amico.
“Dove
diavolo eri finito?”, bisbiglia Zayn, la testa sepolta tra le
braccia.
Harry
risponde senza staccare gli occhi dalla lavagna.
“Louis
mi ha chiesto i compiti di matematica”.
Anche
senza guardarlo in faccia Harry sa che Zayn ha gli occhi sgranati.
“Tomlinson?
Ha chiesto i compiti a te?”.
Il
riccio giocherella con la matita.
“Tutti
chiedono i compiti a me”.
Zayn
si mette dritto sulla sedia.
“Louis
Tomlinson non è tutti”, replica accoratamente. “Sei
sicuro che non sia una specie di scherzo?”.
Harry
si sistema gli occhiali sul naso per l'ennesima volta. Anche solo
parlare di Louis lo mette in agitazione.
“Che
genere di scherzo potrebbe architettare col mio quaderno di
matematica?”, domanda, incredulo.
In
qualsiasi altra situazione, Harry sarebbe la vittima principale degli
scherzi e delle cattiverie di gran parte della scuola. Tuttavia, in
questa situazione - quella cioè dove si ritrova per caso o per un
colpo di fortuna a essere il migliore amico di Zayn Malik – ha una
sorta di immunità, che gli ha risparmiato anni di angherie e prese
in giro. Certo, molti studenti gli parlano alle spalle, altri hanno
l'ardire di ridergli in faccia, la maggior parte lo ignora, però
nessuno si sognerebbe mai di mettergli una mano addosso pur di non
vedersela con Zayn. Questi emana un'aura di superiorità e
intimidazione – coi suoi giubbotti di pelle, gli anfibi,
l'immancabile sigaretta dietro l'orecchio - che gli ha fatto
guadagnare il rispetto di tutta la scuola. Poco importa se la
protezione di Zayn raramente si estende al di fuori dell'orario
scolastico, Harry raramente ha una vita sociale al di fuori
dell'orario scolastico.
Zayn
si stringe nelle spalle.
“Non
ne ho la più pallida idea”, ribatte. “Staremo a vedere”.
Zayn
è uno che tende a vedere il male dappertutto, Harry, d'altra parte,
è uno che troverebbe del buono in chiunque. Non c'è da stupirsi che
il più sospettoso tra i due sia proprio Zayn.
“Se
ti dovesse dare fastidio non esitare a dirmelo che ci penso io”,
continua.
Harry
ride tra sé e sé.
“Ok,
Batman”.
Zayn
sembra compiaciuto dal paragone col suo supereroe preferito e torna a
dormire.
*
A
Harry piace studiare, c'è poco da fare. Gli piace essere il primo
della classe, ama essere impegnato in innumerevoli attività
extra-curriculari, ed è particolarmente orgoglioso di aver condotto
la sua scuola alla vittoria delle Olimpiadi di Matematica per tre
anni di fila. In più, ha una passione per gli scacchi, i libri
di Jane Austen, la poesia di Whitman e la scrittura. Sa di essere un
adolescente atipico, ma non gliene importa. Sa che i suoi
gilet di lana, le sue cravatte, i suoi occhiali enormi e fuori moda,
i suoi capelli perennemente ingellati e pettinati da un lato sono
soliti suscitare l'ilarità generale, ma fanno parte di lui, perché
dovrebbe vergognarsene? Perché dovrebbe voler cambiare?
Però,
se c'è una cosa che non ama è lo sport. Ma Educazione Fisica è una
materia come un'altra, quindi non gli rimane molta scelta se non
indossare i suoi pantaloncini larghi e le sue calze di spugna sotto
al ginocchio per due ore a settimana. È un sacrificio che è
disposto a fare per il bene del suo rendimento scolastico.
Dopo
aver compiuto due giri del perimetro della palestra senza proferire
alcuna lamentela, Harry si siede sulla panca accanto a Zayn,
approfittandone per riprendere fiato.
“Ricordami
di nuovo perché tu sei esonerato dalla lezione di ginnastica”,
borbotta.
Zayn
sorride, fiero di se stesso.
“Problemi
respiratori”.
“E
scommetto che le sigarette te le ha prescritte il medico apposta per
curarli, giusto?”.
L'altro
ragazzo gli da una pacca sulla spalla.
“Di
questi tempi le sigarette possono fare miracoli, Hazza”.
Harry
si scrolla di dosso la mano di Zayn.
“Ti
detesto, Malik”.
Zayn
gli avvolge un braccio attorno alle spalle e lo attira a sé.
“Non
ne saresti capace neanche mettendoci tutto l'impegno possibile”.
Harry
si libera dalla stretta del suo amico.
“Torno
al mio dovere”, afferma, rimettendosi in piedi e sgranchendosi la
schiena. Gli farà un male cane per tutto il giorno, ne è sicuro.
“Io
nel frattempo mi dedicherò alla meditazione”, replica Zayn,
poggiando la testa sul muro dietro di sé e incrociando le mani sul
grembo.
“Ah,
è così che si chiama adesso il riposino di mezzogiorno?”, scherza
il riccio, prima di tornare a correre coi suoi compagni.
Harry
ha appena finito il suo ultimo giro quando Louis gli si avvicina con
un pallone in mano.
“Marcel!”,
esclama, facendo per tirargli il pallone in faccia.
Harry
chiude gli occhi e si prepara all'impatto. Impatto che non avviene.
“Mh?”,
mugugna, aprendo un occhio in via sperimentale.
Louis
gli rivolge un sorriso obliquo. Harry ha il fiatone e il cuore in
gola, in parte per la corsa e in parte per lo spavento che gli ha
fatto prendere l'altro ragazzo.
“Sicuro
di non aver bisogno di un respiratore?”, domanda Louis, fingendo di
essere in apprensione per lui.
Harry
si morde il labbro inferiore. Cosa vorrà Louis adesso? Non ha tempo
da perdere con lui, non quando ha la maglia incollata alla schiena e
le guance arrossate come se avesse preso un'insolazione. Un'altra
caratteristica di Louis – una di quelle che Harry trova
tremendamente fastidiose e tremendamente affascinanti allo stesso
tempo – è che è sempre perfetto, anche dopo un'ora di
palestra. A differenza dei comuni mortali sembra immune alla fatica e
al sudore.
“Sto
benissimo, grazie”, biascica, cercando di resistere alla tentazione
di asciugarsi la fronte con la maglia. Non sia mai che Louis veda la
canottiera che indossa sotto. Ne ha abbastanza delle sue occhiate di
compassione, che Louis crede di sapere nascondere così bene ma che
Harry ha imparato a riconoscere visto che ne ha ricevute parecchie
negli anni.
“Sicuro?
Sembri sul punto di sputare un polmone”.
Harry
rotea gli occhi.
“Sicuro.
Ciao, Louis”, dice, superandolo senza pensarci due volte.
“Stammi
bene, Marcel!”, lo saluta Louis.
Harry
non sa cosa sia preso all'altro ultimamente: dopo anni di silenzio,
adesso prima gli chiede i compiti – restituendogli il quaderno
pieno di scarabocchi e frasi di canzoni, peraltro - poi gli rivolge
la parola durante la lezione di Educazione Fisica. Forse Louis è
annoiato e ha deciso di sfidare il tacito divieto di 'non importunare
Harry Styles se non vuoi vedertela con Zayn Malik'. Harry non è
disposto a essere la sua prova di coraggio.
*
L'anta
dell'armadietto di Harry fa un rumore sinistro, simile
al verso di un gatto schiacciato da un'automobile.
“Potresti
provare a metterci un po' di quell'olio che usi per i capelli, sai?”.
Harry
vorrebbe essere quel tipo di persona che non salta letteralmente in
aria quando è colta di sorpresa. Invece è esattamente
quel tipo di persona.
“Non
uso nessun olio per i capelli”, risponde, cercando di ricomporsi.
Louis
si appoggia con una spalla all'armadietto accanto al suo.
“Davvero?”,
domanda, allungando una mano verso la sua testa.
Harry
fa un passo indietro, lanciando uno sguardo minaccioso alla mano di
Louis.
“Ehi,
Marcel, non mordo mica!”, si difende l'altro ragazzo.
Harry
decide che ne ha avuto abbastanza.
“Il
mio nome è Harry e dovresti saperlo”, sputa, “visto che
frequentiamo le stesse lezioni da anni. Se per tutto questo tempo ti
è sfuggito, o sei sordo o hai una soglia dell'attenzione molto
bassa”.
Louis
non si mostra per niente impressionato dall'orgoglioso discorso di
Harry e, anzi, gli regala un sorriso radioso.
“So
perfettamente chi sei”, ribatte. “Harry Styles: migliore studente
del nostro anno, presidente del club di scacchi, genio della
matematica, giornalista a tempo perso. Praticamente una superstar”.
Harry
cerca di passare sopra al tono canzonatorio di Louis.
“Allora
perché ti ostini a chiamarmi Marcel?”.
Louis
sembra studiarlo per un attimo.
“Perché
sei un Marcel”.
Harry
solleva un sopracciglio.
“Cos'è
un Marcel?”,
domanda, non tanto sicuro di volerlo sapere.
Louis
si gratta il mento.
“Un
Marcel è uno che si
veste come il mio bisnonno, usa talmente tanto gel da fare invidia al
cast di Grease,
indossa occhiali tre volte la sua faccia e non tira fuori il naso dai
libri neanche per andare a pisciare”, spiega, tutto d'un fiato.
“Avevo un compagno di classe alla elementari che era il prototipo
di un Marcel e che si chiamava, appunto, Marcel”.
Harry
chiude l'anta dell'armadietto con uno scatto ed è sorpreso lui
stesso da questo gesto impulsivo e stizzito.
“Meglio
essere un Marcel che una testa di cazzo”,
sbotta, girando sui tacchi senza guardarsi indietro. È sicuro che le
sue orecchie siano andate a fuoco, tanto le sente calde. Louis gli ha
fatto infrangere la sua regola del 'non dire parolacce', della quale
andava tanto fiero.
“Dannatissimo
Louis Tomlinson”, impreca, già che ci ha preso gusto.
*
Louis
è diventato una presenza costante nella vita scolastica di Harry. Se
già prima Harry era più che consapevole della sua esistenza –
Louis non si da pace se non può essere al centro dell'attenzione di
tutti – adesso fare finta che non esista è un'impresa. Durante le
lezioni alle quali Zayn non prende parte, si diverte a lanciargli
addosso palline o aeroplanini di carta per distrarlo. Quando Zayn è
presente, Harry si sente comunque gli occhi di Louis addosso tutto il
tempo. È faticoso e frustrante essere sotto il perenne
scrutinio di uno come lui. Harry si sente tre volte più impacciato e
imbranato da quando questa persecuzione è iniziata.
Zayn
si è offerto di 'risolvergli il problema', ma Harry è convinto che
deve riuscire a cavarsela da solo. Louis non è una minaccia vera e
propria, ma più che altro una spina nel fianco. Harry può gestirla.
Vuole sconfiggerlo con l'indifferenza.
Chiedere l'intervento di Zayn significherebbe dargli troppa
importanza.
Si
trova in Biblioteca quando riceve l'ennesima visita di Louis.
“Che
leggi?”, domanda questi e senza aspettare una risposta gli ruba il
libro dalle mani e comincia a sfogliarlo.
Harry
stringe le dita attorno al bordo del tavolo e si morde l'interno
della guancia per non urlare.
“Sembra
piuttosto noioso”, commenta Louis, continuando a voltare le pagine.
“Forse
letto dal verso giusto potrebbe risultare piuttosto
interessante. Perfino per te”, replica Harry, stupendosi del fatto
di essere riuscito a pronunciare davanti a Louis, per l'ennesima
volta, una frase con più di cinque parole, usando per giunta un tono
sarcastico del quale si sente particolarmente orgoglioso.
Louis
si accorge di stare guardando il libro al contrario ma piuttosto che
mostrare imbarazzo per essere stato colto in flagrante, come Harry
aveva sperato, lo lancia verso di lui attraverso il tavolo senza
battere ciglio.
“Sei
mai stato con una ragazza?”, chiede di punto in bianco.
Harry
arrossisce all'istante.
“Non
sono affari tuoi”, ribatte, riaprendo il libro e cercando di
riprendere la lettura da dove l'aveva lasciata.
“Deduco
di no”, dice Louis, gongolando.
Harry
lo fulmina con lo sguardo ma non ottiene alcun effetto.
“Posso
presentarti mia nonna”, afferma Louis. “È vedova da
qualche anno, comincia a sentirsi sola. Potresti piacergli visto che
ti conci come un settantenne”.
Harry
si sforza di ignorarlo.
“Ha
una certa esperienza in fatto di uomini, potrebbe farti da, come si
dice?, nave scuola”, insiste Louis.
“Credi
di essere divertente?”, lo interroga stancamente Harry.
Louis
poggia le gambe sul tavolo e si rilassa sullo schienale della sedia.
“Credo
di essere esilarante. Anzi, ne sono sicuro”.
Harry
si passa una mano sugli occhi da sotto le lenti.
“Cosa
vuoi da me? Perché mi stai sempre addosso?”.
Louis
ha iniziato a giocare con una gomma di Harry, tirandola in aria e
afferrandola con le mani poco prima che cada per terra.
“Ti
do fastidio, per caso?”, domanda Louis senza interrompere il suo
passatempo.
Harry
ignora del tutto la sua domanda.
“Fino
alla settimana scorsa non sapevi neanche che esistessi e adesso non
fai altro che ronzarmi intorno. Te lo chiedo un'ultima volta: cosa
vuoi da me?”.
Louis
lo guarda negli occhi per la prima volta da quando è arrivato.
“Ti
sbagli, Marcel”, dice con serietà, “in tutti questi anni non ti
ho perso di vista neanche per un istante”.
Harry
sbatte ripetutamente le palpebre mentre cerca di trovare un senso
alle parole dell'altro ragazzo. Louis gli fa l'occhiolino e si
congeda tirandogli la gomma in fronte. La gomma atterra sotto al
tavolo. Harry non la ritroverà più.
*
“Ho
una teoria”, annuncia Perrie a mensa, dopo aver ascoltato il
resoconto degli ultimi giorni di vita di Harry. “Louis ha una cotta
per te”.
Harry
improvvisamente ha la tachicardia e deve fare uno sforzo immenso per
riuscire a inghiottire il boccone che sta masticando. Non immaginava
che le parole 'Louis' e 'cotta' nella stessa frase potessero avere
questo effetto su di lui. Anche se l'idea è solo una fantasia
di Perrie.
Niall
scoppia a ridere rumorosamente, beccandosi delle occhiatacce da parte
di alcuni ragazzi seduti al tavolo accanto al loro. L'espressione di
Perrie rimane impassibile.
“Aspetta”,
dice Niall scrutando il volto della bionda, “non era una battuta?”.
Perrie
scuote il capo.
“Pensateci-”.
“Smettila”,
sibila Harry prima di bere un generoso sorso d'acqua.
“Almeno
ascolta quello che ho da dire”, insiste Perrie.
Niall
allontana il vassoio con il cibo per dedicarle la sua completa
attenzione. Perfino Zayn ha smesso di scarabocchiare il suo taccuino
e la sta guardando con aspettativa. Harry volta il capo dall'altra
parte. E ovviamente, ironia della sorte, il suo sguardo cade sul
tavolo di Louis e dei suoi amici.
“Louis
si sta comportando come uno di quei bambini che fanno i dispetti alla
bambina per la quale hanno una cotta solo per attirare la sua
attenzione”, spiega Perrie con un ghigno soddisfatto. “Sai, tipo
tirarle le treccine o alzarle la gonna”.
“Louis
non è più un bambino e, soprattutto, io non sono una
bambina”, dice Harry, asciutto.
“Secondo
me Perrie ha ragione”, interviene Niall. “Devi ammettere che
Louis trova scuse improbabili solo per avvicinarti e importunarti”.
“È
un bullo”, ribatte Harry.
“Un
bullo ti avrebbe infilato la testa nella tazza del cesso”, afferma
Niall. “Louis sta cercando di conquistarti”.
Harry
scoppia a ridere.
“Non
mi intendo di rapporti sentimentali ma non credo che funzioni così”.
Perrie
e Niall sollevano le sopracciglia all'unisono.
“Zayn!”,
chiama Harry, cercando il supporto di una persona ragionevole. “È
così che hai conquistato Perrie?”.
Zayn
passa un braccio dietro alla sedia della sua ragazza.
“Io
non ho avuto bisogno di ricorrere a certi trucchetti. Mi è bastata
un'occhiata per farla cadere ai miei piedi”.
Perrie
si allontana con un verso indignato.
“Mi
sei stato dietro per mesi prima
che accettassi di uscire con te, deficiente”.
“Eri
già cotta di me ma volevi fare la difficile”, si difende
Zayn.
“Comunque”,
taglia corto Harry, “la vostra teoria non ha fondamenta perché
Louis è etero”.
“Che
ne sai?!”, dicono Perrie e Niall insieme. Poi si battono il cinque
attraverso il tavolo. Harry si domanda se valga ancora la pena avere
degli amici se questo è quello che deve subire.
“Quello
che dite non ha senso”, insiste. “Io sono...io e Louis
è...un'altra cosa”.
Harry
lascia vagare lo sguardo sul tavolo dove Louis è seduto assieme al
suo migliore amico Liam e agli altri della squadra di calcio. Per la
prima volta dopo più di una settimana può prendersi la libertà di
osservarlo come faceva una volta, dal momento che Louis è impegnato
a costruire una piramide impilando vasetti vuoti di yogurt uno sopra
l'altro, mentre Liam controlla ogni sua mossa, forse nella segreta
speranza di vederlo fallire. Louis ha gli occhi socchiusi e la lingua
in mezzo ai denti, tutto concentrato nella sua missione di creare
un'opera d'arte contemporanea entro la fine del pranzo.
“Eh?
Non sono sicura di aver capito i tuoi vaneggiamenti”, lo sfotte
Perrie. “Mi domando come tu faccia ad avere sempre voti alti nei
compiti se ti esprimi come uno scimpanzé”.
“Gli
scimpanzé non parlano”, mugugna Harry.
“Quello
che voleva dire Hazza”, si intromette Zayn, “è che gli sembra
assurdo che uno come Louis, dietro al quale sbava tre quarti della
fauna femminile di questa scuola e un quarto di quella maschile,
possa ricambiare la sua cotta”.
“Cos-Zayn!”,
squittisce Harry. “Dici cose perfino più insensate della tua
ragazza!”.
Zayn
lo guarda fisso.
“Mi
stai dicendo che non hai una cotta per Louis tipo dal primo anno?”.
“No
che non ce l'ho!”, esclama Harry.
Non
che non ce l'ha, che sciocchezze. Louis è sicuramente bello da far
girare la testa e ha un fascino che non ha eguali in tutta la scuola
– per una serie di fattori che se Harry dovesse elencarli tutti
impiegherebbe il resto del pomeriggio – ma è un po' troppo pieno
di sé e ultimamente anche un po' troppo indisponente per piacergli.
E poi a lui interessano i tipi più riservati e sull'intellettuale,
ecco. Non quelli che definiscono “Il Grande Gatsby”
noioso, senza averne letto una singola riga.
“Se
fossi dell'altra sponda penso che anch'io avrei una cotta per Tommo,
quindi non me la sento di giudicarti, Haz”, lo informa Niall.
“Vuoi
abbassare la voce?”, piagnucola Harry.
“Ehi,
credevo che se tu fossi stato dell'altra sponda avresti avuto una
cotta per me”,
scherza Zayn. O forse parla sul serio. È facile che la frase
di Niall lo abbia toccato nell'orgoglio.
Proprio
in questo momento un boato proveniente dal tavolo di Louis cattura
l'attenzione di tutta la mensa: la piramide costruita dal ragazzo è
appena crollata e i vasetti di yogurt si sono dispersi sul tavolo e
per terra.
Louis
inizia a raccoglierli, ma piuttosto che gettarli nell'immondizia li
lancia addosso ai suoi compagni di squadra. Liam cerca di
intercettare più vasetti possibile per evitare che cadano di nuovo
per terra.
Liam
è un ragazzo assennato. Harry si domanda dove sarebbe finito Louis
se Liam non fosse stato il suo migliore amico. Probabilmente dove è
adesso, perché, come già accennato, a Louis viene perdonato tutto.
Perfino una lotta coi vasetti di yogurt nel bel mezzo della pausa
pranzo.
Harry
rimane qualche secondo a fissare Louis, le sue braccia scolpite, i
polpacci muscolosi che emergono da sotto i suoi pantaloncini da
calcio, il ciuffo che ogni giorno pende da un lato diverso, il suo
sorriso di quando sta facendo qualcosa di particolarmente pestifero
– come quando ha srotolato metri di carta igienica lungo il
corridoio, l'anno prima, a mo' di tappeto rosso per dare il
bentornato a un'insegnante tornata dopo mesi di malattia o quando ha
tappezzato la scuola di fotocopie del suo sedere – fino a quando
Louis non si volta e lo becca in pieno.
“Marcel!
Nessuno ti ha mai detto che è maleducazione fissare la gente?”.
Il
riccio emette una specie di grugnito e si sbatte la testa sul tavolo.
Niall
si avvicina per sussurrargli: “Haz, non lo vedi che è
completamente cotto?” e Harry gli infilza una forchetta
nella mano. Il segno dei denti gli rimarrà per giorni ma nessuno si
azzardi a dire che non se l'è meritato.
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