TRIANGOLO
- Premessa: io AMO la coppia Philia-Valgarv. Siete avvisati. Mi sono
sempre chiesta "E se in Val rinato ci fosse ancora Valgarv, magari
impossibilitato a manifestarsi? Se la rinascita fosse una pena, e non un
premio?". Così è nata questa fic.
Il sesto capitolo ha un vaghissimo accenno lime, niente che un ragazzino di
13 anni già non abbia intuito, ma per sicurezza metto la storia con raiting
giallo (ma ci sono dei minori di anni 16 che ancora ricordano Slayers? a
volte mi sento un po' un dinosauro...)
- I commenti sono molto graditi!
Ilune
- TRIANGOLO
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- TRIANGOLO - 1
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- Era trascorsa un’altra giornata come tante, al negozio di porcellane e
mazze ferrate di via dei Fiori, ad Argenteuil, graziosa cittadina non
lontana da Zephilia. Il gigantesco uomo-lucertola stava chiudendo le
imposte, mentre la proprietaria, Philia, riordinava.
- Nel retrobottega che era cucina e tinello, una donna-volpe stava cucinando
al cena, mentre il marito, si, il vecchio volpone, Jiras, portava dentro la
legna appena tagliata, aiutato da Palu, figlio adottivo, primo figlio di
Irina.
- Nella culla che fino a sei mesi prima aveva ospitato un piccolo uovo con
dentro l’ultimo Drago Ancestrale, ora frignava un robusto bebé di sei
mesi.
- -Su, su, piccolo… che c’è?- Philia tirò su il bambino, che da tutti
veniva chiamato semplicemente Val.
- C’era un tacito accordo, per il quale nessuno si riferiva a lui come a
quello che era stato un tempo, il principe demone drago Valgarv, allievo del
Re Demone Drago Garv, ma semplicemente come a Val, il piccolino.
- Era da tutto il giorno che Val frignava, non voleva mangiare, non dormiva…
- -Secondo me sono coliche. Anche Palu ne soffriva spesso da piccolo.
Succede spesso quando i bambini mangiano con voracità. - affermò Irina.
- -Dici?-
- -Si. Si calma quando lo tieni in braccio tenendogli il pancino al caldo,
no?-
- -Si…-
- -Allora sono coliche. -
- Pur essendo Philia molto più vecchia della volpina, in fatto di neonati
era completamente nuova, mentre la donna volpe aveva già allevato un
figlio, e quindi le era un preziosissimo aiuto, oltre ad essere ora la
moglie di Jiras.
- Philia tirò quindi su il fagottino caldo e urlante, lo poggiò su un
braccio, e iniziò a passeggiare su e giù per il negozio, canticchiando una
nenia a mezza voce, per calmare il bambino.
- Forse fu l’effetto del calore sul pancino, forse la nenia o il
movimento, o una somma di esse, che il piccolo Val s’acquietò un po’.
-
- A ottobre, la sera cala presto, e alle nove e mezza, quasi tutti nella
graziosa casetta dietro e sul negozio di porcellane e mazze erano andati a
dormire.
- Non proprio tutti, eh.,..
- Val aveva di nuovo le coliche: con la sua abitudine di trangugiare il
latte dal biberon come chi non vede cibo da mesi (Philia prese nota:
aumentare le quantità: in fondo, un drago mangia più di un umano),
inghiottiva anche tanta aria, e poi… mal di pancia.
- Quindi, Philia era seduta sulla poltrona, accanto al fuoco, col bambino in
braccio, una coperta addosso, una tazza di tè sul tavolino a fianco, e un
libro in grembo.
- Lentamente, cullata dal calore del camino e dalla tranquillità del
bambino, sprofondò in un dolce sonno, col capo reclinato sul petto e il
bambino poggiato sul seno.
-
- Buio.
- Tutto intorno a lei, buio.
- Un tintinnio.
- Un suono che la riportò indietro di un anno.
- Un suono che aveva sentito in un posto buio come quello.
- Due fessure dorate si aprirono nell’oscurità.
- Philia si sentiva osservata, esaminata, messa a nudo e studiata come una
lucertola da uno scienziato…
- Umh, forse non era un gran bel paragone, quello che le era venuto in
mente. Quello della lucertola.
- In fondo, una certa persona che avrebbe voluto pestare a sangue, per farla
infuriare, la chiamava proprio "stupida lucertola"…
- La rabbia al sol ricordo le dette la forza di scuotersi da quella paralisi
che la certezza di essere osservata le aveva indotto.
- Calma, Philia, si era detta. Qualunque cosa possa essere, tu hai
affrontato il peggio del peggio. Quindi, stai calma.
- Si voltò lentamente, scrutando le tenebre.
- Esse erano così fitte che faceva male guardarle, davano l’impressione
di essere ciechi, di avere gli occhi sigillati e che comunque al di là
degli occhi sigillati c’era ombra, e ancora solo ombra.
- Erano spaventose.
- Poi, lo scintillio dorato.
- Non sapeva se era qualcosa di buono o cattivo. Beh, seguire quello
scintillio dorato era sempre meglio che restarsene lì nell’ombra, no?
- Si incamminò verso quel bagliore, non sapendo dire se era piccolo e
vicino, o grande e lontano…
- Lontano. Era senza dubbio lontanissimo.
- Per quanto camminasse, non riusciva a raggiungerlo…
- La ragazza si accasciò a terra, esausta.
- Le pareva di aver camminato per ore… anzi, per secoli.
- "Che strano," pensò. "io attorno a me vedo tutto nero…
però le mie mani… il mio corpo posso vederlo!".
- Si. Non era un buio normale. Era qualcosa di…
- Ecco.
- Adesso si ricordava dove aveva visto quel buio così strano, in cui poteva
vedere il suo corpo, eppure tutto attorno a lei era così nero, da fare male
a guardarlo.
- Dark Star.
- "È un sogno. È senza dubbio un sogno… adesso mi sveglierò,
porterò il bambino nella sua culla e me ne andrò a letto… magari berrò
del latte caldo…" pensò, convulsamente.
- Ma non riusciva a svegliarsi.
- Di solito, quando si rendeva conto di sognare, entro poco si svegliava…
oppure il sogno finiva.
- Ma qui non finiva.
- Philia aveva paura.
- Si rannicchiò su sé stessa, cercando di concentrarsi su qualcosa che non
fosse quel buio terribile.
- Poteva vedere il suo corpo… la camicia da notte. Fissò i fiorellini
ricamati nella camicia da notte, finché non le parve che tutto il suo campo
visivo non fosse stato coperto da un prato rosa cosparso margherite bianche.
- In un raggio di un metro attorno a lei, sbocciò un piccolo prato di erba
rosa, cosparsa di margherite bianche.
- Philia si era appena sentita sollevata da questo insolito fatto, che
qualcos’altro le fece battere forte il cuore per la pausa.
- Passi.
- Passi lunghi e decisi.
- Passi che echeggiavano in un silenzio di tempio vuoto dalle colonne
spezzate…
- -Vattene. -
- … e una voce che emergeva dai ricordi di appena un anno prima.
- TRIANGOLO - 2
-
- -Vattene. -
- Quella voce.
- Come dimenticare quella voce?
- Ma non era… non era possibile. O forse si? In fondo, non era un sogno?
- Un incubo. Uno degli incubi peggiori della sua vita.
- Quella era la voce venata di follia che era uscita dalle labbra del drago
ancestrale, Valgarv, in quella grotta dove si era rifugiato, straziato nel
corpo e nell’anima da poteri contrastanti, un anno prima…
- Come evocata dai suoi ricordi, la tenebra lasciò posto alla grotta, umida
e buia, d’accordo, ma non buia come quella tenebra opprimente.
- Seduto su un masso caduto e levigato dall’umidità dei secoli, il Drago
Ancestrale faceva tintinnare lo scacciapensieri rosso, meccanicamente.
- In quella grotta, lei l’aveva visto prostrato dal dolore e dalla
sofferenza, e aveva provato pietà per lui. Ma ora, aveva solo paura di
fronte a quello sguardo.
- Dopo che s’era fuso con Dark Star, lei lo aveva visto. Ed era quasi
sereno, come se la folle decisione di portare il mondo nel caos per una
nuova rinascita gli avesse restituito la sanità mentale, o almeno una
parvenza di essa.
- Ma ora, lo sguardo era quello di quando lo aveva visto al tempio del re
dei draghi di fuoco.
- -Come posso fare?- riuscì a trovare il coraggio di chiedere.
- -Non lo so. Non m’importa. Ma vattene. - lui le voltò le spalle.
- -Dove siamo?-
- -Nella mia prigione. Dove sconto la mia punizione, per tutta la vita dell’ultimo
Drago Ancestrale. -
- -Io non… non capisco. - si guardò attorno.
- La grotta era diventata un vulcano, una vasca ribollente su cui si
affacciava una sala ricavata da una caverna naturale.
- -Quando il bimbo è desto, vedo ciò che vede lui, odo e sento quello che
ode e sente lui. E già questa è una punizione assai severa, ma mi ripeto
che prima o poi crescerà, e potrò smettere di sentire solo latte e
ninnananne!- urlò, come se la colpa fosse di Philia, anziché delle
naturali esigenze del corpo di un neonato.
- -Ma il peggio, il peggio è nelle lunghissime ore in cui il bambino
dorme!- indicò la grotta -In questa tenebra, posso solo rivivere i miei
ricordi, perché questa oscurità mi è insopportabile. E rivivendoli - si
voltò a fissare Philia -rivivo l’odio per la tua razza!-
- Philia abbassò il capo.
- -Mi spiace. Speravo che la tua rinascita fosse un premio per le sofferenze
da te patite, non una punizione. -
- Valgarv la fissò, interdetto. Si aspettava una ripicca, urla, strepiti.
Non che la donna chinasse il capo, remissiva.
- Lei si sedette per terra.
- -Ora sono qui, e non ho idea di come andarmene. Ti chiedo quindi di
cercare di tollerarmi, per un poco. Farti soffrire è l’ultima cosa che
desidero, davvero… ma non so come andarmene!-
- Accidenti. Quella donna lo spiazzava. Lui le aveva appena detto che odiava
la sua razza, e anche lei sottinteso, e lei si scusava per il fastidio che
la sua presenza gli arrecava!
- Decise di ignorarla. Attraversò la vasta sala dei suoi ricordi, sedendosi
su un trono enorme, troppo grande per qualsiasi uomo. Un trono per un demone
colossale.
- Poteva, in quel non-posto, evocare i luoghi della sua memoria, ma non le
persone. Se avesse potuto materializzare i suoi ricordi, la prigionia in
quella tenebra gli sarebbe stata molto più dolce.
- Passi. Piccoli passi nervosi.
- Dalle tenebre, emerse Philia.
- Lui la guardò storto.
- Lei si tenne al limite del cerchio di realtà nella tenebra creato dai
ricordi di Valgarv.
- -Ti spaventa tanto, la tenebra di questo posto?- chiese, sorridendo
sarcastico.
- Lei annuì.
- -È spaventosa. -
- Valgarv corrucciò le sopracciglia.
- -Alla tenebra ci si abitua. Al buio senza fine, al freddo che morde le
carni, al caldo che sfibra il corpo. Quello a cui non ci si abitua mai, è
la solitudine. Questa, è la vera punizione infertami da Lord of Nightmares
per la mia presunzione. -
- -Da quanto tempo… sei qui?-
- -Quanto tempo è passato da quando avete sconfitto Dark Star?-
- -Quasi un anno. -
- -Da allora. -
- Philia rabbrividì. Un anno in quella tenebra!
- Il mondo attorno a loro iniziò a sbiadire.
- -Si sta svegliando. - disse Valgarv -Ha fame. -
- Philia si alzò da terra, mentre la sala attorno a lei si dissolveva come
nebbia al sole.
- -Tornerai?- le chiese lui. C’era qualcosa… Philia stentò a
riconoscerlo subito, ma c’era qualcosa di implorante nella sua voce.
- -È quello che desideri?- gli domandò, sorridendo.
- -Credo di si. -
- L’ultima sillaba quasi si perse, mentre tutto attorno a lei sfumava, e
si ritrovava nella sua comoda e calda poltrona, con il piccolo Val che aveva
iniziato ad agitarsi e a frignare.
- Immediatamente si alzò, tenendolo stretto al seno e cullandolo.
- -Ssshhh… che c’è, tesoro di mamma? Hai fame, vero? Già, è ora della
pappa di mezzanotte… Adesso arriva la pappa, dammi solo il tempo di
andarla a prendere, eh?- lo depose sulla poltrona, tutto ben avvolto nella
coperta, e corse in cucina a prendere i biberon nella ghiacciaia,
scaldandoli con un piccolo incantesimo, e tornando sempre di corsa dal
piccolo Val, che frignava, anche se non era ancora ai livelli di guardia da
"sveglio tutto l’isolato".
- Lo prese nuovamente in braccio, porgendogli il biberon, che il bimbo
afferrò prontamente con le manine, attaccandosi come se non vedesse cibo da
giorni.
- Mentre il neonato poppava beato, finendo il primo biberon e attaccando
vigorosamente il secondo, Philia tornò con la mente allo strano sogno che
aveva fatto.
- Finito lo spuntino di mezzanotte, il piccolo Val non pareva avere voglia
di dormire. Iniziò a giocherellare con le ciocche di capelli di Philia,
gorgheggiando felice quando lei se lo posò sul petto, facendogli sentire il
battito del suo cuore.
- -Piccolo Val… tesoro della mamma…- mormorò lei, sentendolo muovere
piano, mentre si succhiava il ditino -Ho forse solo sognato che dentro di te
c’è ancora il guerriero che eri? È stato solo un incubo, la tenebra in
cui l’ultimo Ancestrale è prigioniero?- lo cullò dondolandosi avanti e
indietro, finché non sentì che si era addormentato.
- Lo portò nella sua camera, deponendolo nella culla accanto al letto,
vicino al camino, l’angolo più caldo della stanza.
- Dormì un sonno profondo e senza sogni, e l’indomani fu tanto
indaffarata, tra le coliche del piccolo Val, una cliente particolarmente
esigente in negozio, e le mille faccende di casa, che quasi non trovò il
tempo di pensare allo strano sogno della sera prima.
- Val aveva mangiato con voracità, alle cinque di sera, e alle nove
piangeva per le coliche, e non voleva essere messo nel lettino, ma restare
in braccio a Philia, che si rassegnò a un’altra lunga serata in poltrona,
in attesa che le malefiche bolle d’aria passassero.
- Come la sera prima, si appisolò, tutta bel avvolta nella coperta e con
Val poggiato sul petto, la testina verde acqua contro il petto di lei, il
battito del cuore come ninnananna.
- E come la sera prima, si trovò in quella tenebra.
-
- TRIANGOLO - 3
- -Sei tornata. - disse Valgarv, indifferente. Era in piedi su uno sperone
di roccia, che dava su un campo di battaglia insanguinato. Devastato da
esplosioni, cosparso di cadaveri di demoni inferiori.
- -Non pareva dispiacerti la mia presenza, alla fine. - obiettò lei.
- Lui scrollò le spalle.
- -Anche un drago dorato è meglio della solitudine, or come ora. -
- -Non sono più un drago dorato. Sono stata dichiarata un drago perduto,
quando… - sospirò -quando ho disobbedito al Saggio, credendo alle tue
parole e non alle sue. -
- Valgarv si girò, fissandola in volto. Aveva il viso sporco di sangue
nero, che gli imbrattava le braccia fino ai gomiti, e i calzoni fino alla
ginocchia. La mantella era lacera e incrostata.
- -E i draghi dorati rimasti, della mia gente, mi hanno bandita e messa a
morte, quando ho deciso di prendermi cura del piccolo. -
- Se proprio doveva, tanto valeva vuotare il sacco e dirgli in faccia tutto
quello che le era costato la decisione di scontare almeno in parte le colpe
della sua gente, lei che al tempo di quei crimini non era neanche nata.
- -E come mai sei ancora viva?-
- Stavolta fu Philia a scrollare le spalle.
- -Il Cavaliere di Cephied e sua sorella Lina Inverse la Dramata. Hanno
detto due paroline ai draghi dorati. Due paroline chiamate Arc Dragon e
Dragon Slave. -
- Per la prima volta, Philia vide un sorriso genuinamente divertito sul
volto del drago ancestrale.
- -Sul serio? Avrei voluto vederlo. -
- Guardò di nuovo il campo di battaglia. Questi scolorò come nebbia,
lasciando posto a una strada lastricata in un paesino scomparso o cambiato
da chissà quanti secoli.
- Una fontana zampillava al centro della piazzetta in cui sbucava la strada.
Sulla piazzetta si affacciava una specie di trattoria, con tavoli di legno
massiccio e un pergolato che a settembre doveva dare uva in abbondanza.
- Ma non c’era nessuno per le strade, nessuna donna a lavare i panni,
nessun uomo a lavorare o scherzare ai tavoli, nessun bambino a correre e
giocare.
- Il silenzio dava i brividi.
- -È… agghiacciante. - mormorò Philia.
- -Te l’ho detto, è la mia punizione. La cosa che temo di più: la
solitudine. - si sedette su una panca della trattoria, ancora imbrattato di
sangue.
- Philia prese il fazzoletto di lino dalla tasca della vestaglia,
intingendolo nella fontana. Lo strizzò un poco per eliminare l’acqua che
grondava, e lo porse a Valgarv.
- Questi fissò la mano bianca della ragazza e il fazzoletto come se fossero
omini verdi venuti da Marte su un disco volante.
- Cioè con un misto di incredulità e diffidenza.
- Dato che lui non si decideva, Philia iniziò a pulirgli il volto col
fazzoletto, delicatamente, togliendo gli schizzi di sangue rappreso.
- Lui la lasciò fare, forse troppo sorpreso per reagire.
- Quando il volto del ragazzo fu tornato presentabile, Philia si sedette
sulla panca di fronte a quella dove s’era lasciato cadere lui.
- -Allora spero di poter venire qui tutte le notti, per tenerti compagnia. -
disse, semplicemente, posando il fazzoletto bagnato e insanguinato sul
tavolo.
- -Non ti faccio paura? Ho tentato di ucciderti. Ho cercato di portare il
mondo alla distruzione. -
- -E alla rinascita. Io lo so. Non sei davvero cattivo. Sei semplicemente
solo. E io ho promesso di non lasciarti più da solo. Mai più. -
- Valgarv vedeva e sentiva tutto ciò che il suo corpo rinato, l’altro sé
stesso infante vedeva e sentiva.
- Conosceva quindi quell’abbraccio caldo e materno, anche se solo come
riflesso delle sensazioni del bimbo.
- Capiva che quella donna amava davvero il sé stesso rinato.
- -Perché?- le chiese, non riuscendo a capirla.
- -C’è un motivo, per l’amore? C’è un motivo, nel voler confortare e
proteggere?-
- Lui abbassò il capo. Allungò la mano e prese il fazzoletto, sporco di
sangue, che gli aveva pulito il volto.
- -Sei una donna davvero strana. - disse, alzandosi, e andando a sciacquarlo
alla fontana, finché non fu nuovamente pulito. Quando glie lo rese, era
asciutto.
- Lei gli sorrise di rimando, e gli camminò a fianco quando lui iniziò a
percorrere le strade del paesino.
- -Che posto è… o era?-
- -Itora. Una guerra l’ha trasformato in un mucchio di rovine, trecento
anni fa. - fece Valgarv. Guardò malinconico le strade deserte.
- -Era un posto pieno di pace e tranquillità. Venivamo qui quando volevamo
rilassarci, dopo battaglie e carneficine. Un giorno tornammo, e…- qualcosa
cambiò. Il cielo divenne grigio e sporco, le case abbandonate, con le
finestre rotte e le porte sfondate, gli interni saccheggiati e dati alle
fiamme.
- -Avevano pagato i tributi ai loro re per secoli, ma non vennero difesi
dall’esercito del regno vicino. Vennero semplicemente abbandonati, per
tenere impegnate le truppe nemiche. -
- Lo sguardo tornò cupo -Strategicamente era giusto. Ma cosa importava
della strategia ai corpi straziati?-
- Come evocati dalle sue parole, cadaveri abbandonati e straziati apparvero
qui e là. Madri che stringevano nella morte i figli, uomini che
proteggevano le donne, colpiti, squartati, mutilati, depredati.
- Philia impallidì, portandosi le mani contro la bocca.
- Uno scatto della testa di Valgarv, e al posto del paesino distrutto c’era
nuovamente la sala del trono immersa nella rossa penombra del vulcano.
- -I nostri seguaci avevano quantomeno un posto in cui rifugiarsi. I mostri
che si mettevano al nostro servizio avevano la certezza che i loro piccoli
sarebbero stati al sicuro. Chi sono i demoni?-
- Sbuffò -Forse è meglio chiedere, chi non lo è?-
- Si accoccolò sul trono nella sala dei suoi ricordi, e in quel seggio
appariva piccolo come un bambino, sopra quei gradini così grandi anche per
una donna alta come Philia.
- Lei gli si avvicinò, posandogli una mano sul braccio.
- -Questi ricordi… ti fanno solo male. Avrai ricordi lieti, almeno
qualcuno, no?-
- -Si. Ma non riesco a richiamarli a me. Quando penso a qualcosa, quando
cerco di riportare la mente ai giorni sereni passati accanto al mio Maestro,
mi ritrovo dinnanzi solo i momenti più cupi e dolorosi della mia esistenza.
-
- Col capo reclinato su una spalla, rannicchiato, pareva proprio un bambino.
- -Ad esempio… guarda. - era ancora rannicchiato, ma attorno a loro c’era
il deserto, giallo e ustionante. Il sole era impietoso, spaventosamente
grande, e bruciava la pelle. L’aria era quella di una fornace.
- Sopra di loro volteggiavano come avvoltoi draghi dorati, immensi, con musi
feroci e picche rostrate.
- -Quando tento di ripensare a quando ho incontrato il Maestro, quando lui
mi ha raccolto morente e mi ha preso con sé come suo allievo prediletto, mi
ritrovo qui. E il sole brucia, e la sete mi divora, e lui non arriva, ma ci
sono solo loro, lassù, che aspettano che io sia troppo debole per reagire
per scendere e uccidermi, come un bimbo inerme, come un uovo da frantumare.
-
- Ora, i capelli color acquamarina di Valgarv erano liberi in lunghe ciocche
scomposte sulla sua schiena. Il sole scottava impietoso la pelle bianca e
nuda, e il drago ancestrale occhieggiava nervoso e timoroso i draghi dorati
che giravano come avvoltoi enormi sopra di loro, accovacciato nella sabbia
abrasiva.
- -Ssshhh… va tutto bene. È solo un ricordo. E finiva bene, non è vero?-
- Quelle braccia sottili che tante volte avevano sollevato il corpicino dell’altro
sé stesso neonato, ora gli cingevano la testa e le spalle, dolcemente, e
quelle ciocche che le manine paffutelle del piccolo Val cercavano di
afferrare ogni giorno, ora gli scendevano come una cortina d’oro attorno
al volto.
- Arrossì violentemente quando lei se lo strinse al petto, cullandolo come
un bimbo, ma non avrebbe saputo dire perché le aveva circondato la vita con
un braccio.
- Sapeva solo che ora il sole non bruciava più, e la sabbia non era più
così abrasiva e bollente, ma anzi era soffice e compatta. Era diventata lo
spesso tappeto della camera di Philia, e il calore era quello gentile del
focolare, e la luce quella rosso-ambrata delle fiamme di un ciocco
stagionato che ardeva.
- -Questo è un tuo ricordo…- trovò solo la forza di dire.
- -Credo di si. Volevo solo essere in un posto confortevole e familiare. -
- Lui la strinse a sé, forte, come se temesse che lei lo abbandonasse.
- -Non lasciarmi solo coi miei ricordi!- le chiese, quasi in lacrime. Il
mondo stava sfumando attorno a loro. Il piccolo Val si stava svegliando.
- -Non ti lascio solo. Non temere, tornerò. Tornerò, non aver paura, non
aver paura…-
- Lei svanì tra le sue braccia, e lui si trovò nella tenebra.
- La tenebra di un bimbo con gli occhi chiusi, nel tiepido buio del salotto
una notte d’inverno.
- Il piccolo Val si agitò, reclamando la sua pappa, e Valgarv vide, senza
avere la possibilità di comandarle, le piccole manine grassocce aggrapparsi
alla stoffa della camicia da notte di Philia, cercando di afferrare le
invitanti ciocche dorate.
- Fu cullato assieme al sé stesso neonato, confortato con parole dolci,
mentre veniva avvolto nella morbida coperta e posato sulla poltrona, e poco
dopo, nutrito col latte caldo e dolce.
- Il piccolo Val faceva piccoli versi soddisfatti mentre la sua
"mamma" lo cullava e lo avvolgeva stretto nella coperta, e lo
portava in camera, deponendolo, anziché nella culla, nel suo largo lettone.
- Si sdraiò accanto al neonato, tutto ben avvolto, coprendolo anche con la
sua coperta, e infilandosi sotto la coltre accanto a lui.
- -Se, dormendo, tengo accanto a me Val che dorme, posso forse incontrarti
di nuovo?-
- Fece un’ultima carezza al suo piccolino, prima di spegnere il lighting
con cui si era illuminata il cammino, e chiudere gli occhi.
- La stanza era identica alla sua. Solo che, al posto di un neonato, c’era
un giovane uomo tra le coltri.
- Si protese sul letto, accarezzandogli i lunghi capelli acquamarina. Lui
aprì gli occhi.
- -Ti aspettavo. - le disse, rimanendo però immobile sotto le coperte.
- -Sei un po’ grande per la favola della buonanotte, credo…-
- -Non posso dormire. Di giorno, devo vivere e provare quello che prova Val,
il neonato, E di notte, non posso avere requie, e vivo nei ricordi. Ma se
resti accanto a me, forse riuscirò a vivere i ricordi felici. -
- Philia si sedette sul letto, con il plaid sulle ginocchia, e rimase lì
fino ad addormentarsi. Addormentarsi in un sogno.
- Valgarv stette sotto le morbide coperte, rosa ovviamente data l’occupante
della stanza, a osservarla dormire, il suo respiro profondo e regolare, i
lievi movimenti degli occhi sotto le palpebre, i fremiti delle ciglia
bionde.
- Era un drago dorato.
- Ma non importava.
- Era qualcuno che voleva non lasciarlo solo.
- Era tutto ciò che adesso aveva.
-
-
- TRIANGOLO - 4
- -Mi pare di essere un padre invisibile che osserva sua moglie prendersi
cura del loro bambino. Solo che il mio punto di vista è interno, non
esterno. -
- Una notte, Valgarv ne uscì con questa affermazione.
- Erano sulla riva di un lago. C’era il cinguettio di invisibili
uccellini, e il vento soffiava dolcemente portando profumo di glicine in
fiore. Il sole di maggio scaldava dolcemente.
- Philia era seduta sull’erba folta come un tappeto, mentre Valgarv
gironzolava attorno, forse per imprimersi nella mente quel paesaggio, e
riviverlo anche quando lei non era lì.
- -La cosa mi imbarazza un poco. Ci sono cose che un bambino può fare e un
uomo no. - continuò.
- Philia sferruzzava con gli aghi da calza una larga, lunga striscia
verde-acqua. In realtà, quando era desta stava sferruzzando un cappello per
Val, ma ora stava facendo una sciarpa.
- -Come farsi cambiare il pannolino?-
- Vide Valgarv farsi scarlatto in volto.
- Gli fece segno di sedersi accanto a sé.
- -Tu sei tu, e Val è Val. Non devi sentirti imbarazzato più di un uomo
che veda una donna cambiare un neonato. -
- -Ma io vedo quello che vede lui e sento ciò che sente lui. -
- -E ti senti appagato assieme a lui?-
- Valgarv tacque per un istante.
- -A volte. -
- Lei depose il lavoro a maglia accanto a sé, battendosi una mano in
grembo.
- -A Val piace addormentarsi con la testa sulle mie ginocchia. E a te?-
sorrise.
- Per tutta risposta, Valgarv s’allungò a terra, posando il capo in
grembo alla ragazza.
- -Anche a me piace stare così. - le disse, cingendole la schiena con un
braccio. Lei riprese il suo lavoro ai ferri, come di solito faceva quando
Val si piazzava sul divano usandola come cuscino, e stava per ore a
sonnecchiare o a gorgheggiare nell’incomprensibile lingua segreta dei
neonati.
- -Spero solo di non iniziare a vedere in te una madre, come invece fa Val.
Credo che sarebbe un po’ troppo. - disse a un certo punto, quando, se
fosse stato un gatto, avrebbe iniziato a fare le fusa. Philia gli stava
accarezzando la testa, e lui non si sentiva così bene da… da quanto?
Forse il benessere riflesso di Val sazio e al caldo poteva avvicinarsi. Ma
questa sensazione era solo sua, non passava per l’altro sé stesso
infante.
- Passarono lunghi minuti. Sebbene lui le avesse detto più volte che non
poteva, Philia iniziava a pensare che Valgarv si fosse addormentato. Il suo
respiro era profondo e regolare, e teneva le palpebre abbassate sugli occhi
dorati.
- Occhi che non riflettevano più solitudine e disperazione. Occhi che ora l’accoglievano
assieme a un sorriso e, sempre più spesso, assieme a un abbraccio.
- -Philia… come facevi a sapere che non ero "veramente cattivo"?
Come potevi sapere che non ti avrei fatto del male, quando sei venuta in
questa mia prigione, la seconda volta?- chiese lui, all’improvviso.
- Philia fermò a mezz’aria la mano che accarezzava quei morbidi capelli
verde chiaro. Poi, la mano riprese la sua dolce discesa tra le ciocche.
- -Quando ti lasciasti assorbire da Dark Star, e poi ci parlasti, dopo
averci circondati delle tenebre di Dark Star. Le tue parole. Il tuo volto.
Tu non volevi la distruzione fine a sé stessa. L’avevo compreso. E, alla
fine, una piccola parte di me ha desiderato che tu distruggessi questo mondo
e lo facessi rinascere, più giusto e buono. - gli sfiorò il collo -Questi
non sono pensieri e discorsi di un essere malvagio. Solo di una persona
tanto triste. Di una persona che ha sofferto tanto. - tacque per un istante
-Avrei voluto correre da te e consolarti, abbracciarti, dirti che potevamo
ancora farcela, a rendere il mondo un posto bellissimo e giusto. -
- Valgarv si voltò a pancia in su, allungando le mani a prendere quelle di
Philia.
- -Lo so. Eri dentro Dark Star. Dentro di me, in un certo senso. Per questo
ho lasciato alla fine che mi uccideste. Che distruggeste Dark Star. - si
accostò le mani di lei al volto -Anche io desideravo che tu venissi da me,
a riempire il vuoto che la mia vita era diventata. -
- -Non posso rimpiazzare coloro che hai perso, Valgarv. -
- -Lo so. Loro sono ancora qui, nel mio cuore Però, puoi avere un tuo posto
anche tu, qui, e riempirlo, se lo vuoi. -
- Philia gli sorrise, dolcemente.
- -Lo voglio. Lo voglio da molto tempo. Altrimenti non sarei qui ogni notte.
-
- Ci fu tra loro, per molti minuti, quel tipico silenzio di chi non parla
con la voce, perché tutto quello che c’è da dire, è già stato detto
dal cuore.
- -Cosa accadrà, quando il bambino crescerà?- chiese d’improvviso
Valgarv.
- Philia tacque, non sapendo come rispondere.
- Infine, trovò il modo di metter fiato alle confuse idee che aveva.
- -Non lo so bene…- disse lentamente -Di sicuro, notte dopo notte, verrò
qui. Non ti lascerò solo. -
- sorrise, colpita da un buffo pensiero -Sarò come quelle donne,
irreprensibili di giorno, e con l’amante segreto, al calar delle tenebre!
Col vantaggio che io non dovrò sgattaiolare fuori di casa, eludendo lo
sguardo di vicine impiccione!-
- Anche Valgarv ridacchiò. -Ho avuto molti epiteti nei secoli… da
"principe demone-drago", "allievo prediletto",
"pupillo del Maryu-ou", a "assassino",
"sterminatore", "dominatore del campo di battaglia, fino
anche "pazzo" e "psicopatico". Ma "amante
segreto" ancora mi mancava!-
- -Beh, segreto, lo sei, nessuno a parte me sa che in Val vive Valgarv. -
fece notare lei, scostandogli una ciocca da davanti a un occhio.
- -E anche amante, adesso. Nel senso che credo che mi sto innamorando di te.
- le disse, guardando le gote chiare della ragazza imporporarsi.
- Attorno a loro si fece scuro: il piccolo Val si era svegliato, piangendo
per il pannolino sporco.
- -Anzi, forse già ti amavo, da quando mi ero fuso con Dark Star. Ti amo da
quando nei tuoi occhi non ho letto odio, ma solo pietà, e comprensione. Era
troppo tardi, ormai. Ma se avessi distrutto questo mondo, se fossimo rinati
in un mondo migliore, avrei voluto rinascere assieme a te, per condividere
assieme una intera vita.- mormorò Valgarv al buio, mentre Philia tornava
nel suo corpo, accendendo un lighting in tutta fretta e cercando la
vestaglia.
- Pensieri trattenuti, non dati alla voce, forse ancora troppo arditi per
essere rivelati.
- Ma, forse, un giorno…
- TRIANGOLO – 5
- Val metteva il primo dentino, e frignava ed era nervoso tutto il giorno.
Proprio adesso che erano passate le coliche. Quando finalmente si
addormentava, Philia crollava esausta accanto a lui, ben lieta di
trascorrere qualche ora tranquilla in riva a un placido lago dei suoi
ricordi, o ad ammirare la neve che cadeva lenta e silenziosa.
- Lei e Valgarv passeggiavano sotto fiocchi tiepidi e delicati come i
piumini dei pioppi, che avvolgevano silenziosi il paesino, per poi tornare
alla casa gemella di quella in cui vivevano, e guardare fuori la sera
calare, nel silenzio che li avvolgeva.
- All’inizio, l’assenza di altre persone a parte loro, e il conseguente
silenzio, avevano impressionato Philia. Ma poi avevano scoperto un altro
silenzio, il silenzio complice tra loro due, un’intimità che si stava
creando giorno per giorno, con sempre più spesso quella casa come teatro.
- Valgarv aveva vissuto per mille anni circa, giorno più giorno meno, ma
sempre scappando, combattendo, lottando. Non aveva la più pallida idea di
come corteggiare una donna. E Philia era stata per tutta la sua ben più
breve vita una vestale.
- Val aveva quasi dodici mesi, e gattonava per tutta la casa allegro come
solo i bimbi sanno essere, e Valgarv ancora s’interrogava di come
iniziassero le cose tra uomo e donna.
- Poi, il colpo di fortuna.
- Palu aveva sorpreso Val gattonare in cortile, l’aveva preso e riportato
in casa.
- E aveva visto la mamma e Jiras che si baciavano.
- E anche Val aveva visto.
- Ovviamente, Val non ci aveva capito una cippa, ma Valgarv, che guardava
con gli occhi del bimbo, aveva avuto finalmente chiarite una o due cose, che
un tempo Jiras aveva tentato timidamente di spiegargli, alla domanda del
demone-drago su cosa ci trovasse di interessante nelle femmine.
- Solo che Jiras e la mogliettina parevano ben oltre il timido rapporto che
stava nascendo tra lui e Philia.
- Non erano solo timidi bacetti. Erano baci di fuoco, e abbracci e risatine
e allusioni e ammiccamenti.
- Se Valgarv avesse avuto un po’ più di esperienza, o fosse stato più
smaliziato da quel punto di vista, avrebbe capito che, probabilmente, tra
qualche mese Palu avrebbe avuto un fratellino o una sorellina!
- Allusioni e ammiccamenti a parte, il problema era: Irina era più che
consenziente, con Jiras. Philia lo sarebbe stata, con lui?
- E, soprattutto, lui avrebbe avuto il coraggio?
- Era terrorizzato all’idea di ferirla. Se lei lo avesse odiato, se lo
avesse abbandonato… non osava neppure pensarci.
- Quello che non sapeva, era che Philia aveva avuto modo, durante i
sonnellini di Val, di fare lunghe chiacchierate con Irina riguardo ai
rapporti di coppia.
- Sapeva che, nel rapporto di coppia, c’erano tre fasi, dette A, B e C (1).
Sapeva vagamente a cosa corrispondevano, ma non si era mai interessata a
fondo.
- In fondo, era stata una vestale, fino a un anno e mezzo prima. Certe cose,
semplicemente, non dovevano interessarle.
- Ma adesso non era più una vestale, e, insomma, alla sua età una ragazza
doveva imparare come giravano le cose tra uomini e donne.
- Così, aveva fatto due istruttive chiacchiere con la donna-volpe, molto
più giovane di lei, certo, ma con molta più esperienza, in quanto già
vedova e risposata.
- Quel poco che Philia sapeva sull’"A, B, C", si era rivelato
essere solo la punta dell’iceberg. E aveva domandato solo dell’A, e
aveva ricevuto appena un accenno al B (non richiesto, tra l’altro)!
- Quel giorno, avevano scelto un giardino.
- Avevano scoperto che, assieme, potevano combinare più ricordi, per creare
nuovi paesaggi, nuove cose.
- Era un pomeriggio di inizio estate, in un parco con i sentieri selciati di
pietre rotonde, un largo fiume artificiale con piante acquatiche e grossi
pesci colorati, un mulino che pareva uscito da un’illustrazione, e salici
dai fusti enormi che sfioravano con le fronde la corrente.
- Come al solito non c’era nessuno, tranne qualche uccellino che svaniva
quando si distoglieva l’attenzione da lui.
- Ma il mormorio del fiume incanalato che si trasformava in selvaggia
cascatella, dopo un paio di centinaia di metri, dava l’illusione di un
chiacchiericcio di persone.
- L’erba era bassa e cosparsa di margherite e botton d’oro.
- Il tipo di paesaggio che piaceva tanto a Philia.
- Valgarv amava di più praterie battute dal vento, boschi mai sfiorati
dalla mano dell’uomo, rive di laghi e spiagge che mai avevano conosciuto
il tacco umano. Amava le profonde caverne vulcaniche, dove il calore era
costante, o i bui anfratti dove i millenni creavano fantasmagorie di pietra.
- Ma anche quel fiumiciattolo addomesticato era grazioso.
- Philia doveva aver visto spesso simili fiumicelli addomesticati, perché
il fondale di piante acquatiche piegate dalla corrente e pesciolini colorati
era nitido e preciso. La ragazza s’era seduta sull’erba, immergendo le
punte delle dita nell’acqua fresca e cristallina.
- Valgarv, in piedi accanto a lei, apparentemente guardava i pesci rossi
dorati. In realtà, il suo sguardo era calamitato dalla massa color oro dei
capelli di Philia, che scintillavano a un sole gentile, lasciando liberi a
tratti scorci del collo lungo e chiaro.
- Come aveva potuto, un tempo odiare il color oro? Fino a poco tempo prima,
lo associava agli assassini della sua razza. Ora, non riusciva a collegarlo
ad altro che a quella chioma di sole.
- Si inginocchiò dietro di lei, cingendole le spalle con un abbraccio, e
affondando il volto in quella massa di capelli.
- Philia sfarfallò un attimo le lunghe orecchie, tipiche dei draghi dorati,
più lunghe persino di quelle degli elfi, voltando il capo, sorpresa.
- Sorrise, accarezzando il colto di Valgarv, quando questi le posò il mento
nell’incavo della spalla.
- Non avrebbe mai pensato che il fiero guerriero, l’uomo temprato dall’asprezza
di una vita da reietto, potesse celare un lato tanto dolce e sensibile. Nel
suo abbraccio, la ragazza percepiva tutta la disperata ricerca di affetto,
di qualcuno a cui importasse di lui.
- E lei si sentiva onorata e felice, di poter essere ora quel qualcuno.
- Erano così vicini, i loro volti, che al punta del naso di lui sfiorava la
guancia di lei.
- Eppure, dato che Valgarv era sempre stato tanto timido, anche per il primo
abbraccio, Philia rimase genuinamente stupita, quando le labbra di lui le
sfiorarono l’angolo della bocca, arretrando poi, come timoroso di quel che
aveva fatto, temendo la sua reazione.
- Gli occhioni blu della ragazza si erano spalancati, ma nient’altro del
suo corpo aveva tradito la sorpresa. Forse già tutto il suo corpo lo
desiderava.
- Si voltò leggermente, sorridendogli incoraggiante, girandosi in quell’abbraccio
che, lei sapeva, poteva essere una morsa ferrea, o la più dolce delle
prigioni.
- -Hai sbagliato un po’ la mira. - gli disse, scherzosa, con la mano
libera che lo tratteneva per l’orlo della giacchetta.
- -Posso riprovarci?- chiese lui serissimo, anche se da tutto il suo corpo
trapelava l’indicibile sollievo del non essere stato respinto.
- Per tutta risposta, Philia strinse la presa sul tessuto, e lo attirò a
sé, chiudendo gli occhi.
- Morbido.
- Caldo.
- Anche in seguito, ogni volta che Valgarv avesse tentato di ripensare a
quel suo primo bacio dato a Philia, gli unici aggettivi con cui riusciva a
descriverlo erano "morbido" e "caldo".
- Le labbra della ragazza erano morbide, così come il braccio che gli
premeva contro il petto, i capelli tra le mani, le spalle che cingeva.
- Non avrebbe mai voluto interrompere quel contatto, ma quando si dovettero
scostare per riprendere fiato, ci fu un secondo bacio, e un terzo.
- Era calata una dolce sera nel giardino di sogni e fantasia, e grilli e
lucciole impreziosivano il crepuscolo. Una luna bianca d’argento rendeva
scintillante il corso d’acqua, e la luce delicata enfatizzava la
carnagione, chiara, anche se in maniera diversa, dei due.
- Valgarv non era mai stato interessato all’arte, ma si ritrovò a pensare
che neanche una mano immortale e sublime avrebbe potuto catturare la
bellezza e la dolcezza dello sguardo che Philia gli rivolse, sotto quella
luce lunare.
- "È bellissimo", avrebbe voluto dire. "Sei
bellissima", la sua mente cercava disperatamente di pronunciare.
"Ti amo", gridava il suo cuore.
- Ma dalle sue labbra dischiuse non usciva un suono. Era un guerriero, non
un poeta. I fatti erano il suo modo per esprimersi.
- Philia ormai l’aveva capito bene, in quella luce lunare, vedeva quelle
labbra sottili aprirsi e poi chiudersi, cercando di dire qualcosa che lei
aveva già capito da tempo.
- Gli posò la testa sulla spalla, in un abbandono tanto innocente quanto
completo.
- -Anche io ti amo. - gli sussurrò, risparmiandogli alla fine l’agonia
del cercare di dire qualcosa e non riuscire a cacciarla da quanto era
grande.
- Nota di Ilune:
- (1) A, B, C.
- Si intendono con le tre lettere, le tre fasi del rapporto di coppia.
- A: baci, da quello sfiorato a quello profondo
- B: petting
- C: rapporto sessuale completo
- TRIANGOLO - 6
- Philia sapeva che, quando Val dormiva, e lei non era con lui, Valgarv
vagava solo nelle lande dei suoi ricordi.
- La preoccupava e la rattristava, saperlo solo, ma non sarebbe riuscita a
dormire ogni volta che il bimbo si addormentava. Aveva dopotutto un negozio
e una casa da mandare avanti, anche se aiutata dalla famiglia di Jiras e da
Gourabos.
- Fece una carezza veloce al bambino, che gorgogliava mezzo addormentato,
nella sua culla di vimini dietro il bancone del negozio. Aveva ormai un
anno, era la vigilia del suo compleanno, e non ci stava quasi più in quella
culla più adatta a un uovo, che a un paffutello bebé.
- -Spero tu non ti senta troppo solo. - mormorò, non al bambino, ma all’uomo
dentro di lui.
- L’ingresso di una cliente particolarmente rumorosa svegliò il bambino
dal suo sonnellino appena iniziato, facendolo frignare nervoso per tutto il
pomeriggio.
- Il mancato sonnellino portò al rifiutare la merenda, poi a una fame da
lupi a cena, e infine a un bel pianto per indigestione.
- Decisamente una giornata no.
- Quando finalmente si addormentò, con il suo orsetto di peluche preferito
tra le manine e il ciuccio in bocca, Philia si permise di tirare un sospiro
di sollievo.
- Era così difficile, allevare un bambino!
- Si spazzolò i lunghi capelli, raccogliendoli in una grossa treccia.
- Anche con l’aiuto di Irina, di Jiras e di Gourabos, c’erano dei giorni
in cui, semplicemente, sentiva che da sola non ce la faceva. Che le mancava
qualcosa.
- Si spogliò e si mise la camicia da notte, rosa ovviamente.
- Qualcuno.
- Si infilò sotto le coperte.
- Che le mancava un compagno, un padre per il suo piccino.
- Accarezzò la testolina del bambino, addormentato, che succhiava beato il
ciuccio nel sonno.
- -Ti voglio tanto bene… ma vorrei che tu fossi davvero figlio mio, e di
Valgarv, e non solo il suo corpo rinato, la sua prigione…- lo baciò sulla
fronte, poi si lasciò cadere, esausta, a letto.
- Un attimo dopo, era nel beato mondo dei sogni.
- Uno sperone di roccia battuto dal vento, affacciato su un mare burrascoso.
Il cielo era limpido, l’aria frizzante, salmastra.
La ragazza respirò a pieni polmoni quell’aroma selvaggio e puro.
- Come lui.
- Percorse i pochi metri che la separavano da Valgarv, in piedi su quella
roccia, a guardare il mare, affascinato.
- Lo abbracciò, posando la fronte sulla schiena ampia di lui.
- Sentì sotto la guancia i muscoli della schiena del drago ancestrale
guizzare, torcersi, mentre voltava il capo e le sorrideva.
- -Giornata pesante, eh?-
- -Non finiva più…- sospirò lei, grata di quelle ore di tranquillità.
- -Ti piace?- le domandò indicando il mare, l’aria pura, con un ampio
gesto del braccio.
- -Si. Da un senso di libertà. Fa venire voglia di volare, cavalcare il
vento…-
- Lui si voltò, passandole un braccio attorno alla vita. La baciò, e
Philia sentì sulle sue labbra il sapore del sale che il vento aveva
depositato.
- -Io non so volare. -
- -Certo che sai volare! Sei un drago!-
- -È passato tanto tempo. Non sono più tornato interamente alla mia vera
forma, da quando Garv mi ha trasformato in un demone-drago. -
- Lei gli prese la mano. -Qui possiamo fare ciò che vogliamo. Pensa a com’eri.
Pensa alle ali, al cuore che batte nove volte. Pensa al vento che ti
solleva, agli artigli. Pensa a ciò che sei veramente!-
- Valgarv la guardò, dubbioso. Lei si protese sulle punte, baciandogli la
guancia -Io so che puoi farlo. - gli sussurrò.
- Beh, lei lo credeva. Non poteva deluderla.
- Le sorrise, incerto, allontanandosi di qualche passo. Ricordava che, come
drago, era molto più grosso di un umano.
- Si guardò le mani. Trasformava sempre quelle per prime. Poi le ali, e poi…
non era mai andato oltre, da che era Valgarv, e non più Valtier.
- Beh, qui posso tutto, si ripeté.
- E, senza dolore, senza fatica, chiuse gli occhi, e quando li riaprì, era
ciò che era sempre stato.
- Valgarv, drago ancestrale.
- Le lunghe ali dalle piume nere frusciavano nel vento invitante.
- Rumore di sassi sgretolati, una piccola figura dorata si accostò a lui.
- -Non è stato difficile, no? - chiese Philia, nella sua vera forma di
drago dorato.
- Drago… diciamolo… abbozzo di drago.
- Pareva… ecco, ad essere gentili, tonda. Buffa.
- Un disegno di drago, fatto da qualcuno che non sapeva disegnare troppo
bene.
- Con un fiocco rosa sulla coda.
- Valgarv sorrise, mettendo in mostra una chiostra di zanne candide.
- -No, qui no. - la guardò -Sembri così piccola…-
- Lei arrossì -So… sono ancora giovane! Quando sarò completamente
adulta, sarò…- fece due conti -Ti arriverò circa qui. - indicò un punto
appena sotto la spalla di Valgarv.
- Lei fece qualche passetto in avanti -Dai, lanciati anche tu!. Tuffandosi
dalla scogliera, le ali chiuse, fin quasi a sfiorare il mare, e poi,
spiegando di colpo le membrane dorate, prendendo il volo, salendo fino a un’altezza
vertiginosa cavalcando il vento vigoroso.
- Valgarv guardò diffidente l’altezza che lo separava dall’acqua.
- L’acqua, cadendo da quella altezza, è più dura di un muro di cemento,
sapeva.
- LUI non avrebbe fatto le acrobazie. Per ora…
- Mezz’ora dopo, il drago ancestrale cavalcava il vento in giri della
morte e complesse acrobazie, volteggiando attorno a Philia.
- Quel fiocco rosa svolazzante legato alla sua coda era invitante, avvertiva
l’irresistibile, giocoso impulso di rincorrerlo, afferrarlo, come un
gattino con la pallina.
- E Philia stava al gioco, producendosi in acrobazie che parlavano di una
assai poco femminile propensione e passione per il volo acrobatico.
- Volavano assieme, l’uno nella scia dell’altro.
- E a un certo punto, Valgarv si rese conto che il suo interesse per il
nastro rosa era sparito, soppiantato dall’interesse per colei che lo
indossava, quel nastro rosa.
- E il volo di Philia era meno scatenato, più… languido. Non cercava più
di sfuggirgli giocosamente, quanto piuttosto di precederlo.
- Quando l’aveva vista come drago, l’aveva trovata buffa, così tondetta
da essere quasi una caricatura di un drago.
- Ora ammirava quelle ali, il suo collo si protendeva per intrecciarsi un
attimo con quello di lei. Buffo come fosse snella e alta in forma umana, e
come fosse piccola e rotonda, come drago, quasi. Piccola, ma morbida, e
calda tra le sue braccia.
- Anche Philia aveva avvertito quella differenza nel modo di volare. Non
voleva più seminare il suo Valgarv. Voleva invitarlo in quei caroselli
aerei, stuzzicarlo, ma farsi prendere… gli antichi istinti animali dei
draghi stavano prendendo il sopravvento sulla razionalità tanto vantata da
alcune delle razze draconiche.
- Valgarv era bello, bellissimo, anche come drago: le ampie ali, le braccia
lunghe, il collo flessibile che si protendeva per avvolgersi a lei.
- Con un ultimo scatto, lui la raggiunse, seguendo un istinto antico di
migliaia di anni più che la ragione, stringendola tra le braccia, e
sostenendo con le proprie ali il pesi di entrambi, planando giù…
- Se fossero stati nel mondo reale, ad altissima quota, se avessero avuto
più esperienza delle correnti, avrebbero potuto planare, uniti,
avvinghiati, anche per un’oretta buona.
- Ma il vento di quel luogo era dato dai ricordi di Valgarv, e non erano
comunque ad alta quota.
- Con orrore, furono strappati all’ovattato mondo dei sensi animali dalla
vista di una scogliera che avanzava a grande velocità verso di loro!
- Fu Valgarv a riuscire a pensare con maggiore lucidità a cosa fare, come
salvarsi. In fondo, quello era il suo mondo onirico. Era lui che decideva
cosa c’era, anche se non chi.
- Un istante dopo, due draghi in forma umana piombavano in strisciata a
velocità paurosa su un letto a circa tre piazze, con un terribile
scricchiolio del legno.
- Per alcuni minuti, i due restarono immobili, come a fare la conta dei
pezzi del corpo eventualmente persi nell’attrito.
- -Siamo… ancora vivi?- chiese alla fine Philia.
- -Pare di si. - Valgarv si lasciò cadere sul letto. Il suo letto, nella
fortezza di Garv, nelle sue stanze private.
- Abbracciò Philia, stringendosela al petto.
- -Lo avvertivi anche tu? Quell’istinto… quel desiderio impellente…-
- -Si. Io… non sapevo che… per noi draghi fosse così. - era rossa.
Valgarv sentiva contro il petto nudo le guance di lei bruciare.
- -Perché avrebbero dovuto dirtelo, candida e pura vestale?- le sorrise
lui.
- -Giurami che non faremo più una cosa del genere in volo!- sospirò lei,
ancora scossa dalla caduta, alzando lo sguardo a incontrare quello dorato di
lui.
- -Te lo giuro. - la baciò, a lungo, profondamente. Sentì le mani di lei
cingergli i fianchi, i loro corpi aderire. -Qui si sta meglio. -
- Lei si bloccò, consapevole di quello che le parole di Valgarv
sottintendevano.
- Le braccia nude del ragazzo contro la sua schiena. Nuda, Se ne rendeva
conto adesso.
- Stranamente, non provava vergogna. Solo un gran senso di sollievo.
- E desiderio. Desiderio di non lasciare più quelle braccia calde che l’avvolgevano,
desiderio di non staccarsi più da quel petto muscoloso, segnato da
innumerevoli cicatrici, che la spingeva contro il materassi, facendola
affondare tra le soffici coltri, mentre le labbra lisce e asciutte di
Valgarv percorrevano centimetri per centimetro la pelle del collo.
- Come sapeva? Come poteva?
- Anche Valgarv, ommeglio, una piccola parte di lui ancora abbastanza
razionale, si chiedeva come e dove trovasse il coraggio di fare quelle cose,
come facesse a sapere che erano la cosa giusta da fare.
- Una piccola parte.
- Perché la maggior parte di lui era stata nuovamente portata via dall’istinto,
e dal desiderio di non lasciare più la sua donna, la sua compagna, si, ora
poteva dirlo, di diventare un’unica cosa, nel corpo e nell’anima.
- Le accarezzò i capelli, puntellandosi sul gomito, fermandosi per un
attimo.
- Lei gli sorrise. -Si, qui si sta davvero meglio. - lo attirò a sé -Ma
starei bene dovunque, con te. -
- L’ultimo pensiero razionale di Philia, prima di lasciarsi andare all’istinto
più antico e piacevole del mondo, fu "non c’è bisogno che chiedo a
Irina del B e del C…".
- TRIANGOLO - 7
- Val compiva un anno. Philia aveva intenzione di preparare una bella
cenetta per quella sera, con la torta e tante altre cose buone. In realtà,
in cuor suo, lei festeggiava anche qualcos’altro. Qualcosa meno da madre,
e più da donna.
- Jiras e Irina erano andati a fare la spesa, assieme a Palu, e Gourabos era
andato a fare in fretta delle consegne.
- Philia era sola in cucina, assieme a Val, che, seduto per terra su una
coperta, giocava con dei cubi di legno.
- La ragazza pelava delle patate.
- L’aria tiepida si fece d’improvviso gelida.
- Non era una questione di temperatura. Era come se fosse diventata di
melassa, come se qualcosa opprimesse la ragazza.
- Riuscì ad alzare lo sguardo, ma solo perché lui l’aveva
permesso.
- Perché lui amava giocare al gatto col topo.
- E Philia capì di colpo che il gatto s’era stancato del topolino. Che
aveva deciso di mangiarlo.
- -Ciao, Philia-chan. - fece, col suo sorriso canzonatorio, gli occhi
chiusi, l’aria ingannevolmente tranquilla e affabile.
- -Xelloss…- riuscì a mormorare con un filo di voce la ragazza.
- -Ne è passato di tempo, eh? Un anno e mezzo… Oh, e quest’ometto dev’essere
Valgarv. Ti trovo un po’ ristretto, principe dei demoni drago. - Xelloss
tirò su il bimbo per la collottola. Val si mise a piangere, spaventato
dallo sconosciuto, chiamando la mamma.
- Ma la mamma non poteva muoversi, paralizzata dal potere di Xelloss.
- -Che ci fai… qui?-
- Riusciva a malapena a parlare.
- -Un lavoretto ordinato dal capo. Sai, mi ha detto di sbarazzarmi ora di
possibili pericoli futuri. - avvicinò la mano libera al collo di Val,
prendendogli la testolina.
- -NO! Lascialo stare!- la disperazione aveva dato a Philia la forza
sufficiente a contrastare un poco il potere di Xelloss. Riuscì ad alzarsi.
A tirare una delle patate che aveva in mano, anche se il tubero cadde
miseramente a terra, pateticamente lontano da Xelloss.
- -Mi dispiace, Philia-chan. È un ordine. Anzi, no, a dire il vero non mi
dispiace per nulla. Sai, è da tempo che ho bisogno di un nuovo subordinato…-
- Sempre tenendo il piangente Val per la collottola, si avvicinò alla
ragazza, prendendole il mento tra le dita. Il suo potere era schiacciante,
riempiva tutta la stanza. Philia dovette fare uno sforzo per non svenire.
- In seguito, fu fiera di aver fissato senza tremare, senza piangere, quegli
occhi ametista, che avevano visto e causato la morte di migliaia di suoi
simili in pochi istanti.
- Lei, una ragazzina, per i draghi dorati.
- -Chissà quanto tempo ci metterai, ad abituarti alla tua nuova casa e al
tuo nuovo padrone?- disse, sorridendo. Sorrideva sempre. Per quello faceva
tanta paura.
- Le passò due dita sulle labbra, avvicinandosi -Chissà quanti giorni ti
ci vorranno a dimenticare questo posto e queste persone, chiusa nelle mie
stanze? AHI!!!-
- Philia non era del tutto paralizzata, poteva muoversi un poco.
- Poteva mordere.
- L’aveva morso.
- Non sapeva se a Xelloss quel morso avesse causato un po’ più di dolore
di una puntura di spillo. Ma era pur sempre qualcosa.
- -Preferirei morire, piuttosto che vivere come tua schiava!- gli ringhiò
contro, sputandogli addosso.
- Le sopracciglia di Xelloss si contrassero.
- Non sorrideva più, e gli occhi erano aperti.
- -Come preferisci. Ma prima di morire, assisterai alla morte dell’ultimo
Drago Ancestrale, per la cui vita tu hai sacrificato tutto. -
- In seguito, Philia avrebbe sempre ricordato con angoscia il volo del
corpicino verso il muro, l’urto, il rumore di ossa fracassate.
- Aveva sempre odiato l’odore del sangue, e quella volta, le parve
inondare tutta la stanza.
- Il suo piccolo Val giaceva con la testa piegata in un angolo innaturale, a
terra, e una pozza di sangue si formava sotto di lui, impregnando la tutina
celeste.
- I polsi le dolevano, stretti nella morsa ferrea della presa del demone,
forse Xelloss voleva spezzarglieli, ma cosa le importava, di vivere o
morire: la creatura che amava come un figlio, in cui era rinchiusa l’anima
dell’uomo che amava, tutto perduto, tutto, con un solo gesto, col semplice
lanciare quel corpicino contro il muro.
- Lacrime bollenti le solcarono il volto.
- Non aveva saputo proteggerlo. Non era riuscita a mantenere la sua
promessa.
- Non sarebbe bastata una vita prigioniera dei demoni, per espiare.
- Era come una bambola inerte, prostrata dal dolore, quando Xelloss le tirò
su le braccia, afferrandole i polsi con una sola mano.
- -Potrai avere altri figli. Degli adorabili mezzi demoni e mezzi drago, se
vuoi. - le sussurrò all’orecchio. Philia continuava a piangere,
ignorandolo, come una bambola in cui solo nella testa ci fosse vita.
- Xelloss la lasciò cadere a terra, disgustato da tanta passività.
- Se la ragazza non reagiva, non strepitava, se era come una bambola, che
gusto c’era?
- Lasciata libera, Philia si trascinò carponi fino al corpo di Val,
abbandonato come un pupazzo rotto, prendendolo tra le braccia, lordandosi di
sangue. Era troppo tardi per un recovery, troppo tardi anche per un
resurrection. Da certe ferite non si guarisce, lo sapeva bene.
- Anche con gli occhi pieni di lacrime, poteva quasi vedere l’anima di
Valgarv liberarsi da quella prigione, per tornare finalmente nel Mare del
Chaos, alla pace che tanto agognava, all’oblio che desiderava.
- No.
- Lo vedeva.
- Era davanti a lei. Evanescente come un sogno, ma era lì.
- Si chinò su di lei, sorridendole, togliendole gentilmente il corpicino
dalle braccia, abbracciandolo.
- Unendosi a lui.
- Xelloss era troppo stupefatto dal fatto, troppo incredulo per reagire. E
non fermare il processo gli fu fatale.
- Chi gli rivolse l’occhiata assassina, non era più il pupetto di un
anno. Era l’ultimo Drago Ancestrale. Era il Principe Demone Drago. Era
Valgarv.
- E poteva dargli del filo da torcere anche senza poteri demoniaci, come lo
scontro nel deserto di quasi due anni prima dimostrava.
- -E adesso come la mettiamo, rifiuto?- chiese lo statuario giovane, nudo,
ad eccezione del mantello di capelli che gli copriva il corpo, e di un resto
di tutina stracciata che copriva, più per caso che per pudore, gli
attributi tipici maschili.
- Il rifiuto pensò bene di filarsela.
- Era stato il guerriero dalla voce dura e tagliente a scacciare Xelloss. Ma
era il giovane gentile dei loro appuntamenti nel mondo onirico, il suo dolce
e passionale amante, quello che porse la mano a Philia, facendola alzare in
piedi, e abbracciandola, come se temesse di svanire se non si fosse
aggrappato a qualcosa di solido e reale.
- Dopo un istante di incertezza, anche Philia lo abbracciò, stringendosi al
suo collo, bagnandolo di lacrime.
- Erano lacrime di gioia. Ma anche di dolore.
- Valgarv non l’aveva mai vista piangere così. L’aveva vista offesa,
spaventata, terrorizzata, pietosa, arrabbiata. Ma non l’aveva mai vista
prostrata dal dolore, in lacrime.
- Perché aveva ritrovato l’uomo, ma aveva perso il figlio.
- -Philia… Philia, non piangere. - le prese delicatamente le mani.
- -Lui non è scomparso. Lui è qui, dentro di me. L’ho trattenuto, prima
che tornasse nel Mare del Chaos. Vuole essere tuo figlio, capisci? E
aspetterà, attenderà il momento in cui potrà esserlo di nuovo. -
- Philia alzò gli occhi.
- La prima volta che aveva visto lo sguardo deciso e fermo di Valgarv, ne
aveva avuto paura. Ma ora era la vista più confortante in cui potesse
sperare.
- -Cosa?-
- -Si. Presto sarà di nuovo tuo figlio. Nostro figlio. - le posò una mano
sul ventre -Aspetterà di poter prendere il suo vero posto. -
- Philia abbassò il capo, guardandosi il ventre, la mano di Valgarv che lo
sfiorava.
- Capì cosa intendesse dire.
- -Nostro figlio. Si. - mormorò, smettendo di piangere.
- In fondo, non era un addio. Era solo un arrivederci. E stavolta, suo
figlio avrebbe avuto un papà.
- E lei, l’uomo che amava.
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